Papini, Giovanni

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poeta, narratore e saggista italiano (Firenze 1881-1956). Giovanissimo, diede vita ad alcuni periodici con E. Allodoli (La Rivista, Sapientia, Il Giglio), in cui appare evidente la sua abilità critica. Risale a quei primi anni l'amicizia di Papini con G. Prezzolini, col quale nel 1903 fondò il Leonardo, con lo scopo di combattere l'accademismo e l'immobilismo della cultura ufficiale. La prima prova di narratore Papini la diede coi due volumi di “racconti metafisici” Tragico quotidiano (1906) e Il pilota cieco (1907). Del 1912 è Un uomo finito, forse il suo capolavoro, in cui è racchiusa tutta una tematica di ribellioni e di dissidi “fra la grandezza dei propositi e la misura sempre più ridotta dei risultati” (C. Bo). In quel periodo, la produzione di Papini divenne ricchissima: oltre a saggi sul pragmatismo, scrisse i racconti di Parole e sangue (1912) e di L'altra metà (1912); fondò con G. AmendolaL'Anima, lasciò La Voce e fondò con SofficiLacerba (1913), che divenne l'organo del futurismo italiano; pubblicò Cento pagine di poesia (1915) e le Stroncature (1916). Dopo la guerra, dalla quale fu esonerato a causa della forte miopia, si accostò al cattolicesimo e manifestò clamorosamente la sua conversione con la Storia di Cristo (1921), un libro di violenta polemica contro il materialismo contemporaneo, che ebbe grande successo in tutto il mondo. Seguirono il Dizionario dell'omo salvatico (1923) in collaborazione con D. Giuliotti, i versi di Pane e vino (1926), Sant'Agostino (1929), le prose di Gog (1931), Dante vivo (1933). Dal 1935 Papini mostrò chiaramente di accettare gli ideali del fascismo, un ritorno all'ordine che gli procurò la cattedra di letteratura italiana all'Università di Bologna, la nomina ad accademico d'Italia e la possibilità di creare l'Istituto di studi sul Rinascimento. Per queste e altre più compromettenti manifestazioni, alla fine del conflitto la fortuna di Papini sembrò definitivamente tramontata, se non che nel 1946 con le Lettere di Celestino VI, nel 1949 con la Vita di Michelangiolo nella vita del suo tempo e poi con Il diavolo (1953) Papini tornò improvvisamente alla ribalta, destando scalpore e interesse. Colpito da paralisi progressiva, continuò a lavorare, dettando alla nipote Anna forse le pagine migliori di tutta la sua vastissima produzione: le “schegge” apparse sul Corriere della Sera, poi riunite in La spia del mondo (1955) e La felicità dell'infelice (1956), e nel volume Le schegge (1971); pubblicati sempre postumi, Ilgiudizio universale (1957), La seconda nascita (1958), Diario (1962), Rapporto sugli uomini (1977).

M. Isnenghi, Papini, Firenze, 1976; G. Fantino, Saggio su Papini, Milano, 1981; G. Invitto, Contrasto novecentesco: Giovanni Papini e la filosofia, 1984; S. De Carlis (a cura di), La vraie Italie di G. Papini, Roma, 1988.

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