Lo scontro tra Russia e Ucraina spiegato dall'esperto

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Il professore Aldo Ferrari dell'Università Ca' Foscari di Venezia (direttore delle ricerche su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'Ispi), ci ha spiegato cosa sta accadendo e perché tra Russia e Ucraina.

Alle 4 del mattino di giovedì 24 febbraio 2022, Putin ha lanciato l'operazione militare in Ucraina. Le truppe russe sono entrate dalla Bielorussia e da Odessa, città della Crimea. Mosca ha chiesto alle forze di Kiev di consegnare le armi e di ritirarsi, ripetendo che non punta a occupare del Paese, ma alla sua «smilitarizzazione» e «denazificazione». Il mondo guarda con il fiato sospeso: per provare a fare chiarezza su quanto sta accadendo, Sapere.it ha intervistato Aldo Ferrari, docente dell'Università Ca' Foscari di Venezia e direttore delle ricerche su Russia, Caucaso e Asia centrale dell'Ispi.

Cosa significa l’invasione da parte della Russia

«Dopo stanotte possiamo dire che si sta verificando lo scenario peggiore, quello che nessuno avrebbe desiderato e, almeno personalmente, previsto. Se fino a ieri l’azione russa per quanto brutale poteva avere un senso, quello di oggi è qualcosa di assolutamente diverso: una vera e propria invasione, non provocata militarmente, che provocherà e sta già provocato vittime, isolerà la Russia in modo ancor più profondo dall’Occidente e dall’Ucraina. Attaccare un Paese del quale si afferma che è vicino e fraterno, è un’azione del tutto controproducente non solo agli occhi della comunità internazionale, ma anche degli ucraini».

Cosa succederà adesso

«Potrebbe essere un’azione limitata, lanciata per distruggere le principali infrastrutture militari ucraine: Putin non usa la parola “guerra” ma l’espressione “operazione militare”. Potrebbe anche essere un’invasione su larga scala del Paese. Dipenderà molto dalla reazione militare ucraina e dalla volontà della Russia di andare avanti fino in fondo, ovvero all’occupazione dell’intera Ucraina. La speranza è che ciò non accada. Di sicuro l’azione russa appare irrazionale, dal punto di vista di costi e guadagni».

Perché Putin parla di «denazificazione»

«Nella narrativa russa, che ha alcuni aspetti di realtà, in Ucraina ci sono formazioni di estrema destra che si rifanno a gruppi che nella Seconda Guerra Mondiale collaborarono con i nazisti, contro i sovietici. Gruppi che si rifanno a quell’ideologia sono presenti in Ucraina e hanno avuto un ruolo importante negli eventi che hanno portato alla caduta del presidente Viktor Janukovyč nel 2014.Tuttavia, parlare di "Ucraina da denazificare" è un’arma retorica di scarso significato storico, culturale e politico».

Il ruolo della Nato

«La Nato non può intervenire in quanto l’Ucraina non fa parte dell’Alleanza Atlantica. La politica dell’Occidente è stata assurda in questa vicenda. La Nato ha detto agli ucraini “vi sosteniamo”, dicendo al tempo stesso “lo facciamo con sanzioni e senza aiuto militare”. Questo ha praticamente aperto la strada all’intervento armato russo».

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Cosa è il Donbass

«Il Donbass, che significa “bacino del fiume Don”, è una regione storica inserita negli Anni Venti all’interno della Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. È una zona con notevole ricchezza mineraria, carbone in primo luogo, dove in epoca sovietica si è sviluppata una struttura industriale notevole, tra le maggiori dell’Urss. Industrie pesanti, che esistono ancora oggi a tre decenni dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, anche se hanno risentito negativamente del cambiamento politico e economico. Dal punto di vista etnico il Donbass, che si trova nella parte orientale del Paese e confina con la Russia, è una zona nettamente russofona, ma molti abitanti sono e si considerano ucraini».

Che cosa è successo nel 2014 nel Donbass

«Nel marzo 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, nel Donbass scoppiarono disordini separatisti o rivolte separatiste, a seconda del punto di vista. Inizialmente ebbero successo, poi l’esercito di Kiev contrattaccò e la rivolta filorussa venne salvata da un intervento mascherato, ma reale, di forze russe, che riuscirono a stabilizzare il conflitto. È stato così che si sono create due piccole repubbliche separatiste, di Donetsk e di Luhansk, in territori più piccoli delle rispettive regioni (oblast’), che per 2/3 sono rimaste sotto il controllo ucraino. Del Donbass, che dal punto di vista amministrativo non esiste, fa parte anche l’oblast' di Dnipropetrovs'k, che non è stata interessata dalle rivolte e dai successivi accadimenti».

Il riconoscimento delle due repubbliche da parte della Russia

«Con questo atto, Putin ha dato un’mportanza geopolitica straordinaria alla regione. Riconoscendo le due repubbliche separatiste, la Russia ha violato il diritto internazionale e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Azione molto forte, parallela a quella compiuta nel 2008 in Georgia, con il riconoscimento delle repubbliche di Abcasia e Ossezia del Sud. Questo assicura alle regioni una sicurezza militare forte e chiara, rispetto agli Stati di appartenenza».

Cosa è successo dal 2014 a oggi in queste due repubbliche

«Molti abitanti hanno lasciato queste aree, andando a vivere sia in Russia che in Ucraina. Nel 2014 ci sono stati aspri scontri, che hanno fatto circa 10 mila morti, con distruzione consistente di abitazioni e infrastrutture. Vita estremamente difficile, soprattutto per chi vive lungo in confine, dove si è sparato e cannoneggiato quasi quotidianamente. Ma anche all’interno l’esistenza è stata irreale: sono Stati de facto, ma non de iure, e questo rende praticamente impossibile tante cose, come viaggiare. Gli abitanti delle due repubbliche dipendono dalla Russia, ma sono residenti in Ucraina».

Cosa è lo Stato federale della Nuova Russia

«È un progetto avanzato dalla Russia nei convulsi mesi della primavera 2014. Prende il nome dalla grande regione che, alla fine del Settecento, riuniva i territori dell’Ucraina meridionale appena conquistati dall’Impero. Molto probabile che il Cremlino in quei mesi abbia coltivato il sogno di non fermarsi al Donbass, arrivando fino a Odessa, “ritagliando” dall’Ucraina tutta la parte sudorientale, russofona e russofila. È in questa zona che si trova il porto di Mariupol (oblast’ di Donetsk), città dal nome greco abitato da una consistente comunità ellenica, che si affaccia sul mare d'Azov ed è rimasta in mano ucraina. Le popolazioni russofone al di fuori del Donbass non manifestarono una volontà separatista reale e forte, dunque Mosca avrebbe dovuto procedere a un’invasione tout court dell’Ucraina, rischiosissima militarmente e politicamente. E così ha rinunciato».

Cosa prevedevano gli Accordi di Minsk

«Il riconoscimento dell’indipendenza delle due repubbliche è andato a toccare il punto cruciale degli Accordi di Minsk 2, ovvero l’obbligo di Kiev di progettare una forma di ampia autonomia che invece il nuovo governo non ha mai voluto realizzare. È questo il principale rimprovero mosso all’Ucraina dalla Russia, che ha deciso di risolvere in altro modo: le repubbliche di Donetsk e Luhansk sono, per quanto importanti economicamente e demograficamente, il cuneo che Mosca inserisce nel corpo vivo dell’Ucraina per renderne difficile se non impossibile l’ingresso nella Nato».

Perché è impossibile l’ingresso dell’Ucraina nella Nato

«L’esistenza di regioni separatiste crea un contenzioso territoriale in base alla quale la Nato, per il suo stesso regolamento, non può accettare lo Stato in questione come nuovo membro: significherebbe, fin dall’inizio, la certezza di un conflitto. Dunque Mosca, attraverso il riconoscimento delle repubbliche separatiste in Ucraine e Georgia, ha di fatto reso impossibile un eventuale loro ingresso nell’Alleanza Atlantica».

Perché la Russia non vuole che l’Ucraina entri nella Nato

«La Nato è la più grande alleanza militare del mondo: averla al proprio confine è una minaccia per la sicurezza nazionale russa. Da questo punto di vista la Russia ha ragione a essere contraria all’estensione della Nato. Dell’Alleanza Atlantica, nel 2004, sono entrate a far parte Lituania, Lettonia e soprattutto Estonia, vicinissima a San Pietroburgo: questo precedente ha fatto infuriare la Russia, che però all’epoca era molto più debole rispetto a oggi. Adesso che Mosca è più forte, non vuole assolutamente nuove espansioni e chiede ufficialmente il ritiro della Nato dalle tre repubbliche baltiche».

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Il ruolo della Bielorussia

«Da quando le proteste del 2020 hanno messo in difficoltà Aleksandr Lukaschenko, la Bielorussia è più vicina a Mosca di quanto lo sia stata nei decenni scorsi. Oggi è completamente allineata alla Russia, sia nella sfera politica che militare. Non a caso forze russe consistenti hanno stazionato per mesi in Bielorussia, premendo da nord verso l’Ucraina. Insieme a Armenia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e ovviamente Russia, la Bielorussia fa parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), alleanza militare formata da nazioni appartenenti alla Comunità degli Stati Indipendenti».

La situazione in Crimea

«La Crimea è un territorio di cui l’Impero Russo si impadronì nel 1783 e che via via si è russificato, molto importante dal punto di vista strategico: basti pensare alla presenza della flotta sovietica a Sebastopoli, sul mar Nero. Nel 1954 il segretario del partito comunista sovietico Nikita Krushev, per ragioni complesse e controverse, trasferì la penisola dalla Russia all’Ucraina, decisione che non pareva così importante dato che la Crimea sarebbe rimasta all’interno dell’Urss, ma che lo è diventata nel 1991, dopo la sua dissoluzione. La popolazione russofona, è sempre stata insoddisfatta dell’appartenenza all’Ucraina. Quando nel 2014 ci furono gli eventi di Kiev, che portarono al potere un governo filo-occidentale, Mosca intervenne prendendo prima il controllo della regione, dove già c’erano truppe russe, e indicendo poi per il 16 marzo un referendum (illegittimo secondo la comunità internazionale) per l’annessione alla Russia, che vide la netta prevalenza del “sì”».

Matteo Innocenti