Alexander Pope

La produzione letteraria

Dopo l'esordio, nel 1709, con alcune egloghe pastorali a imitazione di Virgilio, piuttosto convenzionali ma con una versificazione fluida ed elegante, compose il trattatello in versi Essay on criticism (Saggio sulla critica, 1711), la sua prima opera importante, in cui traduceva in distici epigrammatici le principali idee critiche del tempo e il suo breviario estetico: egli spronava i lettori a seguire la natura e le regole degli antichi, avendo sempre presente come ideale l'ordine e lo stile neoclassici, da tradurre in opere improntate a chiarezza, correttezza e buon senso. Tali ideali poetici egli realizzò nella sua opera migliore, The rape of the lock (Il ricciolo rapito, 1712), un poemetto eroicomico in cinque canti scritto per appianare il contrasto tra le famiglie dei Petre e dei Fermore dopo che Lord Petre aveva tagliato alla chioma di miss Arabella Fermore. Pope utilizzò per fini satirici tutti gli espedienti del genere epico; l'opera risulta così avere anche un valore di critica sociale e offre una raffinata caricatura della superficialità della società del tempo, ma è anche un'opera di cesello, intessuta di riferimenti ai classici e paragonabile a un poema di età alessandrina. Tradotto in francese e in italiano, fu fonte del Giorno di Parini.

Antecedentemente alla pubblicazione, nel 1717, della prima raccolta delle sue opere, Pope iniziò la traduzione dell'Iliade di Omero, che venne pubblicata in sei volumi fra il 1715 e il 1720, alla quale seguì l'Odissea in cinque volumi nel 1725-26: poiché egli non conosceva a fondo il greco, le sue versioni non potevano essere fedeli all'originale, infatti sono piuttosto delle parafrasi poetiche nelle quali egli utilizzò magistralmente il distico eroico e sviluppò un linguaggio poetico ricco di espressioni colte e ammirate figure retoriche.

La produzione degli ultimi anni

Nella parte finale della sua vita, Pope si diede alla composizione di poemi satirici, filosofici e didattici. Del 1728 è The dunciad (La zucconeide), l'opera satirica più ambiziosa di Pope, un poema eroicomico in tre libri che subì varie fasi di sviluppo e manipolazioni ed era un attacco ai pedanti, quasi uno sfogo di Pope sia a livello personale, contro i propri avversari letterari, sia contro l'ottusità in generale. Poco prima di morire egli pubblicò (1742) un quarto libro del poema, di tono più amaro e pessimistico, che celebrava il trionfo delle tenebre sull'ignoranza. Nell'Essay on man (Saggio sull'uomo, 1733-34), composto da quattro epistole dedicate all'amico Lord Bolingbroke, Pope esponeva la tesi (già di Leibniz) secondo cui il nostro mondo è il migliore dei mondi possibili e ogni ingiustizia o male apparenti sono parte dell'inevitabile ordine definitivo delle cose stabilito da Dio. Questa corrente di pensiero, comune a molta parte del Settecento, non venne elaborata in modo originale da Pope, che peraltro non possedeva una mente filosofica, ma il valore letterario del saggio è nei brani in cui è capace di mettere in versi eleganti idee filosofiche di per sé non congeniali alla poesia stessa.

I Moral essays (Saggi morali, 1733-34), anch'essi ispirati da Lord Bolingbroke e in forma di epistole, riprendono apertamente il modello di Orazio e riflettono con ironia pungente sulla corruzione della società e i difetti umani attraverso una serie di ritratti di uomini e donne.

Libero adattamento delle satire ed epistole di Orazio, per gli scrittori del primo Settecento il modello di poeta civile, rappresentò la raccolta di Satires (Satire, 1734-38): le parti migliori dell'opera sono il Prologo, conosciuto anche come An epistle to Dr Arbuthnot (Epistola al dottor Arbuthnot, 1735) e l'Epilogo, già pubblicato con il titolo di One thousand seven hundred and thirty eight (Millesettecentotrentotto, 1738).