Portogallo (Stato)

Indice

(República Portuguesa). Stato dell'Europa sudoccidentale situato nella Penisola Iberica (92.152 km²). Capitale: Lisbona. Divisione amministrativa: distretti (18). Popolazione: 10.276.617 ab. (stima 2018). Lingua: portoghese (ufficiale). Religione: cattolici 68,8%, atei 5,8%, protestanti 0,7%, ortodossi 0,5%, musulmani 0,2%, altri cristiani 1,5%, altri 22,4%. Unità monetaria: euro (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,847 (41° posto). Confini: Spagna (N e E); oceano Atlantico (S e W). Membro di: Consiglio d'Europa, EBRD, NATO, OCDE, ONU, OSCE, UE, osservatore OAS e WTO.

Generalità

Le vicende che hanno caratterizzato la storia del Portogallo sono inscindibilmente legate alla sua particolare posizione geografica: affacciato a W e a S all'oceano Atlantico per circa 800 km, il Paese costituisce l'estrema propaggine occidentale del Vecchio mondo e da vari secoli può contare su due avamposti strategici naturali nell'Atlantico: gli arcipelaghi di Azzorre e Madeira, due regioni autonome che gli appartengono già dal sec. XV. Nazione marinara per eccellenza, il Portogallo costituisce una delle più antiche unità politiche d'Europa e rappresenta un caso geopolitico piuttosto singolare, essendo riuscito a mantenere pressappoco gli stessi confini fin dal sec. XIII. Questa stabilità è dovuta sicuramente al tenore dei suoi rapporti col resto dell'Europa: separato dal cuore del continente dal vastissimo territorio spagnolo, il Paese si è sempre collocato in una posizione per così dire eccentrica: poco interessato dalle grandi invasioni della storia, se si esclude quella araba, che ha lasciato sul territorio una notevole impronta, ha preferito crearsi un altro mondo al di là del mare piuttosto che intrattenere relazioni con le potenze europee. L'oceano per secoli ha rappresentato quindi l'unico centro degli interessi della vita portoghese in tutti i campi: dall'economia alla politica, perfino all'arte; da esso questo piccolo Stato ha tratto le sue maggiori risorse, ma anche grande instabilità. Dalle avventurose esplorazioni e dalle colonie, a cui ha imposto la propria cultura, è nato uno dei più vasti imperi moderni, che attraverso i secoli è valso ad assicurare al Paese forza morale e dignità di grande potenza, anche di fronte al sempre incombente pericolo di assorbimento spagnolo: nella parte orientale, infatti, i confini non sono definiti da elementi naturali e morfologici (la regione montuosa non costituisce che il prolungamento della Meseta spagnola), anzi il territorio del Paese è caratterizzato fondamentalmente in termini linguistici e di pura e semplice tradizione umana. Così, interpretando sino alle estreme conseguenze la propria vocazione atlantica e imperiale, il Portogallo ha finito per barricarsi in un rigoroso isolamento, sottolineato da una dittatura durata mezzo secolo (per 36 anni ininterrottamente nelle mani di António de Oliveira Salazar), rimanendo ancorato a concezioni politiche, sociali ed economiche che ormai il resto del mondo occidentale aveva da tempo superato e che avevano finito per compromettere seriamente l'economia del Paese. Tuttavia, pur con gravi ritardi rispetto alle altre grandi potenze colonialiste, anche per il Portogallo si sono imposte nuove realtà e, sulla spinta delle forze emergenti del nazionalismo africano, a metà degli anni Settanta del XX secolo l'impero dalla storia secolare si è dissolto e alle colonie è stata concessa l'indipendenza nazionale. Proprio dal confronto con le nuove istanze del Terzo Mondo in Africa hanno avuto inizio quei profondi moti trasformatori grazie ai quali il Paese ha definitivamente girato le spalle al passato, inserendosi nel nuovo contesto della CEE prima (l'adesione è avvenuta nel 1986) e dell'Unione Europea poi e partecipando in modo più dinamico alle vicende europee e mondiali. Pur dovendo ancora fronteggiare condizioni di arretratezza e di dissesto nell'amministrazione pubblica, il Paese si è affacciato al XXI secolo con la volontà di migliorare la salute della propria economia, in lieve ripresa dopo la recessione verificatasi nel 2002-2003.

Lo Stato

Il Portogallo è una Repubblica dal 1910, ma dal 28 maggio 1926 al 25 aprile 1974 è stato sottoposto a regimi di tipo dittatoriale. Il potere, in seguito a un colpo di Stato incruento (Rivoluzione dei garofani), è poi passato a una giunta militare e successivamente a un Consiglio della rivoluzione composto da militari progressisti. Il vero e proprio passaggio alla democrazia è avvenuto con le elezioni del 1976, che hanno portato al governo il socialista Mario Soares. Il 2 aprile 1976 è stata approvata la nuova Costituzione, poi oggetto di radicali emendamenti nel 1982 e nel 1989: in particolare sono stati ridotti i poteri presidenziali e la tutela dei militari e sono state soppresse le norme collettivistiche risalenti alla prima stesura della Costituzione, che era stata adottata per plebiscito il 19 marzo 1933 a seguito della presa del potere di Salazar e basava l'organizzazione statale su strutture corporative. Secondo la nuova Costituzione il presidente della Repubblica, eletto per cinque anni a suffragio universale, nomina il primo ministro. All'Assemblea Nazionale, unicamerale, compete la funzione legislativa e i suoi 230 membri sono eletti a suffragio universale ogni quattro anni col sistema proporzionale. Dinanzi all'Assemblea è responsabile il governo, che deve ottenerne la fiducia, formato dal presidente del Consiglio e dai vari ministri, cui spetta il potere esecutivo. Il sistema giudiziario portoghese è basato sul diritto continentale. Le forze armate si articolano in tre comparti: esercito, marina e aviazione; a queste si aggiungono una Guardia nazionale repubblicana, una Polizia di pubblica sicurezza e una Guardia di confine. Nelle isole Azzorre è inoltre presente una base militare statunitense, per la cui concessione il Portogallo riceve ogni anno 55 ml $ USA. La storia dell'istruzione in Portogallo risale al sec. XIII, periodo in cui fu dato notevole impulso allo sviluppo della cultura con la creazione di scuole agricole e della prima università (Coimbra, 1290). Dalla metà del sec. XVI al 1750 i gesuiti monopolizzarono l'educazione e lo sviluppo culturale del Paese subì una battuta d'arresto. Verso la fine del sec. XVIII il sistema fu rinnovato e dall'inizio del sec. XX l'organizzazione educativa passò al Ministero dell'Educazione, che istituì l'obbligo scolastico. In base al sistema di moderna istituzione l'istruzione è obbligatoria e gratuita dai sei ai 15 anni di età ed è impartita nelle scuole pubbliche. Si suddivide in tre cicli: il primo di quattro anni, il secondo di due ed il terzo di tre. L'educazione secondaria, facoltativa, dura tre anni, come i corsi delle scuole tecnico-professionali. L'educazione superiore è universitaria (licenciatura, da quattro a sei anni) o tecnica (tre anni), fornita da politecnici o da altri istituti che conferiscono la qualifica di baccelliere. L'analfabetismo riguarda il 5,1% della popolazione (2007).

Territorio: morfologia

Il territorio portoghese forma una specie di rettangolo fortemente allungato in direzione N-S (ca. 550 km), mentre in direzione W-E l'estensione media è di 150 km. Il Paese corrisponde geomorfologicamente all'estremità occidentale dell'antico zoccolo della Meseta iberica, costituito da rocce granitiche spianate sulle quali si sovrappongono le formazioni sedimentarie del Mesozoico e del Cenozoico, in corrispondenza delle depressioni invase dal mare; nell'era cenozoica si ebbero però forti perturbamenti orogenetici cui è legata la nascita dei rilievi, sia interni sia costieri, dell'intera penisola, talora accompagnati da manifestazioni vulcaniche, che interessarono l'estremità montuosa meridionale (Algarve) del Portogallo . Estesi sono pure i terreni alluvionali neozoici che occupano tutte le pianure, specie quelle dei maggiori fiumi: Sado, Mondego e Tago. Il Paese non si presenta morfologicamente uniforme ma con una successione di dorsali montuose, di terrazze collinari e di pianure che dai margini dell'altopiano interno spagnolo scendono verso l'Atlantico con prevalente direzione E-W. Una notevole varietà di forme caratterizza il territorio, nel quale la stessa frammentazione montuosa ha dato origine a regioni ben distinte sotto l'aspetto geografico e quindi socio-economico; una prima fondamentale divisione è operata però dal Tago, che separa il Portogallo settentrionale, montuoso (regioni del Minho, di Tras-os-Montes, della Beira Alta, ecc.), dal Portogallo centrale e meridionale, essenzialmente pianeggiante (Ribatejo, Alentejo, ecc.). Nella parte settentrionale lo zoccolo si è sollevato in modo violento; esso presenta notevoli fratture e i rilievi, prolungamento del Massiccio Galaico e della Cordigliera Centrale Iberica, sono vigorosi culminando nella Serra da Estrela (1991 m), lunga dorsale che separa il bacino del Tago da quello del Mondego. Una profonda incisione nei rilievi del Portogallo settentrionale è rappresentata dal fiume Douro, che scorre in una valle fortemente incassata. A S del Tago si stendono invece le maggiori pianure del Paese, in specie quella dell'Alentejo, dove il prolungamento occidentale dei penepiani dell'Estremadura spagnola digrada dolcemente sotto una coltre di terreni cenozoici verso le coste basse e sabbiose dell'Atlantico; è questa la regione più estesa del Portogallo (ca. un terzo dell'intero territorio), chiusa sul lato meridionale dai menzionati monti dell'Algarve. Raramente il rilievo raggiunge il mare, mai comunque con forme molto aspre; ne deriva un profilo costiero piuttosto regolare, caratterizzato da estesi arenili in genere rettilinei, con profonde rientranze solo alle foci dei grandi fiumi, talora paludose o chiuse da cordoni sabbiosi.

Territorio: idrografia

La particolare morfologia del Paese determina corsi d'acqua irregolari e veloci attraverso gradini e dirupate gole d'erosione; essi sfociano al mare con lunghi estuari nei quali la corrente di marea penetra profondamente (per una settantina di km nel Tago), trasformandoli in buone vie di comunicazione: soprattutto il Tago(più propr., in portoghese, Tejo), sul cui estuario non a caso è sorta Lisbona, è quasi interamente navigabile, e il Douro per 2/3 del suo corso. Nel territorio portoghese hanno il tratto finale del loro corso i grandi fiumi iberici, in particolare, oltre al Tago, il Douro (in spagnolo Duero) e il Guadiana, che interessano però soprattutto la Spagna dove hanno origine; scarsi e di modesto sviluppo sono invece i fiumi che hanno il loro bacino interamente nel Portogallo, tra cui i principali sono il Mondego che solca la Beira e il Sado, che raccoglie le acque di buona parte delle regioni meridionali. Data la loro alimentazione di tipo pluviale, tutti hanno un regime assai irregolare, con fortissime differenze di portata nel corso dell'anno; presentano infatti piene notevoli durante la stagione delle piogge (quando non rari sono gli straripamenti con conseguenze spesso disastrose) con massimi in gennaio o febbraio, mentre la loro portata diminuisce sensibilmente durante il periodo di siccità estiva: il Mondego ha una portata invernale persino 3000 volte superiore a quella estiva.

Territorio: clima

Dal punto di vista climatico il Portogallo è soggetto agli influssi atlantici occidentali di tipo ciclonico, quindi apportatori di aria umida, e a quelli anticiclonici subtropicali. Benché il territorio sia tutto aperto a W agli influssi oceanici, questi si allentano verso l'interno, dove si preannunciano le caratteristiche di continentalità proprie della Meseta, e verso S, dove il Paese è ormai soggetto al clima mediterraneo, contraddistinto da inverni assai miti e da estati pressoché prive di precipitazioni. D'estate l'intero territorio si trova sotto gli influssi dell'anticiclone delle Azzorre, proveniente da SW, che blocca per molti mesi la situazione meteorologica: il cielo è sempre sereno, la temperatura, in media sui 20 ºC, si eleva raggiungendo talvolta i 40 ºC e l'umidità relativa si riduce estremamente, fino al 10%; sulla costa tuttavia il mare promuove una certa azione mitigatrice. Verso l'autunno il sopravvenire dei cicloni atlantici da NW determina condizioni di tempo piovoso, specialmente nelle regioni montuose settentrionali, come il Minho, dove si hanno copiose precipitazioni (2500 mm annui contro i 500 mm dell'Algarve). Dal punto di vista termico si riscontrano differenze piuttosto rilevanti tra le regioni settentrionali, con inverni lunghi e rigidi, e quelle meridionali, dove gli inverni sono tiepidi e brevi (la media invernale si aggira sui 3 ºC a Bragança, nel Tras-os-Montes, sui 12 ºC a Lisbona).

Territorio: geografia umana

Il territorio portoghese ha attratto l'uomo fin dalle epoche più remote. Soltanto con i Lusitani, derivati probabilmente da un gruppo iberico insediato nelle zone montuose della Beira e che, provenienti da NE, invasero il Paese nel I millennio a. C., si ebbe però una prima omogeneizzazione culturale del Paese (non per nulla lusitano divenne col tempo sinonimo di portoghese), concretatasi con la conquista romana. Ai Romani si deve la creazione dei primi nuclei urbani, situati – a differenza delle sedi montane arroccate della popolazione lusitana – alla base delle colline o presso il mare, la realizzazione di un imponente sistema viario, l'introduzione della vite e l'estensione della cerealicoltura, il che determinò un più stabile popolamento nelle zone di pianura, in precedenza impiegate come aree di transumanza pastorale per le genti dei monti; col tempo la costa divenne anzi la fascia vitale del Paese. Le invasioni germaniche non lasciarono impronte notevoli nella storia portoghese; decisiva fu invece la dominazione araba che introdusse nelle zone meridionali e lungo la costa le colture soprattutto irrigue degli agrumi, dell'olivo e degli ortaggi, animando la vita commerciale e urbana; elementi arabi rimasero nelle città e nelle campagne anche dopo che l'invasione fu respinta. Con la riconquista (sec. XI-XIII) a opera dei Lusitani del Nord ebbe origine la formazione dell'attuale nazione portoghese; il contatto con le regioni più progredite del Sud diede al nuovo Stato un notevole impulso in ogni campo della vita sociale ed economica, trasformando la civiltà pastorale e agraria del Nord in civiltà soprattutto mercantile. I primi dati demografici risalgono al 1527, anno in cui furono stimati 1,1 milioni di ab.; già da allora Lisbona, capitale dell'impero più vasto del mondo, e Porto, nota per i suoi traffici con l'Europa settentrionale, specie con l'Inghilterra (gli stretti legami con la Gran Bretagna sono sempre stati uno dei cardini della politica estera portoghese), costituivano i due maggiori centri del Paese. Con l'avvento dei grandi viaggi per mare si verificò un massiccio esodo di popolazione verso il Nuovo Mondo, naturalmente soprattutto verso il Brasile, e il Portogallo subì per due secoli un vero e proprio spopolamento. Anche la spinta demografica registratasi a partire dal XIX secolo è stata costantemente ridotta da un forte movimento migratorio, che ha superato in vari anni i 100.000 espatri con prevalente flusso non più verso l'America ma verso Francia, Gran Bretagna, Germania e, in passato, verso i possedimenti africani. A partire dalla metà degli anni Settanta del sec. XX tale flusso in uscita è stato in parte bilanciato da quasi un milione di rientri dai territori coloniali africani che avevano ottenuto l'indipendenza. Anche la mobilità interna è intensa, in particolare esercitano un'attrazione sulla manodopera le maggiori città: Lisbona assorbe abitanti dal Centro e dal Sud, Porto dal Nord. La popolazione del Portogallo è rimasta negli anni Novanta sostanzialmente stabile grazie al progressivo bilanciamento dei flussi migratori e del movimento demografico naturale. In conseguenza del suo passato di potenza coloniale, il Portogallo presenta un quadro etnico in cui trovano spazio, oltre ai portoghesi (96%), i brasiliani e altri gruppi minori. Il tasso di urbanizzazione, tradizionalmente molto più basso della media europea, nel 2017 è salito al 64,7%, mentre la densità di popolazione (111,43 ab./km²) risulta discretamente elevata se comparata a quella degli altri Stati europei. Lisbona, la cui area metropolitana ha superato i 3 milioni di ab., continua a rappresentare il maggiore polo demografico, economico e culturale del Paese. Posta sul Douro è Porto, la romana Portus Cale, il cui nome è legato all'importanza del porto medesimo, sia per l'intensa attività commerciale che si svolge, sia per l'ottima produzione vinicola, sia per le cospicue industrie, specie tessili. A S di Lisbona, alla foce del Sado, è Setúbal, attivissimo porto e centro commerciale. Tra le città dell'interno, sorte in funzione dell'attività agricola, poche si sono sviluppate; tra queste di notevole importanza è Coimbra, posta sulla riva destra del Mondego, nel cuore di una fertile area rurale, uno dei maggiori centri turistici e culturali del Paese. Infine, su un'altura dominante la fertile pianura del Minho, si trova Braga, tradizionale mercato agricolo e ora sede di industrie meccaniche, tessili e alimentari.

Territorio: ambiente

All'occhio dell'osservatore il paesaggio portoghese appare ancora piuttosto selvaggio: pianure senza fine punteggiate da bianchi villaggi, sughereti e paludi si alternano a regioni montuose ancora scarsamente popolate.Anche la vegetazione del Paese, coperto da boschi per ca. il 40% della sua superficie, risulta piuttosto varia a causa delle differenze climatiche riscontrabili nelle varie regioni. Il clima fresco e umido delle zone settentrionali è all'origine della ricca vegetazione che inverdisce il paesaggio, con castagni, querce e pini silvestri; nelle zone interne, dove le precipitazioni si fanno più scarse e più forti le escursioni termiche, prevalgono i magri pascoli e la boscaglia. Più limitate sono a S le zone boschive (lecci, querce da sughero ecc.) in relazione al clima caldo e secco; diffusi sono invece viti, olivi e pini marittimi, oltre agli arbusti tipici della macchia mediterranea (timo, lavanda, rosmarino). Numerose sono infine le zone steppose quasi prive di vegetazione, punteggiate da qualche palma nana. In Portogallo la fauna si caratterizza per la presenza di numerosi mammiferi, quali il lupo, la volpe, la lince, il gatto selvatico, il cinghiale e il cervo. Nel Paese è particolarmente varia anche l'avifauna, che annovera numerose specie di uccelli migratori. La diffusione delle coltivazioni intensive ha determinato uno dei problemi ambientali più seri del Portogallo: il progressivo impoverimento del suolo. Anche l'inquinamento idrico (piuttosto grave soprattutto in corrispondenza delle zone costiere), l'inquinamento atmosferico e lo smaltimento dei rifiuti, problemi che il Portogallo condivide con molte altre nazioni industrializzate, minacciano la salute dell'ambiente. Tra le numerose aree protette, che occupano il 4,3% del territorio nazionale, si segnalano in particolare il Parco Nazionale di Penada-Gerês, situato nella regione settentrionale del paese, e il Parco Naturale della Serra de Estrela. Inoltre la laurisilva di Madeira e la regione vinicola dell'Alto Douro, e il paesaggio della coltura vinicola dell'isola Pico, sono state riconosciute dall'UNESCO patrimonio dell'umanità.

Economia: generalità

Dopo la cosiddetta “Rivoluzione dei garofani” del 1974 in Portogallo le speranze di rinnovamento erano forti: successivamente alla caduta della lunghissima dittatura salazariana, il nuovo governo socialista propugnò una radicale trasformazione delle strutture produttive portoghesi, largamente inadeguate alle necessità di un Paese moderno (incremento della meccanizzazione del settore agricolo e relativa razionalizzazione della conduzione fondiaria, accelerazione del processo d'industrializzazione, incentivazione degli investimenti, rafforzamento delle infrastrutture, specie di quelle viarie ecc.) e non meno incisive riforme in campo sociale. Ma l'arretratezza culturale e in genere i ritardi da colmare in ogni ambito della vita del Paese hanno in breve tempo frustrato le aspettative su cui si è ripercossa anche la recessione internazionale dei primi anni Ottanta. Non vanno sottovalutati i gravi errori commessi da parte governativa: per esempio la confisca dei latifondi e la riforma fondiaria (mirante tra l'altro alla creazione di aziende collettive), che hanno interessato ca. 1,7 milioni di ha, hanno significato talvolta espropri indiscriminati e comunque hanno suscitato le violente reazioni dei piccoli coltivatori del Nord, un'area tradizionalmente conservatrice. Nello stesso modo i successivi tentativi di parziale “restaurazione” hanno incontrato l'accanita resistenza delle cooperative di ex braccianti sorte sui latifondi espropriati dell'Alentejo, la grande regione agricola del Sud. Anche le nazionalizzazioni, che in pratica investirono nel 1974-75 l'intero apparato economico del Paese – dalle banche e dalle compagnie di assicurazione alle industrie di base, dai trasporti alle vie di comunicazione ecc. – sono state spesso eccessivamente affrettate e non hanno tenuto conto del fatto che mancava una classe tecnica e imprenditoriale in grado di sostituirsi alla classe precedente; si è quindi verificato che i quadri dirigenti, all'inizio drasticamente allontanati, riprendessero rapidamente i centri di potere man mano che l'accentuarsi della crisi economica, mettendo in discussione tutta la portata della rivoluzione del 1974, conduceva inevitabilmente alla riprivatizzazione di gran parte dell'apparato produttivo. L'incerto clima politico, le acute tensioni sociali, la brusca alternanza delle linee programmatiche hanno provocato inevitabilmente una forte caduta delle produzioni, sia agricole sia industriali; ciò anche per il mancato afflusso di capitali interni e internazionali (non pochi né di modesta entità erano stati gli interessi finanziari minacciati o direttamente colpiti dal nuovo corso governativo) con conseguente drastica diminuzione degli investimenti. Infine non si possono dimenticare le ripercussioni che hanno avuto le vicende coloniali sulla vita politica portoghese. Se da un lato la perdita delle colonie significò per il Paese poter finalmente porre termine alle elevatissime spese belliche a lungo e inutilmente sostenute per il mantenimento dei territori d'Oltremare, dall'altro il Portogallo si vide privato delle abituali fonti di materie prime a buon mercato, soprattutto di quelle destinate alla fondamentale industria tessile. Fattore non meno grave per le fragili strutture dell'economia portoghese fu il ritorno in patria di ca. un milione di ex coloni, i cosiddetti retornados, il che rese pressoché insostenibile una situazione da sempre caratterizzata da una pesante disoccupazione; la bilancia dei pagamenti del resto registrava un netto peggioramento, con riflessi di crescita del già notevole debito estero, per via della riduzione delle rimesse legata al rientro di parte degli emigranti e all'assottigliamento dei flussi migratori in uscita, fenomeni determinati dalla caduta delle opportunità di lavoro nelle forti economie europee. Da una simile serie di circostanze negative il Paese è quindi stato indotto a modificare radicalmente i propri indirizzi di politica economica; tale processo ha subito una forte accelerazione con la decisione di entrare nella CEE (ratifica del 12 giugno 1985, divenuta effettiva dal 1º gennaio dell'anno seguente). Nella prospettiva di una più completa integrazione a livello europeo, grazie alla favorevole congiuntura internazionale (e in parte ai sostanziosi aiuti comunitari), si è così realizzata nella seconda metà degli anni Ottanta una fase di vivace sviluppo, che ha quasi sovvertito l'immagine di autarchica immobilità del periodo salazariano, alzando notevolmente il tasso di incremento del prodotto interno lordo (ca. 3% annuo). Fattore non secondario di questa evoluzione è stata la contemporanea e crescente liberalizzazione dell'economia nazionale, che puntando sull'incoraggiamento dell'iniziativa privata e sulla completa apertura agli investimenti esteri ha portato in essa motivi di vitalità: l'episodio culminante si è avuto nel 1989 con l'abrogazione di norme costituzionali di ispirazione socialista, accompagnata da un'analoga revisione del diritto del lavoro e dalla privatizzazione di gran parte delle terre nazionalizzate nel 1975; al fine di smorzare le tensioni generatesi nel sistema economico e di ridurre le dimensioni del deficit statale si sono peraltro rese necessarie politiche deflazionistiche e d'austerità che non hanno comunque avuto effetti negativi di rilievo in campo occupazionale. Pur senza trascurare l'urgente necessità di elevare la bassissima produttività del settore agricolo, l'attenzione è stata soprattutto puntata sull'industria, destinata, come ovunque, ad avere anche in Portogallo un peso economico determinante. Essa era stata lungamente osteggiata da Salazar, che temeva le rivendicazioni della futura classe operaia e la nascita di una per lui altrettanto pericolosa borghesia imprenditoriale, europeistica, che avrebbe richiesto l'apertura del Paese ai mercati e alle correnti di idee internazionali. L'espansione economica del Paese è proseguita ininterrotta per tutti gli anni Novanta, con un'unica eccezione nel 1993 e con un accenno di rallentamento negli ultimi due anni del sec. XX per l'impossibilità di espandere, nel breve periodo, la capacità produttiva del sistema. Le misure adottate dal governo per promuovere l'ingresso del Paese nell'Unione Economica e Monetaria sono alla base di questo periodo positivo dell'economia del Portogallo, che tuttavia resta uno dei Paesi più poveri del blocco storico dell'Unione Europea, con un PIL pro capite di 23.186 $ USA nel 2018. La struttura economica del Portogallo , che dà largo spazio al lavoro poco qualificato e mal remunerato, resta fragile e dipendente dall'evoluzione della competitività con i Paesi asiatici e con quelli dell'Europa dell'Est. Essa, inoltre, è largamente influenzata dagli aiuti dell'Unione Europea attuati attraverso i fondi strutturali e il cosiddetto “fondo di coesione” (istituito dopo il Trattato di Maastricht). La percentuale di popolazione attiva nel primario è molto elevata (6% nel 2018), soprattutto in rapporto al modesto contributo del settore al PIL (2,3%), a conferma della sua arretratezza. Nell'ambito delle attività produttive sono i servizi ad aver conosciuto i migliori risultati, sia in termini di occupazione sia di reddito, e tra questi in particolare quelli connessi al turismo. Nei primi mesi del 2004, dopo un periodo che faceva presagire una fase di recessione per il Paese, la ricchezza nazionale è tornata a registrare una modesta crescita (0,8%). Resta invece piuttosto problematica la questione del deficit pubblico, che si mantiene al di fuori dei limiti previsti dal Patto di stabilità UE del 2001. L'inflazione è invece relativamente contenuta, mentre diminuiscono i posti di lavoro (disoccupazione al 7% nel 2018) e resta scarsamente apprezzabile anche il livello di competitività internazionale del Portogallo (al 23° posto nella classifica IMD del 2004).

Economia: agricoltura, allevamento e pesca

Il Portogallo è stato un Paese eminentemente agricolo sino agli anni Sessanta del XX secolo, ma il settore ha sempre risentito in modo accentuato dell'arretratezza tecnica e organizzativa propria dell'economia nazionale; a ciò si aggiungono la presenza di ampie aree poco fertili (con un 18,5% di terreni incolti) e le condizioni climatiche nel complesso sfavorevoli, caratterizzate da scarse precipitazioni irregolarmente distribuite nel corso dell'anno e tali da rendere necessaria in molte zone l'irrigazione dei campi. Di conseguenza l'agricoltura portoghese, oltre a presentare forti squilibri interni, si caratterizza per una produttività molto bassa. I raccolti, già piuttosto modesti e del tutto insufficienti al fabbisogno interno, sono ulteriormente diminuiti nella prima metà degli anni Ottanta a causa della caotica e contraddittoria riforma agraria, che ha dato luogo a disorientamenti e boicottaggi da parte degli ex latifondisti. Si è reso così necessario un ricorso sempre crescente alle importazioni per i generi alimentari di base. All'ammodernamento dell'intero settore primario, pesca inclusa, sono andati rilevanti contributi comunitari fin dal momento di ingresso del Paese nella CEE, con risultati abbastanza positivi. Tra i cereali di produzione locale predominano il frumento, che sopporta meglio la siccità ed è pertanto diffuso nelle regioni aride, dall'alta valle del Tago ai monti dell'Algarve, e il mais, che è invece il principale prodotto cerealicolo delle regioni settentrionali umide, ma che è presente ovunque sia possibile una continua irrigazione, come nella valle del Mondego e nelle hortas dell'Algarve; il riso si sta diffondendo nelle basse valli del Mondego, del Tago e del Sado. Minore importanza hanno la segale, l'avena e l'orzo. Considerevole è la produzione di patate. Grande diffusione hanno anche le colture fruttifere, presenti in tutti i terreni che possono essere irrigati, specie nel Centro e nel Sud: tipica zona ad agricoltura mediterranea, cui sono stati impressi i caratteri della dominazione araba, è l'Algarve. Si producono mandorle, fichi, arance e altri agrumi, mele, pere, pomodori, legumi ecc. Tra le oleaginose un posto importante ha l'olivo, diffuso in tutto il Paese; la produzione di olio è in buona parte esportata, mentre è in aumento l'importazione dell'olio di semi. Tra le colture legnose la principale è di gran lunga quella della vite da vino, praticata in particolare nella bassa valle del Douro, il País do Vinho per eccellenza, e sui colli a N e a SE di Lisbona. La coltura della vite, ben organizzata in medie e grandi aziende, ha assunto una spiccata specializzazione, dato il suo importante ruolo commerciale. L'uva è infatti pressoché totalmente al servizio di una prestigiosa industria enologica, molto apprezzata in tutto il mondo e che ha affermate qualificazioni regionali (Setúbal per i vini moscati, Porto per i vini da dessert, Collares e Madeira per i vini profumati ecc.): in particolare per il Porto opera da tempo un apposito ente governativo, l'Instituto do Vinho do Porto, che assicura il controllo sulla qualità e sulla produzione di questo pregiatissimo prodotto. Le foreste occupano complessivamente il 41,3% della superficie nazionale e consentono di ricavare legname da opera e da ebanisteria. La maggior parte delle essenze è costituita da resinose che, oltre al legname, forniscono resine e trementina; ma si hanno anche estesi sughereti, specie nella valle del Tago e sul litorale dell'Alentejo, con una produzione tra le più alte del mondo. L'allevamento del bestiame ha carattere perlopiù sussidiario, essendo essenzialmente rivolto al servizio dell'agricoltura; tuttavia, nella Serra da Estrela, sopravvivono tradizionali forme di attività pastorale che implicano ancora la transumanza lungo gli antichi tratturi. Prevalgono gli ovini, che possono ormai contare su sistemi più razionali di allevamento; seguono i suini, i volatili da cortile, ampiamente diffusi, e i bovini, limitati alla zona montuosa settentrionale, più umida e ricca di pascoli; modesta è tuttavia l'industria casearia, benché si vada accentuando la tendenza a produrre latte e latticini – oltre alla carne – in funzione dei consumi urbani. La pesca rappresenta con le attività collegate (industria conserviera) una delle maggiori risorse dell'economia portoghese. Esercitata sin da epoca antichissima, specie sulla costa atlantica, è praticata da una flottiglia discretamente attrezzata; risente tuttavia della crescente concorrenza straniera e della progressiva rarefazione delle risorse ittiche lungo le coste, il che rende necessario il ricorso alla pesca d'alto mare, per la quale la flotta portoghese è in genere male equipaggiata. Il prodotto tipico e più abbondante è rappresentato dalle sardine, che si esportano conservate in olio di oliva e i cui principali centri di lavorazione sono a Setúbal, Matosinhos e Portimão; seguono per importanza il tonno, pescato al largo delle coste dell'Algarve, e le acciughe (filetti di Olhão). Alle foci del Tago e del Sado ha una certa diffusione l'ostricoltura; notevole infine è la pesca del merluzzo nei banchi di Terranova, praticata da imbarcazioni di maggior tonnellaggio, dotate di attrezzature frigorifere. I principali porti pescherecci sono Setúbal, Peniche, Figueira da Foz, Aveiro, Nazaré, Leixões e Viana do Castelo.

Economia: risorse minerarie e industria

Il settore estrattivo ha scarsa importanza: da segnalare le piriti (che si estraggono nella Serra de Caveira) e il tungsteno (nelle miniere di Bejanca, Lagares, Borralheira, Montesinhos e Gaia); si estraggono inoltre, ma in quantitativi molto modesti, vari minerali metallici come oro (a Campo de Jales), argento, manganese, minerali di ferro, piombo, zinco, uranio ecc. Particolarmente deficitario è il settore energetico (del tutto insufficienti sono i giacimenti di carbone di Setúbal e Figueira da Foz), che da tempo ha dato inizio a un intenso sfruttamento del potenziale idroelettrico. Una delle principali opere idriche è stata costruita sul fiume Zêzere, che raccoglie le acque della Serra da Estrêla e che fornisce energia elettrica alla zona industriale di Lisbona. È stato l'accrescimento appunto di energia elettrica a consentire l'avvio della moderna industrializzazione del Paese, dando la possibilità di affiancare alle tradizionali lavorazioni (tessile, alimentare ecc.) nuove attività, per esempio nei settori siderurgico, metallurgico e chimico; tuttavia il Portogallo è costretto a pagare un elevato pedaggio per la crescente importazione di petrolio, necessaria peraltro al potenziamento delle strutture produttive. L'industria portoghese è rimasta molto a lungo nei limiti di pura e semplice attività di trasformazione dei prodotti agricoli, tale da non richiedere manodopera specializzata o processi tecnologici avanzati; facilitata sino a epoca recente dal facile afflusso di materie prime dai possedimenti africani (anche se in verità scarsamente sfruttati), era tuttavia rimasta, per la politica autarchica del regime salazariano, ai margini dei radicali mutamenti in campo produttivo che nel frattempo si andavano attuando nei Paesi economicamente sviluppati, con tutti gli svantaggi e i pochi eventuali vantaggi che da tale chiusura politica potevano derivare. Le industrie che segnano il volto moderno di un Paese – in genere quelle ad alta tecnologia – sono ancora in una fase iniziale e hanno un'incidenza piuttosto debole, nonostante un certo progresso dovuto essenzialmente all'intervento di capitali stranieri (tra le più significative realizzazioni si collocano il complesso petrolchimico e la raffineria di petrolio allestiti nell'area di sviluppo di Sines, a Lisbona, e divenuti operativi nel 1979). Particolare importanza riveste l'industria tessile, che vanta un'antica tradizione; al primo posto si collocano i cotonifici, la cui distribuzione presenta un marcato concentramento a N del Douro (Vila Nova de Famalição, Vila Nova de Gaia, Porto); più dispersi appaiono i lanifici, benché siano presente con centri abbastanza numerosi nelle regioni centrali del Paese, tra il Mondego e il Tago. Sulla costa (a Leixões, Seixal, Villacova) sono invece in genere ubicati gli impianti siderurgici e metallurgici, che producono acciaio, ghisa e ferroleghe, quindi rame, stagno, alluminio ecc.; nell'area tra Lisbona e Setúbal operano vari complessi chimici e petrolchimici dai quali, oltre alla raffinazione del greggio d'importazione, si ottengono fertilizzanti azotati, acido solforico e nitrico ecc.; l'industria meccanica infine, presente nelle zone attorno a Porto e a Lisbona, è soprattutto costituita da impianti per il montaggio di autovetture e veicoli commerciali. A Lisbona e Porto vi sono fabbriche di gomma e a sud della capitale è attiva una grande fabbrica di automobili, nata da una joint_venture tra Ford e Volskwagen. Una discreta gamma di prodotti fornisce l'industria alimentare (rappresentata da oleifici, zuccherifici, conservifici di pesce e ortaggi, birrifici ecc.); un ruolo di un certo rilievo svolgono anche le industrie del vetro, della gomma, della carta, del cuoio e delle calzature e i cementifici. La lavorazione della plastica, l'elettronica e la fabbricazione di strumenti di precisione sono state introdotte soltanto alla fine del XX secolo. Tra le industrie minori hanno larga fama quelle dei ricami, dei pizzi e delle ceramiche, in particolare delle eleganti piastrelle, denominate azulejos, nelle cui decorazioni predomina il colore azzurro.

Economia: servizi

Se si escludono le aree che gravitano attorno ai due centri principali di Lisbona e di Porto, il commercio interno è in genere modesto e poco articolato, a causa di un tenore di vita globalmente piuttosto basso e di una diffusa tendenza a un'economia di autoconsumo. Le esportazioni riguardano prevalentemente autoveicoli, materiale elettrico ed elettronico, capi di abbigliamento e tessuti di cotone, vino, sughero lavorato, macchinari, prodotti conservieri (sardine, pomodori ecc.), carta e pasta di legno chimica; le importazioni sono soprattutto rappresentate da macchinari e mezzi di trasporto, petrolio e altri combustibili, prodotti chimici e semilavorati, cereali e altri generi alimentari. L'interscambio si svolge essenzialmente con la Spagna, la Germania e la Francia; le esportazioni sono pari a ca. i due terzi delle importazioni. Cospicuo è però l'apporto valutario derivante dalle rimesse degli emigranti. Le borse valori hanno sede a Lisbona e Porto, mentre la banca centrale è il Banco do Portugal, cui si aggiungono numerosi istituti di credito nazionali ed esteri.Uno degli ostacoli principali allo sviluppo del Paese è senza dubbio il sistema delle vie di comunicazione, ancora insufficiente. La rete stradale e quella ferroviaria indicano chiaramente la presenza di due grandi poli di attrazione a livello nazionale, Lisbona e Porto, dai quali si dipartono le varie arterie che giungono ai porti atlantici di minor traffico e ad alcuni centri con funzione regionale (come Braga, Coimbra, Évora e Faro) e che si collegano a E con il sistema viario spagnolo. Le ferrovie, nazionalizzate nel 1975, hanno uno sviluppo particolarmente modesto (ca 2500 km nel 2017) e disomogeneo; è in funzione inoltre una cinquantina di km di ferrovie private (appartenenti a società minerarie), che si avvalgono in genere di attrezzature e macchinari piuttosto scadenti. Le arterie stradali sono in larga misura rappresentate da strade secondarie, ma sono in crescita le reti autostradali. Attive sono però le comunicazioni marittime e fluviali nei tratti terminali dei maggiori corsi d'acqua. La flotta mercantile è ancora modesta, per essere erede delle tradizioni secolari di un popolo di navigatori. Il traffico con l'estero si svolge quasi esclusivamente per via marittima: il porto di Lisbona assorbe gran parte del movimento commerciale. Le comunicazioni aeree, infine, hanno tuttora scarso rilievo all'interno del Paese, mentre attivissimi sono i collegamenti internazionali, specie per quanto riguarda il movimento di transito verso l'America Centrale e Meridionale, nonché con l'Africa occidentale. Il principale aeroporto è quello internazionale di Lisbona, seguito da quelli di Porto, Faro, Ponta Delgada e Funchal (compagnia di bandiera è la TAP, Transportes Aéros Portugueses), affiancata per i voli interni dalla Portugalia, che unisce tutte le città principali. Il settore turistico risulta in costante crescita, e ha ricevuto un importante impulso dall'Expò '98, tenutosi nella capitale Lisbona, e successivamente dai Campionati europei di calcio (2004) che sono stati disputati nel Paese lusitano. Le mete favorite dai visitatori sono in primo luogo la capitale Lisbona, la regione meridionale dell'Algarve (le cui coste sono particolarmente apprezzate dai turisti dei Paesi nordici) e gli arcipelaghi delle Azzorre e di Madeira. Tra i luoghi più interessanti e caratteristici si possono citare il monastero dei girolamini (Jeronimos) e la torre di Belém a Lisbona, i centri storici di Evora, Porto (cattedrale di Sé, centro storico della Ribeira) e Guimarães e Sintra (nei pressi di Lisbona), dove si trovano le suggestive rovine del Castello dei Mori con vista sull'oceano.

Storia: preistoria

La più antica documentazione della frequentazione umana nel Portogallo risale al Paleolitico e risulta particolarmente interessante il sito di arte rupestre scoperto nella valle di Côa, dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Alcune industrie acheuleane sono state rinvenute in stratigrafia sui terrazzi pleistocenici del fiume Tago e in altre località. Seguono evidenze del Paleolitico medio (Musteriano), con resti attribuiti all'uomo di Neanderthal rinvenuti in vecchi scavi fuori contesto stratigrafico alla grotta di Columbeira, vicino a Bombarral, e complessi litici provenienti, per esempio, dalla grotta di Salemas, vicino a Lisbona, dove i livelli che li contengono sono sottostanti a livelli con diverse fasi del Paleolitico superiore (Perigordiano, Solutreano), del Mesolitico e del Neolitico. Industrie del Paleolitico superiore sono state rinvenute anche in altre località: la grotta di Casa de Moura (Cesareda), dove è attestato un livello magdaleniano, quella di Escoural (Montemor-O-Novo, Alentejo), dove sono state rinvenute manifestazioni di arte parietale attribuite al Magdaleniano o al Mesolitico, e di Lapa do Suao in Estremadura. Di particolare rilevanza storica è il sito di Muge nella valle inferiore del Tago, in cui sono stati rinvenuti numerosi chiocciolai (accumuli di conchiglie) mesolitici, tra cui quelli di Cabeço de Arruda, Cabeço de Amoreira e Moïta de Sebastiao, con datazioni al Carbonio 14 comprese tra 5150±300 a. C. e 7350±350 a. C., con strutture di abitato (focolari, buchi di palo, fosse approssimativamente circolari, ecc.) e oltre 230 inumazioni. Si tratta della più estesa necropoli mesolitica finora conosciuta in Europa. Il Neolitico antico è rappresentato dalla ceramica cardiale, mentre quello recente vede la comparsa del megalitismo, soprattutto nella regione dell'Alentejo. Particolarmente impressionante è la fioritura di facies culturali del III millennio, nelle quali è presente la metallurgia del rame. Le sepolture artificiali collettive di Praja das Macas e Sao Pedro de Estoril mostrano la successione stratigrafica tra le culture eneolitiche locali e la ricca facies locale del vaso campaniforme di Palmela (dal nome di un'altra località in cui all'inizio del XX secolo furono individuate grotticelle sepolcrali); tale sequenza contraddistingue anche i due grandi abitati su altura fortificati di Vila Nova de Sao Pedro e Zambujal. Di recente sono stati pubblicati i risultati degli scavi della cavità naturale di Cova da Moura, occupata per un arco di tempo che va dal Neolitico antico fino all'Età del Bronzo finale.

Storia: dalle origini al Medioevo

Come gli altri Stati cristiani della Penisola Iberica, il Portogallo nasce e si afferma nel quadro della secolare lotta per la Reconquista, cioè guerreggiando contro i musulmani. Nasce però più tardi degli altri regni: e ciò per comprensibili ragioni geografiche, le stesse che avevano fatto della Lusitania e della Gallaecia le ultime (in ordine di tempo) province romane. La sua posizione di “balcone” sull'oceano ignoto e temuto (finis terrae) e la scarsa fertilità dovuta al terreno prevalentemente accidentato (salvo che nella parte meridionale, dalla valle del Tago in giù) lo rendevano molto meno appetibile di ogni altra regione della penisola. Gli Svevi che vi giunsero nel sec. V, alla caduta dell'impero, non scesero a S del Douro, facendo della Gallaecia l'epicentro del loro regno (con capitale a Braga e porto fortificato a Portus Cale, ossia Porto); e quasi due secoli più tardi i Visigoti, pur eliminando il regno svevo, riconobbero una certa autonomia a quello stesso ridotto nordoccidentale della penisola. Non è quindi strano che l'invasione araba (sec. VIII) estesasi a macchia d'olio nel SE e nel centro, fino ai Pirenei, fosse meno solida e insistente nel remoto angolo di NW; lo stesso, appunto, in cui si manifestò, et pour cause, la prima resistenza cristiana, concretatasi nella creazione del regno delle Asturie. Parte integrante di questo divenne presto il Nord del Portogallo fino al Douro, chiamato nei documenti più antichi (sec. IX) terra o comitatus portucalensis, dal nome del suo centro politico-commerciale di Porto (Braga rimase soprattutto la capitale ecclesiastica); e la sua autonomia si rafforzò nel sec. X grazie a una potente famiglia comitale, uscita da un conte Ermenegildo (nome di origine visigota) e dalla famosa Mumadona. Quando perciò, nel sec. XI, Alfonso VI di Castiglia creò “ufficialmente” la contea di Portogallo per il genero Enrico di Borgogna (marito di sua figlia illegittima Teresa), valido collaboratore del re castigliano nella Reconquista, non fece che consacrare un “dato di fatto” preesistente. Il figlio di Enrico, Alfonso, compì l'ultimo passo verso l'indipendenza, proclamandosi re dopo la battaglia di Ourique (1139), combattendo contro la propria madre Teresa e il cugino Alfonso VII di Castiglia e portando avanti per proprio conto la riconquista sui Musulmani (presa di Lisbona, 1147 ). Con lui comincia la dinastia borgognona, che doveva regnare fino al 1383, gettando le basi dell'unificazione del Paese lungo due direttive principali: riconquista sui Mori (e difesa dai loro contrattacchi) e diffidenza nei riguardi della Castiglia, che nel suo impetuoso cammino verso il dominio sull'intera penisola doveva necessariamente considerare il piccolo Portogallo come uno Stato “vassallo” e tentare di fagocitarlo, come di fatto tentò più volte (riuscendovi solo nel 1580, troppo tardi cioè per poterlo ridurre a una semplice “provincia” spagnola). La battaglia di Aljubarrota (1385), in cui Giovanni I di Portogallo sconfisse l'omonimo re castigliano, fu l'episodio più clamoroso di questa secolare lotta tra Portoghesi e Spagnoli; ma non certo l'unico. Fra tutti i re borgognoni emerge (oltre a quella del “fondatore” Alfonso I) la figura di Dionigi (1279-1325), uomo politico, legislatore, colonizzatore (Rei lavrador), creatore della marina portoghese (col genovese Pessagno, suo primo ammiraglio), fondatore della prima università (fondata a Lisbona nel 1290 e trasferita nella sua sede di Coimbra nel 1308), umanista e persino poeta “alla maniera dei provenzali”. Il Portogallo comincia così, per merito suo, a uscire dall'età medievale.

Storia: la formazione dell'impero coloniale

La grave crisi dinastica del 1383-85 (che vide i Castigliani alle porte di Lisbona) portò sul trono, col pieno favore popolare e malgrado l'opposizione dell'aristocrazia (filocastigliana), il Gran Maestro di Aviz, Giovanni I, bastardo di re Pietro I; e fino al 1580 il Portogallo visse un'età di vero splendore, per l'acquisita solidità delle strutture interne, codificate nelle Ordenações alfonsinas, l'energica personalità di sovrani quali Giovanni II, il “Principe perfetto” (1481-95), ed Emanuele I (1495-1521), e soprattutto le grandi scoperte e colonizzazioni d'oltremare, rese possibili dal genio divinatore del principe Enrico il Navigatore (1415-60), che lanciò i suoi piloti lungo le rotte atlantiche. Nel giro di pochi decenni il Portogallo acquistò un immenso impero su tre continenti (Africa, Asia, America), teatro di meravigliose imprese degne di essere cantate, come lo furono, da un poeta epico (Camões); ma per la sua stessa enormità – specie in rapporto con la piccolezza della madrepatria e l'esiguità della sua popolazione (1 milione di abitanti) – causa altresì di guerre interminabili di difesa, oggetto di cupidigie senza fine e infine motivo (fino ai nostri giorni) di preoccupazioni e angosce. L'impero diede al Portogallo ingenti ricchezze (dalle spezie dell'India, all'oro e allo zucchero del Brasile) e gli consentì di aprire vie nuove al commercio mondiale, ma lo inchiodò a un destino superiore alle sue forze, inducendolo anche a orribili misfatti come la tratta dei negri, e favorendo l'assolutismo monarchico, l'intolleranza religiosa e, in definitiva, la decadenza politica e morale del Paese. Segno della fine della breve stagione “imperiale” fu la drammatica scomparsa della dinastia Aviz, nella persona dell'ormai anacronistico re Sebastiano, ucciso dai Mori, col fiore della nobiltà portoghese, nella battaglia di Alcazarquivir, in Marocco (1578). Due anni dopo, Filippo II riuscì nell'impresa che i suoi avi castigliani non avevano mai potuto compiere: sottomettere il Portogallo alla Spagna.

Storia: dalla fine del dominio spagnolo alla Repubblica

Il dominio spagnolo si prolungò per 60 anni (1580-1640); e sebbene, in principio, rispettasse una certa autonomia del Portogallo , andò facendosi sempre più pesante e odioso con l'accentuarsi della decadenza politica della stessa Spagna. Il dispotismo guerrafondaio e maniaco di Olivares aggravò la situazione, annullando gli scambi commerciali con l'Inghilterra e la Francia, di vitale importanza per il Portogallo. Alla fine, dopo vari tentativi falliti, riuscì la rivolta del 1640, che ridiede al Portogallo l'indipendenza instaurando la nuova dinastia di Braganza nella persona di Giovanni IV (1640-56). Questi fu, in complesso, un buon sovrano; ma la dinamica della storia europea e l'affermarsi di pericolosi rivali in Asia e in America (Olanda e Inghilterra) lo costrinse ad assumere poteri sempre più assoluti, appoggiandosi all'alta aristocrazia. I suoi deboli successori si lasciarono dominare da onnipotenti ministri (Castelo Melhor, Ericeira), che tentarono di combattere la decadenza economica finendo con infeudarsi all'Inghilterra (Trattato di Methuen, 1703). Ciò determinò una certa “apertura” culturale del Portogallo all'Europa, all'epoca di Giovanni V (1706-50), ma anche, a lungo andare, un aggravarsi della crisi economica, che l'importazione di forti quantità d'oro dal Brasile non risolse affatto, causando anzi rivolte popolari, per l'aumento dei prezzi e l'inflazione, senza contare la crescente indignazione per i costumi corrotti e il lusso della corte e dell'alto clero. La storia portoghese della seconda metà del sec. XVIII è dominata dalla figura del marchese di Pombal, ministro dell'inetto Giuseppe I e uomo politico di rilievo europeo. Le riforme di Pombal furono molte e importanti, nel campo amministrativo, fiscale, economico, scolastico e culturale, religioso (espulsione dei gesuiti, 1759; sottomissione dell'Inquisizione al governo, 1772), e tutte di senso “illuminato” e modernizzatore. Suo merito fu anche la ricostruzione di Lisbona, dopo il terribile terremoto del 1755. Ma i suoi metodi di governo duri e crudeli frustrarono, in buona parte, i risultati positivi della sua azione politica. Dopo la crisi storica dell'epoca napoleonica (durante la quale il Portogallo venne occupato dai Francesi e fu teatro di un'aspra guerra), le lotte, spesso violente e cruente, tra conservatori e liberali, e, dopo la sconfitta degli assolutisti dell'usurpatore Michele I (1834), tra moderati e rivoluzionari, portarono a un'endemica instabilità politica, punteggiata da continue sommosse, colpi di stato, guerre civili, ridda di “Carte costituzionali”, crisi economiche. Lo spirito “liberale” però andò progredendo, sia pure faticosamente, concretandosi in misure come l'abolizione della tratta degli schiavi (1836), l'istruzione primaria gratuita, la libertà di stampa, la costruzione di strade e ferrovie, la riforma della legislazione (Codice Civile del 1867), ecc. La vita culturale fiorì largamente per merito di varie generazioni di insigni scrittori; la lenta industrializzazione portò con sè i primi movimenti di organizzazione operaia; la popolazione, rimasta stazionaria per secoli (1 milione e mezzo all'inizio del secolo), superò i 4 milioni e mezzo nel 1890. Il peggioramento costante della situazione economica e finanziaria e le sommosse sfociarono infine nell'assassinio del re Carlo I (al quale succedette Emanuele II, 1908) e nella rivoluzione del 1910, che instaurò la Repubblica. Questa però non risolse i problemi, anzi li esasperò, screditando il regime parlamentare, incapace di porre termine al caos politico-sociale e al deficit cronico dei bilanci dello Stato.

Storia: dal regime di Salazar alla democrazia

Dopo vari tentativi di colpi di stato autoritari, si giunse così alla rivolta militare del 1926, che portò al potere il generale Oscar Carmona (1928-51). Questi chiamò accanto a sé, come ministro delle Finanze, il professor António de Oliveira Salazar, che, divenuto anche capo del governo (1932), instaurò una dittatura “corporativa” e paternalista, chiamata Estado Novo. Il “fascismo in borghese” di Salazar sopravvisse al suo fondatore e sembrò perpetuarsi nel successore M. Caetano (1968-74). A far cadere l'ottusa e antistorica dittatura fu l'esercito, per lunghi anni impegnato nella sanguinosa repressione dei moti indipendentistici delle colonie africane. Grazie a un incruento colpo di stato (25 aprile 1974), noto con il nome di rivoluzione dei garofani, si costituì un governo militare (con l'appoggio dei partiti antifascisti) e a capo dello Stato fu posto il generale A. de Spinola. Ma dopo un cinquantennio di regime autoritario, l'avvio alla democrazia si presentò subito irto di difficoltà. I partiti e l'opinione pubblica si divisero, grosso modo, tra fautori di una linea politica “terzomondista” e i sostenitori di una politica “europeista” (facendo leva sui molteplici legami tra Portogallo ed Europa occidentale). Nel giro di pochi mesi fu liquidato comunque il vecchio impero coloniale, si nazionalizzarono banche e industrie, si varò un progetto di Costituzione. Tuttavia l'11 marzo 1975 un oscuro tentativo di golpe coinvolse Spinola, cui già dal settembre 1974 era succeduto alla presidenza il generale Francisco Costa Gomes, sotto la cui guida fu approvata dall'Assemblea Costituente una Costituzione democratica (aprile 1976) e si tennero le prime elezioni che portarono alla presidenza della Repubblica il generale António Ramalho Eanes e confermarono il PS (Partito socialista) come partito di maggioranza relativa. Il leader socialista Mario Soares, prima alla testa di un monocolore e poi di una coalizione col CDS (Centro democratico sociale), registrò una serie di insuccessi in politica economica. Le elezioni anticipate del dicembre 1979 sancirono la sconfitta del Partito socialista e la netta affermazione di Alleanza democratica, coalizione di centro-destra comprendente PSD (Partito socialdemocratico), CDS e monarchici, guidata dal socialdemocratico Francisco Sá Carneiro che divenne presidente del Consiglio. Alla sua morte (4 dicembre 1980) fu sostituito da Francisco Pinto Balsemão. Insanabili divergenze tra i partiti di Alleanza democratica, manifestatesi in seguito allo sfavorevole esito delle elezioni municipali, portarono alle dimissioni di Pinto Balsemão (dicembre 1982) e quindi alle elezioni anticipate (marzo 1983), il cui esito condusse alla formazione di un governo PS-PSD guidato da Soares. Con lui prevalsero gli “europeisti” e il 12 giugno 1985 Soares firmò l'ingresso del Portogallo nella CEE (operante dal 1º gennaio 1986). Alle elezioni politiche del successivo ottobre Soares dovette però cedere la leadership al socialdemocratico Aníbal Cavaco Silva, confermandosi comunque autorevole uomo politico con la vittoria nelle elezioni presidenziali del febbraio 1986. Nel 1991 sia Soares sia Cavaco Silva vennero riconfermati nelle rispettive cariche. La seconda metà degli anni Ottanta del XX secolo rappresentò per il Paese un lungo periodo di stabilità: in politica estera si era visto, infatti, accrescere l'impegno del Portogallo nell'ambito della NATO e della CEE, un riavvicinamento alla Spagna e la firma, nel 1987, di un accordo con la Repubblica Popolare Cinese sul futuro di Macao (trasferimento della sovranità nel dicembre 1999 e contestuale acquisizione dello statuto di zona economica speciale a economia di mercato). In politica interna, invece, si era data maggiore attenzione al rafforzamento della struttura produttiva, attraverso politiche economiche di ispirazione marcatamente liberista (revisione della riforma agraria e privatizzazioni). Espressione di tale indirizzo e fattore essenziale della sua realizzazione erano gli emendamenti costituzionali preliminari del 1989, responsabili dell'abolizione delle norme collettivistiche di stampo marxista, cui ben presto seguiva la modificazione della legislazione sul lavoro. Nel 1994, comunque, in occasione delle elezioni europee, i socialisti, risultati già vincitori nelle amministrative del 1990 e 1993, riuscirono a superare i socialdemocratici di Cavaco Silva, sia pure di stretta misura (rispettivamente 34,7% e 34,4%). In seguito a ciò il premier Cavaco Silva diede le dimissioni (febbraio 1995) dalla presidenza del Partito socialdemocratico e fu sostituito dal ministro della Difesa J. Fernando Nogueira. Successivamente, le elezioni politiche dell'ottobre 1995 determinarono il definitivo tracollo del PSD e un'esigua vittoria del PS, che diede vita a un governo minoritario monocolore guidato dal segretario socialista António Guterres. Ma il consenso goduto dai socialisti nel Paese fu nuovamente confermato dai risultati delle presidenziali del gennaio 1996, in cui venne eletto capo di Stato Jorge Sampajo, già sindaco di Lisbona ed ex segretario del Partito socialista, e dalle elezioni locali del 1997. Grazie, poi, anche all'ingresso del Portogallo nell'Unione Economica e Monetaria (1° gennaio 1999), il Partito socialista consolidò la propria supremazia, sfiorando la maggioranza assoluta sia alle elezioni europee del giugno 1999, sia a quelle politiche dell'ottobre successivo, che videro per la seconda volta premier Guterres. I successi riportati dalla politica perseguita dai socialisti, nel 2001, comunque, non sembravano ancora attenuarsi: a gennaio, nonostante il 50% di astensionismo dei votanti, venne rieletto con la maggioranza assoluta presidente della Repubblica Jorge Sampajo. Destò perciò sorpresa la disfatta socialista alle amministrative del dicembre dello stesso anno, dovuta al grande successo ottenuto dal PSD, che portò alle dimissioni di Guterres e all'indizione di elezioni anticipate, che si tennero nel marzo 2002. Il responso delle urne fu nuovamente favorevole al PSD e al suo candidato premier, José Manuel Durão Barroso, che, nel mese di aprile, grazie all'appoggio del Partito popolare, formò un governo di centro-destra. Nello stesso anno il Portogallo fu tra le prime nazioni ufficialmente richiamate dall'Unione Europea per l'entità del deficit statale: per riportare quest'ultimo entro i limiti del Patto di stabilità, il Paese ha deliberato di varare una politica che prevede tagli drastici alla spesa sociale e un ampio piano di privatizzazioni relativamente ai settori energetico, dell'industria aeronautica e agro-alimentare. Alle elezioni politiche del luglio 2004 si è affermato P. Santana Lopes (leader dei socialdemocratici), mentre l'ex premier Barroso ha ottenuto il prestigioso incarico di presidente della Commissione europea. Nelle elezioni legislative del febbraio 2005 si affermavano i socialisti di José Socrates, conquistando la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento. Tuttavia nelle elezioni presidenziali del gennaio 2006 il risultato si ribaltava: vinceva infatti al primo turno il moderato Anibal Cavaco Silva, in passato primo ministro, il quale veniva riconfermato alle elezioni del 2011. Nel marzo dello stesso anno il premier Socrates rassegnava le dimissioni, dopo la bocciatura in parlamento del suo piano economico per ridurre il deficit dello stato; nelle successive elezioni di giugno vinceva il PSD (38,7 %), guidato da Pedro Passos Coelho, mentre il PS si fermava al 28%. Nel 2014 si concludeva il piano di salvataggio della UE e del FMI in cambio di una politica di austerità. Coelho vinceva ancora nell’ottobre 2015 le elezioni politiche, senza ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Pochi giorni dopo l’insediamento, il governo Coelho veniva sfiduciato dai partiti di sinistra e costretto alle dimissioni. Il presidente Cavaco Silva assegnava allora al leader socialista A. Costa il compito di formare un nuovo governo, al quale partecipavano socialisti, comunisti e sinistra radicale. Nel 2016 diventava presidente M. Rebelo de Sousa, ex leader del Partito Social-democratico di centrodestra. Nel 2018 il Portogallo si accordava con la Cina per entrare nella Belt and Road Initiative (Nuova Via della Seta).
Alle elezioni europee del maggio 2019 il Partito socialista di Costa otteneva ottimi risultati. Così, in vista delle politiche dell’ottobre 2019, Costa cercava di estromettere dal governo gli alleati di estrema sinistra. Le consultazioni elettorali, avvenute dopo una stagione di scioperi per il prolungato congelo dei salari, davano la vittoria a Costa, riconfermato premier. Il Partito socialista non riusciva però a ottenere la maggioranza assoluta. Le elezioni di gennaio 2021 hanno decretato la vittoria del premier uscente António Costa, il cui apprezzato operato di consolidamento fiscale ha portato il Partito Socialista a ottenere il 38,2% dei consensi e 108 seggi, senza però riuscire a raggiungere da solo la maggioranza. Il Partito Socialdemocratico è sceso al 29,2%. Stabili le forze di estrema sinistra. Dopo aver formato un governo di minoranza, Costa è stato fra i principali fautori di politiche espansive in sede UE per combattere la crisi economica. Il paese ha introdotto presto delle misure di contenimento del contagio da COVID-19 (stato di emergenza dichiarato il 19 marzo 2020). Significativo, tuttavia, l’impatto dell’epidemia (quasi 70 000 casi e 2000 decessi a settembre 2020).

 

Cultura: generalità

Il panorama culturale e folcloristico del Portogallo risente ancora in qualche misura degli influssi determinati dai popoli che hanno legato il proprio destino a questa terra: Romani, Visigoti e Mori; ma è stata soprattutto la presenza dell'oceano e di un orizzonte tutto da esplorare ad aver modellato nei secoli la cultura portoghese. Il monumento eretto a Lisbona per celebrare le imprese dei grandi navigatori testimonia l'orgoglio di un popolo nostalgico, ammaliato dai fasti di un impero coloniale che giunse, nel momento di massimo splendore, a estendersi su una superficie 20 volte maggiore di quella della madrepatria. Non a caso tra gli esponenti principali della “portoghesità” spicca lo scrittore Luís Vaz de Camões, che di quell'impero coloniale cantò le gesta. Ma anche nell'era moderna la letteratura si è affermata, insieme alla danza popolare e alla musica, come espressione principe dello spirito lusitano, incarnato dalla saudade, un sentimento di nostalgia e malinconia che rappresenta un elemento ricorrente in questi ambiti culturali. Nel campo dell'arte contemporanea mancano prove di eccellenza, mentre tra gli esponenti più celebri del panorama letterario nazionale spicca lo scrittore José Saramago, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1998. La capitale Lisbona, dopo il drammatico terremoto (ricordato da Voltaire nel Candido) che la distrusse nel 1755, ha saputo risollevare le proprie sorti, confermandosi cuore pulsante della vita portoghese. Principale sede universitaria insieme a quella di Porto e a quella di più antica istituzione (1290) di Coimbra, la capitale ha ulteriormente rafforzato il proprio ruolo centrale grazie al processo di rinnovamento che l'ha interessata negli ultimi anni del XX secolo, con gli interventi realizzati per l'Esposizione universale del 1998, organizzata in occasione del cinquecentesimo anniversario del viaggio alle Indie di Vasco de Gama. Lisbona ospita inoltre il Museo Nacional de Azulejo e il Museo Calouste Gulbenkian, dove ha sede una delle istituzioni culturali portoghesi di maggior prestigio: la fondazione voluta dall'omonimo mecenate di origine armena. La ricchezza culturale del Portogallo, in qualche modo protetta dal suo scarso coinvolgimento nelle vicende socio-politiche europee, è testimoniata dalla presenza sul territorio nazionale di numerosi siti dichiarati dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. In primo luogo, tra questi, si ricordano la torre di Belém a Lisbona (stile manuelino) e, poco distanti dalla capitale, il castello, il parco e i giardini di Sintra. Numerosi, al di fuori della capitale, sono poi i centri storici tutelati dall'UNESCO: quello di Evora (antica residenza dei sovrani del Portogallo), quello di Guimarães (perfettamente conservatosi dalla sua costruzione, avvenuta nel Medioevo) e quello di Porto, situato sulla foce del fiume Douro. Tra i beni culturali portoghesi riconosciuti come patrimonio mondiale figurano inoltre varie opere di architettura religiosa: il monastero dei domenicani a Batalha (stile tardo-gotico), il convento dei cavalieri dell'ordine di Cristo a Tomar (distretto di Santarém) e il monastero cistercense di Santa Maria d'Alçobaca e quello dei girolamini a Lisbona. Infine, nell'arcipelago delle Azzorre, si segnala per il suo valore storico-culturale la zona centrale del porto coloniale di Angra de Heroismo.

Cultura: tradizioni

Nell'ambito delle tradizioni il popolo portoghese vive il conflitto di consuetudini legate a una grandezza ormai sfumata e che ha lasciato in eredità la saudade, quella malinconia atlantica che ha le sue radici nei ricordi delle grandi conquiste. Popolo legato al mare, inteso come simbolo di congiunzione con un mondo più vasto e ricco, lo ama e lo teme con lo stesso senso di mistica e quieta attesa con cui si rivolge alla religione. Le feste religiose sono legate al cattolicesimo e celebrano in particolare la Vergine Maria. Le danze dei Portoghesi sono diverse da regione a regione: tipiche del Minho sono la vira e la caninha verde. Influssi arabi sono spesso presenti in queste manifestazioni. Tra tutte basti citare la “danza dei Mori” dell'Algarve e la “danza di re David” di Braga. Rari i balli destinati ai soli uomini, tra i quali si può ricordare quello dei paulitos, o bastoni, con cui i ballerini seguono il ritmo. La danza è sempre accompagnata da canti, generalmente malinconici, quali i ternos dei pastori dell'Alentejo, la morna delle isole di Capo Verde, le aravias delle Azzorre. Popolarissimo e famoso ormai in tutto il mondo è il fado, canzone popolare di tono triste e nostalgico. In Portogallo la corrida si svolge senza spargimento di sangue. Le corna del toro sono emboladas, cioè rese innocue da una guaina di cuoio e da due bocce (emboladas) di legno. Nella corrida embolada il toro viene ucciso simbolicamente con una spada di legno. Questa usanza venne introdotta nel Settencento, quando il duca d'Arcos fu mortalmente colpito da un toro e il dolore del sovrano fu tale da fargli promulgare un'ordinanza che vietava spargimento di sangue nell'arena, perché il Portogallo non era abbastanza ricco per dare un uomo a un toro. Il Portogallo dei pescatori, dei contadini, dei pastori può vantare tradizioni consolidate nel campo dell'artigianato. “Quando non si sa cosa fare – dice un proverbio – si fanno cucchiai”. E proprio grazie ai cucchiai si è sviluppato il gusto dell'intaglio nei molti oggetti e nei legni che arredano e decorano la casa. Nelle ceramiche e nei lavori di gioielleria è ancora una volta presente il gusto arabo, con motivi geometrici che talvolta richiamano quelli degli azulejos. Molto diffusa anche l'arte del ricamo, spesso su disegni esotici tramandati da tempi ormai antichi: sono famosi, in particolare, i prodotti di artigianato confezionati a Guimarães e le trine e i merletti di Peniche e Vila do Conde. § Nella gastronomia portoghese il protagonista principale è sicuramente il pesce, con predominio di sardine e merluzzo; quest'ultimo viene cucinato in mille modi, quasi sempre con contorno di uova sode, germogli di navone e patate ed è considerato il piatto nazionale. Particolarmente gustoso il baccalà (bacalao), merluzzo essiccato e conservato sotto sale. Nelle tascas, osterie tipiche a buon mercato, il piatto forte è il pesce fritto, accompagnato dai prodotti freschi acquistati nei numerosi mercati locali, ma non mancano pietanze a base di carne e zuppe rustiche. Abilissimi pasticceri, i Portoghesi hanno appreso le loro ricette dagli antichi conventi e i nomi delle leccornie più diffuse lo ricordano: seno d'angelo, ventre di monaca ecc. La bevanda più diffusa è il vino; famosissimi il Porto e il Madera, conosciuti in tutto il mondo, mentre il Clarete (di colore rosato intenso) è apprezzato soprattutto dalla popolazione locale.

Cultura: letteratura: le origini

I più antichi testi poetici sono le cantigas de amor, di influenza provenzale, le cantigas de amigo, di tema amoroso, e quelle de escarnho e de maldizer, di tema polemico e satirico. Redatte in ambito cortigiano da trovatori e giullari, ma anche da nobili e monarchi (Alfonso X di Castiglia, Dionigi di Portogallo), ci sono pervenute nei canzonieri di Ajuda, della Biblioteca Vaticana e del codice Colocci-Brancuti. Inoltre la letteratura medievale annovera le imitazioni e traduzioni dei romanzi del ciclo bretone: fondamentale, anche per le sue implicazioni morali e religiose, la Demanda do Santo Graal. Vi sono poi gli autori di cronache, come la Relação da vida da Rainha Santa Isabel, accanto ai trattatisti di costumi cortigiani o familiari (Livro da montaria, Leal conselheiro, Livro da falconaria). La storiografia assume un tono più alto con le cronache di Fernão Lopes (ca. 1380-ca. 1460) e di Rui de Pina (1440-1522), apologeti dei re ma vivaci narratori e spesso interpreti delle trame della politica. Famoso è l'Amadis de Gaula, di anonimo trecentesco, forse traduzione dallo spagnolo, dove la tematica cavalleresca assume caratteri di passionalità e di misticismo. Con Francisco Sá de Miranda (ca. 1481-ca. 1559) nascono le istituzioni letterarie; i sec. XVI e XVII registrano la presenza dell'umanesimo italiano, francese e spagnolo, ma con accentuazioni nazionali. Il primo vero testo classico è il Cancioneiro geral (1516) di Garcia de Resende, ricchissima raccolta di poesie di vario genere e di diversi autori.

Cultura: letteratura: Luís Vaz de Camões

La personalità d'eccezione dell'epoca è però Luís Vaz de Camões (1524 o 25-1580) che lascia un'impronta indelebile sia nella lirica, dove rielabora in modo personale i moduli petrarcheschi, sia nell'epica, col famoso poema Os Lusíadas in cui tutto il mondo delle grandi navigazioni e conquiste viene riassunto ed esaltato da una libera fantasia e da una prodigiosa inventiva verbale e musicale che dà al metro (l'ottava) un respiro inconsueto. Non è solo il trionfo dello spirito nazionale, ma una rappresentazione dello stesso spirito umano in quanto tensione eroica o tragica nella lotta con la natura. Il genere epico fu molto coltivato: Gabriel Pereira de Castro (1571-1632) scrisse una Ulysseia, Francisco Sá de Menezes(m. 1664) una Malaca conquistada e Braz Garcia da Mascarenhas (1596-1656) il suo notevole Viriato trágico sul protagonista delle lotte lusitane al tempo della conquista romana. L'influsso di Camões è visibile in alcuni poemi, tra cui l'Insulana (1635) di Manuel Tomás (1585-1665), dedicata all'isola di Madeira.

Cultura: letteratura: il Seicento e il Settecento

Nella lirica l'età classica si estende a tutto il Settecento, secondo le varie mediazioni del gongorismo, della Pléiade, dell'Arcadia ecc. Poeti di particolare qualità espressiva sono P. A. Correia Garção (1724-72), Domingo dos Reis Quita (1728-70), João Xavier de Mattos (ca. 1730-89) e soprattutto Barbosa de Bocage (1765-1805), nel quale appare una concezione del mondo già illuministica. Francisco Manuel do Nascimento (1734-1819), noto con lo pseudonimo arcadico di Filinto Elísio, annuncia tempi nuovi coi suoi inni alla Rivoluzione francese e a quella americana. Ma non solo sulla poesia lo spirito portoghese fonda la sua classicità: un vasto spazio occupa il teatro, iniziato da Gil Vicente (1460-1536) sulla scorta di una tradizione popolare. Le sue opere, in portoghese e in castigliano, si possono dividere in autos, commedie e farse: da spunti devoti si passa alla più franca satira, con una capacità di creazione di tipi e di eventi scenici che rivela un eccellente artigiano dello spettacolo, oltre a profonde doti psicologiche e critiche. Sulla scia di Gil Vicente si muovono Anrique da Mota, Alfonso Álvares, Baltasar Dias, João Escovar e altri. Con Francisco Sá de Miranda ha inizio il teatro classico, con influssi italiani e, mediamente, greco-latini. Dalle ornate e graziose egloghe egli passa alla commedia d'intrigo con Os Vilhalpandos, di alto valore linguistico. Segue António Ferreira (1528-69), il quale, più che nelle commedie, s'impone nella tragedia con un capolavoro statico, senechiano, ma d'indubbia potenza, A Castro. Lo stesso Camões scrisse per il teatro diverse opere, tra cui El-rei Seleuco, drammatizzazione di un episodio plutarchiano, e la commedia avventurosa, affine al genere romanzesco spagnolo, Filodemo. Altri autori teatrali notevoli sono António Prestes, J. Ferreira de Vasconcelos (ca. 1515-85) e Simão Machado (ca. 1570-1634). Il Seicento è il tempo della spagnolizzazione; ma accanto alle tragicommedie dei padri gesuiti si ha l'opera di Francisco Manuel de Melo (1608-66) che, soprattutto nell'Auto do fidalgo aprendiz, mostra un suo vivace spirito nazionale. Nel Settecento appaiono le imitazioni molieriane di Alexandre de Gusmão e di Leonardo Pimenta; ma il grande drammaturgo del secolo è António José da Silva, il Giudeo (1705-39), vittima dell'Inquisizione, che riprende temi classici nelle sue deliziose opere per un teatro di fantocci (bonifrates). Il teatro popolare, di cui in A. J. da Silva sono presenti i dati più vivi, è però bilanciato dall'Arcadia, che impone un suo teatro letterario con i già citati Reis Quita e Correia Garção e con Manuel de Figueiredo (1725-1801). La letteratura in prosa dell'età classica annovera autori quali Rodrigues Lôbo (ca. 1580-1622), manualista elegante in Corte na aldeia e bucolico barocco in O pastor peregrino, l'epistolografo e storico della letteratura, ma anche autore teatrale Francisco Manuel de Melo e soprattutto il padre António Vieira (1608-97), dalla tumultuosa esistenza di politico e di predicatore, che diede alla sintassi portoghese il più complesso ritmo d'eloquenza e di evocazione, convogliando sintesi storiografica, meditazione filosofica e religiosità verso un punto focale di perfezione nei suoi Sermões. Egli celebra e insieme chiude il tempo del Portogallo grande potenza mondiale, e dà anche l'avvio al sebastianismo (dal nome del giovane re scomparso ad Alcazarquivir) che sarà l'ideologia patriottica e messianica dei secoli successivi. Non del Settecento, però, dove al contrario predomina un tono cosmopolita e scientifico, nei numerosi racconti di viaggi e scoperte, spesso dovuti a missionari, o nei trattati sui temi dell'etica personale e civile; talora a spregiudicata continuazione di quella prosa satirica che aveva fornito nel 1652 l'anonima e singolare Arte de furtar.

Cultura: letteratura: il romanticismo

Il primo Ottocento è contrassegnato da una serie di opere che avviano al romanticismo: Leonor de Almeida, marchesa di Alorna (1750-1839) traduce Ossian, Herder e Lamartine. Il romanticismo propriamente detto comprende un buon quarantennio, all'incirca dal 1825 al 1865. Con Almeida-Garrett (1799-1854) si è già dinnanzi a una personalità poetica e culturale di primo piano: la sua figura di combattente per la libertà, di esule, poi di uomo politico, si confonde per i contemporanei con la sua opera creativa, ma i posteri hanno saputo operare le giuste distinzioni. Camões fu il protagonista di uno dei suoi poemetti più ambiziosi, ma oggi interessa maggiormente per la qualità melodica e sentimentale dei suoi versi e soprattutto per le sue opere di teatro dove la riflessione conferisce alla storia lusitana la vivezza e la concretezza della realtà contemporanea. Il secondo grande nome del romanticismo è Alexandre Herculano (1810-77) che dai versi giovanili, legati al modello vittorughiano, passò a una produzione narrativa importante ma nella quale si sente a ogni passo spuntare la sua vera vocazione di saggista e di filosofo della storia. Alla ricostruzione delle vicende nazionali e alla costituzione del corpus dei documenti letterari Herculano dedicò opere amplissime, ma il suo capolavoro è la Historia da origem e estabelecimento da Inquisição em Portugal, dove anelito libertario ed esattezza logica si fondono in un mirabile impasto di pensiero e di linguaggio. In Herculano si può osservare il trapasso dal liberalismo romantico al radicalismo positivista, attraverso il maturare di una concezione del mondo che lascia sempre più spazio alla realtà. Questa transizione dal pathos al realismo diventa travaglio d'arte e persino incertezza di poetica nell'opera narrativa di Camilo Castelo Branco (1825-90), cui si devono decine di testi del grande repertorio romantico portoghese; tra questi, particolarmente segnato dalla fortuna fu Amor de perdição. Allo stesso periodo appartiene, ed ebbe fama larghissima, António Feliciano de Castilho (1800-75), spirito conservatore che raggelò e compresse nella propria sapienza linguistica tutti gli aneliti del romanticismo, cui non fu personalmente insensibile (Noite no Castelo, Cartas de Echo a Narciso) ma che volle ridurre a formule di eleganza neoclassica, spesso pedantesche.

Cultura: letteratura: il realismo

Nulla è più lontano dell'opera di Castilho dalla successiva generazione dei realisti, i quali si manifestarono poco dopo il Sessanta, nei fogli e nei dibattiti goliardici, specialmente a Coimbra, e sostituirono ai nomi di Hugo, Musset ecc. i nuovi idoli, Taine e Renan, Baudelaire e Flaubert. Il realismo portoghese, anticipato pur tra dolcezze e languori sentimentali da Júlio Dinis(1839-71) nelle sue scritture narrative, tra cui le popolarissime As pupilas do senhor Reitor, è un realismo assai particolare, perché al gusto del documento umano affianca sempre la vigilatezza dello stile, che copre di severo pudore le più crude realtà. Alle origini del realismo sta la poesia di Antero de Quental (1842-91), uno dei maggiori poeti di lingua portoghese, cantore dei mali della società e delle speranze di giustizia (Primaveras românticas, Odes modernas) passando dall'invettiva a più secche, intense determinazioni. In M. Guerra Junqueiro (1850-1923) populismo e anticlericalismo rimasero sostanzialmente retorici. La mens positivistica acquista un'ampiezza comtiana e si estrinseca in azione politica, in filologia e metodologia, nell'opera complessa dei campioni della democrazia, Teófilo Braga (1843-1924) e Oliveira Martins (1845-94), che fornirono una gran messe di temi e di problemi alle generazioni posteriori. Per Ramalho Ortigão (1836-1915) e per J. V. Fialho de Almeida (1857-1911) la polemica per la realtà è impegno quotidiano, che da giornalismo diventa prosa d'arte e tentazione di romanzo. Ma senza dubbio al culmine della prosa realistica sta la lenta e sicura evoluzione di Eça de Queiroz (1845-1900) dal formalismo delle Prosas bárbaras alla grandezza dei romanzi A relíquia, O crime do padre Amaro, O primo Basílio , Os Maias, A cidade e as serras. Vissuto prevalentemente all'estero, Eça vi conquistò una privilegiata distanza di sguardo, ma ciò in fondo gli valse a veramente possedere la realtà del suo Paese e del suo tempo.

Cultura: letteratura: il simbolismo

Accanto alla prosa di Eça va messa, come indice storico, la poesia di Antonio Gomes Leal (1848-1921) con la quale il realismo diventa pian piano simbolismo, trascorrendo dall'impegno sociale a preoccupazioni metafisiche. Tuttavia il simbolismo, vessillifero di una reazione spiritualistica, non poté verificarsi interamente se non dopo una breve stagione parnassiana di depurazione degli strumenti formali. A mezza via tra parnassianesimo e simbolismo si trova Eugénio de Castro (1869-1944) che ravvisa nel mondo una tetra imperfezione, cui deve essere contrapposta la perfezione possibile dell'arte. Il simbolismo vero e proprio inizia col baudelairiano J. Cesário Verde (1855-86) e soprattutto con Camilo Pessanha (1867-1926), che alla sua Clepsidra consegna componimenti di sensibilità decadente e di sapienza versificatoria verlainiana. Accanto a lui, per affinità più biografica che letteraria, si colloca il prosatore Venceslau de Morais (1854-1929), che dell'esotico volle fare un ideale, espresso in pagine garbate di ricordi e riflessioni, dove non manca uno scintillio impressionistico. Intanto il teatro, dopo Almeida-Garrett, aveva avuto le sue fasi. Un tumultuoso drammaturgo romantico, nel segno di Dumas, è J. Mendes Leal (1818-86), da cui ha origine la voga del drammone in costume a forti tinte. A questo genere, e talora alla commedia, contribuirono anche Herculano, Castilho e altri autori. Il passaggio dal teatro romantico al teatro naturalista è visibile nell'opera di Manuel Pinheiro Chagas (1842-95) che usa ancora gli effetti, ma si impegna in una tematica sociale. Un soffio di parnassianesimo appare nel “teatro di poesia” di António Lopes de Mendonça (1826-65), Marcelino de Mesquita (1856-1919), Júlio Dantas (1876-1962); ma il naturalismo trionfa non tanto nelle commedie borghesi di Eduardo Schwalbach (1860-1946) o nelle farse di Gervásio Lobato (1850-95) quanto nei drammi di João da Câmara (1852-1908) e di Teixeira Gomes (1860-1941). Altri famosi narratori come Abel Botelho (1856-1917) contribuirono alla drammaturgia della realtà portando sulla scena il dibattito etico-politico. Anche nel teatro Eugénio de Castro dà inizio al simbolismo sotto l'influsso di Maeterlinck. Il capolavoro del teatro simbolista è forse D. João e a máscara di António Patrício (1878-1930).

Cultura: letteratura: la prima metà del Novecento

All'inizio del sec. XX la poesia, senza rinunciare agli apporti della lezione simbolista, esprime tentazioni di rappel à l'ordre, parallele del resto all'involuzione sociale che mette in crisi le concezioni umanitarie in nome dell'individuo e della sua assolutezza o in nome della patria e del suo passato. Il nome di António Sardinha (1888-1925) si trova al centro di questo crocicchio ideologico e finirà per fornire una base filosofica al nazionalismo, corporativismo e colonialismo di Salazar. In questo periodo di fermenti e di sbandamenti appaiono tendenze quali il saudosismo, capitanato da un autentico ma torrenziale poeta, Teixeira de Pascoaes (1877-1952), e il futurismo con ascendenze marinettiane (Almada-Negreiros, 1893-1970), oltre a fenomeni di isolamento dell'io nella malinconia e nel colloquio con la morte (António Nobre, 1866-1903) o nella fugace vita dei sensi, anch'essa toccata dalla tristezza della propria caducità (António Botto, 1902-59). In tale confusa atmosfera appaiono le voci più nuove del tempo, prima fra tutte quella del poeta Fernando Pessoa (1888-1935) che ha raggiunto fama mondiale con una produzione rimasta in gran parte inedita fino alla sua morte e divisa in varie sezioni, attribuite ad altrettanti eteronimi (dal bucolico Alberto Caeiro all'oraziano Ricardo Reis, fino al futurista Álvaro de Campos), quasi si trattasse di opere di autori diversi e persino opposti. Pessoa, con la sua poesia e la sua azione di rinnovamento delle lettere patrie, resta la figura centrale del Novecento portoghese. All'esperienza di Pessoa e della generazione dell'Orpheu, centro irraggiante del modernismo portoghese che si rivolta contro il passato accademismo e in cui si staglia, accanto a quella del “maestro”, la figura di Mário de Sá-Carneiro (1890-1916), narratore (A Confissao de Lúcio, 1914) ma soprattutto poeta (Indícios de Oiro, 1937; Poesias, 1946), si riallaccia l'attività della rivista Presença (1927-40) che ha riportato la letteratura portoghese nel cuore della cultura europea: Rainer Maria Rilke, M. Proust, P. Valéry, A. Gide furono alcuni dei nomi prediletti, mentre L. Coimbra (1883-1936) divulgò le filosofie sulla linea dell'esistenzialismo. Fin dal primo Novecento, la prosa è segnata, al di là di isolati atteggiamenti di introspezione o di impassibilità formalistica, come in Carlos Malheiro Dias (1875-1941), dall'interesse per la realtà nazionale che caratterizza il neorealismo portoghese, conferendogli un tocco di pittoresco regionalismo, sia pure in autori quali Aquilino Ribeiro (1885-1963). A questi si deve peraltro l'ampliamento dell'orizzonte sociale agli ambienti rurali e urbani. Il realismo sociale ha il suo maggiore esponente in Ferreira de Castro (1898-1974), mentre l'opera di José Rodrigues Miguéis (1901-80) segna il passaggio al neorealismo regionalista cui sono legati anche autori quali Soeiro Pereira Gomes (1909-49) e Fernando Namora (1919-89). In poesia, la prima metà del Novecento si chiude con il diversificarsi e l'affermarsi di individuali esperienze neorealiste, come quella del poeta e romanziere Vitorino Nemésio (1901-78), e con la fondazione a Lisbona, nel 1947, del primo gruppo surrealista. Da qui si distaccheranno in seguito alcune tra le sue personalità più significative: da António Pedro (1900-66) ad Alexandre O'Neill (1924-86), al poeta e pittore Mário Cesariny de Vasconcelos (n. 1923) e, soprattutto, a uno dei maggiori poeti, narratori e critici, oltre che drammaturgo, Jorge de Sena (1919-77).

Cultura: letteratura: la seconda metà del Novecento

Dagli anni Cinquanta in poi, la reazione al neorealismo sociale assume forme di esistenzialismo scettico, come in David Mourao-Ferreira (1927-96), di approfondimento metafisico in Fernando Guimaraes (n. 1928) o di vero e proprio trascendentalismo in Fernando Echeverría (n. 1929). A un chiaro intento polemico o di critica sociale si rifanno le opere di poeti diversi per sensibilità artistica quali Sophia de Mello Breyner (n. 1919) e Ruy Belo (1933-78), i quali, pur inserendosi in quel filone che ha accompagnato la nascita e l'evoluzione del regime dittatoriale conclusosi con la “rivoluzione dei garofani” il 25 aprile 1974, hanno in seguito intrapreso cammini diversi nella via della sperimentazione. Su questo piano, elevati risultati nell'esplorazione delle possibilità strutturali offerte dalla materia artistica sono ottenuti da poeti quali Herberto Helder (n. 1930), Pedro Tamen (n. 1934) e, negli anni Settanta e Ottanta, dagli approfondimenti psicoanalitici di José Augusto Seabra (n. 1937), e dall'opera altamente trasgressiva di Alberto Pimenta (n. 1937). Si stagliano in questo periodo le figure di Eugénio de Andrade (n. 1923), autore di una poesia di limpida musicalità e António Ramos Rosa (n. 1924), poeta e critico di sottile e lucida modernità. Anche nella prosa, in virtù del clima regressivo istituito dalla dittatura, la resistenza si incanala nella ricerca di nuove vie espressive. Qui la grande figura è ancora quella di Miguel Torga (1907-95, pseudonimo di Adolfo Rocha) il quale si afferma nel racconto come nella poesia. Più vicini i romanzi-verità di José Cardoso Pires (1925-98), le trasfigurazioni della realtà quotidiana di Agustina Bessa-Luis (n. 1922), fino alle invenzioni strutturali di Almeida Faria (n. 1943) e ai classicheggianti quanto ironici affreschi storici e culturali del Paese con cui José Saramago (n. 1922, vincitore nel 1998 del premio Nobel) si afferma, come molti altri autori, dopo gli anni Settanta, e grazie al quale la letteratura portoghese valica prepotentemente i confini nazionali. Intensa, dopo la caduta della dittatura, la produzione di memoriali e testi di analisi e riflessione sulla realtà nazionale, così come vivace e di vario segno si rivela la prosa femminile, configurandosi quale presa di coscienza su radicate situazioni della società portoghese: dalle rievocazioni del dopoguerra di Fernanda Botelho (n. 1926), all'aperta ribellione di stampo femminista delle autrici delle Nuove lettere portoghesi (Maria Isabel Barreno, Maria Teresa Horta e Maria Velho da Costa), fino alle memorie smitizzanti della guerra coloniale di Lidia Jorge (n. 1946).Come la narrativa e la poesia anche il teatro ha risentito di un quarantennio di assenza di libertà politica. Incubi espressionistici apparivano nei singolari drammi di Raul Brandão (1867-1930), echi pirandelliani in Alfredo Cortes (1880-1946), aspetti di dadaismo e futurismo nel teatro di Almada-Negreiros, ma un naturalismo edulcorato continuava a trionfare, ufficializzato nelle commedie di Ramada Curto (1886-1969). I più significativi risultati si sono avuti peraltro da personalità che hanno compiuto brevi incursioni nella drammaturgia: grandi poeti moderni quali José Régio e Natalia Correia o Augusto Abelaria. Ed è stata una grande prova di coraggio la persistenza nel lavoro drammaturgico di figure quali quelle di Luís Francisco Rebelo (n. 1924), Bernardo Santareno (1924-80) e Luís de Sttau Monteiro (n. 1926), nei quali si è variamente fatta sentire la voce della libertà. Nel campo della drammaturgia la rivelazione è considerata la figura di Carlos Coutinho i cui testi costituiscono una critica testimonianza, nei modi dell'allegoria, su ogni forma di repressione sociale. Tra i poeti più giovani possono essere segnalati i nomi di Paulo Teixera (n. 1962) e Fernando Pinto do Amaral (n. 1960), mentre nell'ambito della narrativa per ragazzi merita una citazione Maria de Conceição Ferreira (n. 1963). Infine si ricordano i nomi di N. Júdice, L. Antunes, U. Tavares Rodriguez.

Cultura: arte

Del periodo della dominazione visigotica restano alcune chiese cristiane in cui elementi bizantini si mescolano ad altri di derivazione germanica (San Frutuoso a Braga, sec. VII). Più scarse le costruzioni arabe (alcune fortificazioni, chiesa mozarabica di Lamosa, sec. X) a causa delle distruzioni provocate dalle guerre di Riconquista. Nel sec. XII, con l'estendersi del regno cristiano, in Portogallo si diffuse lo stile romanico, di evidente derivazione francese. Se le prime costruzioni sono ancora assai semplici, con le cattedrali di Lisbona, Porto, Coimbra e Braga inizia un'architettura di notevole livello monumentale. Assai diffusa anche l'architettura militare (gli stessi edifici religiosi erano spesso fortificati) . La scultura romanica, sostanzialmente legata all'architettura con funzione decorativa, fonde elementi bizantini con altri di derivazione visigotica. Il gotico fu importato in Portogallo alla fine del sec. XIII per opera di vari ordini religiosi sostenuti dai sovrani: sono appunto i conventi le prime notevoli costruzioni nel nuovo stile, che trovò variazioni locali soprattutto nei chiostri. Il monumento più importante della prima fase gotica è l'abbazia cistercense di Alcobaça (1308-11) di derivazione borgognona. Un più maturo stile gotico venne sviluppandosi nel corso del sec. XIV, trovando la sua massima espressione nel monastero di Santa Maria della Vittoria a Batalha, iniziato nel 1388 per volontà di re Giovanni I su progetto di A. Domingues e continuato nel secolo successivo. Vi operarono vari tra i maggiori artisti portoghesi, come D. Boytac e João de Castilho, autore del bellissimo portale delle Capelas imperfeitas, nelle quali si trovano le prime affermazioni dello stile manuelino. Questo, protrattosi fino al sec. XVI avanzato, si caratterizzò dapprima come un gotico fiammeggiante, subendo poi influssi rinascimentali e platereschi. Il manuelino raggiunse livelli assai alti nel monastero dei Jerónimos di Belém a Lisbona, in quello del Cristo a Tomar, nel palazzo reale di Sintra e nella celebre Torre di Belém. Nel sec. XVI si affermò in Portogallo un gusto classicheggiante di ispirazione rinascimentale che per un certo periodo coincise e si contaminò con lo stile manuelino. Importante per la diffusione del Rinascimento italiano fu il soggiorno portoghese di A. Sansovino alla fine del sec. XV. La scultura del periodo gotico fu ancora essenzialmente legata all'architettura, tuttavia notevoli testimonianze sono quelle funerarie (tombe di Pietro I e di Inés de Castro nella chiesa di Alcobaça). Il centro più attivo fu Coimbra, grazie all'attività di Diogo Pires il Vecchio e il Giovane, esponenti della scuola manuelina, del francese Nicolas Chantereine e di Ph. Houdart. Numerose anche le opere di scultura lignea. Della pittura portoghese non vi sono notizie prima della fine del sec. XV, quando nei centri di Lisbona, Évora e Beira si affermarono le personalità di V. Fernandes, notevole ritrattista, e di Nuño Gonçalves. Con il sec. XVII l'attività architettonica in Portogallo conobbe un certo declino e lo stile barocco fu soprattutto un'imitazione e rielaborazione di modelli stranieri, specialmente italiani. Nel campo della scultura numerosissime furono nel Seicento le opere religiose, di legno o legno e argilla (altare maggiore nella chiesa del monastero di Alcobaça), spesso di gusto popolare. Il maggior pittore fu il ritrattista D. Vieira. È da ricordare anche la straordinaria fioritura dell'artigianato e delle cosiddette arti minori, dalla lavorazione dei tessuti all'oreficeria (la scoperta dell'oro in Brasile chiamò a Lisbona numerosi orefici europei). Un discorso a parte merita l'arte della maiolica portoghese, nata intorno al sec. XVI con una produzione di piastrelle per decorare chiese e palazzi. Nel sec. XVII si affermò un gusto decorativo in blu e manganese spiccatamente orientale nei colori ma spagnolo nei temi: busti muliebri, animali araldici, ecc., contornati da figurazioni simboliche analoghe alle ornamentazioni delle porcellane cinesi Ming (dall'inizio del sec. XVI il Portogallo fu uno dei massimi importatori europei delle porcellane della Cina). Nel sec. XVIII fu molto intensa l'attività urbanistica (specie a seguito del terremoto di Lisbona, 1755) per opera di re Giovanni V e del marchese di Pombal, i cui architetti furono E. dos Santos e Carvalho. Interessanti esempi di rococò sono il convento di Mafra e il palazzo di Quelúz. Nel Settecento furono anche importati alcuni complessi architettonici costruiti all'estero e montati successivamente in Portogallo , come la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco a Lisbona, eseguita a Roma da N. Salvi e L. Vanvitelli. Nel Settecento la scultura restò a un livello modesto. La pittura fu caratterizzata da influssi italiani nelle grandi decorazioni e nelle pale religiose; da influssi francesi nella pittura di genere e nel ritratto. Verso la fine del secolo emersero le maggiori personalità di F. Vieira e di D. A. de Sequeira, celebre per quadri di soggetto storico. Continuò vivace anche l'arte popolare con la produzione di presepi in terracotta (Machado de Castro), di carrozze (di cui si trova una ricca collezione nel Museo delle carrozze reali di Lisbona), di immagini devozionali per decorare le chiese; la maiolica fu influenzata in questo periodo dal gusto piemontese. Negli sec. XIX e XX la decadenza e l'isolamento culturale del Portogallo hanno influito negativamente sulle manifestazioni artistiche, mantenutesi a un livello mediocre. Solo negli ultimi decenni del Novecento in architettura, dopo i fenomeni dell'eclettismo e delle mode revivalistiche, si è verificato un tentativo di allineamento con le moderne esperienze europee e di adeguamento alle nuove esigenze nazionali. Tra i vari esponenti di questo ambito artistico per il Paese lusitano si può ricordare la figura di Alvaro Siza Vieria (n. 1933), architetto e designer di fama internazionale. Interessante, infine, è il quartiere Expo Urbe che sorge lungo le rive del Tago a Lisbona, costruito in occasione dell'esposizione universale tenutasi nel 1998 e progettato nell'ottica di una perfetta integrazione urbanistica col resto della città. Nel modernissimo quartiere, esempio di efficienza e razionalità architettonica, si trova il Pavilhao dos Oceanos, l'acquario più grande d'Europa. Nella scultura l'esponente di maggior rilievo è stato, nella seconda metà dell'Ottocento, Soares dos Reis, mentre le correnti più avanzate nel corso di tutto il Novecento sono state raccolte in maniera sporadica e senza grande originalità. Nel campo della pittura, verso la fine dell'Ottocento si è affermato un gruppo di artisti ispirati all'impressionismo, quali J. de Sousa Pinto, J. Veloso Salgado e C. Reis. Tuttavia la maggior apertura verso le ricerche internazionali si è avuta nel Novecento con l'opera di A. de Sousa Cardoso, E. Viana, D. Gomes. Tra gli artisti dell'avanguardia, aperti anche a esperienze informali, vanno segnalati H. Vieira Da Silva, J. Resende, S. Areal e Lanzner. Interessanti infine le realizzazioni nel campo tradizionale delle arti applicate, che una corrente rinnovatrice ha aperto a più moderne esperienze. Nell’ultimo decennio l’Unesco ha riconosciuto come patrimonio dell’umanità quattro siti portoghesi: la città presidio di frontiera Elvas e le sue fortificazioni (2012); le Università di Coimbra (2013); l’Edificio reale di Marfa (2019); il Santuario di Bom Jesus di Monte a Braga (2019).

Cultura: musica

Scarse testimonianze sono rimaste della musica medievale portoghese e del fiorire di una tradizione polifonica influenzata dall'Ars nova francese e italiana. Nei sec. XV-XVI ebbero fondamentale importanza i rapporti con la scuola franco-fiamminga, mentre si sviluppò anche in Portogallo una tradizione tipicamente locale, affine a quella spagnola, con la caratteristica forma del villancico: tale affinità è testimoniata dalla compresenza negli stessi canzonieri di musiche e testi sia spagnoli sia portoghesi. Tra i maggiori autori portoghesi dei sec. XVI-XVII partecipi della civiltà polifonica europea furono Damião de Gões (1501-53) e Manuel Cardoso (m. 1595), poi Manuel Mendes (m. 1605), Duarte Lobo (ca. 1565-1643), Frei Manuel Cardoso (1569-1650), Felipe de Magalhães (sec. XVII), João Lourenço Rebello (1610-61), Diego de Melgaço (1638-1700) e re Giovanni IV (1604-56). Nel sec. XVII fiorì anche la musica strumentale, specie per strumenti a tastiera, con Manuel Coelho (n. 1583) e pochi altri. I maggiori esponenti della scuola clavicembalistica portoghese appartengono però al sec. XVIII e subiscono un'influenza italiana: il più significativo, Carlos de Seixas (1709-42), conobbe D. Scarlatti, mentre altri, come Sousa Carvalho (1709-98) studiarono in Italia. L'influsso italiano fu ancor più evidente nell'opera e nella musica vocale del Settecento, che nella seconda metà del secolo conquistarono una netta prevalenza nella vita musicale portoghese rispetto alla musica strumentale: si ricordano, oltre al citato Carvalho, Francisco de Almeida e Marcos Portugal (1762-1830), il maggiore operista portoghese. Al sinfonismo si dedicò João Domingos Bontempo (1775-1842), ma la musica strumentale in genere conobbe nuovo sviluppo nella seconda metà dell'Ottocento, dominata da influssi tedeschi e francesi, da Wagner e Liszt a D'Indy e Franck, che venivano a fondersi con la ricerca di un carattere nazionale in José Viana de Mota (1868-1948), mentre Luis Freitas Branco (1890-1955) guardava anche all'impressionismo. A un eclettismo con tinte più o meno accentuatamente nazionali è improntata anche la produzione di Ruy Coelho (1892-1955), Federico Freitas (1902-79) e Fernando Lopes Graça (1906-94), che è stato anche un autorevole studioso di musica popolare. Di una generazione successiva sono F.F. Pires, F. de Sousa, A. Cassuto, A.J. Santiago, E. Nunes, H.J. Pires, che ha ottenuto fama internazionale.

Cultura: teatro

Scarsa è la documentazione sul teatro medievale, sia sacro sia giullaresco: se quest'ultimo (sotto forma di momos) ha avuto certamente larga diffusione, è probabile che il primo non abbia assunto in Portogallo la stessa importanza che altrove. Per il Quattrocento si ha notizia di grandiose feste di corte, a carattere di rappresentazione teatrale, come quella delle nozze tra l'infanta Isabella e Filippo di Borgogna (1429). In tali feste fu fatto uso di macchine sceniche, le stesse che si ritrovano nelle opere di Gil Vicente (ca. 1460-ca. 1536). Dopo la gran fortuna del teatro gilvicentino si moltiplicarono gli spettacoli non solo a corte, ma nelle case dei nobili e anche di ricchi borghesi; lo stesso Camões vi fa riferimento. Il gusto umanistico introdusse nelle università, specie a Coimbra, l'uso di rappresentazioni di classici antichi (Sofocle, Seneca, Plauto, Terenzio). Sul declinare del Cinquecento apparvero i pátios, analoghi ai corrales spagnoli, specificamente destinati al teatro. Tra essi il Pátio das Arcas a Lisbona, dove, al tempo della dominazione spagnola, si esibivano importanti compagnie castigliane. Il Settecento segnò l'avvento dell'opera italiana, con netto predominio dello spettacolo musicale; e fu il secolo in cui si venne precisando socialmente la professione dell'attore. Sempre a Lisbona, famoso fu il Teatro do Bairro Alto, dove vennero rappresentate le opere di António José da Silva (1705-39) e la cui compagnia (si conservano i contratti del 1764) ebbe lunga vita, con interpreti come José Félix, José Procópio, Maria Joaquina. Nel 1794 l'attore-impresario António José de Paula vi fondò il Teatro do Salitre. Al 1833 risale l'arrivo della compagnia francese diretta da E. Doux, che rimase in Portogallo a richiesta di Almeida Garrett, il quale, fattosi riformatore del teatro non solo come autore di drammi romantici ma come legislatore, costituì a Lisbona nel 1846 il Teatro Nacional D. Maria II, luogo centrale e principale dell'attività scenica di maggior prestigio. Nel passaggio tra il sec. XIX e il XX vi agì precipuamente la compagnia legata ai nomi di Eduardo Brasão e di Lucília Simões, interpreti eccezionali sia del repertorio shakespeariano e romantico, sia di quello naturalista e borghese. Altra importante attrice fu Adelina Abranches, che agì nella capitale al Teatro D. Amélia, inaugurato nel 1894. Attività rinnovatrice esercitò lo scenografo italiano Luigi Manini. Nel 1904 l'attore Luciano de Castro fondò, sempre a Lisbona, il Teatro Livre, a imitazione di quello parigino di Antoine; vi agì Araújo Pereira, che può considerarsi il primo regista in senso stretto. Nel 1946 è apparso l'Estúdio do Salitre, per iniziativa dello scrittore italiano Gino Saviotti, che fra l'altro ha rivelato le opere di Luís Francisco Rebêlo. Ma il Novecento è stato a lungo contrassegnato dal prestigio quasi monopolistico del Teatro Nacional D. Maria II (di cui sono divenuti concessionari nel 1935 Amélia Rey Colaço e Robles Monteiro), con repertorio eclettico, collaborazione sporadica di scenografi di avanguardia (Almada-Negreiros) e di registi stranieri (Erwin Meyenburg, Cayetano Luca de Tena), con realizzazione anche di spettacoli all'aperto (A Castro nel 1935, il Sogno di una notte di mezza estate ecc.). Notevole l'attività del regista Francisco Ribeiro, prima con Os comediantes de Lisboa (1945-50), poi al Teatro Nacional Popular (1957-60). Ma una vera svolta ha avuto luogo con l'apparizione di teatri d'arte, come il Teatro Experimental do Porto (dal 1953, fondatore A. Pedro) e il Teatro de Arte de Lisboa (diretto da O. Vitorino). Nonostante le difficoltà con la censura salazariana, questi teatri hanno portato in Portogallo il miglior repertorio moderno. Va infine ricordata la vasta attività del teatro di rivista, negli anni Quaranta, per iniziativa dell'impresario italiano Piero Bernardon, e dal 1953 per impulso dell'attore e regista Eugénio Salvador, che si è avvalso dell'opera dello scenografo Pinto de Campos. Col 25 aprile 1974 si è aperto un ampio dibattito, giornalistico e legislativo, per la creazione di un teatro nazionale (sia di cultura popolare, sia di ricerca e sperimentazione) a gestione pubblica, capace di contribuire al rinnovamento democratico del Paese.

Cultura: danza

Al di là della tradizione popolare, assai vivace e diffusa in tutto il Paese, la danza teatrale in Portogallo ha avuto un proprio sviluppo – simile a quello delle altre tradizioni europee – pressoché esclusivamente circoscritto alla vita di corte e ai teatri della capitale, Lisbona. Nei sec. XV e XVI l'aristocrazia portoghese si era appassionata ai festosi intrattenimenti arricchiti di intermezzi danzati, allestiti sul modello di quelli italiani e francesi. Gil Vicente aggiunse a tali intrattenimenti una dimensione drammaturgica, dando vita così a un genere assimilabile al ballet de cour, che fu però presto travolto dall'incalzare degli avvenimenti politici e, tra la fine del sec. XVI e la prima metà del XVII in particolare, dall'avvento della dominazione spagnola. La prima metà del sec. XVIII e il regno di Giovanni V segnarono una certa ripresa dell'attività coreutica, ancora prevalentemente influenzata, comunque, dallo stile francese e italiano. Nel 1793 il Teatro Real de Sao Carlos fu inaugurato con due balletti di Gaetano Gioia, La felicità lusitana e I dispetti amorosi, primi esempi di un genere, quello allegorico, cui il pubblico portoghese si appassionò enormemente preferendolo di gran lunga a novità quali Giselle, rappresentata a Lisbona (1843, protagonista A. Maywood) sull'onda del dilagante gusto romantico che trionfava nel resto d'Europa. Il balletto romantico ebbe poi modesta fortuna, nonostante la presenza alla direzione del ballo, nella capitale, di personaggi quali A. Saint-Léon e C. Blasis. Anche Djagilev non fu ben accolto quando nel 1917 fu sorpreso a Lisbona dallo scoppio del primo conflitto mondiale e decise di trattenervisi fino a guerra conclusa. Nel dopoguerra la danza e il balletto hanno lentamente riconquistato un loro posto nella vita culturale del Paese: nel 1940 è stata fondata una compagnia professionale, Verde Gaio, di ispirazione folclorica, che ha compiuto però, per un certo tempo, anche qualche fruttuosa incursione nel repertorio del balletto classico e contemporaneo. Nel 1965 ha cominciato a operare il Gulbenkian Ballet o Grupo Gulbenkian de Bailado, espressione della fondazione omonima voluta dal mecenate Caluste Gulbenkian. Quest'ultima compagnia, largamente influenzata dalla tradizione classico-moderna britannica, ha contribuito in misura determinante a reintrodurre la danza teatrale portoghese all'interno dei circuiti del balletto e della danza contemporanea internazionale, mettendo in scena coreografie di autori quali J. Butler, B. R. Cullberg, L. Lubovich, P. Sanasardo, H. van Manen. Nuovi gruppi di ricerca sono nati negli ultimi anni, influenzati dalle avanguardie americane ed europee, e scuole e centri di studio sono sorti anche al di fuori della capitale.

Cultura: cinema

La stagione del “muto” (una sessantina di film dal 1911 al 1932, di cui quasi la metà dovuta a registi francesi) si chiuse con l'apparizione di due cineasti nazionali: Leitâo de Barros e Manuel de Oliveira, la cui opera prima, il documentario Douro, faina fluvial (1930), venne sonorizzata nel 1934. Fino al 1960 furono poi prodotti meno di un centinaio di film sonori, di livello mediocre con l'eccezione di Oliveira (Aniki-Bobó, 1941), per il pubblico delle 360 sale raccolte nelle città; mentre si aveva un persistente fiorire di riviste e di saggi sul cinema e, a partire dagli anni Cinquanta, del movimento dei cineclub. Solo nel decennio successivo si manifestarono i primi tentativi corali di uscire di tutela con E. de Sousa (Dom Roberto, 1962), A. de Macedo (Domingo a tarde, 1963), P. Rocha (Os verdes anos, 1963; Mudar de vida, 1966), F. Lopes (Belarmino, 1964), A. da Cunha Telles (O cerco, 1969), A. Campos (Vilarinho das Furnas, 1969-71), L. Galvâo e B. Jaculewicz, autori del mediometraggio Bestiaire (1970). Il 1970 è anche l'anno di fondazione del Centro portoghese del cinema, attorno al quale si raccolsero in cooperativa tutti i cineasti, giovani e meno giovani, per un rilancio nazionale, ancora una volta capeggiato da Oliveira (O passado e o presente, 1971), che annovera film dei citati Macedo (Nojo aos câes, 1970; A promessa, 1973) e Lopes (Uma abelha na chuva, 1972), ma anche di J. Fonseca e Costa (O recado, 1972), A. Lauro e R. Ceitil (Grande, grande era a cidade, 1971), A. Tropa (Pedro Só, 1972), A. P. Vasconcelos (Perdido por cem.., 1973), J. C. Monteiro col mediometraggio Sapatos do defunto. Dopo la svolta politica del 25 aprile 1974, il cinema da metaforico si tramutò in diretto e dallo stato di resistenza passò a quello d'intervento. Si fecero i conti retrospettivi col regime salazariano e la sua eredità di sottosviluppo materiale e culturale, raggiungendo nel 1976 la tensione più sincera con As ruinas no interior (1977) di José da Sà Caetano e con lo straordinario Trás-os-Montes (1976) di António Reis e Margarida Martins Cordeiro. Sulle speranze politiche frustrate uscirono riflessioni come Antes do Adeus (1977) di Ceitil e A Santa Aliança (1978) di E. Geada. Intanto Oliveira proseguiva con Amor de Perdição (1978) e Francisca (1980) la sua altissima parabola. Pur marginale, una certa considerazione la cinematografia portoghese ha continuato a mantenerla lungo tutti gli anni Ottanta, grazie alle opere di J. Botelho (Conversa Acabada, 1981; Tempos difíceis, 1988), J. C. Monteiro (Silvestre, 1981; Recordações da Casa Amarela, 1989) e ancora di Oliveira che ha girato lo splendido A Divina Comoedia (1991)e Viagem ao principio do mondo nel 1997 e che si conferma come il più importante regista portoghese, con il suo stile elegante e allusivo, prima con Inquietude (1998), poi con La Lettre (1999) e, rispettivamente nel 2001 e nel 2004, con Palavra e Utopiae Un Film Falado. Non si inaridisce neppure la vena provocatoria e surreale di João César Monteiro, che continua la caustica epopea del suo personaggio Deus con As bodas de Deus (1999). Tra i nuovi autori si segnalano Alberto Sexas Santos con l'apocalittico Mal (1999), Paulo Rocha, che firma l'elegante melodramma borghese O Rio do Ouro (1998) e Teresa Villaverde che gira nel 1998 Os Mutantes e nel 2000 Agua e Sal. Interessante, infine, Capitães de Abril (2000), film che segna il debutto dietro la macchina da presa dell'attrice Maria De Medeiros e che affronta un episodio chiave della storia portoghese, la Rivoluzione dei garofani del 1974.

Bibliografia

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Per la musica

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Per il cinema

M. De Azevedo, Perspectiva do cinema português, Oporto, 1951; A. Costa, Breve história da imprensa cinematográfica portuguesa, Lisbona, 1954; F. Duarte, Primitivos do cinema português, Lisbona, 1960; R. Prédal, Nouveau cinéma portugais, in “Jeune Cinéma”, 63, Parigi, 1972; A. Seabra (a cura di), Portogallo: “Cinema nuovo” e altre..., Napoli, 1988.

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