Il romanzo nella seconda metà del Novecento

William Golding

William Golding (1911-1993) frequentò l'università di Oxford, laureandosi nel 1935. Prestò servizio in marina durante la seconda guerra mondiale e, alla fine del conflitto, si dedicò all'insegnamento. Il suo primo romanzo, The lord of flies (Il signore delle mosche, 1954), fu dapprima rifiutato dagli editori e ottenne successo solo molti anni più tardi, quando ne venne fatta una trasposizione cinematografica (1963). Protagonista è una scolaresca naufragata su un'isola deserta, alle prese con una situazione in cui i membri del gruppo regrediscono a una fase di violenza e di barbarie. Riferendosi in modo trasparente al secondo conflitto mondiale, lo scrittore ricostruisce i meccanismi psicologici che generano il male nelle coscienze individuali e mostra l'oscurità di un mondo governato da divinità infernali, che possono trasformare anche un innocuo gioco di bambini in un rituale di sterminio.

La medesima intensità visionaria è presente nella maggior parte dei romanzi successivi, che tradiscono lo sforzo dello scrittore per trovare una forma narrativa adatta a esprimere la propria tormentata visione morale: The inheritors (Uomini nudi, 1955), in cui l'innocenza dell'uomo primitivo è opposta alla malvagità dell'homo sapiens; Pincher Martin (1956); Free fall (Caduta libera, 1959); The spire (La guglia, 1964), dove il protagonista è l'uomo solo, destinato alla morte dalla propria grettezza, corruzione o follia. Maggiori implicazioni sociali hanno The pyramid (La piramide, 1967) e soprattutto Darkness visible (L'oscuro visibile, 1979). Significativi i racconti raccolti in The scorpion god (Il dio scorpione, 1983) e il romanzo Rites of passages (Riti di passaggio, 1980), potentemente evocativo, sperimentale, ossessivo. Scrisse anche per il teatro, The brass butterfly (La farfalla di ottone, 1988). Nel 1983 fu insignito del premio Nobel.