La drammaturgia del dopoguerra

La Svizzera a teatro

Stato neutrale, la Svizzera fu il solo territorio europeo a rimanere inviolato dagli sconvolgimenti politici e dallo scatenamento della brutalità nazista. Così, mentre i tedeschi, sia dell'Ovest sia dell'Est, durante i primi decenni del dopoguerra non poterono non interrogarsi sul “quel” passato “che non passa”, sull'avvenire della civiltà e soprattutto sulle responsabilità della loro nazione, al contrario gli svizzeri riuscirono a guardare alla storia contemporanea con maggior distacco. Proprio quest'aura intatta garantiva quella continuità culturale che permise a Max Frisch e Friedrich Dürrenmatt di occupare un posto in prima fila nell'ambito della storia del dramma. I loro lavori scaturivano da una tradizione e da un ambiente letterari non soltanto non contaminati da fascismo e nazismo, ma che precisamente durante la guerra avevano ospitato le prime teatrali di alcuni drammi brechtiani.

Frisch

La morte del padre costrinse Max Frisch (Zurigo 1911 - 1991) a interrompere gli studi di germanistica e a guadagnarsi da vivere con il giornalismo; in seguito si laureò in architettura. Dopo le prime prove narrative, che lo lasciarono insoddisfatto, si volse al teatro scrivendo, tra l'altro, La muraglia cinese (Die Chinesische Mauer, 1947), accolta subito dai favori del successo. Nel 1947-48 conobbe e frequentò Brecht a Zurigo: ne riferì nel suo Diario 1946-1949 (Tagebuch 1946-1949, 1950), che gli aprì le porte dell'editore Suhrkamp. La tematica al centro delle sue opere, la crisi dell'identità personale, trova splendida espressione nel romanzo Stiller (1954), scritto in una lingua modernamente classica, che si concede talora il lusso della divagazione, dell'intervallo novellistico e persino di una reverente emulazione di Thomas Mann, nel grande episodio ambientato nel sanatorio di Davos. Meno efficaci, pur nei loro sforzi sperimentali, i successivi romanzi Homo faber (1957) e Il mio nome sia Gantenbein (Mein Name sei Gantenbein, 1964). Lo scrittore era frattanto tornato al teatro con l'originale Don Giovanni ovvero l'amore della geometria (Don Juan oder die Liebe zur Geometrie, 1953), in cui Don Giovanni rientrerebbe nella parte del donnaiolo soltanto perché costrettovi dalle circostanze, mentre in realtà sarebbe un solitario intellettuale studioso di geometria: anche con tale singolare e divertente reinterpretazione della classica figura di questo eroe letterario, Frisch riesce dunque a trattare il tema dell'identità personale, del suo ruolo, delle attese e delle menzogne sociali, dell'etichettamento della personalità e del suo travisamento. Seguì la divertente “pièce didattica senza dottrina” Omobono e gli incendiari (Herr Biedermann und die Brandstifter, 1958), che risente nel modo più netto dell'influenza di Brecht. Successo teatrale internazionale gli procurò Andorra (1961), amara parabola sul razzismo, l'intolleranza e il pregiudizio.

A sfondo autobiografico sono gli ultimi romanzi: Montauk (1975) e L'uomo compare nell'Olocene (Der Mensch erscheint im Holozän, 1979), dove i personaggi e le loro azioni si fanno oscuri ed enigmatici. Della sua ricca produzione vanno ricordati ancora i Diari, che seguitò a pubblicare fino al 1972. Raffinato e irriverente il racconto Guglielmo Tell per la scuola (Wilhelm Tell für die Schule, 1971), spassoso il Libretto di servizio (Dienstbüchlein, 1974): entrambi sono punteggiati di caustici esempi sulla patria Svizzera, l'esercito e l'eroe nazionale.

Dürrenmatt

Figlio di un parroco protestante e nipote di un noto pubblicista satirico, Friedrich Dürrenmatt (Konolfingen 1921 - Neuchâtel 1990) mostrò presto la sua vera vocazione interrompendo gli studi universitari di filosofia, per dedicarsi alla scrittura e alla pittura. Nel 1947 il teatro di Zurigo rappresentò un suo dramma storico sugli anabattisti, È scritto (Es steht geschrieben), che suscitò violente reazioni, alle quali egli replicò affermando polemicamente che in Svizzera “vivono soprattutto i morti”. Con Romolo il grande (Romulus der Grosse, 1949) si volse risolutamente alla commedia: l'ultimo imperatore di Roma alleva polli e rinuncia a mantenere in vita il pernicioso organismo politico di cui è a capo. Anche i successivi lavori teatrali, Il matrimonio del signor Mississippi (Die Ehe des Herrn M., 1952), Un angelo viene a Babilonia (Ein Engel kommt nach Babylon, 1954) e la famosissima “commedia tragica” La visita della vecchia signora (Der Besuch der alten Dame, 1956), si segnalano per lo stile incisivo, la comicità irresistibile e grottesca, la violenta satira contro l'annullamento dei valori prodotto dal consumismo capitalistico. Più cupo è lo scenario del dramma I fisici (Die Physiker, 1962), in cui lo scienziato Möbius vanamente si finge pazzo per non consegnare a una superpotenza una sua formula. Il fondamentale pessimismo etico dello scrittore, per il quale il mondo è un enigma mostruoso e inesplicabile in cui domina il caso, trova convincente espressione, oltre che nelle numerose commedie e radiodrammi, anche nei romanzi polizieschi che significativamente portano gli investigatori allo scacco: Il giudice e il suo boia (Der Richter und sein Henker, 1952), Il sospetto (Der Verdacht, 1953), La promessa. Requiem per il romanzo giallo (Das Versprechen. Requiem auf den Kriminalroman, 1955), Giustizia (Justiz, 1985). Significativa infine la produzione saggistica di Dürrenmatt, particolarmente nel campo della teoria teatrale.