Lessico

agg. e sm. [sec. XIV; da giorno].

1) Agg., anticamente, quotidiano, giornaliero: “il dispendio giornale è incredibile” (Testi).

2) Sm., pubblicazione quotidiana a stampa in cui sono registrati e commentati notizie, fatti, avvenimenti politici, economici, sportivi, ecc.: giornale del mattino, della sera; giornale clandestino; leggere, sfogliare il giornale; fare un giornale, trovare i mezzi e i collaboratori necessari per fondarlo; fare il giornale, curarne l'edizione del giorno. Anche la sede del giornale: lavora al giornale, è rimasto al giornale. Per estensione, ogni forma di pubblicazione periodica: giornale illustrato, giornale a fumetti; giornale economico, scientifico, letterario;giornale murale, affisso al muro o su tabelloni, usato in partic. per la diffusione di notizie politiche o sindacali sul posto di lavoro. In particolare: A) Giornale di fabbrica, periodico a carattere sindacale e culturale, redatto e distribuito all'interno della fabbrica interessata. B) Giornale scolastico, pubblicazione periodica redatta da una classe o da un istituto e diffusa sia all'interno sia all'esterno dell'istituzione educativa. In Italia la polemica attorno al suo valore educativo è stata così viva che ha attirato l'attenzione delle circolari ministeriali. Tuttavia gran parte dei pedagogisti e degli educatori concordano ormai nel riconoscere il potere formativo del giornale scolastico e anzi ne auspicano una maggiore valorizzazione. C) Giornale radio, notiziario trasmesso per radio; giornale televisivo o telegiornale, notiziario diffuso per televisione. Il primo “giornale parlato” (così la denominazione originale) fu trasmesso il 2 novembre 1920 dalla stazione radiofonica KDKA di Pittsburgh (USA), per annunciare la vittoria politica del presidente Harding. Il servizio ebbe in breve ampia diffusione e affermazione. In Italia il primo giornale radio fu emesso il 6 ottobre 1924 e consistette in poche notizie lette nell'intervallo di un concerto che inaugurava il servizio di radiodiffusione, poco dopo affidato in concessione all'URI (Unione Radio Italiana). Con la trasformazione della società in EIAR (1927) e lo sviluppo delle trasmissioni i notiziari radiofonici aumentarono e acquistarono regolarità.

3) Libro, registro in cui, periodicamentee in ordine cronologico, sono annotati dati, fatti salienti, osservazioni particolari riguardanti un viaggio, una spedizione e simili o qualunque altra operazione di interesse pubblico o privato. Con accezioni specifiche: A) Giornale nautico, nella marina, il documento compilato a bordo dagli ufficiali; le annotazioni su tale libro, in successione cronologica, sono riportate in apposite colonne e riguardano le condizioni esterne in cui si svolge la navigazione e la cronaca dei fatti, ivi comprese le manovre eseguite; in genere, il documento che, su ogni tipo di nave, raccoglie gli eventi e le notizie previste dai regolamenti e dal Codice della Navigazione. B) Giornale di carico, sulle navi mercantili, il libro su cui si annota il movimento di imbarco e di sbarco delle merci e le loro caratteristiche: specie, qualità, quantità, numero dei colli e loro collocamento nella stiva, luogo di imbarco e di destino con i rispettivi nomi del mittente e destinatario; le norme di tenuta sono analoghe a quelle previste dal Codice Civile per i libri delle società commerciali. C) Giornale di rotta, documento obbligatorio sugli aeromobili nel quale vengono indicati la rotta seguita, gli incidenti e gli avvenimenti di qualche rilievo (nascite, morti, ecc.), le rilevazioni eseguite, le indicazioni richieste dalla polizia sanitaria. D) Giornale di cassa, registro che accoglie cronologicamente la registrazione del movimento di cassa e mediante il quale è possibile accertare periodicamente l'effettiva consistenza del fondo di cassa. Il giornale di cassa, nella sua forma più semplice, è un registro a due colonne per incassi e pagamenti, ma ve ne sono di vari tipi, con molte colonne e con pagine separate per le entrate e le uscite. E) Libro-giornale, registro contabile su cui vengono annotate le operazioni aziendali seguendo un ordine cronologico; esso si affianca al giornalmastro in cui le operazioni vengono rilevate secondo un ordinamento sistematico. Le singole registrazioni prendono il nome di articoli o scritture. Gli articoli che presentano un solo conto da addebitare e un solo conto da accreditare sono detti semplici, mentre quelli che presentano diversi conti da addebitare e un solo conto da accreditare, ovvero un solo conto da addebitare e diversi conti da accreditare si dicono composti, e, infine, gli articoli che presentano diversi conti da addebitare e diversi conti da accreditare vengono detti complessi. L'impiego di computer nella tenuta della contabilità non ha modificato sostanzialmente la forma del giornale che si presenta in modo analogo a quello esposto. La tenuta del libro-giornale è obbligatoria per gli imprenditori commerciali che vi devono registrare giornalmente le operazioni che si riferiscono all'esercizio di impresa. Il libro-giornale, vidimato annualmente, deve essere numerato progressivamente e bollato in ogni pagina dalla cancelleria del tribunale o da un notaio. La mancanza o la tenuta irregolare del libro-giornale danno luogo, in caso di insolvenza, a sanzioni e al reato di bancarotta.

4) Giornale luminoso, sistema consistente in un supporto lungo alcuni metri e alto circa uno, che porta varie centinaia di lampadine elettriche, e di un dispositivo che consente di accendere le lampadine a gruppi, in modo che ognuno formi una lettera dell'alfabeto, e di “spostare” tali gruppi operando sull'accensione e lo spegnimento, in modo che ogni lettera percorra l'intero sviluppo del sistema in ca. 2 secondi. La lettura è possibile da 100 metri.

Cenni storici: le origini

Le più antiche testimonianze di un'attività assimilabile a quella giornalistica si hanno nei diari di Babilonia e del periodo faraonico e in giornali parlati (agorà) in Grecia. Forme di giornalismo più autentiche si svilupparono con gli acta diurna dell'antica Roma, piccoli avvisi scritti su tavolette diffusi dal 59 a. C. alla fine dell'impero di Augusto e soppressi per ordine di Settimio Severo per la loro influenza sull'opinione pubblica. Di tipo cronistico era il giornalismo dei subrostrani, che nel Foro riferivano, a pagamento sui fatti del giorno. Dopo la fine dell'Impero, nel mondo occidentale uniche fonti d'informazione furono per molti secoli i predicatori religiosi, mentre a uno stadio ben più avanzato si presentavano, nell'Estremo Oriente, i servizi d'informazione dell'Impero cinese, dove all'epoca della dinastia T'ang (618-907) già si stampavano giornali periodici ufficiali (detti Ti-pao, Notizie di Palazzo). Nel sec. XIV l'incremento dei servizi di posta favorì la nascita di una nuova attività, quella dei menanti, i quali si sostituirono a banditori e avvisatori, unici autorizzati fino a quel momento a diffondere notizie. Le lettere-giornali dei menanti erano lautamente pagate dai banchieri e dai patrizi che potevano così mantenersi informati sugli avvenimenti dei vari Paesi. Il perfezionamento dell'arte della tipografia e l'introduzione, con Gutenberg, dei caratteri mobili non fecero scomparire, almeno fino alla fine del Cinquecento, le informazioni manoscritte, che intanto avevano preso il nome di gazzette (dalla moneta da due soldi, prezzo di vendita dei broglietti veneziani). Alla Chiesa l'attività dei menanti non piaceva: istituita la Congregazione dell'Indice, papa Pio V decretò che menanti e scrivani dovessero rispondere di persona delle notizie divulgate. Nel 1569 la libertà di stampa ebbe la sua prima vittima nel veneziano Niccolò Franco, condannato all'impiccagione “per aver infamato signori illustrissimi”. Negli anni seguenti, dopo una bolla di Gregorio XIIIcontra famigeratores et menantes e dopo un bando di Sisto V, le repressioni si moltiplicarono: nei casi più gravi la pena consistette nel taglio della lingua e della mano prima dell'impiccagione. Solo nella Repubblica di Venezia i “gazzettieri” godettero di una maggiore libertà.

Cenni storici: le prime pubblicazioni stampate

Le prime pubblicazioni stampate in Italia risalgono alla metà del Cinquecento: dapprima si trattò di avvisi murali e di bandi, poi di gazzette periodiche dalla tiratura limitata (da 150 a 200 copie al giorno). La stampa si rivelò strumento prezioso per influenzare l'opinione pubblica tanto che le autorità, con nuovi bandi, limitarono o addirittura abolirono la libertà d'informazione. Mentre in Francia, Italia e Inghilterra fu necessario l'imprimatur per vendere i fogli di notizie, alcune regioni della Germania godettero di maggiore liberalità. A Colonia dal 1583 al 1598, per iniziativa del barone austriaco von Eyzinger, si stamparono le Messerelationen, che due volte all'anno, in occasione della Fiera di Francoforte, recavano notizie sintetiche da tutta l'Europa. Ad Augusta, dal 1609, uscirono gli Avisa-Relation oder Zeitung... In Francia il cardinale Richelieu, convinto dell'utilità di controllare e manipolare notizie e commenti, nel 1631 promosse la pubblicazione di una Gazette, affidandone la direzione al medico Th. Renaudot, singolare figura di filantropo e usuraio, che ottenne per sé e per i suoi successori, avendone conferma poi anche dal cardinale Mazarino, l'esclusivo privilegio di “pubblicare, vendere e distribuire gazzette, relazioni e notizie sia di Francia che dei Paesi stranieri”. A questo giornalismo di Stato risposero a decine i fogli clandestini, soprattutto pamphlets, degli avversari della monarchia e di Richelieu e tale fenomeno raggiunse indici elevatissimi fin anche nei sec. XVII e XVIII, sovente con il contributo di scrittori e poeti illustri tra cui, per esempio, Cyrano de Bergerac. A Londra stampatori, editori e librai, riuniti in corporazione, crearono un servizio di corrispondenti in Europa, così che nel 1626 The Weekly Newes, il primo settimanale inglese (di una ventina di pagine), poté pubblicare servizi veramente attuali dai principali Stati del continente. A questa iniziativa altre seguirono non meno interessanti, fino ai drastici provvedimenti adottati dalla Camera Stellata nel 1634 contro i gazzettieri più intraprendenti e spregiudicati: a farne per primo le spese fu il libellista Prynne, che subì il taglio delle orecchie. L'attività dei cronisti italiani, intensa nel sec. XIV, a carattere libellistico nel XVI e nel XVII (Pietro Aretino e Ferrante Pallavicino furono tra i più accesi autori di pamphlets), si sviluppò in alcune città con gazzette ufficiose o ufficiali: la pubblicazione Successi nel mondo di Antonio Socini (1645) fruttò al suo fondatore una pensione annua di mille lire d'argento. In Francia nacquero intanto i giornali letterari, fra cui il più importante fu subito il Journal des Sçavans (1665, Journal des savants) diretto da Denis de Sallo, più volte imitato (a Roma dal Giornale de' letterati, 1668). Carattere molto più popolare ebbe il Mercure Galant di D. de Visé, che rappresentò il primo esempio di petite presse dando il resoconto degli avvenimenti della strada e dei salotti. Dal 1678 il Mercure diventò mensile (con numeri di 400 pagine in edizioni popolari e di lusso) e de Visé ottenne da Luigi XIV la nomina a storiografo ufficiale e una ricca pensione. A Lipsia nel 1660 si ebbe il primo tentativo di quotidiano, tirato in 204 copie; maggior fortuna arrise al Leipziger Post che dal 1672, dopo aver mutato testata, uscì fino al 1921. Interessanti iniziative furono attuate a Vienna e in Olanda con la stampa di periodici in lingua italiana rispettivamente per le truppe che si battevano contro i Turchi e per gli equipaggi dei mercantili italiani. In Spagna il primo settimanale uscì nel 1661 e fu soppresso vent'anni dopo dalle autorità. In Inghilterra la restaurazione degli Stuart portò il ripristino della censura. Fu promulgato il Licensing Act, legge che prevedeva la condanna a morte per gli autori e gli stampatori di pubblicazioni privi di autorizzazione. Giornale ufficiale era l'Oxford Gazette, arrivato al secolo attuale con la testata di London Gazette. Nel 1695 la Camera dei Comuni abolì il Licensing Act, concedendo con molti anni di anticipo sugli altri Paesi la libertà di stampa. I nuovi giornali, impostati con criteri diversi, cominciarono a cambiare il formato e ad aumentare il numero delle pagine per ospitare la pubblicità, i cui introiti giovavano alla diminuzione dei costi e all'indipendenza finanziaria. Nacquero il Daily Courant e il primo giornale della sera, l'Evening Post, e fu introdotto il leader, cioè l'articolo di fondo (sul Daily Post fondista era lo scrittore D. De Foe). Con lo Spectator di Addison e Steele (20.000 copie) si ebbe il vero giornale d'opinione, in cui il direttore, Addison, pubblicava un po' di tutto: dalla politica all'economia, dai problemi della donna alle questioni sociali, dalle vignette ai rebus, ai giochi di società. In Italia un altro scrittore, G. Gozzi, lo assunse a proprio modello, facendo uscire a Venezia, uno dopo l'altro, tre settimanali di carattere popolare (famosa la Gazzetta veneta, 1760-61), con notizie sul movimento delle navi, i numeri del lotto, annunci di spettacoli, fatti di cronaca, cambi di monete. Breve vita ebbe La frusta letteraria di G. Baretti, mentre un discreto successo arrise a Il Caffè di Pietro Verri (1764-66), che anticipò i concetti di libertà e indipendenza. In Russia, dove scarse erano state le pubblicazioni sotto Ivan il Terribile, la situazione migliorò leggermentecon Pietro il Grande, che curò personalmente il primo giornale ufficiale (Vedemosti Moskovskie), ma peggiorò con Caterina II, che fece chiudere alcune riviste satiriche redatte sull'esempio dello Spectator inglese; lo scrittore N. I. Novikov, fondatore e redattore di varie riviste d'impegno sociale, dal 1792 al 1796 fu condannato ai lavori forzati. Mentre a Londra si combatteva una nuova battaglia contro le pesanti tasse sulla cultura (taxes on knowledge) imposte dalla Camera dei Comuni, in America, alla vigilia della guerra d'indipendenza, le gazzette (importante la Pennsylvania Gazette di B. Franklin, in cui lavorò la prima donna giornalista) svolsero un ruolo determinante per la formazione del nuovo spirito di nazionalità, diffondendo gli appelli: “Unirsi o perire!”, “Libertà o morte!”. La libertà di stampa, concessa attraverso l'art. 12 del Bill of Rights dello Stato della Virginia, fu riconfermata dalla Costituzione nel 1787.

Cenni storici: la libertà di stampa

Dopo la guerra d'indipendenza americana, l'anelito di libertà fu recepito al di qua dell'Atlantico dalla stampa europea che preparò la strada alla Rivoluzione francese: pamphlets e cahiers condussero una lotta determinante contro il potere costituito. Dopo la presa della Bastiglia, con la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, l'Assemblea francese concesse la libertà di stampa, ma nel 1795, con il Direttorio, fu ripristinata la censura che portò a una vera e propria ecatombe di giornali, contro i quali si accanì anche Napoleone che, pur avendone fatto uso, non ebbe mai simpatia per la stampa d'opinione. Nel 1810 resistevano soltanto sei giornali; con la Restaurazione le testate si moltiplicarono e nel 1825 nacque, tra gli altri, Le Figaro, il primo quotidiano veramente moderno. Quarant'anni più tardi videro la luce Le Temps, Le Globe e Le Petit Journal, cui si aggiunsero altre testate, non meno famose, a Parigi e in provincia. Altrettanto rilievo ebbe La Presse, fondata da E. de Girardin nel 1836, che riportava i fatti senza commenti e che, per aumentare le vendite, cominciò a ospitare – contemporaneamente a Le Siècle di E. Dutacq – romanzi e racconti a puntate (di Dumas, Sue, Balzac, Hugo), dando l'avvio al genere del feuilleton. Nella stampa italiana la strada per la conquista della libertà fu lunga e difficile. Smembrati dalle fittizie repubbliche create da Napoleone, gli Italiani passarono sotto il controllo asburgico. Perseguitati e imprigionati i giornalisti, le autorità imposero la chiusura di giornali come il Corriere milanese, il Giornale italiano e Il Conciliatore (cui collaborarono Pellico, Confalonieri e Berchet), che avevano tenuto viva la scintilla della ribellione. Dall'esilio Mazzini mandava clandestinamente i fascicoli de La Giovine Italia, recanti articoli di Gioberti, Buonarroti, Ruffini e G. Modena. Nella stessa prima metà dell'Ottocento varie testate si consolidarono, sovente sulla struttura di preesistenti giornali ufficiali, passando da periodiche a quotidiane (Gazzetta di Mantova, risalente al 1664; Gazzetta di Parma, fondata nel 1735, ecc.). Altre videro la luce: nel 1847, a Torino, Il Risorgimento di Cavour e La Concordia (cui subentrò L'Opinione, organo ufficiale del governo); l'anno dopo, a Firenze, La Patria e Il Nazionale. I moti europei del 1848 furono preparati dai combattivi fogli clandestini e da pochi periodici. In Svizzera (primo quotidiano fu il Journal de Genève, fondato nel 1789) la libertà di stampa fu concessa nel 1846, in Portogallo nel 1836, in Belgio nel 1831. In Grecia soltanto dopo l'insurrezione del Peloponneso (1821) si ebbero i primi fogli stampati. Assai diversa la situazione negli USA, dove nel 1833 si stampavano ben 1200 giornali, che diventarono 3000 nel 1860; le tirature aumentarono quando fu lanciato il penny paper (il giornale al prezzo di due cents) e furono introdotte (dopo il 1884) le linotypes, che portarono una riduzione notevole dei tempi di lavorazione. Il Sun di New York dalle 10.000 copie del primo anno nel 1860 arrivò a 77.000. Scarsa fu l'attività giornalistica in Canada fino al 1858, quando si formò una stampa di opposizione. In Gran Bretagna, frutto di una consolidata maturità, nel 1841 nacque il Punch, subito apprezzato per le caricature agli uomini politici e per i cartoons. Gli Inglesi già leggevano molto (da 9,5 milioni di copie nel 1760 si era passati a più di 29 milioni nel 1820). Il Times, con il maggior numero di lettori, migliorò le tecniche di stampa: fu il primo a utilizzare nel 1807 il torchio metallico di Stanhope (250 fogli all'ora), nel 1848 adottò la rotativa per quadruplicare la tiratura e nel 1879 introdusse la prima compositrice meccanica a tastiera. Non riuscì però a ottenere il brevetto dell'italiano Marinoni che nel 1876 consegnò al Petit Journal di Parigi una nuova rotativa capace di stampare contemporaneamente le due facciate del foglio a una velocità di 18.000 copie all'ora.

Cenni storici: i giornali in Italia dopo il 1870

Dopo la conquista dell'unità nel 1870, lo Statuto Albertino riconobbe la libertà di stampa. Nel 1873 l'indice di lettura era di un giornale ogni 24.000 abitanti; la tiratura complessiva, su una popolazione di 26 milioni, di 400-450.000 copie. Nell'ultimo quarantennio del sec. XIX la produzione di giornali aumentò rapidamente: le testate – espressione di gruppi economici e politici o, altrettanto sovente, di singoli parlamentari o aspiranti deputati – sorsero a centinaia e, fra le molte che durarono al massimo lo spazio di una legislatura, alcune si rafforzarono avviandosi ad acquisire prestigio e diffusione nazionali. A Milano uscirono il conservatore La Perseveranza (1859); il confessionale L'Osservatore cattolico (1864) di don Albertario; Il Secolo (1866) di E. Sonzogno, considerato un giornale popolare e tirato a 30.000 copie; l'economico-finanziario Il Sole (1865); il Corriere della Sera (1876), interprete della borghesia industriale, passato in un ventennio dalle 3000 copie iniziali a una tiratura di 100.000 e poi elevato, sotto la direzione di L. Albertini, a massimo giornale italiano; Il Commercio (1880), che con la direzione di A. Bersellini divenne il portavoce dei gruppi mercantili e manifatturieri, e, infine, anche il quotidiano di informazioni sportive La Gazzetta dello Sport (1896). A Roma iniziarono le pubblicazioni de L'Osservatore romano (1861), organo ufficiale del Vaticano; il popolare Il Messaggero (1878); Il Capitan Fracassa (1880) di L. A. Vassallo; il liberale La tribuna (1883); il Don Chisciotte (1887) e il socialista Avanti! (1896), il più autorevole interprete delle esigenze di emancipazione della classe lavoratrice fra i molti fogli sindacali e di partito che videro la luce tra il 1870 e la prima guerra mondiale. A Torino, alla nazional-liberale Gazzetta del Popolo, fondata da G. B. Bottero nel 1848, si aggiunse, nel 1867, la Gazzetta Piemontese di V. Bersezio, poi trasformata in La Stampa da A. Frassati nel 1895. A Firenze uscirono La Nazione (1859) e Il Fanfulla (1870); a Napoli Il Pungolo (1860), Il Corriere di Napoli (1888) di E. Scarfoglio e, ancora per iniziativa dello Scarfoglio, Il Mattino (1891); a Palermo Il Giornale di Sicilia (1863) di G. Ardizzone; a Genova, dove dal 1824 si pubblicava il Corriere mercantile, Il Caffaro (1875) e Il Secolo XIX (1885); a Livorno Il Telegrafo (1877); ad Ancona La Voce adriatica (1860); a Trieste Il Piccolo (1881); a Bologna Il Resto del Carlino (1885); a Venezia il popolare Il Gazzettino (1887); a Cagliari L'Unione sarda (1889) e a Sassari La nuova Sardegna (1890). Sul finire del secolo, alla già affermata L'Illustrazione italiana (Milano, 1873) e ad altri analoghi periodici si aggiunsero, allargando la schiera della primitiva stampa illustrata, gli ebdomadari La Tribuna illustrata (Roma, 1892) e La Domenica del Corriere (Milano, 1899), recanti in prima e ultima pagina la cronaca figurata, mediante una grande tavola a colori, degli avvenimenti più importanti. Sempre in Italia, tra l'inizio del sec. XX e l'avvento del fascismo, si aggiunsero ai fogli citati il conservatore Il Giornale d'Italia (Roma, 1901), affidato da S. Sonnino ad A. Bergamini; il socialista-riformista Il Lavoro (Genova, 1903), il liberale Il Nuovo Giornale (Firenze, 1906), il cattolico Il Corriere d'Italia (Roma, 1906), il foglio del partito nazionalista L'Idea nazionale (Roma, 1911 ma quotidiano soltanto dal 1914), Il Popolo d'Italia, fondato a Milano da B. Mussolini nel 1914 e poi divenuto il massimo organo di stampa fascista; i comunisti Ordine nuovo (Torino, 1919) e l'Unità (Milano, 1924), fondati da Gramsci; il democratico Il Mondo (Roma, 1922); il filofascista L'Ambrosiano (Milano, 1922). La dittatura fascista nel 1923 e nel 1924 emise i decreti contro la stampa; ufficialmente non c'era censura, ma vigeva una “libertà fascista” che non concedeva “licenza agli individui”. Senza l'iscrizione al partito i giornalisti non potevano lavorare; i giornali d'informazione dovevano seguire le disposizioni delle “veline”, che imponevano come trattare (o ignorare) qualsiasi avvenimento; la cronaca nera era ridotta al minimo. I giornali politici di espressione democratica o liberale che si rivelarono riluttanti a sottomettersi al regime o che l'osteggiarono apertamente furono devastati dalla “violenza di Stato” e costretti a cessare le pubblicazioni. La stampa borghese fu fascistizzata con boicottaggi e intimidazioni; il sindacato nazionale dei giornalisti fu completamente asservito e prese il posto della disciolta Federazione della stampa. Ai giornali antifascisti stampati all'estero che cominciarono a circolare clandestinamente dal 1925 (dalle pubblicazioni socialiste dei fratelli Rosselli e di E. Rossi a l'Unità) spetta il merito di aver tenuto vivo il concetto di democrazia e di libertà e di aver guidato, intensificando la loro azione dal 1940, la riscossa degli Italiani.

Cenni storici: giornali, agenzie di stampa e trusts nel mondo

La situazione della stampa peggiorò in Germania dopo l'affermarsi del nazionalsocialismo: nel 1934 il numero dei quotidiani scese da 2700 a 1200; dei 19.000 tra giornalisti e tipografi ne restarono in attività, dopo poche settimane di epurazione, soltanto 5300. Nell'URSS, dove la stampa, oltre che strumento d'informazione, divenne anche veicolo di propaganda, il numero delle testate quotidiane salì da 859 (1913) a 8521 (1937) con una tiratura che passò da 2,7 milioni a 36,2 milioni di copie. La Pravda, sorta nel 1912, divenne nel 1917 l'organo ufficiale del Comitato Centrale del Partito Comunista (con 2 milioni di copie); nello stesso anno le si affiancò l'Izvestija, poi organo ufficiale del presidium del Soviet Supremo. Negli anni che precedettero la seconda guerra mondiale nuove testate nacquero anche in Gran Bretagna e in Francia, mentre lo sviluppo della stampa in rotocalco, che aveva i suoi antesignani nei settimanali illustrati – con xilografie e poi con fotografie – del secolo precedente (The Illustrated London News, 1842; la parigina L'Illustration, 1843), incrementava la nuova professione del fotoreporter. Negli USA la crisi economica del 1929 si ripercosse anche sulla stampa, allora forte di 20.760 testate (di cui 2333 quotidiane) e di una tiratura complessiva di 35 milioni di copie. Negli anni Venti e Trenta del sec. XX, mentre un po' dovunque iniziavano regolari servizi di radiodiffusione (per l'Italia, vedi giornale radio e telegiornale), nuove tecniche di stampa e di ricezione, nuovi sistemi di impaginazione e nuovi criteri nella distribuzione furono introdotti nell'impresa giornalistica. Notevole incremento fu dato anche all'attività delle agenzie giornalistiche, la prima e la più importante delle quali era stata costituita nel 1832 dall'ex banchiere parigino Ch. L. Havas, che nel 1848 organizzò il servizio tra Parigi, Londra, Vienna, Francoforte e Berlino, offrendo, oltre al servizio giornalistico, anche la pubblicità. In Germania Havas fu imitato dal giornalista Wolff; in Gran Bretagna da P. J. Reuter, un profugo tedesco che era stato suo traduttore; in Italia fu Cavour a suggerire a G. Stefani di organizzare un servizio d'informazioni per il Regno sardo. Havas, Wolff, Reuter e Stefani (la cui agenzia divenne poi il portavoce ufficiale del regime fascista) stipularono un accordo per lo scambio di notizie che durò fino al 1934. Negli USA, all'Associated Press(AP), che alla fine dell'Ottocento si presentava già come la maggiore agenzia del mondo, si affiancò nel 1907 la United Press(UP); a Mosca nel 1918 iniziò i suoi servizi la TASS. Dopo il secondo conflitto mondiale l'ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata) ha sostituito la Stefani e l'Havas si è trasformata in Agence France-Press(AFP). Strumento tra i più efficaci della moderna industria dei mass-media, il giornale è portato sempre più a interpretare o a manipolare lo scontro economico e il confronto politico, nonché a influire in genere sulle tematiche culturali. Con progressione crescente, accentuatasi in modo rimarchevolissimo a partire dagli anni Sessanta del sec. XX, sempre più testate sono confluite in pochi trusts. In Gran Bretagna i giornali sono per due terzi sotto il controllo di tre soli gruppi editoriali (i giornali che raggiungono le massime tirature sono News of the World e The Sun, entrambi con oltre 4 milioni di copie giornaliere, e il Daily Mirror, con più di 3 milioni). In Francia il processo di concentrazione è cominciato intorno al 1950; tra i massimi gruppi è quello di Robert Hersant. In Germania domina il cosiddetto "impero Springer": la sola Bild Zeitung ha una tiratura giornaliera di 5,5 milioni di copie. Tra le azioni che si intraprendono per garantire autonomia all'esercizio della professione giornalistica, crescente importanza presenta la costituzione di cooperative di redattori, che controllano e gestiscono direttamente il giornale; si hanno esempi di giornali anche di altissimo prestigio gestiti dai redattori, come il francese Le Monde. Negli Stati Uniti, accanto agli autorevolissimi New York Times, Washington Post, Wall Street Journal – che peraltro, a confronto con i quotidiani degli altri Paesi, non hanno tirature rilevantissime –, prevalgono i giornali locali o regionali, per lo più a carattere popolare. In Giappone, che presenta un'altissima circolazione di quotidiani ed è il primo Paese al mondo per numero di copie pro capite, le massime tirature sono raggiunte dall'Asahi Shimbun e dal Yomiuri Shimbun (complessivamente, tra edizioni del mattino e della sera, ca. 26 milioni di copie). Massimo quotidiano dell'URSS era la Pravda, stampata in 44 città per un totale di ca. 11 milioni di copie giornaliere; calato dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica (dicembre 1991) a meno di 1 milione e mezzo di copie, l'ex organo del Comitato Centrale del PCUS, trasformatosi in voce dell'opposizione conservatrice al nuovo corso russo, ha sospeso nel marzo 1992 le pubblicazioni a causa di problemi finanziari, vittima – come molti altri giornali di quello che era il Paese a più alta circolazione di quotidiani – della liberalizzazione dei prezzi, che ha reso proibitivi i costi di produzione e di distribuzione; dopo alcune settimane è riuscita a tornare nelle edicole, ma in edizione ridotta. Nella Repubblica Popolare Cinese, dove una forma di giornalismo diretto (tramite i ta-tze-bao o giornali murali) si era sviluppata durante la “rivoluzione culturale”, il Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo), organo del Partito comunista, è uno dei quotidiani più più diffusi, con ca. 5 milioni di copie. In molti Paesi persiste la censura, nonostante la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, sancita dall'ONU; in altri, la stampa è controllata dal governo o dai partiti al potere. § In Italia, a fianco dei più autorevoli e diffusi quotidiani (Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa, ecc.), notevole sviluppo hanno avuto la stampa per ragazzi, gli album di fumetti, i periodici femminili, i settimanali in rotocalco, illustratissimi e in prevalenza di carattere popolare. Di notevole rilievo culturale e politico, infine, è il ruolo svolto dalla stampa periodica specializzata (di arte, scienze, letteratura, turismo, storia, ecc.), di quella di settore relativa alle varie attività professionali (medici, architetti, farmacisti, avvocati, ecc.), sindacali, ecc., cui si aggiungono molte pubblicazioni aziendali . Dalla metà degli anni Ottanta del sec XX, per incrementare la vendita, i quotidiani hanno arricchito le proprie copie, dapprima con concorsi a premi (il primo è stato “Portfolio”, del quotidiano la Repubblica) poi con supplementi settimanali (magazines d'attualità, guide turistiche e geografiche, concorsi di lingua, audiocassette, CD musicali e CD-ROM) e gadgets offerti gratuitamente o con lievi aumenti di prezzo. La “guerra dei gadgets” tra i principali quotidiani nazionali ha avuto una svolta il 28 gennaio 1995, quando l'Unità ha allegato la videocassetta del film di B. BertolucciUltimo tango a Parigi. Dopo il successo ottenuto dall'Unità, altri quotidiani e alcuni settimanali sono usciti in edicola distribuendo videocassette e altri gadgets. § Per il diritto, vedi stampa.

Come nasce un giornale: struttura e organizzazione interna

Tre sono i momenti in cui si attuano la preparazione e la diffusione del giornale: il primo è quello redazionale, il secondo è la stampa, il terzo è la distribuzione . La nascita di un giornale è il frutto di una collaborazione redazionale stretta e continua. Il direttore, responsabile politicamente e giuridicamente di ogni testo pubblicato nel foglio da lui diretto, si avvale di una redazione tanto più vasta e specializzata (coordinata da un capo redattore e dai capi servizio) quanto più è importante il quotidiano. Nel quotidiano a impostazione classica la struttura redazionale è la seguente: cronaca, interni, estero, province, economia e finanza, sport, spettacoli, inviati speciali, terza pagina, segreteria di redazione, archivio. In breve si può rilevare che la cronaca è il settore incaricato di seguire tutti gli avvenimenti che interessano la città. Vi lavorano giornalisti specializzati in politica comunale e provinciale, esperti di argomenti giudiziari, cronisti incaricati di riferire su avvenimenti delittuosi o su incidenti (cronaca nera) e redattori incaricati di riferire su manifestazioni civili, fatti e avvenimenti religiosi e militari, ecc. (cronaca bianca). Gli interni sono affidati a specialisti di politica, di cronaca, di problemi della scuola, sindacali, giudiziari, economici, religiosi, militari su piano nazionale. L'estero ha la medesima organizzazione degli interni. I redattori si occupano di tutte le notizie più importanti provenienti dagli altri Paesi. Al settore economia e finanza sono affidate le pagine o le rubriche specifiche. Alle province si elaborano le notizie che interessano le zone di maggiore diffusione del giornale e vengono realizzate eventuali pagine speciali aggiunte al giornale in specifiche edizioni provinciali, spezzando la tiratura globale per dare alle diverse edizioni carattere di quotidiano locale. Lo sport si occupa di notizie e commenti di tutti gli avvenimenti di maggior rilievo a carattere nazionale e mondiale. Gli inviati speciali sono cronisti ad alto livello sempre pronti a recarsi sul luogo dove sia avvenuto un fatto importante, di qualsiasi natura, per fornire ai lettori una testimonianza diretta. La terza pagina è un settore redazionale tipicamente italiano, ideato da A. Bergamini nel 1901 con l'impegno di mantenere col lettore un dialogo “umanistico” basato sull'elzeviro, sulla recensione di un libro, di una mostra d'arte, ecc.; la terza pagina è stata in alcuni casi sostituita dalla pagina culturale, con un più preciso intento di stimolo alla partecipazione alla vita artistica. Il lavoro dei redattori è integrato dall'apporto dei corrispondenti, che dalle maggiori capitali estere come dai piccoli centri del Paese inviano le loro notizie o interi servizi, dalle agenzie di stampa che ininterrottamente (24 ore su 24) trasmettono per telescrivente notizie, articoli (fornendo servizi speciali a richiesta) e fotografie. Il servizio fotografico è svolto talvolta da giornalisti fotografi al servizio esclusivo del giornale, e più generalmente viene espletato da fotoreporter (dipendenti da agenzie o in attività propria), che vendono le immagini, in esclusiva o meno, ai giornali che visitano quotidianamente. Gli spettacoli sono affidati a critici teatrali e cinematografici, televisivi, musicali, che si occupano di recensire non solo rappresentazioni date in prima cittadina, ma anche i maggiori spettacoli nazionali e mondiali, e di tutte le notizie relative al mondo dello spettacolo. Un cenno infine alla segreteria di redazione e all'archivio. La prima fa capo a un segretario (unico giornalista del settore, circondato da collaboratori impiegati) e si occupa dell'organizzazione del lavoro: tiene i contatti con l'esterno (lettori, autorità, visitatori, collaboratori, tra i quali gli specialisti di numerose discipline: economia, diritto, ecc., chiamati a collaborare come consulenti), organizza i viaggi degli inviati, passa gli ordini di servizio a collaboratori e a corrispondenti. Quanto all'archivio, alimentato dal materiale quotidianamente elaborato dalle redazioni, ha il compito di schedare avvenimenti e notizie di tutti i personaggi e di tutti i fatti più importanti del mondo. Il giornale viene impostato ogni giorno nel corso di una riunione fra direttore responsabile, redattore capo e capi servizio. Esaminati i fatti, si stabilisce l'importanza da riservare a ciascuno di essi e l'avvenimento del giorno sul quale richiamare la massima attenzione. In collaborazione col capo redattore viene preparato il menabò, che precede la fase di impaginazione vera e propria. I giornali del mattino in genere si “chiudono” nella tarda sera. Fatti importanti fanno naturalmente saltare notizie minori e vengono inseriti nel giornale in qualsiasi momento interrompendo la fase di stampa che si conclude, per l'edizione diffusa nella città madre, intorno alle 3-4 del mattino. A mezzanotte pacchi di giornali sono già in partenza con automezzi del giornale, dalle stazioni ferroviarie, dai corrieri e dagli aeroporti. Alle sei sono generalmente in distribuzione. Per i giornali del pomeriggio la chiusura avviene intorno alle 11 e nelle città dove sono editi raggiungono i lettori poco prima di mezzogiorno. La rapidità della stampa è assicurata dall'alta velocità delle rotative e delle roto-offset da cui il giornale esce già piegato in quattro, che consentono oggi di inserire anche illustrazioni a colori; modernissimi sistemi di trasmissione elettronica consentono di far arrivare in redazione l'articolo scritto dal corrispondente o dal redattore già pronto per essere impaginato.

Come nasce un giornale:l'evoluzione informatica

In specie, per “sistema editoriale” si intende un sistema di tele-elaborazione di dati che svolge tutte le fondamentali funzioni dell'attività giornalistico-tipografica: dall'arrivo delle notizie all'elaborazione redazionale, dalla composizione dei testi e dei titoli all'impaginazione con generazione del prototipo di pagina “chiusa”, ossia completa e pronta da inserire sulla rotativa. Il funzionamento è il seguente: i dati (titoli, notizie, corrispondenze dall'estero e dalle province, notiziario interno e cronache locali, nonché notizie di agenzie) vengono immagazzinati in un calcolatore e da questo ripresi per la lavorazione redazionale che avviene su videoterminale; da questo il testo è rinviato al calcolatore che automaticamente invia l'elaborato alla fotocomposizione per la trasformazione in colonne tipografiche. In tipografia l'articolo del giornalista viene direttamente trasferito su nastro, o altro supporto idoneo, così come i titoli, senza ulteriori passaggi intermedi. Le strisce sono collocate nella pagina secondo l'ordine previsto nel menabò e dall'impaginato si ricava la lastra in zinco che poi viene collocata sulla rotativa.

Come nasce un giornale: la pubblicità

Da ricordare infine che il prezzo contenuto dei giornali (i quali hanno costi altissimi e sono molto spesso in passivo) è assicurato, oltre che da sovvenzioni (da partiti, finanziatori, ecc.), dagli introiti pubblicitari e da servizi di “informazioni economiche” a pagamento. La voce “pubblicità” rappresenta per la stampa nel suo complesso uno dei maggiori fattori di entrata. Si presenta di solito sotto forma di moduli o pagine intere vendute alle aziende interessate alla propria promozione, ma non di rado anche di articoli accompagnati dalla dicitura “informazione pubblicitaria”. I quotidiani e i periodici si servono di apposite agenzie concessionarie della pubblicità sulle pagine della testata stessa.

Bibliografia

G. Carmignano, Come nasce il giornale, Milano, 1963; G. Gaeta, Storia del giornalismo, Milano, 1966; V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità al Fascismo, Bari, 1970; V. Capecchi, M. Livolsi, La stampa quotidiana in Italia, Milano, 1971; P. Murialdi, La stampa italiana del dopoguerra 1943-1972, Bari, 1973; M. Isnenghi, Giornali e giornalisti, Roma, 1975; P. Murialdi, Come si legge un giornale, Roma-Bari, 1975; E. Biagi, Quante storie, Firenze, 1990.

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