Critica e storiografia

Sainte-Beuve

Charles-Augustin de Sainte-Beuve (1804-1869), rimasto orfano di padre, visse un'infanzia solitaria, amareggiata dal sentimento della propria timidezza e bruttezza. Nel 1818 si trasferì dalla natia Boulogne-sur-Mer a Parigi; nel 1823 si iscrisse alla facoltà di medicina; l'anno successivo cominciò a collaborare come critico letterario al "Globe", dove conobbe Vigny e Hugo, che lo accolsero nel celebre "cenacolo romantico".

La produzione poetica e narrativa

Quasi schiacciato dalla personalità dei tre "grandi" romantici del suo tempo (Lamartine, Vigny e in particolare da Hugo), nutrì l'insistente sensazione di non poter occupare se non una zona marginale della poesia. La sua adesione al movimento romantico si esprime nel saggio Tableau historique et critique de la poésie française et du théâtre français au XVI siècle (Quadro storico e critico della poesia e del teatro francese nel XVI secolo, 1828), nei versi raccolti in Vie, poésie et pensées de Joseph Delorme (Vita, poesie e pensieri di Joseph Delorme, 1829), Consolations (Consolazioni, 1830), Pensées d'août (Pensieri d'agosto, 1837), Le livre d'amour (Il libro d'amore, 1834, non pubblicato, 1904 postumo) e in un celebre romanzo, Volupté (Voluttà, 1834).

La poesia di Sainte-Beuve si colloca in margine al movimento romantico per la scelta del tono minore, dei colori tenui, della voce sommessa, per il rifiuto delle forme declamatorie o appassionate e delle orchestrazioni possenti. Poesia "da camera", come la definisce egli stesso, adeguata all'ispirazione intimista e malinconica. Il suo unico romanzo, Voluttà, ripropone con insistenza la sensazione della sconfitta, il sentimento frustrante di un'esistenza mancata, di una vita "fiancheggiata", piuttosto che veramente "attraversata e riempita".

Tra il 1830 e il 1831 ebbe inizio una relazione (fino al 1836) con la moglie di Hugo, Adèle, che rappresentò l'esperienza sentimentale più intensa della sua vita. La fine del legame coincise con la fine della sua attività di poeta e romanziere.

La critica letteraria

Ormai lontano dal movimento romantico, ne rifiutò i principi e anzi gli rivolse aspre critiche. Questo atteggiamento, unito alle delusioni politiche e religiose, accentuò la sua solitudine. Dopo il 1837 si dedicò esclusivamente alla critica letteraria, scrivendo numerosi volumi: Critiques et portraits littéraires (Critiche e ritratti letterari, 1 vol. 1830; 5 voll. 1836-39), arricchiti nel 1844 con il titolo Portraits littéraires (Ritratti letterari); Portraits de femmes (Ritratti femminili, 1844); Portraits contemporains (Ritratti contemporanei, 1846); Causeries du lundi (Conversazioni del lunedì, 1851-62), cosiddette perché uscivano ogni lunedì sui giornali; Nouveaux lundis (Nuovi lunedì, 1863-70); Port-Royal (1840-59, 5 voll.); Chateaubriand et son groupe littéraire sous l'Empire (Chateaubriand e il suo gruppo letterario sotto l'Impero, 1860); Derniers portraits littéraires (Ultimi ritratti letterari, 1864). Ammesso nel 1843 all'Académie française, insegnò al Collège de France e all'École Normale Supérieure; nel 1865 Napoleone III lo nominò senatore. Morì a Parigi.

Metodo critico

Il suo metodo critico muove da un presupposto romantico, che individua nella soggettività dell'autore la fonte della creazione letteraria. Ne discende la fondamentale importanza attribuita all'esplorazione della "biografia", la ricerca avida di dati, aneddoti, tratti psicologici. Non a caso egli eccelle nel genere del "ritratto", in cui ogni particolare, ogni sfumatura è colta e collocata esattamente al suo posto. Il suo metodo, e in particolare l'insistenza sul punto di partenza biografico, è stato aspramente contestato in seguito e appare oggi superato. Basti ricordare il celebre Contro Sainte-Beuve, in cui Proust giudica fuorviante questo procedimento critico, affermando che l'opera poetica deriva da un "io" più profondo, diverso da quello quotidiano. Per la maestria formale del suo lavoro, Sainte-Beuve può essere considerato uno dei primi sostenitori della critica come genere letterario, come lettura di un testo che dà origine a un'opera d'arte di secondo grado, intreccio strettissimo di lettura, cultura e creazione.

Port-Royal

Il suo capolavoro è la storia di Port-Royal (Port-Royal, 5 voll. 1840-59; 7 voll. 1867-71), un lavoro di grande respiro in cui la ricostruzione del contesto storico, spirituale e letterario in cui si sviluppa il movimento giansenista è condotta sulla base di una documentazione assai accurata, ma lascia ampio spazio al ritratto, alla divagazione, all'affresco, in una parola all'invenzione. All'ebbrezza romantica egli contrappone il mito del Grand Siècle, del secolo classico. L'ascetismo intransigente e l'inquieta aspirazione al riscatto dei giansenisti gli appaiono il nucleo centrale da cui muove tutta la complessa cultura del Seicento e su cui si fonda la sua irripetibile conquista dell'ordine.