Afrodite

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Mitologia

(greco Aphrodítē), dea greca della bellezza e dell'amore , che si richiama alla fenicia Ìshtar entrata poi nel pantheon romano con il nome di Venere. L'elaborazione del mito di Afrodite in ambiente greco s'incentrò sull'idea dell'amore, inteso però non come sentimento, ma come forza naturale di cui il sentimento amoroso non sarebbe che un sintomo. Tale forza si configurò come un potere specifico di Afrodite su ogni essere vivente, sugli dei e persino su Zeus, del quale Afrodite è anteriore per nascita, essendo nata dalla schiuma (afrós) del mare fecondato da Urano. Un'altra versione, mal tollerando che Afrodite fosse anteriore al cosmo retto da Zeus, ne fa invece una figlia di Zeus stesso e di Dione. Le due versioni denotano l'ambiguità di Afrodite nei confronti dell'ordinamento olimpico (il cosmo di Zeus), sul quale i Greci regolavano la propria esistenza culturale. La stessa ambiguità è denotata anche dal culto, quando si distingueva tra due Afrodite: l'Urania, ossia la precosmica figlia di Urano, e la Pandémos (pubblica), ossia la divinità civica inserita nel cosmo. Delle due Afrodite Platone nel Convito dà un'interpretazione mistica, in senso antimondano e dunque antidivino; per cui l'Urania ha tutte le sue simpatie e diventa simbolo dell'amore ideale, mentre la Pandemos diventa simbolo dell'amore volgare. La funzione dialettica di un'Afrodite precosmica poteva coinvolgere l'al di là (inteso come “l'altro” mondo o addirittura l'antimondo), il che è attestato dai suoi numerosi attributi funerari e particolarmente dal nome di Pasifaessa che ha in comune con la regina degli Inferi, o coinvolgeva un mondo religioso marginale alla religione civica: il mondo magico degli incantesimi, delle malie, dei filtri amorosi, tipico della religiosità popolare. L'ambiguità di Afrodite viene espressa anche in miti che narrano della sua benevolenza verso gli uomini, apportatrice, però, di sventure: è il caso di Anchise, amato dalla dea e reso cieco; della guerra di Troia, scaturita dal favore da lei concesso a Paride nel rapimento di Elena. La guerra – o il furore bellico personificato da Ares – non era estranea all'azione di Afrodite: un mito ne faceva la moglie o l'amante di Ares e la madre di Terrore e Spavento (Phobos e Deimos) che incombono sui combattenti. Celebri luoghi di culto di Afrodite erano Cipro e Citera (donde i suoi epiteti di Cipria e di Citerea), forse le isole che fecero da tramite tra l'orientale Ìshtar e la dea greca. In un culto spartano era identificata con Era, la sposa di Zeus. Sempre a Sparta, in uno stesso santuario veniva venerata come Enoplios (armata) e, effigiata in catene, come Morpho. In Atene, dove aveva un celebre santuario “tra i giardini” (en kepois), veniva a volte identificata con una delle Moire, le divinità che presiedono ai destini.

Iconografia

L'immagine di Afrodite compare in moltissimi esemplari fin dall'epoca arcaica. La si trova nella ceramica a figure nere e rosse, nella scultura in rilievo e a tutto tondo, in pittura, su gemme e monete. Con Prassitele.) la dea comincia a essere raffigurata nuda. Tra i rilievi particolare importanza rivestono quello del Trono Ludovisi (Roma, Museo Nazionale Romano) e la figura del frontone orientale del Partenone; tra le statue a tutto tondo sono da ricordare l'Afrodite Cnidia di Prassitele (copia a Roma, Musei Vaticani), l'Afrodite di Milo (Parigi, Louvre), l'Afrodite di Arles (Parigi, Louvre), l'Afrodite Medici (Firenze, Uffizi), l'Afrodite di Cirene (Roma, Museo Nazionale Romano).

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