Leonardo da Vinci

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L'artista

Pittore, scultore, architetto e scienziato italiano (Vinci, Firenze, 1452-castello di Cloux, presso Amboise, 1519). Figlio naturale di una popolana, Caterina, e del notaio ser Piero, fu allevato nella casa paterna in Vinci. Stabilitosi nel 1469 a Firenze, entrò come apprendista nella bottega del Verrocchio e qualche anno dopo (1472) si iscrisse come pittore indipendente alla corporazione di S. Luca e mise mano alle prime opere. Nel 1476 fu prosciolto da un'accusa di sodomia. Frequentava intanto gli ambienti umanistici e le famiglie altolocate di Firenze, dove ebbe modo di ritrarre Ginevra Benci. Nel 1482 venne inviato da Lorenzo de' Medici a Milano, alla corte degli Sforza, secondo alcune fonti come musico. Prima di partire, Leonardo da Vinci scrisse a Ludovico il Moro una lettera offrendogli i propri servigi e nella quale elencava le proprie molteplici capacità di ingegnere civile e militare, architetto, scultore e pittore. A Milano, dove restò quasi vent'anni, Leonardo da Vinci svolse un'intensa attività nei campi più disparati. Nel 1483 approntò i disegni preparatori per il monumento equestre in bronzo a Francesco Sforza e firmò il contratto con la Confraternita della Concezione per la Vergine delle Rocce. Nel 1489 venne incaricato di curare l'apparato meccanico per la rappresentazione di una scena allegorica, detta “Il Paradiso”, allestita in occasione del matrimonio di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d'Aragona. Alla corte di Ludovico il Moro, Leonardo da Vinci trovò ambiente favorevole allo sviluppo dei suoi interessi scientifici nel campo sia della fisica sia delle scienze naturali; qui conobbe il matematico Luca Pacioli, per la cui De divina proportione disegnò le illustrazioni dei corpi geometrici in prospettiva. Riprendendo alcune indagini forse già elaborate a Firenze, si occupò in particolare di studi anatomici e del volo degli uccelli. In questo periodo compì frequenti viaggi a Pavia, dove collaborò alla ricostruzione della cattedrale. Nel 1493 Leonardo da Vinci terminò il modello in creta a grandezza naturale del gran cavallo per il monumento Sforza la cui fusione in bronzo non fu mai realizzata. Dopo la discesa di Carlo VIII in Italia e la caduta dei Medici a Firenze, Leonardo da Vinci venne chiamato a far parte della delegazione al seguito di Ludovico il Moro ai negoziati di Pavia, dove ebbe modo di entrare in contatto per la prima volta con gli ambienti francesi. Tornato a Milano, disegnò le scene per la rappresentazione delle Danze di Baldassarre Taccone, attese alla decorazione della Sala delle Asse nel Castello Sforzesco e, intorno al 1495, iniziò i lavori per l'Ultima Cena nel refettorio di S. Maria delle Grazie. Nel 1499, la fine della signoria sforzesca, con l'entrata in Milano dell'esercito di Luigi XII, costrinse Leonardo da Vinci a lasciare la città: dapprima fu a Mantova, dove eseguì il ritratto di Isabella d'Este, quindi a Venezia, dove progettò un piano di difesa contro la minaccia di un'invasione turca. Nel 1501 fu nuovamente a Firenze; al servizio di Cesare Borgia, come architetto e ingegnere generale, tra il maggio del 1502 e il marzo del 1503 visitò varie città della Romagna, delle Marche e dell'Umbria, dove compì rilevazioni topografiche allo scopo di studiare opere di fortificazione e idrauliche. Tornato a Firenze, nel 1503 iniziò a dipingere la Gioconda e nello stesso anno a lui e a Michelangelo fu commissionata la decorazione del salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio con episodi della storia fiorentina. Nello stesso periodo si applicò con rinnovato fervore all'indagine scientifica: studiò sistemi di chiuse e di canali navigabili ed elaborò un progetto per deviare l'Arno e isolare l'avversaria Pisa; sviluppò ricerche di anatomia e fisiologia, sezionò cadaveri all'ospedale di S. Maria Nuova e riordinò le sue annotazioni sull'argomento nel tentativo di comporre un trattato; approfondì gli studi e compì esperimenti sul volo. Nel 1506 tornò a Milano, chiamato dal governatore Carlo d'Amboise che lo incaricò di predisporre i festeggiamenti per l'ingresso di Luigi XII nel 1507; in tale occasione fu nominato peintre ordinaire et ingénieur del re di Francia. La sua attività fu diretta prevalentemente alla tecnica idraulica: seguì i lavori per la sistemazione del canale della Martesana ed elaborò un progetto per rendere navigabile l'Adda tra Lecco e Milano. Rientrato a Firenze nel 1508 per una questione di eredità, nel settembre dello stesso anno era di nuovo a Milano, da dove ebbe modo di seguire, come ingegnere militare, le armate di Luigi XII dirette contro Venezia. Dopo la morte di Carlo d'Amboise, Leonardo da Vinci eseguì i disegni preparatori per il monumento equestre del vincitore di Ludovico il Moro, Giangiacomo Trivulzio, e approfondì gli studi di anatomia sotto la guida dell'anatomista Marcantonio della Torre. Negli anni seguenti, per il ripiegamento progressivo dei Francesi, Leonardo da Vinci lasciò Milano e si rifugiò a Vaprio presso il fedelissimo allievo e amico Francesco Melzi, sinché nel 1513 si recò a Roma sotto la protezione di Giuliano de' Medici; qui poté approfondire i propri studi scientifici e collaborare al prosciugamento delle Paludi Pontine, ma non riuscì a ottenere nessuno dei grandi incarichi affidati invece a Michelangelo e a Raffaello. Verso la fine del 1516, accogliendo un invito di Francesco I, Leonardo da Vinci lasciò Roma per la Francia e si stabilì al castello di Cloux, presso Amboise. Ormai la sua febbrile attività e il suo continuo peregrinare volgevano al termine. Documento della sua ultima creatività artistica sono i disegni della Fine del mondo, nei quali Leonardo da Vinci espresse la sua convinzione, tratta da una vita dedicata all'indagine della natura, sull'esistenza di un'armonia universale sicuramente presente anche nell'apparente caos della fine del mondo. Il 23 aprile 1519 dettò il testamento e alcuni giorni dopo morì.

Lo scienziato

Solo in epoca recente i manoscritti scientifici di Leonardo da Vinci sono stati oggetto di approfonditi studi da parte degli storici. Si tratta di un immenso materiale che tratta quasi tutte le discipline scientifiche in modo non sistematico e alle volte caotico. Vi figurano appunti e semplici annotazioni suggerite dagli argomenti più diversi che si presentavano alla sua riflessione, oppure commenti e ricopiature di brani tratti da opere classiche e da opere contemporanee, solitamente scritti a rovescio, da destra a sinistra. Dato il loro enorme numero ci si limita qui a elencare i più importanti: Codice Atlantico (Milano, Biblioteca Ambrosiana), grande miscellanea di disegni e note scientifiche, in tutto ca. 2000, datati tra il 1488 e il 1518, il cui nome deriva dal formato dei fogli su cui il collezionista Pompeo Leoni, del sec. XVI, incollò gli scritti di Leonardo da Vinci; Manoscritto A (Parigi, Institut de France), contiene disegni e note risalenti al 1492 sull'ottica, sulla meccanica e sull'astronomia; Manoscritti B, E, K (Parigi, Institut de France), in cui sono raccolti disegni di architettura, progetti di ponti e navi, descrizioni di strumenti scientifici, disegni sul volo degli uccelli e disegni di anatomia comparata. Considerazioni riguardanti soprattutto la geometria e la fisica si trovano invece nei Manoscritti C, F, H, I (Parigi, Institut de France) e nel Codex Arundel (Londra, British Museum). Vanno pure segnalati il Codice sul volo degli uccelli (Torino, Biblioteca Reale), composto tra il 1500 e il 1505, la vasta raccolta di disegni e studi di anatomia, Fogli A, B e C, datati tra il 1489 e 1516, conservata alla Biblioteca reale del castello di Windsor, e i due manoscritti (Codice 8936 e Codice 8937) scoperti nel 1967 nella Biblioteca Nacional di Madrid, con disegni di macchine, di architettura, di geometria, statica e meccanica corredati di scritte esplicative e annotazioni varie e con date comprese fra il 1491 e il 1505. In base all'analisi di questi testi, durante il periodo positivistico si esaltò in Leonardo da Vinci il precursore di tutte le scienze moderne. Successivamente, all'inizio del Novecento, si cercò di ridimensionare l'originalità del suo pensiero e attualmente si tende a vedere in lui una delle più importanti espressioni della cultura umanistico-rinascimentale: la transizione al pensiero moderno operata fuori dalla tradizione dotta nell'impegno di conoscenza e di dominio tecnico della natura. Di particolare importanza è la sua concezione del sapere scientifico e del metodo che occorre seguire per conquistarlo, che lo pone tra gli immediati precursori di Galileo per l'importanza da lui attribuita sia all'esperienza sia alla matematica. Tra i suoi maggiori risultati, nel campo della meccanica, sono indicati l'intuizione del principio di inerzia, pur se ancora nell'ambito della teoria dell'impetus, nonché l'intuizione del principio di composizione delle forze e quello del piano inclinato, da lui assunto come base per la spiegazione del volo degli uccelli. In fisica scoprì il principio dei vasi comunicanti nell'ambito degli studi di ingegneria che lo portarono a elaborare progetti di bonifica della Lomellina, di dighe mobili sull'Isonzo, ecc. Numerose note sono anche dedicate al problema dell'origine dei fossili e all'astronomia, nella quale Leonardo da Vinci prese a considerare la Terra come un qualunque astro in grado di riflettere la luce. Da esse risulta il suo rifiuto della concezione aristotelico-tolemaica che pone la Terra immobile al centro dell'universo; la Terra non solo si muove attorno al suo asse, ma è soggetta a un ritmo incessante di trasformazioni geologiche che non possono essere ricondotte al diluvio universale, sostenuto dalla tradizione biblica. Alla cultura scolastica egli contrappose l'osservazione diretta della natura che si esprime anche nel carattere scientifico e realistico della sua opera artistica. Molto significative furono le sue ricerche anatomiche svolte col doppio fine di conoscere meglio la natura e nel contempo migliorare le proprie capacità d'artista. Famosi sono i suoi studi sull'apparato muscolare e scheletrico, sull'apparato cardiocircolatorio, sulla struttura e il funzionamento dell'occhio, condotti anche comparativamente. I disegni che accompagnano tali ricerche, riproducenti con fedeltà e precisione le cose osservate, sembra abbiano influito sull'opera di Vesalio. Innumerevoli sono i suoi studi sul volo degli uccelli, rivolti a determinare sistematicamente tutti i particolari della complicata meccanica del volo per poterlo riprodurre con apparati che, per i suoi tempi, restano capolavori d'ingegnosità. Nei suoi scritti si sono riscontrate tracce del pensiero di Guglielmo d'Occam, della scuola dei fisici di Parigi e dei filosofi naturalisti del Quattrocento italiano. Secondo alcuni storici particolare influenza avrebbe avuto su di lui l'opera del Cusano al cui pensiero essi ricollegano la figura leonardesca dell'artista che abbraccia la natura come un unico organismo vivente. Il fenomeno delle maree come pure le vicende vulcaniche attestano, in tale visuale, il pulsare della vita della natura. Il tendere degli elementi al Tutto, il loro farsi e disfarsi, il ritmo della vita universale trovano corrispondenza per Leonardo da Vinci nel microcosmo dell'organismo vivente. Altri storici, senza negare in Leonardo da Vinci l'uso di un linguaggio caratteristico della tradizione neoplatonica, rilevano il carattere meccanicistico e antianimistico della sua concezione della natura. Anche il suo modo di concepire la matematica sembra confermare un atteggiamento realistico-pratico di fronte alla natura. La matematica si distingue non solo come disciplina certa e rigorosa, ma viene assunta come regola fondamentale del mutare della natura. Finché infatti la natura viene considerata in sé, senza regola o strumento, essa appare come un groviglio caotico di forze e di effetti nascosti: soltanto la matematica è in grado di cogliere l'ordine regolare che sostiene l'apparente caos. Questo ordine, e la matematica che lo coglie, determinano per Leonardo da Vinci la definitiva linea di divisione fra la scienza vera e propria e la sofistica. Scrive a questo proposito: “chi biasima la somma certezza della matematica, si pasce di confusione e mai porrà silentio alle contraditioni delle soffistiche scientie con le quali si impara un eterno gridore”. La matematica cui si riferisce Leonardo da Vinci è una scienza concreta, operativa, che trova la massima espressione nella meccanica, definita “paradiso delle scientie matematiche”. Il mezzo fondamentale per attuare il processo conoscitivo della natura è il disegno, con il quale Leonardo da Vinci procede all'anatomia di tutta la realtà, all'approfondimento dell'esperienza sensibile e alla scomposizione del fenomeno nella sua struttura matematica sottostante. I numerosi disegni e progetti, la stessa attività di ingegnere civile o militare di Leonardo da Vinci, si collocano in tale direttrice di fondo. Conoscere significa cogliere l'espressione matematica della realtà, progettare, imitare, costruire macchine e congegni che cerchino di assecondare la natura nel suo continuo processo. Comincia con Leonardo da Vinci l'autonomia della verità scientifica: essa è limitata, lascia fuori di sé la totalità teologica del pensiero medievale, ma è verità, ha nella sua finitezza le stesse caratteristiche della verità infinita. Con accenti analoghi, Galileo, più di un secolo dopo, si è espresso sull'argomento. Lo stesso concetto di esperienza viene acutamente analizzato: l'esperienza costituisce la base della scienza, ma non è a sé stante e richiede di essere letta nel linguaggio della nostra ragione che ha nella matematica la sua formulazione più rigorosa. In questo senso preciso Leonardo da Vinci può affermare che “la scientia è il capitano, e la pratica i soldati”. L'unione di arte, scienza e tecnica costituisce l'aspetto più significativo dell'opera di Leonardo. Con essa si esprime un tipico distacco dell'uomo rinascimentale dall'unità teologica del sapere medievale e dall'autorità della Bibbia. In tale unione emerge quel rapporto diretto dell'uomo con la natura che è condizione essenziale per il sorgere della scienza moderna. Leonardo da Vinci non lascia più ai “frati, padri de' popoli, li quali ispirazione san tutti li segreti” la risoluzione dei problemi dell'uomo, ma indica nel rapporto diretto con la natura la via per affrontarli e risolverli.

Le opere

Nella bottega del Verrocchio, la più prospera e importante di Firenze, che nel decennio fra il 1460 e il 1470 costituì il centro del rinnovamento artistico cittadino, Leonardo da Vinci imparò le tecniche di tutte le arti. Nei primi anni si dedicò principalmente alla pittura, traducendovi quegli elementi formali che costituiscono le innovazioni della scultura verrocchiesca: la composizione piramidale e la tecnica ormai raffinatissima del chiaroscuro. Eccettuato il disegno di paesaggio del 1473 (Firenze, Uffizi), in cui è già evidente la ricerca di una visione prospettica non centralizzata (come quella quattrocentesca) ma a più direzioni di osservazione, il primo sicuro intervento di Leonardo da Vinci si ha nel Battesimo (ca. 1472-75, Uffizi), opera di bottega per cui si è supposta anche la collaborazione di Botticelli. Di Leonardo da Vinci sono sicuramente l'esecuzione del primo angelo, la stesura definitiva del Cristo e i due fondi di paesaggio in lontananza, sia per la delicatezza della modellazione chiaroscurale sia per la divergenza “all'infinito” dell'orizzonte. Ancora legata all'ambiente verrocchiesco è l'Annunciazione (1472-75, Uffizi) , fin troppo decorativa nell'ornamentazione dei marmi, nei panneggi elaboratissimi, nella minuzia con cui sono dipinti i fiori, ma completamente nuova nello sfondo luminosissimo e lontano che si contrappone alla fila scura di alberetti, un effetto che Leonardo da Vinci riprende anche nel suo primo ritratto, la Ginevra Benci (1474-76; Washington, National Gallery), purtroppo gravemente mutilata nella parte inferiore, dove la posizione delle mani accentuava la torsione del busto, disposto a piramide. Nel 1481, dopo aver già dipinto il San Girolamo, Leonardo da Vinci ricevette la sua prima importante commissione, l'Adorazione dei Magi per il convento di S. Donato a Scopeto (che non fu mai consegnata e oggi è conservata a Firenze, Uffizi), in cui si ha la prima massima realizzazione della spazialità leonardesca: intorno alla Madonna le figure si dispongono a semicerchio, ma la struttura non risulta chiusa perché i personaggi esterni e il fondo di rovine e di battaglia sono coordinati secondo vari e divergenti punti di fuga. Basilare nella composizione dell'opera, rimasta incompiuta alla partenza dell'artista per Milano, è il disegno, strumento di definizione spaziale, volumetrica e anatomica, raffinato in un secondo momento attraverso il chiaroscuro, che permette sia la resa trasparente dell'atmosfera sia l'infinitesimale gradazione del colore e quindi della luce. La stesura del colore rappresenta il momento finale, quasi secondario, dell'esecuzione, secondo una poetica che è esattamente all'opposto di quella dell'ambiente veneto, dove in quegli anni il colore stava diventando l'elemento strutturale portante della composizione. Caratteristica fondamentale dell'arte fiorentina da Masaccio a Pontormo e oltre, il disegno fu per Leonardo da Vinci l'indispensabile strumento di indagine scientifica dei fenomeni della natura, sostenuto da una quasi incredibile capacità di osservazione anche dei minimi particolari. Studio preparatorio per un quadro o analisi della dinamica muscolare, un disegno di Leonardo da Vinci va sempre visto sia nel suo aspetto estetico sia nel suo aspetto scientifico; l'atteggiamento mentale di Leonardo da Vinci nei confronti della realtà, infatti, non poteva concepire un'antitesi fra operare artistico e operare scientifico, ed è in questo senso che egli rappresenta veramente l'“uomo universale” versato in tutto lo scibile, quale fu idealizzato dalla cultura umanistica. Durante il soggiorno milanese presso Ludovico il Moro, Leonardo da Vinci si dedicò solo in minima parte alla pittura. Nella Vergine delle rocce, dipinta tra il 1483 e il 1486 (Parigi, Louvre; una seconda versione è del 1503-06 e si trova alla National Gallery di Londra), la composizione a piramide del gruppo costituito dalla Madonna, dal Bambino, da San Giovannino e dall'angelo è arricchita e movimentata dall'incrociarsi di linee convergenti indicate dai gesti. Un'ancor più complessa definizione spaziale è data dalla presenza di due fonti di luce, quella in primo piano con effetti di rifrazione verde, e quella sul fondo, luminosissima, in cui si sfuoca il paesaggio di monti primordiali. La tecnica dello “sfumato” (cioè del morbidissimo chiaroscuro tipico di Leonardo da Vinci) si sovrappone al disegno, iniziando quella sfaldatura dei contorni che ha caratterizzato sempre più le opere seguenti. Nell'Ultima Cena in S. Maria delle Grazie Leonardo da Vinci sperimentò una tecnica che, abolendo il tradizionale strato di intonaco, gli permettesse di lavorare con la lentezza e meticolosità che gli erano proprie; tale tecnica si rivelò inadeguata e già alla metà del Cinquecento l'umidità aveva mangiato quasi tutto il colore, che doveva essere in origine brillantissimo. Successivamente, oltre ai guasti dell'umidità e del tempo, l'affresco subì anche quelli prodotti da incauti restauri. Rimessa in condizioni soddisfacenti dall'opera del Cavenaghi (1908) e del Silvestri (1924), miracolosamente salva dopo i bombardamenti del 1943 ma nuovamente corrosa dall'umidità, la Cena fu restaurata nel 1947 da Mauro Pelliccioli; ulteriormente deterioratasi negli anni successivi, nel 1978 ebbe inizio un nuovo restauro, condotto da Pinin Brambilla, sotto la guida dell'allora sovrintendente per i beni artistici Carlo Bertelli. Nell'Ultima Cena Leonardo da Vinci, riprendendo il tema classico della tradizione fiorentina che scandiva gli Apostoli in una severa struttura architettonica, aprì il fondo con finestre su un chiaro e sereno paesaggio, ma soprattutto dispose i suoi Apostoli in gruppi di tre, individuandone le diverse reazioni all'annuncio del Cristo sul prossimo tradimento. In ogni gruppo i gesti si legano secondo linee curve e sempre linee curve uniscono fra loro i gruppi, concentrandosi nel solenne triangolo del Cristo. Agli anni milanesi risalgono il Ritratto di dama del Louvre (La bella Ferronière) e il Ritratto di dama con ermellino (Cracovia, Czartoryski Muzeum), forse Cecilia Gallerani, personaggio di rilievo della corte di Ludovico il Moro; entrambi i ritratti si basano sulla raffigurazione piramidale del busto lievemente rotante. Prima di lasciare Milano dopo la caduta del duca, Leonardo da Vinci aveva già compiuto un primo cartone per la S. Anna, commissionatagli dai serviti di Firenze. Le notevoli differenze esistenti fra il cartone di Londra (National Gallery) e il quadro del Louvre hanno fatto supporre che il cartone londinese non sia quello che, esposto a Firenze nel 1501, aveva suscitato lo stupefatto entusiasmo dei contemporanei ed era stato minuziosamente descritto da Fra' Pietro da Novellara in una lettera a Isabella d'Este; disperse le prime due redazioni, l'opera del Louvre sarebbe una replica eseguita nel secondo soggiorno milanese. Rispetto al quadro, di una rara perfezione formale, il cartone di Londra risolve con un'ancor più accentuata morbidezza di chiaroscuro il gruppo delle figure. In esse, portando alle estreme conseguenze la composizione a piramide, Leonardo da Vinci realizzò uno schema a spirale che definisce plasticamente lo spazio, progressivamente allargato all'infinito secondo cerchi concentrici dallo sfondo; schema che, ripreso da Raffaello (a Firenze in quegli anni), sarebbe divenuto caratteristico dell'ambiente fiorentino per almeno trent'anni. La stessa soluzione Leonardo da Vinci ripropose nel cartone della Battaglia di Anghiari per l'affresco nel salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, impresa che lo oppose a Michelangelo a cui era stata affidata la parete di fronte con la Battaglia di Cascina. Mentre Michelangelo non ebbe modo di cominciare l'opera, Leonardo da Vinci iniziò la sua ma la interruppe quasi subito e non la portò a termine per dedicarsi invece ad altri incarichi. Tuttavia i cartoni dei due maestri (ora perduti) nonostante la loro diversità fecero scuola ai giovani artisti fiorentini per oltre un secolo. Negli stessi anni Leonardo da Vinci dipinse la Leda, nota da copie di allievi (la più famosa è quella di Roma, già collezione Spiridion e attualmente proprietà dello Stato, da alcuni identificata con l'originale), e la Gioconda (1503-06 Parigi, Louvre) . La prima opera testimonia quanto la sua complessa simbologia e il suo raffinato erotismo abbiano influito sul manierismo. Il celeberrimo ritratto di Lisa, moglie del mercante Francesco Bartolomeo del Giocondo, è stato via via interpretato attraverso i secoli come visione magica (Vasari, Pater), simbolo sessuale (Freud), raffigurazione filosofica, per citare le interpretazioni più note. Stilisticamente l'opera è sicuramente uno dei più alti esempi della ritrattistica rinascimentale, per l'unità perfetta di tutti gli elementi che la compongono attuata per mezzo dell'infinitesimale gradazione della luce (attualmente è molto più scura e opaca di quanto fosse all'origine). Durante il soggiorno romano Leonardo da Vinci eseguì l'ultimo suo quadro di S. Giovanni Battista (Parigi, Louvre), che nel monocromo di toni bruni e dorati ripete con maggiore raffinatezza la rappresentazione del trapassare quasi inavvertibile della luce, nell'abolizione del disegno e del contorno .

Bibliografia

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