Euripide

Le ultime tragedie

Nell'ultimo periodo della sua attività Euripide sembra ritornare a temi e forme più tradizionali, rispetto ai drammi precedenti in cui prevaleva il gusto per intrecci complessi e tematiche d'evasione.

Le Fenicie ripresentano la saga della stirpe di Edipo, utilizzata nei Sette a Tebe da Eschilo e nell'Antigone da Sofocle, con una dinamica dei fatti in più punti inedita. Nell'Oreste il tema del matricidio, che costituiva il fulcro etico-religioso dell'Orestea di Eschilo, si complica di una serie di motivi, come quello della vendetta perseguita, ma non raggiunta dall'Oreste euripideo, contro Elena e sua figlia Ermione. L'Ifigenia in Aulide e le Baccanti, appartenenti a una medesima trilogia, furono rappresentate postume.

Ifigenia in Aulide

Euripide riprende il mito di Ifigenia, cui si era già ispirato nell'Ifigenia in Tauride, ma mettendo in scena tutti gli eventi che precedono l'immolazione sull'altare di Artemide, disposta per propiziare la partenza della flotta greca alla volta di Troia. Ifigenia, rivela il vate Calcante, deve essere sacrificata ad Artemide affinché la flotta greca possa salpare da Aulide verso Troia. Agamennone invia un messaggio alla moglie Clitennestra perché conduca al campo la figlia Ifigenia con il pretesto di celebrare le nozze della figlia con Achille. Giungono Ifigenia e Clitennestra, alla quale Calcante, alla fine, svela la verità: ella si offre allora come vittima volontaria. Mentre il sacerdote sta per vibrare il colpo mortale, per prodigio Ifigenia scompare e al suo posto appare una cerva sgozzata. Il dramma è caratterizzato dai successivi mutamenti psicologici dei personaggi: Agamennone abbandona l'iniziale determinazione, tutta politica, a sacrificare la figlia per accogliere in sé sentimenti di umana e paterna pietà; all'opposto, Ifigenia supera l'iniziale orrore per la morte e finisce per desiderarla con patriottico ardore.

Baccanti

Le Baccanti, indicate da molti critici come il capolavoro euripideo, sono il testo di più difficile interpretazione: esse sono considerate da alcuni come l'espressione più chiara del razionalismo euripideo e da altri, all'opposto, come il riflesso di una “conversione” del poeta al senso religioso dell'esistenza. Al centro della tragedia vi è la vendetta di Dioniso che stravolge a poco a poco, in una serie di scene di ambigua suggestione, la mente di Penteo, il re che si oppone al suo culto. Questi infine, vestitosi da baccante, sale tra i boschi per spiare l'operato delle invasate dal dio. Apparso come una fiera agli occhi delle baccanti, viene da loro fatto a pezzi, nel rituale della sparagmós (dilaniamento). I sostenitori della lettura “razionalista” delle Baccanti sottolineano l'orrore delle scene del rituale dionisiaco e più ancora la spropositata crudeltà della punizione divina; gli assertori di una conversione religiosa del poeta mettono l'accento, invece, sulla suggestione delle parti corali, in cui l'adesione al culto di Dioniso si configura come rinnovata pienezza di vita, vissuta in miracolosa comunione con la natura.