Solomós, Dionísios

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Biografia

Poeta greco (Zante 1798-Corfù 1857). Di nobile famiglia cretese studiò con Santo Rossi, un abate cremonese animato da ideali libertari. Lo seguì a Cremona, dove frequentò il ginnasio-liceo (1808-15), iscrivendosi poi alla facoltà giuridica di Pavia, dove si licenziò nel 1817. In Italia ebbe contatti con V. Monti e forse conobbe direttamente A. Manzoni; certa è la sua conoscenza dell'opera di G. Leopardi. L'ammirazione per U. Foscolo, zantiota come lui, è testimoniata da uno splendido elogio funebre, che Solomós scrisse e pronunziò più tardi (1827) in italiano nella chiesa latina di Zante. A Zante Solomós tornò nel 1818, trovandovi un ambiente culturale assai vivo fin dagli ultimi decenni del sec. XVIII. Dopo avere pubblicato le giovanili prove poetiche in italiano (fra l'altro ebbe ottime doti d'improvvisatore), si dedicò al recupero della lingua neogreca, anche se l'italiano era destinato a restare la lingua prediletta fino al termine della sua vita.

Opere

Dopo due prolissi componimenti, l'Inno alla Libertà (1823: le prime strofe costituiscono il testo dell'inno nazionale greco, musicato da N. Mántzaros) e l'Ode in morte di Byron (1824), il poeta pose lucidamente nel Dialogo sulla lingua (1824) il problema della diglossia neogreca, indicando la soluzione demotica come la sola legittima, e tentò di dare, con la frammentaria, vigorosa e oscura Donna di Zante (1826-29), il primo esempio di prosa neoellenica. Ma tutta la restante produzione poetica restò mutila: il Lambros, un poema di forti coloriture romantiche (iniziato nel 1826), e soprattutto la produzione del periodo dell'acme poetica (1834-51), e cioè il Cretese, i Liberi assediati, la Piovra, si presentano come abbozzi più o meno estesi; l'illuminazione di versi e gruppi di versi si affaccia tra appunti, riassunti, riflessioni, ripensamenti, offrendo una testimonianza sconvolgente di perpetua ricerca del sublime. Il sublime è di fatto attinto e Solomós va considerato l'autore dei più bei versi che siano mai stati scritti in lingua neogreca; ma il tormento che ogni conquista costò al poeta presenta aspetti patologici, complicandosi l'istanza dell'assolutezza espressiva con la problematica interna anche sul piano concettuale. Solomós non partecipò direttamente alla lotta per l'indipendenza greca, ma fu poeta costantemente “patriottico”; tuttavia al di là dei conflitti storici intuì il dissidio perenne dell'uomo col mondo, del bene col male. Questi lieviti ideali e sentimentali si riscontrano soprattutto nei Liberi assediati, l'opera forse più tormentata (tre diverse stesure), che è un grande capolavoro: è ispirata al dramma di Missolungi, ma la contingenza è trascesa sul piano dei valori universali; è frammentaria, ma i frammenti sono di una compiutezza estetica senza pari. Nell'ultima parte della vita Solomós tornò all'italiano, scrivendo poesie e prose di notevole pregio. Esaltato da N. Tommaseo e da G. Regaldi, Solomós non ha conosciuto fortuna fuori della Grecia, probabilmente perché la sua poesia è difficilmente esportabile.

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