Descrizione generale

sm. [sec. XIX; da calore+-metro]. Dispositivo per la determinazione delle quantità di calore cedute o assorbite in processi chimici e fisici, quali reazioni chimiche e cambiamenti di stato fisico; in particolare è usato per la determinazione dei calori specifici e dei poteri calorifici delle sostanze. In base al principio di funzionamento possono distinguersi due grandi categorie di calorimetri: i calorimetri adiabatici e i calorimetri isotermici. Nei calorimetri adiabatici alla base della misurazione è la determinazione delle variazioni di temperatura nei corpi e nelle sostanze interessati nei processi in esame. Nei calorimetri isotermici è invece essenziale la determinazione della quantità di materia che cambia stato fisico durante il processo; poiché la temperatura rimane costante durante queste trasformazioni, in essi non si hanno cambiamenti di temperatura, da cui il nome. Tra i calorimetri adiabatici, nella versione in uso con i perfezionamenti apportati dal chimico M. P. Berthelot, il tipo più semplice è il calorimetro di Regnault "Vedi schema 1 vol. V, pag. 229" . "Per il calorimetro di Regnault vedi schema al lemma del 5° volume." Esso è sostanzialmente costituito da un recipiente isolato termicamente dall'ambiente esterno (il vaso calorimetrico, un vaso di Dewar) contenente un liquido di massa nota (il liquido calorimetrico, acqua distillata nei calorimetri ad acqua, che sono di uso più comune); nel liquido calorimetrico sono immersi un termometro di precisione e un agitatore, che costituiscono parte integrante del calorimetro stesso. Per misurare, per esempio, il calore specifico di un solido di massa nota, lo si porta a una temperatura superiore a quella del liquido calorimetrico, lo si immerge nel liquido calorimetrico e si aspetta, agitando quest'ultimo, che venga raggiunto l'equilibrio termico tra corpo e liquido, cioè che si portino alla stessa temperatura. In queste condizioni la quantità di calore, Qx, ceduta dal corpo è uguale alla quantità di calore, Ql, acquistata dal liquido; la prima grandezza è uguale a mxcx(txtf), in cui le grandezze mx, cx e tx sono, rispettivamente, la massa, il calore specifico e la temperatura iniziale del corpo in esame, tf è la temperatura in condizioni di equilibrio termico; la seconda grandezza, Ql, è uguale a mlcl(tftl), in cui ml, cl e tl sono massa, calore specifico e temperatura iniziale del liquido calorimetrico. Dall'eguaglianza delle due espressioni si ricava il calore specifico cx o la capacità termica, Cx=mxcx, del corpo in esame:

In pratica, non tutto il calore ceduto dal corpo viene acquistato dal liquido calorimetrico, ma una parte viene necessariamente assorbita dal termometro o dall'agitatore: il fattore correttivo che tiene conto della presenza dei due accessori viene chiamato, nei calorimetri ad acqua, equivalente in acqua del calorimetro; esso rappresenta infatti la massa di acqua distillata che sottrarrebbe al corpo lo stesso calore che ne sottraggono termometro e agitatore. Il calorimetro di Regnault, che, per il modo in cui viene scambiato il calore tra corpo e liquido calorimetrico, è detto calorimetro delle mescolanze, permette anche la determinazione dei calori specifici dei liquidi. Alla categoria dei calorimetri isotermici appartengono i calorimetri a ghiaccio: il primo, dovuto a J. Black, fu perfezionato da A. L. Lavoisier (è detto anche calorimetro di Lavoisier "Vedi schema 2 vol. V, pag. 229" ) "Per il calorimetro di Lavoisier vedi schema al lemma del 5° volume." e da P. S. Laplace. Esso è costituito essenzialmente da un termostato a ghiaccio, in pratica un recipiente contenente ghiaccio fondente, nel cui interno è posto il vaso calorimetrico: un contenitore con un'intercapedine riempita di ghiaccio, il quale costituisce il corpo calorimetrico, con un foro nella parte inferiore da cui può uscire il ghiaccio che abbia subito la fusione. Per determinare, per esempio, il calore specifico di una sostanza, la si introduce nel vaso calorimetrico in modo da produrre la fusione di una certa quantità di ghiaccio; misurando la massa dell'acqua di fusione si risale alla quantità di calore, Qf, ceduta dal corpo al ghiaccio nel passare dalla temperatura iniziale alla temperatura di 0 ºC: Q, in cui mx, cx e tx sono rispettivamente la massa, il calore specifico e la temperatura iniziale del corpo in esame; c e mg sono il calore latente di fusione del ghiaccio e la massa del ghiaccio che è stata fusa. Dalla relazione precedente si risale al calore specifico del corpo o alla sua capacità termica C. Un notevole perfezionamento del calorimetro di Lavoisier è costituito dal calorimetro di Bunsen "Vedi schema 3 vol. V, pag. 229" , "Per il calorimetro di Bunsen vedi schema al lemma del 5° volume." tuttora molto usato. Esso è costituito sostanzialmente da un recipiente contenente acqua distillata, il cui fondo termina in un grosso tubo a U ripiegato verso l'alto e unito, a sua volta, con un giunto a smeriglio, a un capillare graduato in unità di volume. Il tubo a U è riempito di mercurio su cui poggia l'acqua del recipiente; a quest'ultimo è saldata una provetta che, insieme a esso, costituisce il vaso calorimetrico. Nella provetta viene introdotto il corpo di cui si vogliono determinare le caratteristiche termiche. Vaso calorimetrico e tubo a U sono infine immersi in un termostato a ghiaccio, un recipiente contenente ghiaccio fondente. L'uso dello strumento non richiede misurazioni di temperatura, oltre, naturalmente, a quella iniziale del corpo. Se si vuole misurare, per esempio, il calore specifico di un corpo, si introduce dapprima nella provetta del vaso calorimetrico un po' di etere etilico che, evaporando, trasforma una certa quantità di acqua in ghiaccio aderente alla parete esterna della provetta stessa che costituisce il corpo calorimetrico; l'introduzione del corpo, a una temperatura nota tx, ne fa fondere una certa parte. Poiché ghiaccio e acqua hanno densità diversa, alla fusione di una massa ms di ghiaccio corrisponde una ben determinata variazione di volume e un ben misurabile spostamento del menisco del mercurio nel capillare; dalla misura di questo spostamento si risale facilmente al valore della massa del ghiaccio fuso. Il calore specifico, cx, del corpo è allora ricavabile dall'espressione c, in cui c è il calore latente di fusione del ghiaccio. Tra i vantaggi del calorimetro di Bunsen è il fatto che non c'è bisogno né di termometro, né di agitatore: non è pertanto necessario introdurre fattori correttivi quali l'equivalente in acqua.

Calorimetri speciali: elettrico

Un tipo speciale di calorimetro è il calorimetro elettrico "Vedi schema 4 vol. V, pag. 229" , "Per il calorimetro elettrico vedi schema al lemma del 5° volume." usato per la determinazione di calori specifici a temperature molto basse. Il corpo in esame viene introdotto nel vaso calorimetrico sospendendolo a un filo di platino che lo attraversa. Al filo di platino viene applicata una certa differenza di potenziale, V, in modo che venga percorso per un certo tempo, t, da una corrente di intensità i. Dalla misura della quantità di calore ceduta al corpo per effetto Joule si risale facilmente al calore specifico c del corpo stesso: Q=0,239 iVt; d'altra parte, Q è anche la quantità di calore acquistata dal corpo: Q=c, in cui c sono calore specifico e massa del corpo; ΔT è la variazione di temperatura da esso subita nel tempo in cui è stato attraversato dalla corrente e si determina misurando la resistenza elettrica del filo di platino immediatamente prima e dopo il passaggio della corrente; poiché la resistenza elettrica dipende linearmente dalla temperatura, ai due valori della resistenza corrispondono due ben determinati valori della temperatura. Dalle due espressioni scritte si ricava:

Calorimetri speciali: di Junker

"Per il calorimetro di Junker vedi schema al lemma del 5° volume." Il calorimetro di Junker è usato industrialmente per la misurazione dei poteri calorifici dei combustibili gassosi "Vedi schema 5 vol. V, pag. 229" ; in esso l'acqua che costituisce il fluido calorimetrico scorre con portata costante, trasportando il calore prodotto dalla combustione della sostanza in esame che viene bruciata in un becco Bunsen. Dalla conoscenza della portata del fluido calorimetrico, della quantità di gas bruciato nell'unità di tempo e della temperatura dell'acqua in entrata e in uscita, si risale facilmente al potere calorifico del gas. Il contatore del gas e i due termometri sono strumenti di alta sensibilità e precisione.

Colorimetri speciali: microcalorimetro

È un calorimetro usato industrialmente per la misurazione di quantità di calore molto piccole. Vi appartengono i calorimetri misuratori di flusso di calore, o flussometri termici, e i microcalorimetri differenziali. I calorimetri misuratori di flusso di calore "Per il microcalorimetro misuratore di flusso vedi schema al lemma del 5° volume." "Vedi schema 6 vol. V, pag. 229" sono sostanzialmente costituiti da una cella, nella quale si svolge il fenomeno termico in studio, e da un blocco metallico che la circonda, attraverso il quale si disperde il calore prodotto. Tra questi due componenti sono interposte numerose termocoppie che forniscono una differenza di potenziale proporzionale alla differenza di temperatura tra cella e blocco mantenuta dal costante flusso di calore; questa differenza di temperatura dipende quindi dalla variazione del calore prodotto istante per istante: registrando graficamente le variazioni di differenza di potenziale si ottiene il termogramma del fenomeno in studio. Questi calorimetri non sono evidentemente né isotermici, in quanto l'esistenza di una differenza di temperatura, per quanto piccola, è essenziale per la stessa misurazione, né adiabatici, in quanto il calore, man mano che viene prodotto, viene anche disperso. Permettono di misurare flussi di calore inferiori a 10-6 J/s. Il calorimetro differenziale "Per il microcalorimetro differenziale vedi schema al lemma del 5° volume." "Vedi schema 7 vol. V, pag. 229" è sostanzialmente costituito da due calorimetri identici (calorimetri gemelli). In uno di questi viene prodotta la quantità di calore da misurare; la differenza di temperatura tra interno ed esterno, applicata a una termocoppia, dà luogo a una corrente elettrica che fa spostare l'ago di un galvanometro. All'interno del secondo calorimetro è posta una resistenza elettrica che, percorsa da una corrente elettrica controllabile mediante un reostato, produce una quantità di calore che viene nuovamente trasformata in corrente elettrica da una termocoppia perfettamente identica a quella del primo calorimetro. Questa corrente elettrica viene portata al galvanometro in modo da esercitarvi un effetto opposto a quello prodotto dalla prima termocoppia. Regolando la corrente nella resistenza del calorimetro di confronto si produce una quantità di calore misurabile dalla relazione Q=0,239 iVt tale da azzerare l'indice del galvanometro. In queste condizioni si è allora certi che questa quantità di calore è uguale a quella prodotta nel primo calorimetro.

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