La filosofia e la religione

La filosofia, nel corso della sua storia, ha sempre affrontato il problema del significato e del valore di verità della religione, cercando, in particolare, di dimostrare l'esistenza della divinità e di mostrarne i caratteri e le funzioni in rapporto all'uomo e al mondo. La ricerca filosofica, infatti, nasce come interpretazione e codificazione delle verità contenute nei miti religiosi. Ma è dal 1793, anno di pubblicazione dell'opera di Kant La religione nei limiti della pura ragione, che si può far nascere la filosofia della religione in senso proprio. In generale, le diverse interpretazioni filosofiche del fenomeno religioso prima e dopo la nascita della filosofia della religione sono state elaborate essenzialmente sulla base dell'origine della religione e della sua funzione.

Il problema dell'origine della religione si definisce in base al tipo di validità riconosciuta alla religione; due sono le impostazioni principali: l'origine per rivelazione divina e l'origine umana.

1. L'origine divina: è il riconoscimento del valore assoluto perché la religione è interpretata come rivelazione (questa tesi viene sostenuta fra gli altri, da G.W.F. Hegel, F. Schleiermacher, H. Bergson).

2. L'origine umana: corrisponde alla negazione di qualsiasi valore intrinseco della religione, considerata semplicemente come frutto dello spirito umano, codificato nella società e nel tempo, per appagare bisogni di conoscenza (come sostengono, per esempio, gli epicurei) o necessità pratiche, legate al senso di precarietà e di incertezza del futuro, alle esperienze del dolore e della morte (come sostengono, fra gli altri, T. Hobbes, D. Hume, Voltaire, J. Dewey, R. Otto, S. Freud e gli antropologi W. Robertson Smith, J.G. Frazer, B. Malinowski). Una variante di questa tesi è quella che individua un'origine politica del fenomeno religioso letto come una forma di prevaricazione delle classi dominanti sui deboli (il primo a elaborarla è il sofista Crizia, uno dei trenta tiranni di Atene, poi è ripresa da alcune tendenze del libertinismo, dell'illuminismo, del marxismo e da F. Nietzsche).

La funzione della religione è stata intesa secondo tre modalità principali: sociale, veritativa e morale.

1. La funzione sociale: la religione è interpretata come una forma di integrazione e di rafforzamento dei vincoli sociali (fra gli altri, E. Durkheim e l'antropologo A.R. Radcliffe-Brown).

2. La funzione veritativa: la religione ha la verità come suo oggetto specifico, e, quindi, una funzione analoga a quella della filosofia. Questa correlazione da alcuni pensatori è intesa nel senso di una superiorità della religione rispetto alla filosofia, perché avrebbe in sé la garanzia delle proprie rivelazioni (J.G. Hamann, J.G. Herder, F.H. Jacobi); da altri, nel senso di una sua inferiorità, perché religione e filosofia hanno identità di oggetto ma differenze formali nelle modalità di rappresentarlo: la religione esprime in maniera diretta e sentimentale ciò che la filosofia espone in maniera riflessa e concettuale (Hegel, G. Gentile).

3. La funzione morale: la religione è vista sostanzialmente come moralità, il cui scopo principale è offrire un fondamento assoluto e incontrovertibile ai valori e alle leggi morali, su cui è fondata la vita associata (Kant).