La vita

Pittore francese (Parigi 1840-Giverny 1926). Trascorse la sua giovinezza a Le Havre, dove ottenne fama locale come caricaturista; venne quindi in contatto con E. Boudin, che lo iniziò al paesaggioen plein air. Recatosi a Parigi (1859), fu attratto dalla pittura di Delacroix, Daubigny, Corot e preferì ai corsi regolari dell'Accademia quelli dell'Académie Suisse (dove familiarizzò con Pissarro) e le discussioni alla Brasserie des Martyrs, dove i realisti si raccoglievano attorno a Courbet.

Lo studio di Gleyre

Dopo il servizio militare in Algeria, ritornò a Le Havre (1862) e, a Sainte-Adresse, incontrò Jongkind, il cui segno nervoso lo convinse ad approfondire quelle soluzioni che già Boudin e Daubigny gli avevano indicato. Al rientro a Parigi frequentò lo studio di Gleyre dove conobbe Renoir, Bazille e Sisley, coi quali, nel 1863 e 1864, trascorse brevi soggiorni a Chailly, lavorando dal vero accanto ai paesisti di Barbizon. Appartengono a questi anni alcuni paesaggi dei dintorni di Honfleur che testimoniano il conseguimento della prima maturità di Monet, sebbene la suggestione di Courbet trattenga la sua sensibilità luministica entro uno schema ancora convenzionale. L'influsso realista è presente anche in Camille o la donna col vestito verde (Brema, Kunsthalle), esposto al Salon del 1866 in luogo di una Colazione sull'erba (1866, Mosca, Museo Puškin), non ancora ultimata, nella quale l'artista aveva ripreso il tema di Manet con la tecnica della macchia frantumata, nell'intenzione di ricreare la sensazione ottica della vibrazione luminosa. Nel 1867 Monet dipinse Donne in giardino (Parigi, Musée d'Orsay), tappa fondamentale nelle ricerche impressioniste: la tavolozza appare molto schiarita e l'ombra stessa è luminosa e colorata.

La pittura e la natura

Da questo momento, tagliati tutti i ponti con i sistemi pittorici tradizionali di rappresentazione del vero, divenne costante in Monet l'impegno di identificare pittura e natura, immagine e forma, e di cogliere, attimo per attimo, il vero nella trama relativa delle variazioni e vibrazioni del colore percepite dall'occhio. Nel 1869, ritiratosi a Bougival con Renoir, si dedicò esclusivamente al paesaggio e allo studio dei riflessi della luce sull'acqua: La Grenouillère (1869, New York, Metropolitan Museum) costituisce una delleprime realizzazioni compiutamente impressioniste; l'artista non si propone di imitare obiettivamente il vero, ma di fissare sulla tela la propria sensazione, l'“impressione”, di fronte all'elemento naturale. Questo il motivo dominante delle opere eseguite in Olanda e a Londra, dove si era recato con Pissarro allo scoppio della guerra franco-prussiana e dove si accostò alla pittura di Constable e Turner. Al ritorno in Francia, ad Argenteuil, lo stile di Monet raggiunse la piena maturità: nelle opere del decennio 1870-80, che esprimono più tipicamente le concezioni impressioniste, egli si servì della giustapposizione dei colori puri secondo la legge dei complementari in tocchi frammentari sempre più minuti, a ricreare atmosfere di pulviscolare luminosità. Indicativi sono capolavori come La colazione (1872), I papaveri (1873), Il ponte di Argenteuil (1874, Parigi, Musée d'Orsay) e soprattutto il celebre Impression, soleil levant (1872, Parigi, Musée Marmottan), presentato alla prima mostra degli impressionisti (1874) e dal cui titolo ebbe origine il nome del movimento. Lavorando con una felicità creativa senza paragone alla definizione della natura nelle sue infinite variazioni sensibili Monet indagò negli anni trascorsi a Vétheuil (1878-81) il paesaggio nelle diverse condizioni atmosferiche (il sole, la pioggia, il vento, la neve) in opere come Vétheuil d'inverno (1879, Göteborg, Konstmuseum), Vétheuil d'estate (1880, New York, Metropolitan Museum). La luce del sud, scoperta durante un viaggio sulla Costa Azzurra e a Bordighera (1883-84), stimolò un'evoluzione verso un colore più acceso e brillante. Monet trascorse l'ultimo periodo della sua vita a Giverny (1883-1926), esercitando la sua sensibilità visiva a cogliere le variazioni subite da uno stesso tema nelle diverse ore del giorno e nel trascorrere delle stagioni. Nacquero così le serie dei Pioppi e dei Covoni (1890), quella della Cattedrale di Rouen (1894), le vedute di Londra (1900-04) e quelle di Venezia (1908-09), e infine la famosa serie delle Ninfee, soggetto al quale lavorò per circa trent'anni. Soprattutto in queste ultime, l'aspirazione a registrare luce e colore nella loro realtà contingente, spogliando il soggetto di ogni solidità oggettiva, lo condusse a un estremo disfacimento della forma che suggerisce un passaggio dal figurativo all'astratto, anticipatore non solo del fauvismo e dell'espressionismo, ma anche della pittura informale

G. Besson, Monet, Parigi, 1951; D. Rouart, L. Degant, Claude Monet, Ginevra, 1958; W. C. Seitz, Claude Monet, New York, 1960; D. Wildenstein, Monet, Impressions, Losanna, 1967; idem, Claude Monet, Milano, 1971; R. Tassi, Atelier di Monet, Milano, 1989; V. Gavioli, Monet, in I Classici dell'Arte, vol. 4, Milano, 2003; F. D'Amico, Sguardi su Monet, Milano, 2015; D. Wildenstein, Monet, The Triumph of Impressionism, Colonia, 2015; R. King, Il mistero delle ninfee. Monet e la rivoluzione della pittura moderna, Milano, 2016; M. Mathieu (a cura di), Monet e gli impressionisti. Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Milano, 2020. 

 

 

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