La pedagogia tra Riforma e Controriforma

Prescindendo dalle basi teologiche e storiche la Riforma protestante ebbe importantissime implicazioni pedagogiche, che segnarono anche profonde differenze nella diffusione della cultura tra paesi protestanti e paesi cattolici.

La Riforma

Cardine del pensiero protestante è che il fondamento della verità non sta nell'insegnamento della Chiesa, ma nelle Sacre Scritture, che tutti i fedeli devono conoscere e interpretare secondo coscienza. Uno dei più interessanti aspetti collegati a questa visione è la diffusione della scuola pubblica, gestita o dallo Stato (nel caso dei luterani) o dalla Chiesa (nel caso dei calvinisti) che portò con sé l'obbligatorietà dell'istruzione. Questa era considerata fondamentale dai protestanti in quanto essi insistendo sul rifiuto del principio di autorità e sottolineando l'importanza dell'individualità promuovevano la libera lettura e il commento autonomo dei testi sacri, dovevano fornire le basi teoriche minime indispensabili per permettere ai fedeli di accostarsi a tale lettura.

D'altro canto però la Riforma con la sua idea dell'individuo come totalmente guidato nel suo cammino dal volere di Dio arriva a impoverire le idee pedagogiche promosse dall'umanesimo, promuovendo (ne troviamo ottimi esempi nel lavoro di Zelantone o nel Collegio di Ginevra) una formazione dove l'educazione religiosa viene anteposta a ogni altro tipo di studi, mentre lo studio letterario diventa sempre più formale – svuotato com'è da ogni autonomia concettuale. La lotta di Erasmo contro tali posizioni e le sue aperture saranno dunque accantonate dal movimento della Riforma e troveranno spazio solo con l'avvento dell'illuminismo.

La Controriforma e la Riforma cattolica

Si considera importante a livello storico distinguere tra un movimento di Riforma nella Chiesa cattolica, le cui origini sono già riscontrabili nel Medioevo, e la Controriforma, volta invece a rispondere al movimento protestante attraverso una riorganizzazione delle proprie dottrine e delle proprie istituzioni. Lo stesso concilio di Trento operò su due piani: da una parte mira a confermare i punti dottrinali messi in dubbio dal movimento protestante, ma mirò ad agire anche su un piano più vasto cercando di depurare la Chiesa dal malcostume e di introdurre provvedimenti per arginare la dilagante immoralità e l'ignoranza del clero.

Vennero pertanto istituiti nuovi seminari per formare in maniera rigorosa i futuri sacerdoti sia dal punto di vista culturale che morale, in modo che loro potessero poi trasmettere le conoscenze in maniera semplice ma precisa ai loro parrocchiani. Contemporaneamente ai vescovi fu richiesto un impegno pastorale serio e continuato. I rinnovamenti culturali comportarono anche un rinato interesse per lo studio della lingua latina e la scolastica – tanto che nei seminari venne introdotta la Summa Teologica di san Tommaso dando origine al cosiddetto movimento della Seconda Scolastica.

Un movimento che vide la nascita in questi anni come strumento forte contro le eresie protestanti fu quello dei gesuiti, fondati da sant'Ignazio di Loyola (1491-1556). La formazione di un gesuita era particolarmente severa e rigorosa. Prevedeva innanzitutto una totale rinuncia alla propria volontà, vedendo nell'obbedienza la via per raggiungere la disciplina che porta alla perfezione interiore. Non va dimenticato infatti, che i gesuiti avevano aggiunto ai tradizionali voti di povertà, castità, obbedienza anche un quarto voto di obbedienza assoluta al papa e al generale del proprio ordine. Dal punto di vista della formazione culturale i gesuiti potevano vantare accurati studi letterari articolati su tre livelli. Il primo era costituito da un corso triennale di grammatica, cui seguiva un corso di due anni di umanità e retorica seguita dal corso di filosofia e, per ultimo, dal corso di teologia. I modelli letterari erano i classici romani e Greci (ricordiamo tra tutti Aristotele e Cicerone), e la disciplina richiesta non era particolarmente severa, in modo da garantire un clima sereno che facilitasse la concentrazione e lo studio.

Appare chiaramente da quanto descritto che l'ideale formativo dei gesuiti è ricavato da quello promosso dall'umanesimo, per quanto però abbia come destinatari unicamente i futuri membri della classe dirigente e limiti gli aspetti formativi escludendo quanto collegato all'esperienza diretta, al contatto con la natura, alla creatività individuale, allo spirito critico, denotando quindi una certa settorialità nei contenuti promossi.

Accanto all'ordine dei gesuiti, altri nascono in questo periodo con intenti prevalentemente educativi. Ricordiamo per esempio, la comunità dei Fratelli delle Scuole Cristiane, fondata da san Giovanni Battista de La Salle (1651-1719), che si propone di promuovere l'educazione delle nuove classi emergenti e di quelle popolari con scuole parrocchiali e perfino scuole domenicali (pensate per operai e apprendisti) e scuole tecniche (che si pongono un po' come controparte dei collegi gesuitici pensati solo per nobili) – tutte vistosamente caratterizzate dall'assenza del latino tra le materie curriculari. La Salle si faceva quindi promotore di un'idea di cultura come strumento di crescita e sviluppo morale, ma anche socio-culturale ed economica.

Ricordiamo anche la figura di san Giuseppe Calasanzio (1556-1648) fondatore delle Scuole Pie e poi dei padri scolopi. Egli creò nei quartieri poveri di Roma le prime scuole popolari: la sua linea pedagogica non è riportabile a quella della Controriforma, in quanto le preoccupazioni della sua didattica non sono legate ai dogmi della fede quanto all'attuazione di un'effettiva formazione e di una rigenerazione etica e sociale dei suoi allievi. Tale preoccupazione è chiaramente rispecchiata dalle materie insegnate nelle loro scuole professionali: scienze fisiche, geometria, aritmetica e musica.