vòmito

sm. [sec. XIV; dal latino vomítus -us, da vomĕre, vomitare]. Il vomitare, atto riflesso, determinato da antiperistalsi gastrica e concomitante contrazione attiva dei muscoli addominali, mediante il quale il contenuto gastrico viene espulso, totalmente o in parte, dalla bocca: conati di vomito; quel cibo gli provocò il vomito; anche figurato, disgusto, repulsione: uno spettacolo che fa venire il vomito; estensivo: vomito nero, febbre gialla. Concreto, la sostanza vomitata. § Di solito il vomito è preceduto da nausea e si accompagna a secrezione riflessa di saliva e a modificazioni del ritmo cardiaco e respiratorio. Il vomito compare nel corso di gran parte delle malattie del tubo digerente (ulcera peptica, gastrite, duodenite, enterite, colite, ileo meccanico), ma anche durante disturbi cardiaci, malattie metaboliche (chetoacidosi diabetica), turbe neurologiche (lesioni del centro dell'equilibrio, tumori encefalici) o psichiatriche, intolleranze alimentari, e come effetto collaterale di innumerevoli farmaci assunti per qualsiasi via. Le complicanze possono essere: broncopolmonite ab ingestis (per aspirazione del materiale vomitato); alterazioni idroelettrolitiche (perdita di cloro e di potassio) e dell'equilibrio acido-base (alcalosi metabolica); danni esofagei da reflusso acido.

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