Descrizione generale

sf. [sec. XX; radio-+astronomia]. Branca dell'astronomia che ha per oggetto lo studio delle radiazioni elettromagnetiche provenienti dagli spazi cosmici di lunghezza d'onda compresa fra pochi millimetri e ca. 20 m (intervallo detto finestra radio). Dalla parte delle brevi lunghezze d'onda, le onde radio sono assorbite dalla bassa atmosfera, in particolare dall'ossigeno e soprattutto dal vapore acqueo. In questo dominio di lunghezze d'onda potrebbero essere sufficienti osservazioni ad alta quota. Verso le grandi lunghezze d'onda invece, le osservazioni sono limitate dalla ionosfera che, secondo l'ora, la stagione, l'attività solare e il luogo d'osservazione, si rende opaca a particolari frequenze; in questa regione di lunghezze d'onda sono quindi necessarie osservazioni da fuori dell'atmosfera terrestre. Non sono in ogni caso possibili osservazioni a frequenze inferiori a 30 kHz, limite al di là del quale la materia interstellare non permette più la propagazione delle onde radio. Praticamente tutte le frequenze disponibili entro la finestra radio sono state impiegate per usi civili e militari, con la conseguente creazione di parassiti di intensità notevolmente superiore alle sorgenti cosmiche. Tuttavia, il CCIR (Comité Consultif International des Radiocommunications) e la UIT (Union International des Télécommunications) hanno riconosciuto la radioastronomia come un servizio pubblico e le hanno riservato delle bande peraltro insufficienti per una ricerca completa .La ricerca ha subìto un notevole e rapido sviluppo in seguito all'introduzione delle teniche interferometriche, che hanno consentito un miglioramento del potere risolutivo di svariati ordini di grandezza rispetto a quella dei primi radiotelescopi usati in radioastronomia. Inoltre, la risoluzione dei moderni radiotelescopi è divenuta superiore a quella dei telescopi ottici.

Cenni storici

In seguito alla scoperta delle onde radio, intorno al 1890 vennero effettuati i primi tentativi di captare radiazioni elettromagnetiche di origine cosmica; queste ricerche, a causa del loro iniziale insuccesso, furono però rapidamente dimenticate. Le prime vere e proprie osservazioni furono compiute nel 1932 da K. Jansky, negli USA, che scoprì casualmente la radioemissione galattica mentre indagava sull'origine dei rumori di fondo che disturbavano le comunicazioni intercontinentali. Anche questa scoperta passò praticamente inosservata agli astronomi; solo un amatore, G. Reber, continuò il lavoro di Jansky, tracciando, fra il 1937 e il 1942, radiomappe galattiche alla lunghezza d'onda di 1,87 m. Nel 1942, ancora per caso, J.S. Hey scoprì la radioemissione solare attraverso le perturbazioni indotte sugli schermi radar. Solo dopo la seconda guerra mondiale, tuttavia, sono stati compiuti grandi progressi, sia per la possibilità di concentrare sforzi specifici, sia per la disponibilità di nuove e più avanzate tecnologie.

Osservazioni e dati

A prima vista le onde radio cadono sulla Terra in maniera isotropa. Fin dalle prime ricerche di Reber, è stato tuttavia possibile notare che l'aspetto radio della volta celeste presenta particolari differenti da punto a punto; alla radiazione di fondo, paragonabile nel dominio ottico al colore del cielo notturno, si sovrappongono zone più o meno vaste che presentano emissioni differenti alle diverse frequenze. La regione più vasta è la Via Lattea, anche dal punto di vista radioastronomico. Su tutta la volta celeste, poi, sono sparse innumerevoli regioni aventi dimensioni angolari ridotte e con intensità di emissione sensibilmente più elevata rispetto al fondo: sono queste le radiosorgenti; il termine radiostelle, impiegato nei primi tempi per indicare tali oggetti, non è corretto in quanto ben poche delle radiosorgenti sono state identificate con stelle, e, viceversa, da ben poche stelle si è finora ricevuta radiazione a radiofrequenza. Dopo le prime radiosorgenti (Sagittarius A e Cygnus A) altre ne sono state scoperte: ne sono catalogate parecchie migliaia, quantunque solo di poche centinaia sia stato trovato il corrispettivo ottico. Le prime radiosorgenti furono identificate col nome della costellazione a cui appartenevano, seguito da una lettera maiuscola che indicava la sequenza della loro scoperta (per esempio, Cygnus A, Cassiopeia B ecc.). All'aumentare del loro numero si adottò una differente classificazione: per esempio, Cassiopeia A venne identificata dalla sigla 23N5A, che indica che Cas A è la prima sorgente (A) scoperta nella regione avente ascensione retta compresa fra 23h e 24h e declinazione fra 5º e 10º N. All'aumentare ancora del numero di radiosorgenti scoperte, si è preferito indicare ognuna di esse con la sigla con la quale è stata indicata su uno dei vari cataloghi. Pur impiegando le medesime tecniche di osservazione, il sistema solare, la Galassia e le regioni al di fuori della Galassia hanno presentato e presentano tuttora problemi differenti, anche dal punto di vista descrittivo .

Sistema solare

Il Sole, nel dominio radio, presenta un'emissione notevolmente inferiore a quella nel dominio ottico (dell'ordine di 1013 volte: per il cielo notturno il medesimo rapporto è dell'ordine di 107); può essere tuttavia studiato abbastanza facilmente in quanto relativamente vicino. Il Sole emette una radiazione a radiofrequenza di origine termica chiamata del Sole “quieto” e originata dalla corona e dalla cromosfera. A lunghezze d'onda metriche, il Sole presenta un aspetto analogo a quello ottico, con il centro più luminoso del bordo; a lunghezze d'onda centimetriche e decimetriche, invece, appare il fenomeno inverso detto di illuminamento al bordo o dell'anello brillante per cui il Sole appare più brillante sul bordo che nel centro del disco a causa del maggior contributo di radiazione da parte della più calda corona rispetto al centro del disco solare dove si osserva la più fredda fotosfera. Le osservazioni a lunghezze d'onda metriche hanno attribuito alla corona un'emissione di radioonde tale da richiedere la presenza di meccanismi non termici. Sulla radiazione del Sole quieto, essenzialmente indipendente dal ciclo solare, si sovrappone una radiazione perturbante, strettamente legata al ciclo solare e detta del Sole “attivo”; tale emissione viene usualmente suddivisa in emissione delle condensazioni coronali e in burst. La prima consiste in un aumento nell'intensità della radiazione a lunghezze d'onda centimetriche e decimetriche e ha origine al di sopra dei centri di attività del Sole (macchie, gruppi di macchie ecc.); questa emissione forma una componente lentamente variabile, con periodo di ca. 27 giorni, che è anche il periodo di rotazione del Sole. I burst consistono in emissioni di radioonde associate a eruzioni cromosferiche; sono queste le radioemissioni più intense che raggiungono la Terra, associate anche a radiazioni corpuscolari. I burst, suddivisi ulteriormente in 5 tipi, sono senza dubbio di origine non termica, forse oscillazioni di plasma. Per quanto riguarda i pianeti e i satelliti, la loro radioemissione è sempre di origine termica, con alcune eccezioni. La prima è costituita da Venere, la cui temperatura misurata a lunghezze d'onda decimetriche e centimetriche è di ca. 600 K, da 200 a 300 K più alta che per le osservazioni dirette e all'infrarosso. Si presume che le onde radio provengano dalla superficie del pianeta, surriscaldato per effetto serra. Un fenomeno analogo, di intensità minore, si ha anche per i pianeti gioviani, per i quali tuttavia non è da escludere un'altra sorgente di energia, oltre all'irraggiamento solare. Giove presenta, in particolare a lunghezze d'onda decimetriche, una radioemissione originata da zone analoghe alle fasce di Van Allen terrestri, mentre a lunghezze d'onda decametriche presenta burst di intensità superiore a quelli solari, associati alla posizione del satellite Io.

Via Lattea

Nel dominio delle radioonde della finestra radio, la Galassia è sorgente sia di uno spettro continuo sia di uno spettro a righe. La radiazione che forma lo spettro continuo galattico è anche di origine termica, ma, soprattutto, non termica. Radiazione termica è emessa dalle nubi di idrogeno ionizzato H II interstellare concentrate attorno a stelle di elevata luminosità e dei primi tipi spettrali. Queste nubi, particolarmente evidenti a lunghezze d'onda centimetriche e decimetriche, sono concentrate sul piano galattico e sono associate, anche otticamente, con la Via Lattea. A lunghezze d'onda decametriche, invece, il profilo galattico è osservato in assorbimento, sullo sfondo della più brillante radiazione di origine non termica. L'emissione galattica a tali lunghezze d'onda è praticamente tutta di origine non termica, generata dagli elettroni della radiazione cosmica primaria accelerati dal campomagnetico galattico. La componente non termica-galattica è associata al piano galattico, anche se con distribuzione più larga che la componente termica; lo spettro di energia degli elettroni che producono tale radiazione è in ottimo accordo con le osservazioni dei raggi cosmici primari che raggiungono la Terra. Nello studio della Galassia ha avuto grande importanza lo spettro a righe, pur essendo questo molto meno ricco che nel visibile o nell'infrarosso e pur essendo le righe stesse molto meno intense dello spettro continuo. L'atomo di idrogeno nello stato fondamentale possiede due livelli di struttura iperfine, corrispondenti a due posizioni dello spin dell'elettrone nel campo magnetico associato al momento magnetico del nucleo. La transizione fra i due livelli avviene con emissione o assorbimento di radiazione a una frequenza corrispondente alla lunghezza d'onda di 21,1 cm. Nella Via Lattea l'emissione della riga di 21 cm, prevista già nel 1945 da H.C. van de Hulst, avviene soprattutto in prossimità del piano galattico da parte delle grandi nubi di idrogeno neutro H I situate nelle braccia a spirale. La direzione visuale attraversa generalmente più di un braccio: poiché questi sono in movimento rispetto al Sole, l'osservazione dello spostamento Doppler della riga di 21 cm, che è di 1 kHz per ogni 5 km/s, ha permesso di studiare con esattezza il moto di rotazione galattico, nonché la distribuzione dell'idrogeno neutro nella Galassia. Il moto delle regioni centrali galattiche differisce anche di molto da un moto di rotazione: le osservazioni (ancora spostamento Doppler della riga di 21 cm) hanno posto in evidenza un'espansione alla velocità di 40 km/s. § Le prime osservazioni del radicale idrossilico OH, la cui esistenza nello spazio era stata prevista da I.S. Šklovskij nel 1953, furono effettuate nella radiosorgente Cassiopeia A. Le radiosorgenti di OH in emissione sono spesso associate a radiosorgenti intense, spesso nubi di H II. Le righe emesse sono quasi sempre polarizzate; tuttavia il meccanismo di origine della polarizzazione non è un campo magnetico. Misure interferometriche hanno fissato per alcune delle sorgenti OH un diametro apparente massimo di 0‟,005, pari a un diametro reale di meno di 30 UA (Unità Astronomiche). Per le sorgenti OH è stato proposto che si tratti di protostelle in contrazione. § Le righe di ricombinazione di H e He sono, nel dominio radioastronomico, righe prodotte da salti fra livelli energetici dell'atomo di idrogeno e di quello di elio aventi numero d'ordine intorno a 100. Le righe di ricombinazione sono sempre associate a regioni H II, delle quali hanno permesso di misurare temperatura e moto di turbolenza. § A partire dal 1968 sono state scoperte, quasi tutte per via radioastronomica, le righe emesse da numerose sostanze complesse; il loro studio è interessante sia per quanto riguarda il problema della loro formazione, sia perché alcune di queste, l'acqua in particolare, emettono radioonde in maniera coerente, per effetto maser, sia, infine, perché permettono la determinazione di rapporti isotopici, con riflessi nello studio della formazione degli elementi e nello studio del problema cosmologico. § Oltre alle nubi di idrogeno, sono presenti entro la Galassia radiosorgenti discrete, aventi dimensioni, in genere, molto inferiori a quelle di nubi H I e H II. Si tratta di due serie di oggetti aventi caratteristiche molto differenti, ma che sono tuttavia strettamente collegati. Queste radiosorgenti hanno origine: nei resti di supernovae, nelle nubi che circondano novae al loro stadio iniziale, nelle stelle normali, nel centro galattico. Tra i resti di supernovae, l'esempio più caratteristico è la nebulosa del Granchio (Taurus A, o Crab Nebula). I resti di supernovae emettono radiazioni di sincrotrone, sia nel dominio radio sia nel dominio ottico. A esse è generalmente associata anche una forte emissione di raggi X e di raggi gamma. Di resti di supernovae galattiche si conoscono, oltre a Crab Nebula, originata da una supernova esplosa nel 1054 e osservata dagli astronomi cinesi: una esplosa nel 1572, in Cassiopeia (la supernova, o nova, di Tycho); la supernova di Keplero in Ofiuco, del 1604; una supernova esplosa intorno al 1700, ma della quale non ci resta nessuna registrazione; Cassiopeia A, la radiosorgente galattica più intensa del cielo; un probabile resto di supernova in Cygnus, attribuibile a tempi preistorici (l'Anello del Cigno); Puppis A; Vela X e IC 443 (quest'ultima esplosa ca. 60.000 anni fa). In generale si tende a identificare tutte le radiosorgenti galattiche che presentano uno spettro di emissione non termico, che cioè emettono radiazioni di sincrotrone, con resti di supernovae e quindi anche con pulsar. Radiosorgenti sono pure le nubi di gas che circondano le novae durante le prime fasi di espansione del gas espulso e, poiché non dispongono di un “motore” centrale come le supernovae, la loro durata è limitata nel tempo. Anche le stelle normali, come il nostro Sole, possono essere radiosorgenti osservabili. Il Sole, peraltro, è la radiosorgente più intensa (per effetto di vicinanza) e più studiata. Lo sono anche tipi particolari di stelle come le stelle flare e alcune particolari stelle doppie, come β Lyrae. Il centro galattico Sagittarius A è una delle radiosorgenti più intense e più complesse, la prima a essere stata scoperta e identificata con precisione.

Spazio extragalattico

Dall'esterno della nostra Galassia viene ricevuta una radiazione continua isotropa di fondo, particolarmente rilevabile a onde millimetriche e centimetriche. Si tratta del residuo energetico dell'esplosione dell'Universo (big-bang), che diluendosi nello spazio ha raggiunto la temperatura di ca. 3 K (da cui il nome della radiazione di fondo, detta appunto di 3 K). Venne riconosciuta nel 1964 da due ingegneri della Bell Telephone Co., R.W. Wilson e A.A. Penzias, mentre stavano collaudando un tipo particolare di antenna “a tromba”. L'intensità rilevata è in accordo con la teoria; occorre però tenere conto del contributo della radiazione di fondo, anche non galattica, di origine sincrotronica. Particolarmente interessanti sono le radiosorgenti extragalattiche; queste possono essere normali galassie, radiogalassie, quasar. Nelle normali galassie (per esempio la Galassia di Andromeda, M 31, le Nubi di Magellano, M 101) è particolarmente osservabile la radiazione sincrotronica, più intensa nelle galassie a spirale, nelle quali il campo magnetico concentrato nelle braccia o nel piano galattico riesce a trattenere gli elettroni ad alta energia; le galassie normali, molte delle quali sono state identificate con radiosorgenti, presentano un'emissione radio piuttosto ridotta (dell'ordine di 10–5) rispetto all'emissione di luce. La radioemissione osservata è particolarmente concentrata alla lunghezza d'onda di 21 cm, corrispondente all'emissione dell'idrogeno neutro del gas interstellare in esse contenuto. Dato che l'idrogeno interstellare è più abbondante nelle galassie a spirale che in quelle ellittiche, è stato previsto teoricamente e confermato sperimentalmente che l'emissione radio delle galassie a spirale è superiore a quella delle ellittiche. A differenza delle galassie normali, le radiogalassie hanno un'emissione radio di parecchi ordini di grandezza superiore alla Via Lattea e ca. 100 volte superiore all'emissione ottica. § L'iniziativa di utilizzare le installazioni per la radioastronomia allo scopo di sondare il cielo alla ricerca di possibili segnali di origine artificiale, ha condotto – dagli inizi degli anni Sessanta del sec. XX, per iniziativa dello statunitense F.D. Drake – all'effettuazione del programma SETI (Search for Extraterrestrial Intelligencies). La ricerca di ascolto, generalmente sulla lunghezza d'onda di 21 cm emessa dall'idrogeno atomico (ma anche su frequenze alternative), viene effettuata utilizzando vari parabolidi sottoccupati, sparsi per il mondo .

Meccanismi di emissione delle radioonde

Ogni corpo emette radiazione elettromagnetica con una composizione che dipende dalla sua temperatura. All'aumentare di questa aumenta l'energia emessa, secondo la legge di Planck (vedi irraggiamento), mentre la lunghezza d'onda del massimo di emissione si sposta verso le brevi lunghezze d'onda (legge di Wien). Negli intervalli di lunghezze d'onda interessati alla radioastronomia, la legge di Planck può essere approssimata dalla relazione di Rayleigh e Jeans (vedi oltre). L'emissione di un corpo nero è detta termica in quanto funzione della temperatura ed è provocata dalla cessione di energia da parte di un elettrone soggetto a transizioni del tipo da libero a libero, o free-free, e da libero a legato, o free-bound: nel primo caso, l'elettrone subisce una variazione di energia cinetica passando in prossimità di uno ione, nel secondo caso l'elettrone libero cede energia quando viene catturato da un atomo. Nella radioastronomia, più che nel dominio ottico, ha grande importanza la radiazione di origine non termica; il processo più noto e sperimentato è quello di sincrotrone, così chiamato perché osservato per la prima volta nel 1946 in un acceleratore di particelle di quel nome. Mediante tale processo, particelle cariche in movimento in un campo magnetico perdono con continuità la loro energia emettendo radiazione con frequenza proporzionale all'intensità del campo magnetico e al quadrato dell'energia della particella. Nello spazio cosmico, dove l'intensità del campo magnetico è estremamente bassa, si è osservata radiazione a radiofrequenza del tipo di sincrotrone; in particolari oggetti celesti (Sole, nebulose) si è osservata anche radiazione ottica con la medesima origine. Altri meccanismi proposti per spiegare la radiazione a radiofrequenza non termica sono quelli connessi con le oscillazioni del plasma, delle quali, tuttavia, non sono ancora perfettamente noti i meccanismi di trasformazione in onde elettromagnetiche. Un caso particolare di origine di radioonde è quello connesso a transizioni elettroniche in atomi o molecole. Emissioni e assorbimenti a frequenze specifiche sono, invece, originati dalle transizioni tra differenti stati vibrazionali e rotazionali di molecole e tra differenti livelli atomici. Di particolare rilevanza astronomica sono la transizione dell'idrogeno a 21,2 cm e del radicale ossidrilico OH a 18,0 cm.

Unità di misura

Nella radioastronomia si impiegano unità di misura analoghe alle unità fotometriche. È definita come radianzaB l'energia ricevuta da un metro quadrato di superficie posta sulla Terra normalmente alla direzione di ricezione, in un secondo, per unità di angolo solido (steradiante) e per unità di frequenza (hertz); la radianza è generalmente variabile con la frequenza. La densità di flusso W è il totale dell'energia ricevuta da un metro quadrato di superficie ricevente posta perpendicolarmente alla direzione di ricezione, nell'unità di tempo e per unità di frequenza. In radioastronomia l'intensità I di emissione da parte di una sorgente S viene espressa in decibel (dB). Per le radiosorgenti si suole impiegare lo jansky (Jy), pari a 10–26 W · m–2 · Hz–1. L'intensità di uno jansky è quindi molto bassa. Si può valutare che tutta l'energia raccolta dai radiotelescopi di tutta la Terra nella storia della radioastronomia non sarebbe sufficiente a riscaldare l'acqua necessaria per preparare una tazzina di caffè. Invece della radianza B si suole spesso impiegare la temperatura di luminanzaTB, più significativa nella descrizione dei fenomeni osservati; le due unità sono legate dalla relazione di Rayleigh e Jeans

in cui k è la costante di Boltzmann. Tale relazione costituisce un'approssimazione alla legge di Planck del corpo nero, valida nel caso in cui hf<<kT, come spesso avviene nel dominio radioastronomico. TB sarebbe quella reale del corpo osservato se questo fosse un corpo nero o, almeno, opaco alla radiazione della frequenza osservata, ovvero se il suo meccanismo di emissione fosse quello del corpo nero, cioè un meccanismo termico. Nel caso di gas in condizioni fisiche estreme o con meccanismi di origine della radiazione differenti dal meccanismo termico, temperatura reale e TB possono differire anche di parecchi ordini di grandezza, quantunque in tali condizioni il termine temperatura perda significato.

Bibliografia

M. Hack, Esplorazioni radioastronomiche, Torino, 1964; F. Graham Smith, Radio Astronomy, Londra, 1966; V. V. Zheleznyakov, Radioemissions of the Sun and Planets, Londra, 1970; J. S. Hey, The Radio Universe, Londra, 1971; idem, The Evolution of Radioastronomy, Londra, 1972; A. Abrami, Corso di radioastronomia, Milano, 1984.

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