Lessico

sf. [sec. XX; da deserto+-ficare, sul modello del francese désertification]. Processo graduale per cui un territorio fertile e abitato si trasforma in una regione spopolata e sterile. Si distingue dalla desertizzazione, termine con il quale si indica la naturale avanzata dei deserti. Anche per estensione e fig., spopolamento, abbandono progressivo o temporaneo: la desertificazione dei centri urbani durante le ferie estive.

Descrizione generale

Si tratta di una calamità antica (regioni oggi desertiche sono state un tempo ricche di boschi, pascoli, campi coltivati), che però solo da pochi anni suscita serie preoccupazioni, in quanto i processi di desertificazione si stanno sviluppando su scala globale e a ritmo accelerato, rendendo ogni anno inutilizzabili nel mondo circa 60.000 km² di terreni. Il fenomeno ha iniziato a manifestarsi in tutta la sua gravità con la siccità che ha colpito l'Africa a sud del Sahara tra il 1968 e il 1973. In una decina di Paesi saheliani le conseguenze di tale prolungato periodo sono state terribili sia sotto il profilo umano (sono morte per mancanza di cibo e acqua 250.000 persone) sia sotto quello economico. Nel 1974 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deliberato una risoluzione che promuoveva una campagna di ricerche sugli ambienti aridi. In seguito, nel corso della prima Conferenza delle Nazioni Unite sulla desertificazione, tenutasi a Nairobi nel 1977, la FAO, l'UNESCO e altre agenzie delle Nazioni Unite hanno presentato una vasta documentazione sul problema. Nell'attivare il processo di desertificazione hanno una larga parte le oscillazioni naturali (in primo luogo quelle climatiche), ma la causa decisiva è senza dubbio l'eccessiva pressione umana sulle risorse. Piogge scarse, marcata variabilità delle precipitazioni da un anno all'altro, siccità persistenti, deterioramento delle strutture dei suoli, erosione del vento e dell'acqua sono tutti fattori che predispongono alla desertificazione; il resto è opera dell'uomo. Infatti, l'esplosione demografica dei Paesi in via di sviluppo ha messo ulteriormente in crisi, negli ultimi decenni del sec. XX, l'economia tradizionale della maggior parte dei territori aridi, semiaridi e sub-umidi, già profondamente alterata durante il dominio coloniale di questi Paesi. Pratiche colturali millenarie (come il maggese), che contribuivano alla conservazione dei suoli, oggi non vengono più adottate, mentre per esempio l'introduzione dell'agricoltura seccagna attiva processi di erosione accelerata (diffusione dell'arachide nel sahel, colonizzazione delle steppe centroasiatiche, russe e cinesi, ecc). Inoltre, l'eccessivo emungimento delle falde freatiche che riduce a mano a mano la portata dei pozzi (oasi sahariane), la diffusione dell'agricoltura irrigua a fini produttivi senza adeguate reti drenanti, che innesca meccanismi di salinizzazione, lo smodato sfruttamento dei pascoli e il disboscamento selvaggio per procurare legna da ardere contribuiscono a denudare il terreno, esponendolo a fenomeni erosivi. La desertificazione non riguarda soltanto i Paesi poveri e sovrappopolati del Terzo Mondo; nella carta mondiale delle aree a rischio, redatta in occasione della Conferenza di Nairobi, sono presenti anche molti Paesi sviluppati: Australia, Stati Uniti, Unione Sovietica, Argentina. In totale, a titolo indicativo, la FAO ha stimato in oltre 37,6 milioni di km² (25% delle terre emerse) la superficie terrestre esposta al rischio di desertificazione. Una successiva misurazione, realizzata nel 1984 dall'UNEP, l'organismo dell'ONU con sede a Nairobi preposto a coordinare gli interventi contro la desertificazione, fa ammontare la superficie a 20 milioni di km² e la popolazione rurale colpita a 280 milioni di individui. Esistono i mezzi tecnici per combattere la desertificazione e molti di essi, che sono stati indicati nella Conferenza di Nairobi, fanno leva su varie iniziative, quali il miglioramento delle tecniche di utilizzazione del suolo e il controllo dello sviluppo delle attività produttive e degli insediamenti nelle regioni a rischio, ma necessitano di un'intesa con il potere economico, sociale e politico dei singoli Stati. § Secondo le stime più recenti, a scala planetaria, il 75% dei pascoli, il 50% delle aree coltivate e il 30% di quelle irrigue, negli ecosistemi secchi, sarebbero interessati dal processo di desertificazione: si tratta di ben 36 milioni di km², con oltre 300 milioni di abitanti.

La lotta alla desertificazione in Italia

In Italia le cause della desertificazione sono principalmente attribuibili ad attività antropiche e solo in minima parte a fenomeni di origine naturale. Il territorio nazionale viene naturalmente sottoposto a prolungati periodi di siccità, alla forte variabilità degli eventi piovosi e alle piogge di elevata intensità. Suoli poveri ed erodibili oppure compattati, dissesti idrogeologici, processi di impermeabilizzazione, salinizzazione e contaminazione espongono il territorio a fenomeni di degrado e di desertificazione difficilmente percepibili nell'insieme delle condizioni italiane, ma che in alcune realtà locali creano gravi problemi ambientali con preoccupanti riflessi sociali ed economici. In Italia le linee-guida per le politiche e le misure nazionali di lotta alla desertificazione, predisposte sulla base degli indirizzi della delibera del CIPE n. 154 del 22 dicembre 1998, definiscono le azioni necessarie a combattere tale fenomeno e il degrado del territorio in Italia nel rispetto degli impegni sottoscritti nell'ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta alla siccità e/o desertificazione. Tale Convenzione, firmata a Parigi nel 1994 e ratificata dall'Italia con la legge del 4 giugno 1997, n. 170, prevede che i paesi colpiti dalla desertificazione predispongano e attuino Piani di Azione Nazionale e Piani di Azione Regionale finalizzati allo sviluppo sostenibile con l'obiettivo di ridurre le perdite di produttività dei suoli causate da cambiamenti climatici e attività antropiche. Il DPCM del 26 settembre 1997, G.U. n. 46 del 21/2/98, istituisce il Comitato Nazionale per la lotta alla desertificazione presieduto e coordinato dal Ministero dell'Ambiente, con il compito di attuare la Convenzione e di seguire la predisposizione del Piano Nazionale nel contesto del bacino del Mediterraneo. L'Italia e i Paesi del Nord del Mediterraneo hanno costituito un gruppo regionale (Annex IV) che si prefigge di individuare e attuare politiche comuni di lotta alla desertificazione nel contesto delle politiche della Unione Europea. Nel corso della Seconda Conferenza delle Parti (COP 2) è stata assegnata all'Italia la Presidenza dell'Annex IV con il compito di coordinare la predisposizione del Piano Regionale per la COP 4 del 2000.

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