Mata Hari, l'agente segreto più celebre e romanzato della storia

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Passata alla storia come spia doppiogiochista, in realtà Mata Hari potrebbe essersi trovata in un gioco molto più grande di lei. Abbiamo provato a mettere ordine nella sua vita a dir poco straordinaria.

Mata Hari è la spia più bella e famosa della storia: arrivata al successo come danzatrice, grazie ai suoi tanti amanti estorse segreti sia per i servizi segreti tedeschi che francesi, i quali la accusarono di tradimento. Fu quindi condannata alla pena capitale per la sua attività di spionaggio durante la prima guerra mondiale. Eppure la sua storia è ancora oggi difficile da ricostruire.

Chi era Mata Hari?

All'anagrafe Margaretha Geertruida Zelle, oggi la conosciamo tutti con lo pseudonimo Mata Hari, parola malese che significa «Alba» o «Occhio del sole». Diversa dalle altre donne del suo tempo, curiosa, coraggiosa e brillante, Margaretha costruì un vero e proprio personaggio intorno alla sua figura, che passò letteralmente alla storia.  Accusata di tradimento per servizi di spionaggio, fu condannata alla pena capitale e morì davanti al suo plotone d'esecuzione il 15 ottobre 1917.

L'infanzia

Nonostante lo pseudonimo, le origini di Margaretha sono comunque europee. Naque infatti in Olanda il 7 agosto 1876. Qui passò un’infanzia serena e qui frequentò una scuola prestigiosa: la sua famiglia era benestante. Il suo aspetto, diverso dai suoi connazionali (aveva infatti gli occhi scuri e la pelle olivastra), faceva già presagire un futuro diverso per lei. Margaretha visse serenamente la prima parte della sua vita, poi il padre abbandonò la famiglia: dopo pochi anni rimase orfana di madre. Margaretha aveva 14 anni e fu mandata in una scuola per future maestre, dalla quale fu espulsa per una presunta relazione con il preside.

Il matrimonio con Rudolph Mac Leod

In seguito all’espulsione Margaretha fu accolta da uno zio che viveva all’Aia. Nel 1895, desiderosa di migliorare la sua posizione, rispose all'annuncio di Rudolph Mac Leod, un ufficiale in licenza dalle colonie d'Indonesia in cerca di moglie.

Il matrimonio venne celebrato e i due si trasferirono in Indonesia, dove il marito era stanziato. Margaretha pensava che il matrimonio sarebbe stato il suo passe-partout per una nuova vita, ma non cambiò nulla dopo il sì. Rudolph era molto più grande di lei, decaduto, indebitato e fedifrago. Dopo la morte del primo figlio, la donna entrò in depressione e la relazione con il marito peggiorò.

Eppure, proprio in Indonesia, Margaretha probabilmente assistette ad alcuni spettacoli di ballo tradizionale, che contribuirono a dar vita al personaggio che tutti oggi conosciamo. Conclusasi la parentesi orientale, in seguito al pensionamento di Rudolph, la coppia tornò in Europa per poi divorziare nel 1902.

La rinascita parigina e il successo

Nel 1903 Margaretha lasciò i Paesi Bassi per tentare la fortuna a Parigi, dove sperava di mantenersi lavorando nel mondo dello spettacolo. Due anni dopo apparve sulla scena parigina come danzatrice esotica: Lady MacLeod, in arte Mata Hari.

La sua prima, memorabile, esibizione avvenne al museo Guimet di Arte orientale. Qui, vestita con un abito trasparente, un reggiseno tempestato di pietre preziose e un copricapo, si esibì davanti a 600 invitati dell’élite francese. Eppure, non fu arrestata per indecenza. Prima di ogni spettacolo la donna raccontava che la sua era una danza sacra, quella delle sacerdotesse al dio orientale Shiva, durante la quale queste mimavano, fino a spogliarsi, un approccio amoroso con la divinità. In seguito, la donna confessò: “Non ho mai imparato a ballare bene. La gente veniva a vedermi perché ero la prima che osava mostrarsi nuda in pubblico”. 

Mata Hari diventò subito una leggenda. La chiamavano dappertutto e si esibiva in decine di spettacoli nei migliori teatri della capitale francese. Tra questi, ci fu anche l'Olympia il 18 agosto 1905. La donna raccontava di trarre i suoi passi di danza da quelli indonesiani, che aveva visto negli anni in cui visse a Sumatra. “Le sacre danze bramine sono simboli e tutti i gesti devono corrispondere a pensieri. La danza è una poesia, ogni gesto una parola”.

Conquistò critiche favorevoli in ogni luogo dove si esibì: Francia, Austria e Spagna. Andò in scena anche alla Scala di Milano e per la famiglia Florio a Palermo. Si dice abbia avuto centinaia di amanti danarosi che l’hanno mantenuta, offrendole uno stile di vita al di là delle sue possibilità.

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Foto Public domain, via Wikimedia Commons

Mara Hari e le accuse di spionaggio: sono vere o false?

Ma c’è un interrogativo a cui oggi la storia non ha ancora dato una risposta certa: Mata Hari fu davvero una spia? La vicenda è stata messa in discussione e si pensa che sia solo il risultato di una vita fascinosa, che si prestava a essere romanzata ben oltre la realtà. Cerchiamo di far chiarezza partendo dallo scoppio della prima guerra mondiale.

La prima guerra mondiale

Si dice che la Prima Guerra Mondiale interruppe bruscamente la carriera di danzatrice di Mata Hari. Per lei cominciò un’altra “danza”: quella di spia, corteggiata tanto dai francesi quanto dai tedeschi, e destinata a scivolare sul terreno del doppio gioco. I suoi viaggi in giro per l’Europa, fino in Spagna, a Madrid, l'avrebbero portata nelle ambasciate del Vecchio Continente, dove conquistò una serie di amanti. Ma al suo ritorno a Parigi venne accusata di essere una spia al servizio dei tedeschi. La confessione le sarebbe costata la condanna a morte. Ma per chi ha lavorato davvero Mata Hari rimane ancora oggi un mistero.

Oggi, dopo la riapertura del dossier riguardante la spia danzatrice, conservato negli Archivi militari nel Castello di Vincennes a Parigi, la teoria è stata messa in discussione. Sembra infatti che nella primavera del 1914 Mata Hari avesse danzato nella capitale tedesca. Il 23 maggio 1914 avrebbe firmato un contratto con Schulz, direttore del teatro Metropole. Sulla sua figura di danzatrice i giornali crearono una serie di favole, quasi nessuna autentica. Addirittura, scrissero che aveva “ereditato il corpo color ambra non dai genitori indù, ma da progenitori ebrei”.
 

La figlia "inventata"

Tra tutte le fandonie Kurt Singer, nel suo libro Spies who changed history, scrisse che Mata Hari aveva una figlia, Banda. La ragazza sarebbe diventata una spia giapponese durante la Seconda guerra mondiale e giustiziata dai comunisti cinesi in Corea “alle 5:45 del mattino, la stessa ora dell'esecuzione di sua madre Mata Hari”. La storia completamente inventata interessò una società cinematografica italiana, che nel 1954 girò un film intitolato La figlia di Mata Hari e Grietje Macleod Meijer.

Gli anni della relazione con Kiepert

Nella realtà dei fatti, una volta a Berlino Mata Hari divenne l'amante di Herr Kiepert, un ricco proprietario terriero già sposato. Kiepert le permise di vivere in un appartamento poco lontano dalla Kurfürstendamm, l'arteria principale di quella che poi diventerà Berlino Ovest. Mata Hari assistette con l'amante alle manovre dell'esercito imperiale a Jauer-Streigau, dal 9 al 12 settembre 1906, episodio che durante il processo a Parigi, 11 anni dopo, fu preso seriamente in considerazione come tappa nella sua carriera di spia. In estate, Mata Hari per la prima volta fu presa alla sprovvista dagli immediati effetti della marcia tedesca nel Belgio. 

“Guerra, lasciata Berlino, teatro chiuso”

In un appunto drammatico sui suoi album di ricordi, accanto all'annuncio di un suo spettacolo al Metropole di Berlino scrisse: “Guerra, lasciata Berlino, teatro chiuso”. Secondo la maggior parte dei ricercatori quando scoppiò la guerra, Mata Hari era già al servizio dei tedeschi, anzi lavorava per loro da molto tempo, ma c'è chi – come Sam Waagenaaar – mette in dubbio questa teoria. Infatti, è stato detto e ripetuto che il giorno in cui fu dichiarata la guerra Mata Hari era a Berlino e aveva fatto colazione con Traugott von Jagow, capo della polizia nella capitale tedesca dal 1909. Tale circostanza fu riportata durante il processo del 1917 e il tribunale la ritenne una prova della colpevolezza di Mata Hari. 

D'altronde Mata Hari stessa definì ridicola l'accusa di spionaggio in rapporto col funzionario di polizia con il quale aveva mangiato, che non era von Jagow, ma il suo amante Griebel, con cui pranzava, così come dichiarò a processo. “Nel 1914, una sera pranzavo nella saletta privata di un ristorante con uno dei miei amanti, lo chef di polizia Griebel, quando udimmo grida e rumori. Griebel che non era stato informato del comizio, mi condusse con sé nel luogo dove lo tenevano”.
 
Quel che veramente accadde a Berlino all'inizio della guerra fu che Mata Hari voleva andarsene. Infatti, provò a tornare a Parigi il 6 agosto passando per la Svizzera senza sapere che gli svizzeri avevano stabilito il nuovo regolamento, come avrebbe poi spiegato durante gli interrogatori precedenti il processo, per cui il bagaglio spedito come merce passava la frontiera. Invece, lei venne fermata perché sprovvista di documenti validi, cosicché la sera del 7 marzo ritornò a Berlino ma senza abiti. Mata Hari, disperata, fu soccorsa da un uomo olandese che si trovava a Berlino per affari.

Il ritorno in Olanda

La donna riparò in Olanda, un Paese molto diverso da quello di 10 anni prima. Benché neutrale al momento della dichiarazione di guerra,  ben presto il ministro Postuma varò l'austerità. L'atmosfera bellica era mal sopportata in Olanda e Mata Hari, che rimpiangeva la Francia, riuscì ad avvicinare alcune impresari teatrali e a firmare un contratto con il direttore dell'Opera francese, una compagnia di cantanti francesi e olandesi popolarissima in Olanda che la scritturò per un balletto al teatro Reale dell'Aia. Gli olandesi accorsero in massa a vederla. Molti scrittori sostengono che Mata Hari era ormai una spia molto ben pagata. 

Il processo a Mata Hari

Negli anni seguenti le notizie sono confuse. È certo solo che durante la guerra andò una volta in Francia dall'Olanda e che il viaggio si concluse con l'arresto. Durante gli interrogatori persino Mata Hari si confuse su questo viaggio, affermando di essersi trattenuta per tre mesi passando dall'Inghilterra attraverso la Manica e il Belgio, che invece non si poteva attraversare per l'occupazione tedesca. In qualsiasi modo fosse andato quel viaggio, secondo il verdetto pronunciato il 26 luglio 1917 Mata Hari fu dichiarata colpevole di essere penetrata nel campo trincerato di Parigi. 

Nell’interessante rapporto dell’ispettore Curnier della Direzione generale della polizia giudiziaria - Prefettura di polizia di Parigi, redatto il 10 aprile 1917 e trasmesso al Governo militare di Parigi, 3° Consiglio di Guerra, Mata Hari fu indicata semplicemente come una ballerina che aveva avuto negli anni precedenti un certo successo. 

Quello che si sa per certo è che nei primi tempi di guerra Mata Hari, grazie al suo passaporto olandese, Paese non belligerante, e ai suoi tour per l'Europa, continuò a spostarsi. E furono questi spostamenti a incuriosire i servizi segreti delle due fazioni francese e tedesca, a a destare sospetto furono anche i suoi tanti amanti, dai quali avrebbe potuto conoscere tanti segreti militari.

Non sappiamo quale dei due paesi la contattò per primo, probabilmente la Germania, che le diede il nome in codice H21 con il compito di andare in Francia, estorcere più informazioni possibili e riportarle a Berlino. Altri sostengono che i primi a contattare Mata Hari furono invece i francesi, che volevano raccogliesse informazioni per loro. La terza ipotesi è che facesse il doppio gioco e lavorasse per entrambi i servizi segreti finché non fu abbandonata da entrambe le parti. 

Di fatto i tedeschi la consegnarono ai francesi, facendo loro intercettare un messaggio cifrato secondo un vecchio codice già scoperto, secondo cui Mata Hari era una spia. Questo fantomatico messaggio determinò il ritorno in Francia di Mata Hari: era il 13 febbraio 1917. La ballerina fu arrestata e detenuta nella prigione di Saint Lazare e condotta davanti a un tribunale nel settembre del 1917, dopo aver invano invocato la sua totale estraneità dai fatti che le venivano imputati.

Tuttavia, i suoi racconti risultarono fallaci e lei fu condannata. A distanza di anni, quella che era diventata un po' il simbolo delle spie e del doppio gioco durante la Prima guerra mondiale iniziò a vacillare quando qualcuno iniziò ad analizzare il dossier segreto.

I dubbi

Fu avanzata anche una quarta ipotesi, secondo cui la danzatrice non stava né con i tedeschi né a metà tra i due, ma che in realtà Mata Hari fosse rimasta senza soldi e avesse cercato di prendere contatti con i vari servizi segreti, senza intessere importanti rapporti e senza mai portare informazioni utili alle due parti. Fu solo la perfetta vittima sacrificale di una Francia ormai al collasso.

Per non subire una vera rivolta sociale, il governo preferì distrarre la popolazione con una storia famosa e pruriginosa. Una donna come Mata Hari, vissuta attraverso la menzogna, poteva essere immolata per diventare essa stessa l'ultima menzogna consegnata al popolo francese. Così Margaretha fu condannata a morire fucilata dal plotone d'esecuzione. Tuttavia, il suo personaggio le è sopravvissuto, anche se non conosceremo mai veramente il suo ruolo nelle retrovie del primo conflitto mondiale. 

Mata Hari, e poi: il dossier segreto

La quarta ipotesi dell'innocenza di Mata Hari è stata avanzata dopo l'analisi di tutti i documenti manoscritti e dattiloscritti conservati negli archivi militari nel Castello di Vincennes a Parigi. Tra questi c’erano un migliaio di documenti originati dalla polizia, dalla magistratura, da fonte militare, tutti gli atti relativi alla sorveglianza della sospettata, all’istruzione dei capi di accusa, alle testimonianze rese, al processo e al verdetto finale. C’erano anche molte fotografie e corrispondenza personale di Mata Hari. Tutti questi documenti, fino a una ventina di anni fa, erano secretati in attesa dei 100 anni dalla morte della danzatrice. Ma prima della scadenza del termine è stato possibile consultare tutti i documenti, rendendo così possibile ricondurre la leggenda della danzatrice alla realtà

In particolare, le lettere – in cui si firmava sempre Mata Hari M.G. Zelle Mac Leod – dimostrano come la fantasiosa ballerina si fosse trovata in un gioco più grande di lei, del quale aveva compreso poco e per il quale non aveva le carte adatte. 

La morte di Mata Hari

Accusata di aver rivelato alla Germania i segreti carpiti durante i meeting sotto le lenzuola con gli ufficiali francesi troppo chiacchieroni, condannata a morte per tradimento, Mata Hari si presentò nuda davanti al plotone, quasi danzando, come aveva fatto nella sua vita. “Non abbiate paura per me sorella. Saprò morire, state per assistere a una bella morte”, furono le sue ultime parole, pronunciate quando si congedò dalla monaca della prigione di Saint-Lazare. E così fu.

Non volle essere né legata né bendata, per guardare in faccia il plotone di 12 soldati che doveva ammazzarla. A loro mandò un ultimo bacio e un sorriso. Soltanto 3 degli 11 colpi la raggiunsero e soltanto uno al cuore le fu fatale. Quando morì aveva 41 anni. Il corpo non venne reclamato da nessuno e fu buttato in una fossa comune. La sua fucilazione suscitò grande scalpore. Di fatto, i militari avevano fucilato una vera star. 

Laura Cusmà Piccione

Foto di apertura: Public domain, via Wikimedia Commons