Abitazione

Il luogo della dimora dell'uomo ha sempre avuto una stretta connessione con i fattori climatici, ambientali e culturali, differenziandosi per i materiali impiegati, la collocazione, il numero degli abitanti previsti, la presenza di altre funzioni oltre quella abitativa, la differenziazione sociale ecc. Occorre inoltre tenere conto della distinzione fondamentale fra popoli nomadi e popoli sedentari. Nel caso dei popoli nomadi il divieto di costruire dimore in pietra faceva parte degli stessi loro obblighi religiosi, e pare che un tale divieto appartenesse originariamente alle legislazioni religiose dell'intera umanità la quale costruiva le proprie dimore e i propri templi in legno, per la qual ragione non si hanno tracce delle città più antiche.

La storia dell'abitazione è legata allo sviluppo delle forme di vita in comune, essendo l'uomo, secondo la definizione aristotelica, un “animale sociale”; storia della città ed evoluzione delle forme dell'abitare sono quindi strettamente legate.

L'abitazione nell'antichità.

Prescindendo dalle forme più semplici di abitazione (palafitte, tende da interni, capanne ecc.), le prime case, salvo poche eccezioni, presentavano un solo vano; anche quando erano di dimensioni notevoli non avevano divisioni interne. Nelle civiltà mediterranee e mediorientali le abitazioni erano tendenzialmente chiuse verso l'esterno, la città, e si aprivano, più discretamente, verso l'interno in cortili e giardini, come le case a peristilio (da perì, “intorno” e stylos, “colonna”) delle famiglie agiate. Tale schema, già presente nelle abitazioni mesopotamiche ed egizie (tra l'VIII e il V millennio a.C. e caratterizzate da una cinta muraria), si ritrova anche nelle attuali abitazioni tradizionali islamiche. La civiltà greca classica, più preoccupata della perfezione formale dei templi e degli edifici pubblici, non giunse alla definizione di tipologie abitative particolarmente significative. Roma elaborò invece tipologie edilizie molto differenziate: l'insula (blocco pluripiano di edifici formati da appartamenti di uno o pochi locali in affitto, destinati alla plebe, con cortili interni e spazi al piano terreno adibiti a bottega), la domus (la casa singola di una famiglia benestante, articolata in molti locali e organizzata attorno al peristilio), la villa (la casa signorile in campagna del proprietario di una tenuta, destinata al riposo e allo svago, ma anche simbolo di potere politico ed economico).

L'abitazione cittadina nel Medioevo e nel Rinascimento.

Nell'Alto Medioevo europeo vi fu una netta separazione tra i centri abitati e la campagna, separazione imposta da ragioni associative e di difesa. Venuta a mancare nelle città un'autorità forte capace di imporre planimetrie predeterminate, si svilupparono in modo spontaneo nuovi tipi di abitazione dettati dalla necessità di sfruttare al meglio lo spazio: si costruirono edifici a blocchi accostati (case a schiera), di tipo monofamiliare, a due o tre piani (nelle case a torre anche a quattro o cinque), con poche stanze per piano collegate fra loro da una ripida scala interna. Al piano terreno si trovava solitamente un magazzino o la bottega artigianale; le funzioni residenziali e produttive coesistevano quindi in un organismo architettonico ben rispondente all'ordinamento sociale. Notevole importanza assunsero, anche come generatori di nuovi aggregati abitativi fuori dalle città, i castelli, che conciliavano i caratteri della villa con le esigenze difensive.

In epoca rinascimentale e barocca, nelle città divenne sempre più elemento significativo il palazzo signorile, articolato su più piani attorno a grandi cortili porticati.

L'abitazione borghese e proletaria.

Con la rivoluzione industriale e l'ascesa della borghesia si diffusero nelle città europee forme distinte di tipologie edilizie: accanto ai palazzi dell'aristocrazia e dell'alta borghesia, vennero edificate abitazioni rispondenti alle esigenze della media o della piccola borghesia, con quartieri di nuova residenza ben distinti da quelli popolari. All'evoluzione dei rapporti familiari e sociali corrispose anche nell'abitazione delle classi medie la distinzione tra spazi “pubblici” (il salotto) e “privati” (la camera da letto). Le classi subalterne si ridussero ad abitare case sovraffollate, igienicamente carenti e perlopiù di tipo monolocale. Tipiche furono a partire dalla fine del '700 le case a ringhiera dei quartieri popolari di molte città dell'Italia del nord, con lunghi ballatoi rivolti sul cortile interno e servizi esterni a ogni singolo piano. Il problema drammatico di garantire abitazioni sufficienti e decenti a un proletariato urbano in continua crescita condusse tra '800 e '900 a soluzioni diversificate ancorché non definitive: risanamento e “sventramento” dei ghetti urbani, piani di edilizia popolare, esperimenti paternalistici di villaggi operai attorno alla fabbrica. Nelle società industriali avanzate, tuttavia, si è diffusa l'abitazione monofamiliare (entro edifici a più piani e con più appartamenti per piano, oppure con il sistema delle villette a se stanti), basata su locali distinti funzionalmente e dotata di servizi interni. È dunque sempre tendenzialmente mantenuta la distinzione tra sede abitativa e sede produttiva, e tra spazi d'incontro e spazi privati.

L'abitazione contadina.

Le case contadine hanno mantenuto nei secoli tratti stabili caratterizzati dalla presenza, accanto all'abitazione vera e propria, di stalle, fienili e altri locali destinati a magazzino. Le differenziazioni sono dipese semmai, oltre che da fattori ambientali, dalle forme di produzione e di proprietà della terra. In Italia ciò ha condotto a forme abitative diverse: la casa alpina in pietra e legno, talvolta con loggiati esterni, la casa a corte della pianura padana ad agricoltura bracciantile con lunghe facciate e ampi cortili interni su cui si affacciano le abitazioni delle singole famiglie, le stalle e i magazzini; le case mezzadrili dell'Italia centrale, di dimensioni più limitate, collocate al centro del podere in posizione isolata; le masserie disperse nelle campagne meridionali con moduli architettonici diversificati; il concentrarsi delle abitazioni contadine in grandi paesi nelle zone più tipiche del latifondo del Sud. Diffusa sino alla prima metà del '900 era l'abitudine di servirsi durante l'inverno delle stalle come luogo di ritrovo sociale e quali abitazioni temporanee per meglio proteggersi dal freddo.