Il naturalismo: Zola e Maupassant

Guy de Maupassant

Guy de Maupassant (1850-1893) è ritenuto il maggiore scrittore di racconti del naturalismo francese, pur nel quadro di una narrativa che dà spazio a elementi visionari. La sua opera, con forti tinte drammatiche, esplora con implacabile precisione le passioni dell'uomo, ritratte senza indulgenza e grandezza romantica.

La giovinezza e la formazione

Nato vicino a Dieppe, in Normandia, sin dalla prima infanzia fu testimone dei violenti litigi tra il padre, pigro e corrotto, e la madre, colta e sensibile. Quando i genitori si separarono (1862), Guy andò a vivere con la madre e il fratello minore in una villa vicina a Étretat. L'infanzia trascorse libera e attiva; a tredici anni entrò nel convitto ecclesiastico di Yvetot, dove, per consolarsi della noia e della disciplina, si dedicò a numerose letture proibite: dai romantici a Victor Hugo agli autori del Settecento, tra cui il prediletto Laclos. Durante il liceo a Le Havre e poi a Rouen, Louis Bouilhet e Flaubert, dei quali la madre era amica, cominciarono a guidare la sua formazione letteraria. Nel 1869 si trasferì a Parigi e s'iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, che abbandonò l'anno successivo per partecipare alla guerra franco-prussiana: questa esperienza maturò in lui un odio profondo per i militari, la guerra, i politici, osservando con sconfinata amarezza come fosse proprio la gente del popolo, del tutto estranea agli interessi del conflitto, a battersi per la difesa della patria. Nel 1872 ottenne un impiego noioso e monotono al ministero della Marina.

L'apprendistato letterario

L'apprendistato letterario si svolse sotto la guida di G. Flaubert, che nei confronti di Maupassant si rivelò particolarmente paziente e disponibile, quasi un padre, oltre che un maestro severo ed esigente, e lo abituò alla dura disciplina stilistica, insieme proteggendolo e incoraggiandolo. A Parigi si accostò all'ambiente del nascente naturalismo. Nel 1877 si manifestarono i sintomi della sifilide. Il suo esordio letterario nel 1880 precedette di pochi giorni la morte di Flaubert: il volume collettivo Le serate di Médan comprendeva la sua novella Boule-de-suif (Palla di sego), che ottenne ampio consenso.

Un'attività frenetica

Il successo, la notorietà, una certa agiatezza gli consentirono di lasciare l'impiego al ministero. Nel 1881 pubblicò La maison Tellier (La casa Tellier); nel 1882 Mademoiselle Fifi. Nel 1883 terminò il romanzo Une vie (Una vita), che uscì prima a puntate sul "Gil Blas" e in volume due mesi dopo. Nonostante il peggioramento della malattia, conduceva un'intensa vita mondana e letteraria, viaggiando molto (Algeria, Tunisia, Italia, Inghilterra, oltre che in Francia) e dedicandosi alle donne, alla caccia e al mare. In una decina d'anni scrisse circa trecento novelle, raccolte in vari volumi: Miss Harriet (1884); Les sœurs Rondoli (Le sorelle Rondoli, 1884); Clair de lune (Chiaro di luna, 1884); Contes du jour et de la nuit (Racconti del giorno e della notte, 1885); Yvette (1884); Monsieur Parent (1885); Tonio (Toine, 1885); Le Horla (1887); La main gauche (La mano sinistra, 1889); L'inutile beauté (La bellezza inutile, 1890). Scrisse inoltre i romanzi: Bel-Ami (1885); Mont Oriol (1887); Pierre et Jean (1888); Fort comme la mort (Forte come la morte, 1889); Notre cœur (Il nostro cuore, 1890). Nel 1890 pubblicò ancora il racconto di viaggio La vie errante (La vita errante); cominciò a scrivere il romanzo L'Angelus, ma non poté procedere per l'aggravarsi della malattia, l'angoscia, l'insonnia e gli incubi lo attanagliavano. Dopo un tentativo di suicidio (1892), fu condotto in una casa di salute, dove sopravvisse un anno e mezzo.

Un universo sordido e cupo

Tutta l'opera di Maupassant esprime un pessimismo cupo e radicale: gli individui sono condannati alla meschinità, alla brutalità o all'impotenza, schiacciati dal peso di una vicenda incomprensibile e inutile. Personaggi, episodi, immagini sembrano creare una sorta di "Commedia umana" alla Balzac a rovescio, frammentata e smarrita. Ma la sua visione è incomparabilmente più tetra, immobile, priva di fiducia e di forza. Basti pensare al protagonista di Bel-Ami, senza talento, mediocre persino nella bassezza. Tutto è misero, squallido, piatto. Così nel romanzo Una vita, in cui Jeanne incontra solo delusioni e tradimenti e si lascia trascinare e travolgere dalla sventura. Si insinua appena la nostalgia per il paesaggio normanno, per l'acqua, il mare, la Senna, e un'accorata pietà per gli umili, gli sconfitti della terra. La "sofferenza di vivere" è rappresentata in modo spietato; il dolore dei suoi personaggi è assoluto senza essere grande, e quindi non suscita neppure un autentico moto di compassione. Per questo non diventano eroi: sono spietati ma meschini, oppure inebetiti dagli avvenimenti. Forse l'unica eccezione è il personaggio di Pierre nel romanzo Pierre e Jean, giudicato da molti il suo capolavoro; e non a caso Pierre verrà semplicemente espulso dalla famiglia, che non può tollerare il suo ruolo di coscienza infelice. L'universo narrativo di Maupassant appare dunque estremamente ricco e composito, ma anche statico e per certi versi riduttivo. L'esistenza tutta è ridotta a interessi materiali e piaceri effimeri, un'avventura cinica e sporca, priva di qualunque forma di speranza, percorsa dalla paura, dall'angoscia e dalla follia.

L'originalità e lo stile

Il linguaggio sobrio e preciso, la tecnica narrativa che trova nella brevità della novella una misura perfetta, lo sguardo inflessibile e apparentemente impassibile hanno creato la facile leggenda di un Maupassant naturalista, ossequioso discepolo di Zola e Flaubert. La sua opera rivela invece caratteristiche originali, che lo stesso scrittore ha cercato di chiarire nella prefazione al romanzo Pierre e Jean. "Com'è puerile credere nella realtà, quando ciascuno di noi se la porta con sé, nei propri pensieri e nei propri sensi. E ciascuno di noi si forma quindi un'illusione del mondo". Compito dell'artista non è altro che riprodurre fedelmente quell'illusione e il suo valore consiste nella completezza, nella chiarezza e nella trasparenza con cui sa riprodurre una visione "più completa della realtà stessa".