cosmopolitismo

sm. [sec. XIX; da cosmopolita]. Corrente ideale che, in contrasto al nazionalismo e al razzismo, considera tutti gli uomini cittadini di una stessa patria universale; esso non va tuttavia confuso con l'internazionalismo, comportando il primo una completa svalutazione di ogni valore di nazionalità, mentre il secondo implica la volontà di superamento delle strutture borghesi dei singoli Stati, ma nel rispetto delle caratteristiche nazionali di ciascun popolo. Il concetto di cosmopolitismo, molto antico, è presente presso i filosofi cinici ed è alla base del loro rifiuto degli ordinamenti politici statali, intesi come artificiose e conformistiche imposizioni che paralizzano la sfera di libertà individuale. Assume il significato attuale solo a partire dall'illuminismo, quando i filosofi, in nome di una Ragione comune e uguale per tutti e indifferente a qualsiasi differenziazione nazionale, cominciarono a sostenere, con Voltaire, che “le philosophe n'est ni français, ni anglais, ni florentin, il est de tout pays” e da ciò trassero l'impegno d'instaurare un nuovo ordine universale, capace di affratellare tutti gli uomini in un sistema comunitario illuminato dalla Ragione. È soprattutto con Kant che il cosmopolitismo diviene il luogo dell'incontro tra gli ideali politici e quelli filosofici dell'illuminismo europeo. Nel suo celebre saggio Zum ewigen Frieden (1795; Per la pace perpetua), egli avanza l'idea di una Lega dei popoli che dia origine a un ordinamento giuridico globale (Weltbürgerrecht). E se nel corso dell'Ottocento il romanticismo tende a connotarsi di caratteri nazionalistici, il movimento socialista sostituisce il cosmopolitismo con l'internazionalismo proletario. Nuovamente a Kant si richiama la filosofia cosmopolitica tra il XX e il XXI secolo. J. Derrida si ricollega direttamente al grande filosofo tedesco, che fa coincidere l'idea di etica con quella di ospitalità; J. Habermas indica l'Europa come unica strada praticabile per concretizzare a livello globale quel cosmopolitismo che rappresenta una delle grandi eredità dell'illuminismo. Habermas sostiene, inoltre, che il processo di globalizzazione porti al progressivo svuotamento della sovranità degli Stati; ciò richiede l'istituzione di un governo mondiale, che garantisca pace e giustizia a livello globale. Il termine cosmopolitismo ha assunto anche una valenza negativa, di volontario rifiuto d'integrazione da parte di alcuni individui in seno a una comunità nazionale.

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