Approfondimenti

Il discorso del Cristo morto

Una volta, in una sera d'estate, giacevo in cima a un monte, in faccia al sole, e mi addormentai. Mi prese un sogno, e in esso mi risvegliai al camposanto. [...] La chiesa oscillava, in su e in giù, sull'onda dell'inaudita dissonanza di due note che si scontravano al suo interno, anelando invano all'armonia. Talvolta un livido lucore baluginava dalle sue vetrate, e sotto quella luce si liquefacevano il piombo e il ferro dei finestroni, colando giù. [...] Alla sommità della chiesa era posto il quadrante dell'eternità, sul quale non c'erano numeri e che era la sua propria lancetta; solo un dito nero lo indicava, e i morti si sforzavano di leggervi il tempo. Ed ecco, da lassù, discendere sull'altare una figura alta e nobile, accompagnata da un dolore inestinguibile, e tutti i morti gridarono: “Cristo! Non c'è Dio alcuno?”. Egli rispose: “Non c'è”. L'ombra di ogni defunto tremò tutta intera, non solamente nel petto, e per questo tremito ciascuna fu disgiunta dall'altra. Cristo proseguì: Ho attraversato i mondi, sono salito fino ai soli e ho percorso a volo, lungo le vie lattee, i deserti del cielo; ma non c'è Dio alcuno. Sono disceso fin dove l'essere proietta le sue ombre e ho scrutato nell'abisso gridando: “Dove sei tu, Padre?”. Ma ho udito solamente l'eterna tempesta che nessuno governa, mentre il variopinto arcobaleno degli esseri, senza che vi fosse un sole a crearlo, s'inarcava e sgocciolava sopra l'abisso. E quando levai lo sguardo al mondo sconfinato, cercando l'occhio divino, esso mi fissò con una vuota orbita senza fondo; e l'eternità si stendeva sopra il caos e lo erodeva e ruminava se stessa.

Jean Paul, Scritti sul nichilismo, a cura di A. Fabris, Morcelliana, Brescia 1997, pp. 25-27.