La fine dei Maya

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Chichén Itzá era una delle tre città governate da gruppi guerrieri giunti nello Yucatán da terre straniere, i quali avevano imposto il loro dominio nel territorio maya: gli Itzá si erano stabiliti a Chichén Itzá, gli Xiú a Uxmal e i Cocom a Mayapán. Le rivalità tra i tre regni si accentuarono nel XIII secolo e, secondo le cronache del Chilam Balam, la signoria di Mayapán riuscí a rovesciare la dinastia di Chichén Itzá, affermando cosí la propria supremazia sulla regione. Anche Mayapán venne costruita nel segno del “serpente piumato” Kukulkán e la disposizione degli edifici fa pensare a una Chichén Itzá di dimensioni minori: il centro cerimoniale comprende la Piramide di Kukulkán, il Tempio dei Guerrieri con sale colonnate, un Tempio del Pianeta Venere e un Caracol che serviva da osservatorio astronomico. Il potere dei governatori di Mayapán venne spezzato nella stessa maniera violenta con la quale era nato: nel 1441 i nobili della città, stanchi della tirannia Cocom, si allearono con il gruppo Xiú e uccisero l’ultimo sovrano insieme a tutta la sua famiglia. Da allora lo Yucatán rimase in preda alla guerra civile, durante la quale sedici piccoli regni si combatterono ferocemente.

Questo sarà lo scenario che i Conquistadores spagnoli troveranno al loro arrivo nello Yucatán nel 1527, ma le discordie dei singoli feudi non faciliteranno la conquista: gli Spagnoli sono costretti a battersi su piú fronti e soltanto alla fine del XVI secolo la regione può venire parzialmente assoggettata. Gli ultimi Maya resisteranno disperatamente ai nuovi padroni, alle loro leggi e alla nuova religione, il cristianesimo. L’Ordine dei Francescani cercherà di dominare la popolazione assumendo il ruolo insieme di predicatori, politici e giudici: nelle cronache sono ricordati i violenti metodi inquisitori dei frati, che suscitano grande scompiglio tra gli Indios, tanto che molti preferiscono suicidarsi piuttosto che vivere nel terrore. Rimane celebre l’autodafé del vescovo Diego de Landa, personaggio ambiguo che, pur lasciando una preziosa documentazione sulle tradizioni maya, era un implacabile persecutore dei “pagani”: nella pubblica piazza di Maní – la città porta il nome profetico di “è tutto finito” ed era stata l’ultima sede dei Maya Xiú – fece bruciare sul rogo tutti gli antichi codici maya, distruggendo un tesoro inestimabile, abbatté gli idoli e fece giustiziare gran parte della popolazione. Fu questa la fine morale della cultura maya, anche se per secoli sono continuate a esistere sacche di resistenza nella giungla del Quintana Roo e del Chiapas, che vennero però spezzate definitivamente alla fine dell’Ottocento dalle prime truppe federali del Messico.