Geoffrey Chaucer

I "Canterbury tales"

Senza alcun dubbio il capolavoro di Chaucer è la raccolta dei Canterbury tales (Le novelle di Canterbury), opera iniziata verso il 1380 e alla quale il poeta dedicò gli ultimi quindici anni della sua vita. Le novelle rappresentano l'espressione matura del suo genio, sintesi perfetta della sua abilità letteraria e della sua visione della vita, sempre sospesa fra canzonatura e simpatica comprensione. Testimonianza della mentalità medievale, esse tuttavia appaiono moderne per l'arte e l'acutezza psicologica dell'autore. Medievale è l'idea del pellegrinaggio come cornice di un gruppo di racconti, espediente già usato da Boccaccio nel Decameron e da Giovanni Sercambi nelle sue Novelle (1374). Le differenze tra Le novelle di Canterbury e le due raccolte italiane sono però così evidenti da far pensare che Chaucer non le conoscesse direttamente e che l'idea sia stata del tutto personale.

Il progetto prevedeva 120 storie, raccontate da un gruppo di 30 pellegrini in cammino da Londra a Canterbury per venerare le reliquie dell'arcivescovo Thomas Becket, assassinato nel 1170. Ciascun pellegrino doveva raccontare due storie all'andata e due al ritorno, come è spiegato nel prologo, ma del progetto iniziale rimangono solo ventiquattro storie, delle quali due si interrompono prima della fine e altre due quasi subito dopo l'inizio. È probabile che Chaucer stesso, ancor prima di porre termine all'opera verso il 1395, avesse cambiato le intenzioni originali. Nel prologo generale è delineata l'ambientazione e sono presentati i personaggi, dei quali l'autore fa accurati ritratti: tutte le categorie sociali dell'Inghilterra del tempo sono rappresentate, eccezion fatta per le classi più alte e quelle più umili. I due estremi sono costituiti dal cavaliere, accompagnato dal figlio scudiero, e dal contadino, che in ogni caso non è un servo della gleba ma un fittavolo. Accanto a questi si incontrano il dottore, l'avvocato, il mercante, il marinaio, il proprietario terriero, il valletto d'armi, diversi esponenti degli ordini religiosi, come la priora, il monaco, il parroco e il frate, l'economo di collegio, l'intendente dei beni, il venditore d'indulgenze, il cuoco, il mugnaio, la comare e altri. Gli unici personaggi ritratti senza ironia sono il cavaliere, il parroco e il contadino, quasi figure ideali e nostalgiche di un mondo ormai molto diverso. Tutti gli altri vengono descritti con i loro peccati e le loro manie, ma senza condanna; il punto di vista dell'autore è quello di un laico, più attirato che contrariato dalle debolezze della natura umana. I racconti, molto vari fra loro, costituiscono una significativa antologia dei temi classici della letteratura medievale: il romanzo cortese (la novella del cavaliere), l'exemplum dei predicatori medievali (la novella del venditore d'indulgenze), il fabliau (la novella dell'intendente dei beni e del mugnaio), il lai bretone (la novella del proprietario terriero libero), la favola animalesca (la novella del prete al servizio della monaca cappellana), il sermone (la novella del parroco), le leggende dei santi (le novelle della priora e della monaca cappellana) e così via.

L'interesse di Chaucer, più che alla rappresentazione di un universo morale e teologico, è rivolto alla riproduzione del mondo psicologico e sociale contemporaneo: l'approfondita conoscenza medievale del mondo classico si fonde in lui con la volontà di rappresentare un quadro realistico e quanto mai vivo della società in cui viveva.