action painting

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termine coniato nel 1952 dal critico Harold Rosenberg per definire uno degli aspetti più eversivi della pittura gestuale, conosciuta anche come espressionismo astratto. “Per ogni pittore americano – scriveva Rosenberg – arriva il momento in cui la tela gli appare come un campo per la sua azione, ben più che uno spazio determinato ove riprodurre, ricreare, analizzare o esprimere un oggetto reale o fantastico. Ciò che deve essere espresso sulla tela non è in ogni caso un'immagine, ma un fatto, un'azione”. Con tale pittura d'azione, che si manifestò negli Stati Uniti come volontà di rottura nei confronti della tradizionale cultura europea e, in genere, dell'arte codificata dal razionalismo, si cercava un rapporto diretto tra l'artista e la superficie dipinta, tra l'immagine e la tensione esistenziale, riconoscendo valore espressivo all'istintiva trascrizione del gesto sulla tela, attuata con tecniche nuove (come proiettare o far gocciolare il colore) e, talvolta, nuovi materiali. Nel movimento confluirono gli artisti che avevano elaborato un nuovo linguaggio negli anni di guerra, quelli del gruppo “The Club” (W. Baziotes, R. Motherwell, B. Newman, M. Rothko), J. Pollock, F. Kline. Questi artisti hanno in seguito influito sugli artisti americani della generazione successiva, come G. Hartigan, J. Stamos, M. Goldberg, oltre che su numerosi europei che sviluppavano la tendenza informale propria dell'Art autre.

Bibliografia

M. Ragon, Expression et non-figuration, Parigi, 1951; M. Tapié, Un art autre, Parigi, 1952; H. Rosenberg, The Tradition of the New, New York, 1959; S. Hunter, Modern American Painting and Sculpture, New York, 1959; N. Ponente, Tendances contemporaines, Parigi, 1960; G. Dorfles, Ultime tendenze dell'arte d'oggi, Milano, 1961; G. Mathieu, Au-delà du tachisme, Parigi, 1963; E. Taramelli, Pollock, Roma, 1980.

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