Filèlfo, Francésco

umanista italiano (Tolentino 1398-Firenze 1481). Figura rappresentativa del costume del tempo, passò da una corte all'altra e fu abile nel comprare favori con i suoi scritti, a causa dei quali, encomiastici verso gli amici e sferzanti verso i nemici, fu odiato e temuto. A Costantinopoli, dove risiedette dal 1420 al 1427, con già alle spalle una solida educazione umanistica (era stato discepolo di G. Barzizza), perfezionò il greco alla scuola di G. Crisolora di cui sposò la figlia. Ritornato in Italia, insegnò per qualche tempo a Firenze donde fu bandito per contrasti con i Medici. Fu poi a Siena, a Bologna, a Pavia e quindi a Milano, al servizio dei Visconti e poi degli Sforza, e a Roma, protetto da Sisto IV. In tarda età fu richiamato a Firenze da Lorenzo de' Medici. Abbondante ma anche diseguale fu la sua opera che tradisce l'intento commerciale. Assai vivaci sono le lettere che, indirizzate ai maggiori umanisti e ai principali signori d'Italia, hanno grande importanza come documenti di una temperie storica e di un costume. Oltre a traduzioni e libelli, Filelfo compose opere di erudizione (Commentationes florentinae de exilio, incompiuta, 1440; Convivia mediolanensia, 1443; De morali disciplina, iniziata nel 1473) e opere di poesia (il poema incompiuto Sphortias, in lode di Francesco Sforza, la raccolta di epigrammi De iocis ac seriis, 1458-65; Satyrae e Odae, postume, 1497). § Il figlio Gian Mario (1426-1480) fu letterato di una certa fama. Spirito irrequieto come il padre, scrisse versi in onore delle corti dove visse: la Felsineide, sulle imprese di Bologna prima del 1462, la Laurenziade a esaltazione dei Medici.

Trovi questo termine anche in:

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora