agèmina

sf. [sec. XIX; dall'arabo àgamī, straniero, in particolare persiano]. Tecnica di decorazione degli oggetti metallici (di bronzo, ferro, ottone, acciaio). Il disegno viene scavato o impresso nel metallo e il solco viene poi riempito da lamine o fili d'oro e d'argento mediante la battitura a freddo. Spesso poi le lamine vengono decorate con incisioni. L'arte dell'agemina ha origini antichissime: era nota nell'antico Egitto e nell'area cretese-micenea; in Cina fin dal periodo Chou (1030-222 a. C.). Venne usata particolarmente alla corte bizantina (rivestimenti delle pareti della chiesa dei SS. Apostoli a Costantinopoli). Di origine essenzialmente orientale, l'agemina fu praticata dal sec. XII in Mesopotamia, dove vennero prodotti i “bronzi di Mosul” (vasi in ottone ageminati in argento), che diffusero la tecnica dell'agemina in Persia e in Occidente attraverso Venezia dove, già nel sec. XIV, sono ricordati attivi artisti orientali. L'ageminatura veniva usata per decorare oggetti religiosi, armi (armi persiane del sec. XVI ornate di turchesi) e suppellettili domestiche (coppe, bacili, portaprofumi veneziani). Nel 1500 gli artigiani spagnoli e milanesi adoperavano l'agemina anche per la decorazione di mobili in metallo. § Particolarmente ricco e vario è stato nei secoli l'impiego dell'agemina per la decorazione di armi e armature. In genere la tecnica dell'agemina, specie in Occidente, fu combinata assieme a quella del niello (e con questa spesse volte confusa), dell'acquaforte corrosiva e altri procedimenti decorativi usati per incrostazione di metalli diversi (oro, rame, argento) sul metallo base dell'oggetto. Risalenti all'arte del mondo cretese-miceneo sono alcuni esempi di pugnali; ma qui si tratta più di incrostazione ottenuta attraverso la tecnica del niello che non di agemina, come pure (e proprio sull'influenza dell'arte cretese) per il pugnale niellato egiziano trovato nella tomba della regina Aahotep (1587-1577 a. C.). Più tardi, nel mondo romano e in quello ellenistico, le decorazioni su armi venivano ancora eseguite mediante l'uso delle due tecniche combinate del niello e dell'agemina. È con l'età bizantina e quella di poco precedente l'arte dei Carolingi che la decorazione all'agemina venne praticata senza l'apporto di altri procedimenti. Una vera e propria stagione dell'agemina ebbe inizio, specie per la decorazione di armi, tra i sec. XII e XIII; essa culminerà in età rinascimentale, epoca in cui i maggiori armaioli europei crearono le più raffinate ed elaborate armature per re e per principi. Il fascino esercitato dalle decorazioni all'agemina era divenuto più sensibile in Occidente nel sec. XV, epoca in cui i Turchi s'erano spinti nel cuore dei Paesi centroeuropei diffondendo le caratteristiche decorative delle proprie armi. Particolarmente influenzato ne rimase l'ambiente veneziano che contribuì in larga misura alla divulgazione di questa tecnica anche nella variante detta damaschinatura. Celebri nel Rinascimento furono gli armaioli tedeschi di Norimberga, quelli di Innsbruck, alcune manifatture spagnole e, soprattutto, le numerose famiglie operanti a Milano, come i Missaglia, i Piccinini (che lavorarono per la corte dei Farnese), i Negroli e Antonio Romero, che eseguì alcune armature per Alfonso II d'Este. Interessante sviluppo ebbe l'arte dell'agemina nell'India Moghūl, dove la decorazione delle armi era tenuta in grande pregio. Un posto a sé occupano le armi ageminate dell'Indonesia (lance e pugnali) e alcuni elementi accessori delle spade giapponesi, come gli tsuba (elsa), in cui eccelsero fin dal sec. XV i membri della famiglia Gōto, che perpetuarono quest'arte raffinata fino all'Ottocento. In quest'epoca anche nel Giappone si diffondono le armi da fuoco, pur esse decorate sulla superficie brunita del metallo da motivi floreali o araldici ageminati in oro e argento.

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