Miró, Juan

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pittore, scultore e incisore spagnolo (Montroig, Barcellona, 1893-Palma di Maiorca 1983). Elementi fondamentali (importanza della linea e irrequieta spontaneità del colore) emergono già dalle prime opere eseguite tra il 1914 e il 1918 (Il contadino, La bottiglia blu; Parigi, Galerie Maeght), che rivelano nella mediazione di influenze diverse (fauves, Van Gogh, Cézanne, cubismo) caratteri di ricerca autonoma. Il primo periodo di formazione si concluse, dopo gli studi con M. Urgell e J. Pasco alla Scuola della Lonja e quelli con F. Galí, con la prima mostra personale alla Galerie J. Dalmau (1918) e con il trasferimento dell'artista a Parigi (1919). Lo stimolante clima culturale francese, gli incontri con artisti diversi, oltre a quelli con il connazionale Picasso, favorirono inizialmente la tendenza verso un realismo di ambigua espressione (ingenue figurazioni ricomposte attraverso la cucitura cubista, tuttavia compromessa da ritmi e spazi di suggestione astratta) che doveva portare l'artista al dadaismo e quindi al surrealismo cui ambito la sua fantasia poetica svolse un ruolo importante per lo sviluppo della tendenza astratta di quel movimento (Il Carnevale di Arlecchino, 1924-25, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery; Interno olandese, 1928, New York, Museum of Modern Art). Esperienze scenografiche (nel 1925, con Ernst, creò scenari e costumi per Romeo e Giulietta di Djagilev; nel 1930-33 quelli per il balletto di MassineJeux d'enfants) e la realizzazione di una serie di collages (1929-32) costituirono fasi importanti per l'evoluzione dell'arte di Miró (Pittura, 1933, New York, Museum of Modern Art), attiva nel versante del sogno, dell'immaginario e del fantastico. In questo paesaggio rarefatto agiscono contesti inquietanti di forme biologiche, ambiguamente sospese tra allusivi spazi di cielo e di terra, raccordate insieme dagli intrichi sottili d'una linea continua e trasfigurate dalla fantasia dei segni inventati e dalla bellezza magica del colore, sotto i quali spesso si celano riflessioni di una tristezza di fondo che è presente un po' in tutta la sua opera, anche dopo le manifestazioni legate al dramma di Guernica (Natura morta con vecchia scarpa, 1937; decorazione murale del padiglione spagnolo all'Esposizione di Parigi del 1937). Stabilitosi nel 1940 a Palma di Maiorca, vi compì la serie delle Constellations, che sono tra le sue opere più poetiche. L'arricchimento dei misteriosi segni iconici della sua scrittura, l'amore per l'impercettibile, l'essenza, il simbolo trovarono nuove trascrizioni espressive nella grafica (Miró ottenne il Gran Premio alla Biennale di Venezia del 1954), nella ceramica e nella scultura. Delle grandi realizzazioni in ceramica si ricordano le composizioni murali per la sede dell'UNESCO a Parigi (1957) e per l'Esposizione di Ōsaka (1970). Il suo alfabeto di segni, già completo nel corso degli anni Quaranta, si è riproposto costante fino alle ultime opere, mai però noiosa ripetizione, data la grande inventività dell'artista e l'infinita possibilità combinatoria di questo alfabeto. Infaticabile è stata anche la sua ultima attività di scultore, di incisore, di sperimentatore di tecniche, tra le quali anche quella dell'arazzo.

Bibliografia

J.-J. Sweeney, Atmosphère Mirò, Barcellona, 1959; J. Dupin, Joan Mirò, sa vie, son œuvre, Parigi, 1962; Y. Bonnefoy, Joan Mirò, Parigi, 1964; M. Bucci, Mirò, Firenze, 1968; R. Penrose, Mirò, Londra, 1970; R. Queneau, Joan Mirò ou le Poète préhistorique, Parigi, 1972; G. Diehl, Mirò, Parigi, 1974; G. C. Bojani, T. Sanchez-Pacheco (a cura di), Joan Mirò. La ceramica, Firenze, 1991.

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