manomòrta

(meno comune mano mòrta), sf. (pl. manimòrte) [dal francese ant. main morte, propr. possesso inalienabile]. Nel Medioevo indicò: il divieto fatto a vassalli e servi della gleba di disporre dei beni propri; la tassa pagata per togliere tale divieto; il diritto del feudatario a succedere nell'eredità del vassallo morto senza eredi maschi; gli enti morali esenti da tasse di successione; i beni di tali enti. Liberati i servi della gleba, la manomorta rimase come diritto degli enti morali succitati e come tale si suddivise in: manomorta fiscale, formata dai beni demaniali, dalle terre abbandonate e da quelle nullius, dai beni confiscati e da quelli provenienti da eredità vacante, tutti passati in proprietà dello Stato; manomorta feudale, sorta dalla concessione in feudo di diritti e beni dello Stato; alla caduta del sistema feudale (sec. XIV) questi beni e diritti rimasero ai loro antichi beneficiari come proprietà libera; manomorta ecclesiastica, formatasi subito dopo il riconoscimento della Chiesa da parte di Costantino, si accrebbe notevolmente con privilegi negli atti di successione, con legati, con prescrizioni e soprattutto con l'estensione ai beni della Chiesa dei diritti di cui lo ius romanum aveva privilegiato le res sacrae et religiosae. La manomorta ecclesiastica fu favorita anche dalle disposizioni dei re longobardi Liutprando e Astolfo sui beni a favore dell'anima e sul divieto di permuta dei beni ecclesiastici, nonché dalle numerose donazioni accumulate dalla Chiesa nel corso dei secoli, per cui essa divenne in Italia la massima proprietaria d'immobili. Finché un patrimonio tanto ingente servì per educare, istruire e alleviare i poveri e provvedere alle necessità del culto, non venne contestato; ma quando la Chiesa dimenticò queste finalità e fece uso del suo vasto patrimonio per finalità politiche, allora si scontrò con il potere civile: intervennero a limitare il potere economico della Chiesa Carlo Magno, Federico II, gli Aragonesi di Sicilia, Venezia, i principi di Savoia. La Chiesa reagì aspramente e sull'argomento si accese una forte controversia nei sec. XIV, XVI e XVII. La Rivoluzione francese tagliò il nodo gordiano incamerando tutti i beni ecclesiastici e fu seguita dagli Stati che si ispiravano alla sua Costituzione. La Restaurazione usò con parsimonia il diritto di incameramento, ma controllò l'acquisto di nuovi beni da parte della Chiesa e sottopose la manomorta a tassazione. Comprendeva i beni di enti morali e di persone giuridiche, non trapassanti a terzi per successione e raramente trasferiti per atto tra vivi. A essi si applicava l'imposta di manomorta con una forte riduzione (dal 7,20% allo 0,90%) per i beni destinati al culto; sui beni ecclesiastici inoltre lo Stato esercitava il suo controllo per quanto riguardava gli atti di acquisto. La legge 31 luglio 1954, n. 408, ha messo fine a questo vecchio e ormai superato istituto.

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