Nel pozzo dei sacrifici

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Come raggi di sole dalla Piramide di Kukulkán partono numerosi sacbéoob, tra cui la strada principale che conduce al Cenote Sacro, il grande pozzo dedicato ai sacrifici e alle offerte. I cenotes sono pozzi naturali alimentati da sorgenti sotterranee (l’antico nome era chen, per cui Chichén Itzá può essere tradotto con “sul ciglio del pozzo degli Itzá”) che oltre a essere preziosi serbatoi d’acqua, erano considerati luoghi sacri. Per onorare gli dèi della Pioggia e dell’Acqua nei pozzi venivano gettate offerte di ogni tipo, da statue di legno a gioielli di giada e oro, da animali a esseri umani destinati al sacrificio. Dagli inizi del Novecento molti cenotes sono stati esplorati e, sebbene siano stati rinvenuti diversi scheletri umani, le scoperte piú eclatanti riguardano le offerte votive di materiali preziosi: dal solo Cenote Sacro di Chichén Itzá sono riemersi piú di 4.000 reperti tra gioielli e idoli.

La leggenda di Quetzalcóatl-Kukulkán vuole che l’eroe fosse asceso al cielo trasformandosi in “Stella del Mattino”, cioè nel pianeta Venere. A Chichén Itzá due piattaforme sono dedicate al dio in questa veste ed egli vi appare con gli attributi di uccello e di serpente. Le osservazioni astronomiche avvenivano probabilmente nel Caracol, uno dei pochi edifici circolari a chiocciola della cultura maya e tolteca. Su un doppio basamento dagli angoli smussati venne costruito un edificio in blocchi di pietra levigata scandito da quattro porte, mentre sul tamburo superiore furono applicate delle maschere di Chaac in corrispondenza delle aperture. Un ulteriore piano del Caracol presenta invece delle finestrelle da cui si affacciavano i sacerdoti-astronomi per scrutare il cielo. Qui, senza strumenti se non due assicelle di legno incrociate, i sacerdoti potevano seguire il cammino del sole e della luna, le costellazioni e studiare esattamente l’arrivo dei solstizi e degli equinozi. Con grande pazienza annotavano lo scorrere del tempo e la loro perizia li aveva portati all’elaborazione di un calendario solare di 365 giorni, con uno scarto infinitesimale su quello stabilito dagli astronomi moderni.

La presenza dei Maya riappare chiaramente osservando le rovine della cosiddetta Chichén Vecchia con il vasto Complesso delle Monache – chiamato cosí per la sua struttura conventuale – risalente al Periodo Classico e decorato sulla facciata principale da intrecci geometrici, mentre gli angoli arrotondati sono formati da maschere sovrapposte del dio Chaac. Gli edifici annessi rappresentano anch’essi un monumentale omaggio al dio della Pioggia, con numerosi mascheroni dalle fauci spalancate e fregi con serpenti stilizzati. Vi era anche un Tempio dedicato al dio supremo Itzámná, rappresentato in veste di uccello-serpente: l’edificio viene chiamato Tomba del Gran Sacerdote e consiste in una struttura piramidale costruita sopra un pozzo, mentre al suo interno sono state rinvenute sette tombe con numerosi scheletri accompagnati da ricche offerte.

Uno dei luoghi piú impressionanti per spazialità e forza è il gigantesco Campo per il Gioco della Pelota: la corte misura circa 170 metri di lunghezza per circa 50 di larghezza, mentre i muri laterali – ornati da una fascia a forma di serpente – sono alti quasi 8 metri e gli anelli sono fissati a un’altezza di oltre 7. Guardando quei bersagli cosí alti viene spontaneo chiedersi come i giocatori potessero lanciare la pesante palla di caucciú fin lassú senza usare le mani, colpendola soltanto con i gomiti, le ginocchia e i fianchi. Poco oltre il Campo della Pelota i Toltechi costruirono la piattaforma dello Tzompantli, il “muro dei crani”, e quella della Casa delle Aquile dedicata ai corpi militari elitari. Sul “muro dei crani” venivano esibiti i teschi dei giocatori sacrificati: i Toltechi avevano introdotto questo rito nel mondo maya, nel quale esisteva sí il sacrifico umano, ma non aveva mai raggiunto livelli cosí cruenti. L’importanza del sangue versato nelle società guerriere appare chiaro anche nei rilievi che decorano la Casa delle Aquile dove giaguari e rapaci –emblemi dei due ordini militari piú importanti, nonché simboli rispettivamente del Sole notturno e del Sole diurno – divorano cuori umani.