(República Bolivariana de Venezuela). Stato dell'America Meridionale (916.445 km²). Capitale: Caracas. Divisione amministrativa: Stati (23), Distretto Federale (1), Dipendenze Federali. Popolazione: 28.946.101 ab. (2011). Lingua: spagnolo. Religione: cattolici 84,5%, protestanti 4%, altri 11,5%. Unità monetaria: bolívar (100 centesimi). Indice di sviluppo umano: 0,764 (67° posto). Confini: Mar delle Antille e oceano Atlantico (N), Guyana (E), Brasile (S), Colombia (W). Membro di: Mercosur, OAS, ONU, OPEC e WTO.

Generalità

Denominato precedentemente República de Venezuela, dal 15 dicembre 1999 il Paese ha assunto il nome di República Bolivariana de Venezuela. Nel suo territorio vengono a contatto la regione andina, quella dei llanos dell'Orinoco (vasto bassopiano alluvionale), un ampio lembo del massiccio della Guayana e la regione caraibica. Scoperto da Cristoforo Colombo, che nel 1498 nel corso del suo terzo viaggio in America giunse alle foci dell'Orinoco, il Venezuela deve il nome al portoghese Alfonso de Ojeda e ad Amerigo Vespucci: i due navigatori, nel 1499, esplorando la costa caribica, erano penetrati nel lago di Maracaibo e si erano imbattuti in alcuni villaggi indigeni su palafitte, la cui vista richiamò loro Venezia; per tale motivo chiamarono la zona Venezuela, ossia “piccola Venezia”. Il Paese fu per lungo tempo una provincia dei vasti domini spagnoli, ma non conobbe mai i fasti di altre zone dell'impero coloniale iberico; anzi, fino agli inizi del XX secolo il Venezuela è vissuto in condizioni generali di povertà e arretratezza, soggiogato dalle pesanti eredità coloniali, espressesi nel dominio assoluto dell'aristocrazia creola. A rivoluzionare la situazione è intervenuta, a iniziare dagli anni Venti del Novecento, il ritrovamento di giacimenti di petrolio e gas naturale. Tali scoperte hanno determinato un discreto sviluppo industriale, ma si sono rivelate insufficienti a sanare le drammatiche disparità economiche e sociali. Alla luce di queste disuguaglianze può essere letto il successo politico di Hugo Chávez, un demagogo populista per i detrattori, un “novello Bolívar” per gli ammiratori.

Lo Stato

Ex possedimento spagnolo, indipendente dal 1821, il Venezuela è una Repubblica federale di tipo presidenziale; comprende 23 Stati, ciascuno con propria assemblea legislativa e governatore, un Distretto Federale che ospita la capitale, e varie Dipendenze Federali, costituite da alcune isole del Mar delle Antille, che dipendono direttamente dal governo centrale. In base alle Costituzione del 15 dicembre 1999 (che modifica il Testo del 1961), il potere esecutivo è esercitato dal presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale e diretto con un mandato di sei anni; nell'esercizio delle sue funzioni, è coadiuvato dal Consiglio dei ministri da lui nominati. Il potere legislativo spetta al Parlamento unicamerale, l'Assemblea nazionale, i cui membri sono eletti ogni 5 anni. Il Codice di Procedura Penale in uso ha sostituito il precedente codice napoleonico; esso prevede anche la partecipazione di giudici popolari ai processi. La giustizia è amministrata dal Tribunale Supremo, diviso internamente in tre sezioni: penale, civile-costituzionale e amministrativa. All'interno dei vari Stati, sono attivi tribunali di primo e di secondo grado. La difesa dello Stato è organizzata nelle tre forze tradizionali: esercito, marina (che include la Guardia Costiera) e aviazione. È presente anche una Guardia nazionale. Il servizio di leva è obbligatorio e dura 30 mesi; la leva può essere effettuata, anche su base volontaria, a partire dai 18 anni d'età.L'ordinamento scolastico, riformato dalla presidenza Chavez, viene impartito in scuole private e pubbliche (in cui l'istruzione è completamente gratuita) e prevede diversi gradi di istruzione: la scuola primaria, della durata di 6 anni, è obbligatoria e dura fino a 11 anni d'età. L'insegnamento superiore è impartito per altri 6 anni, fino ai 17 anni d'età. Nel Paese sono presenti diverse università; tra le principali sedi: Caracas (1725), Merída (1785), Valencia (1852), Maracaibo (1891), Cumaná (1958) e il politecnico di Barquisimeto (1962), cui si affiancano alcuni istituti privati come l'università di cattolica Andrés Bello e l'università Santa María. Il tasso di analfabetismo registrato tra la popolazione è pari al 4,8% (2007).

Territorio: morfologia

Il paesaggio del Venezuela si presenta vario e discontinuo, in quanto il territorio risulta costituito da sezioni caratterizzate da un diverso sviluppo delle vicende geologiche. Si va dalle catene montuose, con vette anche oltre i 5000 m, facenti parte del sistema andino, all'ampia depressione occupata dal lago di Maracaibo, dalle ondulazioni della superficie peneplanata dello scudo precambriano della Guayana alle piatte e monotone distese del bassopiano compreso tra le catene andine e il massiccio della Guayana (Macizo de Guayana). Esistono pertanto sia aree di recente formazione, coinvolte nelle complesse vicende dell'orogenesi andina e il cui assestamento non è ancora definitivo, come testimonia l'intensa attività sismica, sia aree antichissime, già emerse nel Precambriano. Nel complesso il territorio venezuelano può essere distinto in tre fondamentali sezioni: a W e NW una regione montuosa facente parte del sistema andino, al centro la successione di vaste pianure (llanos) del bassopiano continentale solcato dagli affluenti di sinistra del maggior fiume del Venezuela, l'Orinoco, e a SE un ampio penepiano, l'area più antica del Venezuela, appartenente appunto allo scudo della Guayana. Le Ande venezuelane costituiscono l'appendice nordorientale del grande sistema andino, che qui si assottiglia e smembra in diverse catene minori. L'erezione di queste è avvenuta per gradi: le prime fasi orogenetiche risalgono alla fine del Paleozoico, ma quelle più importanti si sono succedute a partire dalla fine del Cretaceo, con un massimo durante il Pliocene e il Pleistocene, quando si ebbero i sollevamenti di potenti serie sedimentarie mesozoiche e cenozoiche e la risalita di grandi masse intrusive di natura granitica, come quella del Pico Bolívar, che con i suoi 5007 m d'altezza è la più alta vetta venezuelana. I due principali allineamenti montuosi sono la Sierra de Perijá, lungo il confine con la Colombia, e la Cordillera de Mérida (Cordigliera di Mérida), nella quale si eleva il Pico Bolívar e che si estende in direzione SW-NE, per poi proseguire verso E con il nome di Cordillera della Costa. Tra la Sierra de Perijá e la Cordillera de Mérida si apre una depressione, vasta oltre 70.000 km² e in gran parte sommersa dalle acque del lago di Maracaibo: è il residuo di un più vasto golfo marino parzialmente colmato dalle alluvioni dei corsi d'acqua provenienti dalle alture circostanti. Questa depressione si è impostata in un bacino subsidente, invaso a più riprese dal mare, riempito da sedimenti tanto marini quanto continentali per una potenza complessiva superiore ai 5000 m e in cui si sono formati numerosi giacimenti di idrocarburi. La regione dei llanos è vasta oltre 300.000 km², ossia ca. il 35% del territorio venezuelano: piatto e monotono, questo bassopiano corrisponde strutturalmente a una subsidenza tettonica instauratasi tra la fascia orogenetica andina e il massiccio della Guayana. Potenti alluvioni cenozoiche e neozoiche, deposte dall'Orinoco e dai suoi affluenti, hanno gradatamente colmato quello che durante il Cenozoico era un ampio golfo marino; ancora oggi l'Orinoco e i suoi affluenti depositano enormi quantità di alluvioni, in particolare sabbie, sui llanos (il vasto delta del fiume progredisce costantemente al ritmo di ca. 45 m all'anno). Oltre il corso dell'Orinoco si incontra la terza grande regione venezuelana, incisa profondamente dagli affluenti di destra del fiume. È un ampio penepiano, alto in media 600-700 m, di rocce cristalline e sedimentarie, spesso profondamente metamorfosate, risalenti in gran parte al Precambriano; nel tratto meridionale è parzialmente ricoperto da formazioni sedimentarie e da intrusioni cristalline mesozoiche. L'altopiano raggiunge le maggiori altitudini nel Pico da Neblina (3014 m), al confine con il Brasile, e nel Roraima (2875 m); sempre ai margini con il Brasile corre la lunga Sierra de Pacaraima, che si affaccia sul bassopiano amazzonico. Le coste sono basse e paludose a W, tra le penisole della Guajira e di Paraguaná, mentre a E di quest'ultima si fanno man mano rettilinee ed elevate per l'allungarsi della Cordillera de la Costa parallelamente al litorale. In seguito al movimento di sommersione verificatosi nel Pliocene, pieghe marginali della cordigliera costiera hanno dato luogo alla caratteristica doppia penisola di Araya e di Paria e a formazioni insulari, tra cui l'isola Margarita.

Territorio: idrografia

La maggior parte del territorio venezuelano è tributaria dell'Atlantico tramite l'Orinoco (2140 km, bacino 953.700 km²), il terzo fiume per lunghezza dell'America Meridionale. Nato presso il confine con il Brasile, attraversa interamente il Venezuela formando un vasto arco, cui lo costringe la presenza del massiccio della Guayana; assai ricco d'acque, dato l'apporto di numerosissimi affluenti, nel suo alto corso è interrotto da numerose rapide e cascate che ne impediscono la navigazione (ciò vale anche per i suoi tributari di destra, che scendono cioè dal massiccio della Guayana: un suo subaffluente, tributario del fiume Caroní, forma anzi la cascata più alta della Terra, il Salto Angel, 979 m). L'Orinoco tuttavia è navigabile per navi anche oceaniche sino a Ciudad Bolívar grazie al dragaggio del Río Grande, il principale dei bracci del suo delta. Il regime delle acque è condizionato dalla distribuzione delle piogge: il periodo di magra va da settembre a marzo e corrisponde alla stagione asciutta che interessa la maggior parte del Paese. Corsi d'acqua molto più modesti, come il Tocuyo, si gettano direttamente nel Mare delle Antille scendendo dalla Cordillera de la Costa o, come il Catatumbo, tributano nel lago di Maracaibo, una laguna comunicante con il golfo del Venezuela attraverso uno stretto passaggio.

Territorio: clima

Data la posizione del Paese (ca. 1º e 12º lat. N), il clima presenta caratteristiche equatoriali: le temperature, almeno nelle zone più basse, sono relativamente uniformi con deboli escursioni termiche annue: a Maracaibo le temperature medie di gennaio e di luglio sono rispettivamente 26 e 29 ºC, a Barcelona 24 e 26 ºC, a Maturín 23 e 25 ºC. Variazioni notevoli si hanno naturalmente in funzione dell'altitudine: così a Caracas, posta a oltre 1000 m, le temperature risultano di 12 e 21 ºC e a Mérida, a 1600 m, di 17,3 e 19,8 ºC. Quanto alle precipitazioni, però, rientra nell'ambito del tipico clima equatoriale solo la vasta sezione meridionale, guaianense, con precipitazioni superiori ai 2000-2500 mm, regolarmente distribuite nel corso dell'anno; i llanos hanno invece un clima tropicale, a due stagioni (piovosa quella estiva, asciutta quella invernale) e piogge complessivamente meno abbondanti, sui 1000 mm annui. Valori e caratteristiche non molto diversi si hanno nella regione costiera, sebbene qui la quantità delle precipitazioni – spesso notevolmente inferiori – dipenda sostanzialmente dall'eventuale ostacolo opposto dai rilievi, o comunque dall'esposizione più o meno felice agli alisei di NE (a Caracas 800 mm annui, a Maracaibo 400 mm), cui si devono i fondamentali apporti di umidità.

Territorio: geografia umana. Il Popolamento

All'epoca della conquista spagnola, nel XVI sec., il Venezuela era scarsamente popolato da gruppi amerindi di immigrazione abbastanza recente, gli arawak e i caribi, stanziati lungo la costa, popoli che non raggiunsero mai livelli notevoli di civiltà e neppure seppero dar vita a un'entità statale di una certa estensione e consistenza. L'elemento indigeno non riuscì a opporre una valida resistenza al miscelamento e alla penetrazione della cultura spagnola; all'inizio del Duemila gli amerindi sono rappresentati da poche tribù etnicamente appartenenti ai caribi e agli arawak, o a gruppi non facilmente classificabili dell'area amazzonica, segregate nelle foreste meno penetrabili; oltre a praticare l'agricoltura itinerante si dedicano alla caccia, alla pesca e alla raccolta. Presenti negli Stati di Zulia (più di metà), Amazonas, Bolívar, Delta Amacuro, le tribù indigene hanno ottenuto negli ultimi anni un miglioramento nelle condizioni di vita e un maggiore riconoscimento dei diritti, anche se le loro richieste si scontrano spesso con gli interessi economici dell'industria mineraria. In epoca coloniale, inoltre, anche in Venezuela furono introdotti schiavi africani, ma per la scarsa diffusione dell'economia di piantagione nel Paese rimasero poco numerosi finendo in gran parte per mescolarsi alla popolazione. La composizione etnica vede prevalere l'elemento meticcio (63,7%), seguito da quello bianco (20%); meno numerosi sono i neri (10%), gli amerindi (ridotti all'1,3% della popolazione) e gli altri gruppi etnici (5%). Per secoli il Venezuela fu piuttosto trascurato dalle correnti immigratorie perché non offriva le ricchezze di altri Paesi americani; nel 1811, anno dell'indipendenza, la popolazione ammontava a ca. 800.000 ab. e nel 1880 raggiungeva appena i 2 milioni. La scoperta del petrolio (1917) accelerò notevolmente l'immigrazione, facendo salire la popolazione a 3,4 milioni di ab. nel 1936 e a oltre 5 milioni nel 1950. Fortissima è stata l'immigrazione negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, in gran parte alimentata da spagnoli, italiani e portoghesi; gli ab. erano 10,7 milioni al censimento dei primi anni Settanta (1971), quando una nuova ondata migratoria portò in Venezuela esuli da Cile, Argentina e Uruguay, Paesi dove la situazione politica si era rapidamente deteriorata, per poi raggiungere, nel censimento 2001, i 23 milioni di abitanti. I flussi migratori non si sono arrestati; il saldo migratorio vede una sostanziale situazione di pareggio tra la fuoriuscita di venezuelani, diretti specialmente verso Stati Uniti e Canada, e l'ingresso di individui provenienti da altri Stati andini, in difficoltà economiche e politiche. A cavallo del nuovo millennio, in particolare, il Venezuela si è trovato ad affrontare l'emergenza dei rifugiati colombiani: si calcola che tra il 2002 e il 2005 ne siano giunti oltre 300.000. Provenienti prevalentemente dalle regioni colombiane di Meta, Guaviare e Vichada, gli immigrati arrivano negli Stati di Zulia, Táchira, Apure; alcuni gruppi indigeni di nazionalità colombiana sono stanziati invece nella regione di Amazonas. La crescita annua, dell'1,5% nel periodo 2002-2007, è dimezzata rispetto agli anni Ottanta del Novecento (3%); ugualmente in calo risultano gli indici di natalità (21,5‰) mentre quelli di mortalità (5,1‰) si presentano stabili. Quella venezuelana risulta ancora una popolazione giovane (oltre un terzo degli abitanti è al di sotto dei 17 anni); il governo ha favorito negli ultimi anni politiche volte alla protezione di bambini e adolescenti in risposta a dati ancora allarmanti: il tasso di mortalità infantile risulta, infatti, ancora elevato e ca. un quinto dei bambini sotto i 5 anni soffre di qualche forma di malnutrizione. Questi indici risultano più alti tra le popolazioni indigena e nera. Altra emergenza socio-sanitaria è quella relativa alla diffusione dell'HIV, che interessa lo 0,7% della popolazione adulta del Paese.

Territorio: geografia umana. Densità e urbanizzazione

Estremamente ineguale è la distribuzione della popolazione, per la maggior parte raccolta sui rilievi costieri, dove si trovano le migliori condizioni climatiche. Nel secondo dopoguerra la lotta sistematica condotta contro le malattie tropicali ha avuto ragione del paludismo e della febbre gialla, consentendo un certo insediamento in zone come i llanos e l'area guaianense, in precedenza pressoché disabitate. Ciò ha mitigato un po' il precedente squilibrio distributivo: agli inizi del XIX sec. infatti ben il 75% della popolazione era concentrato su poco più del 3% della superficie territoriale. I maggiori poli d'attrazione delle correnti migratorie interne oggi Caracas, le regioni industriali dell'Ovest, le aree pedemontane andine e in minor misura i llanos. Sugli altopiani tra Valencia, La Guaira e Los Teques la densità si aggira sui 200-400 ab./km², molto al di sopra della densità media nazionale (33 ab./km²) mentre il Distretto Federale (Distrito Federal) è decisamente affollato (4489 ab./km²). Ben popolate anche le tierras templadas della Cordillera de Mérida mentre la densità scende a nei llanos e addirittura a 4-6 ab./km² nelle regioni occupate dal massiccio guaianense. Anche il piccolo Stato di Nueva Esparta, presenta alte densità abitative mentre le isole comprese nelle Dipendenze Federali hanno densità molto più basse. Non mancano piccoli nuclei isolati, fattorie e villaggi agricoli, soprattutto nelle zone montuose occidentali, ma la popolazione presenta uno dei più alti tassi di urbanizzazione del mondo. Il fenomeno ha conosciuto uno sviluppo gigantesco dopo la scoperta del petrolio, che ha trasformato il Venezuela in un Paese ricco e dinamicamente proiettato verso un benessere crescente; espressione massima di questa tendenza è la capitale, già tranquilla e modesta città coloniale, che cresce in modo vertiginoso, tendendo vistosamente allo sviluppo verticale con una selva di grattacieli a causa dello spazio limitato; Caracas si trova infatti a ca. 1000 m d'altitudine sul fondo di una vallata tra alte cordigliere boscose. Dai 55.000 ab. di un secolo fa la capitale è passata a 1,3 milioni di ab. nel 1960 e a oltre 3 milioni dopo il 2000 (nell'area metropolitana); una serie di grandi arterie e diverse autostrade facilitano inoltre i collegamenti sia dei vari quartieri della città, sia di quest'ultima con Maiquetía, sede dell'aeroporto, e con La Guaira, il porto di Caracas. L'altra grande città in rapida espansione è Maracaibo, essa pure di fondazione coloniale, ma divenuta grosso centro grazie ai vicini giacimenti petroliferi: ancora alla metà del XIX secolo contava ca. 15.000 abitanti. Le altre città mostrano invece sviluppi più contenuti e mantengono essenzialmente le funzioni regionali già svolte in epoca coloniale, anche se integrate e vivacizzate da nuove attività commerciali e industriali. I maggiori centri, tutti situati nel Venezuela occidentale, a W di Caracas, sono Valencia, sede di molteplici industrie, ben collegata con l'attivo sbocco marittimo di Puerto Cabello, Barquisimeto, vivace nodo commerciale e di comunicazioni a N della Cordillera de Mérida, e Maracay, mercato agricolo a breve distanza da Valencia, attivato dalle relative industrie di trasformazione. Nel Venezuela orientale si trovano i centri di Maturín e Ciudad Guayana, fondata nel 1961 alla confluenza del Caroní e dell'Orinoco, 500 km a SE di Caracas, con l'intendimento di renderla la metropoli dell'industria pesante venezuelana.

Territorio: ambiente

Le differenti condizioni climatiche e morfologiche giustificano l'esistenza di paesaggi assai contrastanti. Là dove esistono elevate condizioni di umidità, come nella sezione compresa nel bacino amazzonico, nella parte centrale e sudorientale del massiccio guaianense e nel delta dell'Orinoco, regna una densa foresta di tipo equatoriale; nella zona guaianense settentrionale, più asciutta, è particolarmente esteso il chaparral, formazione di transizione tra la foresta tropicale e la savana, arborea e arbustiva. La maggior parte dei llanos è costituita da una continua superficie erbosa con radi alberi che si infittiscono lungo il corso dei fiumi; dove le precipitazioni sono inferiori agli 800 mm annui, la vegetazione presenta uno spiccato adattamento xerofilo: in talune aree il paesaggio mostra aspetti di pseudosteppa o addirittura di predeserto. Sono soprattutto caratterizzate da una vegetazione xerofila le regioni vicine al litorale, dove spesso compare la foresta secca e rada, con grandi cactus a candelabro. Nell'area andina naturalmente la successione delle fasce altitudinali determina una sovrapposizione di ambienti assai diversi. Sino ai 1500 m ca. si stende la foresta umida, con abbondanza di epifite; essa degrada progressivamente, col crescere dell'altitudine, ponendosi verso i 3000 m il limite della vegetazione arborea. L'ambiente diviene steppico, con formazioni arbustive: è questa la fascia dei páramos, che giunge quasi ai 5000 m, dove s'incontrano le nevi perenni. Il patrimonio forestale interessa complessivamente il 54,1% del territorio nazionale ma destano preoccupazione i fenomeni della deforestazione e dell'inquinamento idrico e dei suoli causato dalle industrie. Tra i siti maggiormente colpiti si segnalano la riserva della foresta pluviale di Imataca, dove lo sfruttamento dei giacimenti auriferi ha immesso nell'ambiente grandi quantità di cianuro e mercurio, e il parco della Sierra de Perijá, un'area destinata all'estrazione del carbone che ha deturpato l'ecosistema e messo a dura prova la sopravvivenza delle tribù di indios ivi stanziate. Anche le aree costiere e lacustri mostrano segni di degrado: l'industria mineraria e petrolifera e lo scorretto trattamento degli scarichi hanno deteriorato le acque dei laghi di Maracaibo e Valencia e del Mar dei Caraibi. Tuttavia la sensibilità al problema della salvaguardia del patrimonio naturale venezuelano ha radici antiche: ai primi anni del XX sec. risale la prima legge nazionale per la difesa della natura, la Legge per i boschi e le montagne, nel 1937 fu istituito il Parco Nazionale Henri Pittier, e già la Costituzione del 1961 aveva tra le priorità la conservazione delle risorse locali. Degli anni Settanta e Ottanta sono invece le leggi specifiche che istituiscono il Ministero dell'ambiente e il sistema dei parchi. Le aree protette interessano il 49,5% del territorio e comprendono oltre 40 parchi nazionali e oltre 30 monumenti naturali, che sono le due categorie principali secondo la legislazione locale; sono poi comprese nel sistema numerose altre riserve. Gli ecosistemi protetti in queste località contengono una grande varietà di specie animali che rispecchiano l'eterogeneità del manto vegetale; vi si trovano mammiferi quali lontra gigante, puma, giaguaro, armadillo gigante, ocelot, chironetto, formichiere gigante, chiropote satanasso, kinkajù, taira, opossum, orso dagli occhiali; uccelli marini migratori e volatili delle zone di montagna, come cormorano, pivere, sula, sterna, fenicottero, falco pescatore, pellicano, gazza, colibrì, condor delle Ande; rettili, quali varie tartarughe, caimano, cascavel, boa, anaconda e altri serpenti; anfibi come rana, rospo e dendrobate; coralli, pesci tropicali, molluschi e crostacei. Il Parco Nazionale di Canaima è stato dichiarato nel 1994 patrimonio mondiale dell'umanità UNESCO. Si tratta di un'area di 3 milioni di ettari, situata nello stato di Bolívar, a un'altitudine compresa tra 400 e oltre 2800 m s.m. Il parco comprende un vasto territorio entro il massiccio della Guayana popolato da specie endemiche e in via di estinzione. Altri siti venezuelani di interesse internazionale sono poi la Riserva della Biosfera dell'Alto Orinoco-Casiquiare e cinque zone umide del programma Ramsar: isole Los Roques, Ciénaga de Los Olivitos, Cuare, Laguna de la Restringa, Laguna de Tacarigua. Il Paese vanta inoltre la presenza sul territorio della Fondazione per la difesa della natura (FUDENA), una ONG costituita nel 1975 da venezuelani al fine di promuovere la salvaguardia del patrimonio naturale nazionale.

Economia: generalità

Rispetto ad altri Paesi sudamericani, in epoca coloniale il Venezuela non offrì particolari interessi per l'immigrazione europea; da ciò anche un marcato perdurare di strutture economiche superate e poco produttive, caratterizzate da pesanti privilegi dell'oligarchia terriera e dalla scarsità di iniziative di tipo imprenditoriale. La chiave di volta del cambiamento è stata rappresentata dallo sfruttamento delle ingenti riserve di petrolio, iniziato dopo la prima guerra mondiale: il Venezuelaassunse, in tal modo, un ruolo strategico, innanzitutto nei confronti degli Stati Uniti, che, per la vicinanza geografica, divennero il primo Paese importatore del greggio venezuelano. Per lungo tempo però fra gli Stati più ricchi dell'America Latina e dell'intero Terzo Mondo, il Venezuela non derivò da tale ricchezza un reale sviluppo. Nonostante la nazionalizzazione (1976) del comparto petrolifero, i proventi dello stesso continuarono a concentrarsi, socialmente e territorialmente, nelle mani di pochi: alle compagnie straniere subentrarono poi i poteri pubblici, spesso corrotti, mentre ai margini della società del benessere rimanevano ingenti masse rurali e un sottoproletariato urbano ammassato nelle bidonvilles, alla periferia di Caracas e delle altre principali città. Le tensioni sociali sono andate accentuandosi negli anni Ottanta, quando la caduta dei prezzi del greggio evidenziò l'eccessiva dipendenza del Paese dai proventi petroliferi, arrivati a rappresentare il 75% delle esportazioni. L'agricoltura, nonostante su di essa fossero stati mirati alcuni piani di sviluppo pluriennali (in particolare il 6°, relativo al periodo 1981-85), restava sempre più arretrata e incapace di soddisfare la domanda alimentare interna. Anche l'industria siderurgica, localizzata nel bacino dell'Orinoco per la presenza di notevoli giacimenti di minerali di ferro, stentava a decollare, non riuscendo a concretizzare le prospettive di diversificazione dell'apparato produttivo che, inizialmente, sembrava avere aperto. Crebbero, di conseguenza, la disoccupazione, l'inflazione e l'indebitamento con l'estero (fino al 55% del PIL, alla metà degli anni Novanta): dato sconcertante, quest'ultimo, considerato il saldo attivo della bilancia commerciale, per lo più in valuta pregiata, sempre grazie alle esportazioni petrolifere. Nel 1989 lo Stato si impegnò a smantellare il pesante apparato amministrativo e a sostenere un'economia di mercato. I governi venezuelani a fronte di una situazione ormai insostenibile, si risolsero nel 1995 a intraprendere un programma di riassetto macroeconomico fondato essenzialmente sulla privatizzazione dei settori chiave. Tale processo incontrò, tuttavia, ulteriori resistenze da parte di una classe politica abituata a servirsi delle imprese pubbliche come fonti di finanziamento e i risultati stentavano a manifestarsi. Le misure di austerità adottate consentirono la ripresa della crescita e un sensibile calo dell'inflazione, mentre la vendita di imprese pubbliche incontrò ostacoli a causa delle richieste economiche, considerate eccessive dai potenziali acquirenti. Restarono così sul mercato le aziende metallurgiche, elettriche, telefoniche e alcune banche, mentre diede risultati assai migliori del previsto solo la vendita di oltre una decina di campi petroliferi. La nuova caduta dei prezzi del petrolio innescò tuttavia, nel 1998, una crisi monetaria e finanziaria che si ripercosse pesantemente sulle attività produttive: un aumento del tasso di disoccupazione riaccese le tensioni sociali e politiche. Dopo l'elezione di Hugo Chávez e la nuova Costituzione del 1999 sono state varate varie riforme economiche volte ad apportare modifiche in ogni settore dell'economia (esse hanno generato il malcontento dei ceti medi e della borghesia). Nel 2002 un tentativo di colpo di Stato è culminato nello sciopero del settore petrolifero, che ha bloccato il Paese per più di due mesi, con gravi conseguenze per l'economia, peggiorate da un nuovo sciopero nel 2003. All'inizio del 2006 il governo ha modificato i contratti stipulati con le società petrolifere internazionali per incrementare la partecipazione dell'impresa statale per la gestione degli idrocarburi (PDVSA), nazionalizzando 32 giacimenti e introducendo una nuova imposta sull'estrazione per le compagnie operanti nell'area dell'Orinoco. Altro provvedimento adottato è stato quello di firmare un accordo strategico con Cuba e Bolivia. Nel 2008 il PIL pro capite era di 11.388 $ USA (con un PIL di 319.443 ml $ USA), uno dei più alti del Sudamerica, tuttavia la distribuzione della ricchezza rimane diseguale e un numero elevato di persone vive sotto la soglia di povertà. La scarsa diversificazione dell'economia e la dipendenza dalla sola risorsa del petrolio continuano a rendere il Paese vulnerabile alla variazione dei prezzi sul mercato internazionale. I tentativi di diversificare l'economia (favorendo l'agricoltura, lo sfruttamento delle risorse forestali e l'allevamento) effettuati a partire dagli anni Cinquanta non hanno avuto gli esiti sperati, e la situazione è peggiorata anche a causa della corruzione, della crescente disoccupazione e dell'immigrazione clandestina.

Economia: agricoltura, foreste, allevamento e pesca

L'agricoltura nel 2007 occupava quasi il 9% della popolazione attiva e partecipava in misura modesta (4,1%) alla formazione del PIL; d'altronde arativo e colture arborescenti occupano meno del 4% della superficie territoriale. Si tratta, come detto, di un settore piuttosto arretrato; l'abolizione dei latifondi istituiti in epoca coloniale non è stata seguita da un'incisiva riforma fondiaria e in pratica ha dato per lo più avvio alla frantumazione agraria in microfondi; eppure da tempo i governi hanno destinato una parte cospicua dei proventi derivati dal petrolio proprio a sostegno dell'agricoltura, sia per potenziarne le strutture produttive sia per migliorare le condizioni di vita dei contadini, così da porre un argine al continuo esodo dalle campagne. Le principali colture alimentari, insufficienti a soddisfare il fabbisogno nazionale, sono rappresentate dal mais, che è il prodotto più tradizionale, dal sorgo e dal riso, diffuso nei llanos; seguono la manioca, le patate e le patate dolci (batate); si producono inoltre buoni quantitativi di ortaggi come pomodori, fagioli ecc., e di frutta: banane, agrumi, ananas, papaie, manghi ecc. Tra le colture industriali, abbastanza diversificate, hanno particolare importanza il caffè, diffuso sui versanti andini nella fascia delle tierras templadas e, nel distretto di Mérida, la canna da zucchero, attorno al lago Maracaibo, il cacao sui pendii più bassi, caldi e umidi del Mar delle Antille. Una discreta produzione dà pure il tabacco (nelle zone caribiche settentrionali, a Coro, Cumaná, Maturín, Puerto Cabello, Valencia e Maracay), cui si aggiungono alcune piante tessili, come il cotone (ad Aragua, Carabobo, Portuguesa e Falcón) e – meno importante – l'agave sisalana. Lungo la fascia costiera si hanno infine estese coltivazioni di palme da cocco. Una certa importanza ha anche la coltivazione di sesamo e arachidi. § Rilevantissimo è il patrimonio forestale (boschi e foreste sono estesi sui versanti andini più umidi, nel massiccio della Guayana e nel bacino dell'Orinoco), ricco di numerose e pregiate essenze quali mogano, cedro, samán, mora, apamate e altre piante a legno duro. Sono anche sfruttate le piante concianti come il divi-divi, quelle resinose come la copaiba, quelle medicinali (china in primo luogo) e la gomma (caucciù, balata e chicle). § Al pari del settore agricolo, anche quello zootecnico denuncia gravi ritardi, pur potendo costituire per il Paese una fonte di cospicua ricchezza. L'allevamento bovino, praticato in modo estensivo e destinato soprattutto alla produzione di carne, sfrutta principalmente le superfici erbose dei llanos, per la cui popolazione rappresenta un'attività rilevante. Le mandrie sono però costrette in parte a praticare la transumanza stagionale, perché durante l'epoca delle piogge vaste aree vengono inondate, rendendo necessario lo spostamento nelle zone più elevate, il llano alto, dove si trovano per lo più le abitazioni degli allevatori, i ranchos. Accanto all'allevamento bovino sta registrando un certo sviluppo quello suino; si hanno inoltre ovini, caprini, asini e cavalli e soprattutto volatili da cortile, diffusi in tutte le zone rurali; il patrimonio zootecnico, comunque, non riesce a soddisfare del tutto le necessità interne. § La pesca, in passato, non ha avuto particolare importanza; solo dal 1980 il governo ne ha favorito lo sviluppo, al punto che all'inzio del Duemila contribuisce sia al consumo locale sia, in parte, alle esportazioni (principalmente di gamberetti). Le principali zone di pesca sono la penisola di Paria e l'isola di Margarita, dove si esercita anche la raccolta delle perle naturali.

Economia: industrie e risorse minerarie

La politica governativa di marcata incentivazione del settore industriale, dal quale ci si attende in modo particolare la possibilità di sottrarre il Paese all'eccessiva dipendenza dal petrolio, ha già dato discreti risultati. Tuttavia, nonostante gli standard siano più alti rispetto a quelli dell'America Latina, la produttività è bassa e le industrie non riescono a competere sul mercato. Oltre ai menzionati impianti siderurgici e petrolchimici (principali raffinerie si trovano ad Amuay, Cardón, San Lorenzo, Bajo Grande, Barinas, El Calvario, Morón e Puerto La Cruz), il Venezuela può contare principalmente su stabilimenti per la produzione di alluminio, installati a Ciudad Guayana, su cementifici (Caracas, Pertigalete, Barquisimeto), cartiere (Maracay), stabilimenti chimici (acido solforico e fertilizzanti azotati a Morón), fabbriche di pneumatici, vetrerie, impianti per il montaggio di autoveicoli (sia autovetture, sia veicoli commerciali, a Caracas, Valencia e La Victoria), stabilimenti per la produzione di apparecchi radiofonici e televisivi. Si aggiungono le varie industrie che lavorano i prodotti agricoli e zootecnici locali: birrifici, riserie e complessi molitori, zuccherifici, oleifici, industrie del cuoio, conservifici, manifatture di tabacco e, concentrate quasi tutte nell'area di Valencia, industrie tessili (cotone, lana, fibre artificiali e sintetiche). § La massima risorsa venezuelana è costituita, come detto, dal petrolio, di cui il Venezuela è il decimo produttore su scala mondiale (125 milioni di t estratti nel 2006; principali giacimenti a Maracaibo, Falcón, Barinas, Maturín, Anzoátegui, Monagas, Delta Amacuro e Guárico) e il terzo Paese esportatore. Agli inizi degli anni Settanta del sec. XX, il Paese si collocava al terzo posto della graduatoria mondiale, estraendo in media 180 milioni di t; autorevole membro dell'OPEC, esercitava un ruolo di primo piano nelle decisioni di tale Organizzazione che portarono, nel 1973, al primo “shock” petrolifero, con la riduzione della produzione e l'aumento del prezzo (da 3 dollari per barile a 14 dollari, contro gli 11 dei Paesi del Golfo Persico); nel 1976, il settore è stato nazionalizzato (continua però a rimanere importante l'apporto tecnico di compagnie straniere). In seguito, il sempre più vistoso sbilanciamento dell'economia verso il solo settore petrolifero – orientamento particolarmente dannoso per un Paese che, rispetto a quelli arabi, doveva sostenere un ben maggiore carico di popolazione e presentava un quadro di risorse potenziali ben più ampio – ha indotto a contenere la produzione, limitandone l'incidenza sulle esportazioni. Sucessivamente, di fronte ai nuovi equilibri energetici mondiali, il Venezuela prese a contestare il sistema delle quote di produzione imposto dall'OPEC, ritenendolo ormai superato, e se ne mantenne al di sopra di ca. il 20% (3,2 milioni di barili al giorno, contro i 2,6 assegnati). Solo nel 1998, a fronte della grave crisi interna, si è tornato a parlare di contingentamento (nella misura di 500.000 barili in meno al giorno), nel tentativo, peraltro vano, di determinare un rialzo del prezzo. Benché le raffinerie presenti nel Paese siano numerose, parte del greggio è avviato agli impianti di Curaçao e di Aruba, nelle Antille Olandesi. Ingente è la produzione di gas naturale, estratto a Placer, Lechoso, Amana e Maraven. La Petroquímicas de Venezuela (Pequiven) sovrintende allo sviluppo di tutto il settore petrolchimico. Molto cospicui sono anche i giacimenti di minerali di ferro, per lo più ad alto tenore metallico, con miniere a El Pao, Cerro Bolívar e San Isidro; il ferro è in parte esportato, ma in larga misura alimenta la siderurgia nazionale, localizzata a Matanzas, il sobborgo industriale di Ciudad Guayana. Il Venezuela dispone di molte altre risorse minerarie, più o meno abbondanti: bauxite (di cui è il nono produttore mondiale, con 6 milioni di t estratti nel 2006), rame, piombo, oro (sugli affluenti di destra dell'Orinoco), diamanti (alto Icabarú), asfalto, amianto (Cojedes e Miranda), fosfati (Falcón e Táchira), manganese, carbone (Naricual e Capiricual) ecc.; lungo la costa sono attive numerose saline da cui si estrae sale marino iodato. Notevolissimo è infine il potenziale idroelettrico (10 centrali sul Caroní, oltre a quelle di Guri e Macagua), che copre il 70% del fabbisogno elettrico. Presso Caracas è in funzione un reattore nucleare. Il settore secondario contribuisce per il 52,1% alla formazione del PIL e occupa il 23,3% della forza lavoro.

Economia: commercio, comunicazioni e turismo

Gli scambi commerciali all'interno del Paese sono ormai abbastanza vivaci, anche se in misura determinante interessano solo Caracas e le altre maggiori città, mentre gran parte del Venezuela rimane ancorata a un'economia di pura autosussistenza. Quanto agli scambi con l'estero, oltre al petrolio le esportazioni sono rappresentate principalmente da minerali di ferro, acciaio, alluminio, bauxite, caffè, cacao, prodotti chimici, manufatti; le importazioni consistono eminentemente in macchinari e mezzi di trasporto, generi alimentari, materie prime e materiali per l'edilizia. La bilancia commerciale è in netto attivo (grazie soprattutto all'esportazione di idrocarburi); gli scambi più intensi si svolgono con gli Stati Uniti (al cui mercato il Venezuela rimane fortemente dipendente, questo infatti nel 2006 ha coperto oltre due quinti delle esportazioni e oltre un quarto delle importazioni), seguono Antille Olandesi e Cina per l'export e Colombia, Brasile, Cina, Messico e Panamá per l'import. § Le vie di comunicazione sono quasi unicamente rappresentate da strade (ca. 100.000 km, di cui un terzo asfaltate nel 2001); ben dotata è la zona caribica, mentre l'accesso resta difficile nelle regioni interne, spesso raggiungibili solo con l'aereo o la navigazione fluviale. Per facilitare le comunicazioni sono stati costruiti ponti giganteschi: quello sul lago di Maracaibo ne collega le due rive e ha una lunghezza di 8800 m; quello sul fiume Apure ha aperto il passaggio verso la sezione meridionale dei llanos; mentre quello di 1600 m sul fiume Orinoco, a Ciudad Bolívar, consente l'accesso alla regione guayanense. Per contro la rete ferroviaria è ridottissima (682 km nel 2005). Conservano in gran parte la loro passata importanza le vie navigabili interne (l'Orinoco è risalibile per più di 1100 km e regolari servizi di navigazione funzionano sul lago di Maracaibo). Fondamentali sono le comunicazioni marittime, indispensabili per un Paese la cui economia dipende eminentemente dagli scambi con l'estero. Il Venezuela può contare su vari porti modernamente attrezzati; i più importanti sono La Guaira, al servizio della capitale, con cui è raccordato da un'ottima autostrada, Puerto Cabello e Maracaibo, quest'ultimo eminentemente petrolifero; seguiti da Puerto La Cruz, Cabimas, Amuay, Puerto Sucre e Punta de Piedras. Tra i porti fluviali ha un cospicuo movimento mercantile Ciudad Guayana, sull'Orinoco, adibito per lo più all'esportazione dei minerali di ferro. Il Paese infine può contare su una buona rete aerea, collegata a tutti i principali Paesi americani ed europei. I maggiori aeroporti sono quelli di Caracas (Maiquetía, Simón Bolívar), di Maracaibo, di Barcelona, seguiti da Barquisimeto, Maturín, Ciudad Bolívar, Porlamar e San Fernando de Apure. § Il turismo ha subito un notevole calo a causa del colpo di stato del 2002, e il numero dei turisti si è quasi dimezzato tra il 1997 e il 2004, per poi riprendersi nuovamente nel 2005 (706.000 ingressi); il settore resta comunque molto al di sotto delle proprie potenzialità a causa della scarsità di strutture organizzative e ricettive.

Storia

I primi insediamenti umani risalgono a ca. 15.000 anni a. C. Gli abitanti, frazionati in tribù, erano dediti alla caccia e alla pesca. Cristoforo Colombo vi sbarcò nel 1498; ma i primi nuclei stabili di conquistadores si formarono dopo il 1512. Nel 1528 lo spagnolo Juan de Ampíes fondò Coro, da cui partì una colonizzazione rimasta unica nella storia sudamericana: si trattò delle spedizioni organizzate da gruppi tedeschi, dipendenti dagli istituti finanziari dei Welser, degli Ehinger e dei Sayler, ai quali l'imperatore Carlo aveva concesso apposite autorizzazioni. Questi si spinsero nell'interno all'inutile ricerca di un mitico Tesoro (El Dorado); verso la metà del sec. XVI furono sostituiti dagli Spagnoli che fondarono le città di El Tocuyo (1545), Barquisimeto (1552), Trujillo, Mérida (1558), Caracas (1567). La nuova colonia divenne una Capitanía General, sede di Audiencia, e fino al termine del sec. XVIII seguì le vicende dell'impero spagnolo d'America. Caracas, città provinciale, ebbe una più intensa vita culturale con la fondazione dell'università (1725); e qui sorsero i primi movimenti nazionali sulla spinta degli ideali dell'illuminismo europeo e della Rivoluzione francese. Con il maturare del patriottismo nella borghesia urbana, esplose anche una forma di contestazione violenta a opera degli schiavi neri e mulatti, che si rivoltarono fra il 1780 e il 1795 e subirono sanguinose repressioni da parte delle truppe spagnole. F. deMiranda andò a Londra a perorare la causa dell'indipendenza del Venezuela e nel 1797 la Gran Bretagna occupò l'isola di Trinidad e da quella base inondò il Venezuela di pubblicazioni antispagnole. Nel 1806 Miranda tentò l'azione diretta con uno sbarco improvviso a Coro e Ocumare, ma gli Spagnoli lo respinsero. Il 24 ottobre 1808 due editori inglesi, Lamb e Gallagher, stamparono a Caracas la prima copia di un giornale, la Gazeta de Caracas, che appoggiò le idee dei nazionalisti. Finalmente il 19 aprile 1810 i notabili della capitale si riunirono in Cabildo, deposero il capitano generale Vicente de Emparán e insediarono una “Giunta suprema conservatrice dei diritti di Fernando VII”. Questa riaffermò la sovranità della Spagna, ma formò il governo locale con elementi nati in Venezuela; si formarono poi due organizzazioni: la Società patriottica e il Club degli scamiciati, che parteciparono a un'Assemblea Costituente, la quale il 5 luglio 1811 proclamò l'indipendenza del Paese. Il 21 dicembre, sempre del 1811, venne promulgata la prima Carta costituzionale e Miranda assunse la guida del Paese. Gli Spagnoli l'anno dopo occuparono Caracas e decretarono la fine dell'esperimento indipendentistico. Miranda fu catturato e tradotto a Cádice; molti patrioti dovettero prendere la via dell'esilio: fra essi era anche Simón Bolívar, che nel 1813 tornò a Caracas alla testa di un piccolo esercito, ma fu ricacciato. Nel 1814 José Tomás Boves risollevò il vessillo indipendentistico e organizzò una ribellione guerrigliera. Ucciso in battaglia a Urica, venne sostituito da José Antonio Páez. Bolívar, dal canto suo, rientrò in campo nel 1816, per affermarsi gradualmente capo supremo delle forze rivoluzionarie. Liberata buona parte del territorio, nel febbraio 1819, ad Angostura (oggi Ciudad Bolívar), proclamò la nascita della Repubblica del Venezuela e ne assunse la presidenza. Poi, in dicembre, associò Venezuela e Colombia nella Repubblica confederata della Gran Colombia che dal 1821 inglobò anche l'Ecuador. A causa di personalismi e d'interessi concorrenziali, specialmente fra i grandi allevatori e proprietari terrieri, che si avvalevano delle rivalità dei generali, nel 1830 la Gran Colombia si sciolse e il Venezuela divenne una Repubblica sovrana. Il nuovo Stato però ebbe vita difficile per il triste fenomeno del caudillismo. Aprì la serie José Páez, presidente della Repubblica dal 1830 al 1834 e poi ancora dal 1838 al 1842. Il suo fu un regime autoritario, ma permise al Paese di consolidarsi sul piano economico, attraverso la coltivazione e l'esportazione del caffè. Quel processo di crescita favorì l'emergere di ceti dinamici, che a loro volta, ispirati dall'ideologo Antonio Leocadio Guzmán, determinarono la nascita di un movimento liberale in opposizione al dispotismo governativo. Da allora liberali e conservatori si disputarono il potere, ricorrendo spesso all'uso delle armi. Nel 1847 l'oligarchia conservatrice elevò alla presidenza il generale José Tadeo Monagas il quale, alternandosi con il fratello José Gregorio, conservò la carica fino al 1858. La perse nel conflitto tra fautori di un governo accentratore e sostenitori delle autonomie provinciali durato cinque anni. Nel 1863 i liberali-federalisti si assicurarono la presidenza con il generale Crisóstomo Falcón. Il 28 marzo 1864 fu promulgata la Costituzione degli Stati Uniti del Venezuela. Nel 1868 il conservatore José Tadeo Monagas riassunse il potere, ma nel 1870 il liberale Antonio Guzmán Blanco prese d'assalto Caracas e avviò un regime personale che si chiuse nel 1889. Al suo governo seguirono dieci anni di lotte convulse finché nel 1900 divenne presidente Cipriano de Castro, uomo forte della “rivoluzione restauratrice”. A lui subentrò nel 1908 un altro “uomo forte”, Juan Vicente Gómez, un dittatore spietato, che lasciò il campo libero ad alcune compagnie petrolifere straniere (statunitensi, britanniche e olandesi). Nel 1928 il Venezuela passava al secondo posto fra i produttori di petrolio nel mondo. Successore di Gómez (1935) fu il generale Eleazar López Contreras: moderato, egli permise all'opposizione di organizzarsi, autorizzando la creazione del Partito democratico nazionale, poi ribattezzato Azione democratica. Nel 1941 ascese alla presidenza Isaías Medina Angarita, che schierò il Paese al fianco degli Stati Uniti contro l'Asse e il Giappone. Cresceva intanto l'opposizione all'autoritarismo interno: nel 1945 Azione democratica guidò una rivolta grazie alla quale ottenne elezioni a suffragio universale; due anni dopo insediò alla presidenza della Repubblica lo scrittore Rómulo Gallegos, che realizzò riforme nel campo agrario e in quello industriale. I conservatori e i militari reagirono: nel 1948, con un colpo di stato, rovesciarono Gallegos e restaurarono l'autoritarismo. Fino al 1952 i poteri vennero retti da una Giunta; poi, “per volere delle forze armate”, fu proclamato presidente il colonnello Marcos Pérez Jiménez, che governò 5 anni e poi fu deposto. La Giunta che lo sostituì, diretta dall'ammiraglio W. Larrazábal, fece svolgere le elezioni il 7 dicembre dello stesso anno: risultò vincitore R. Betancourt, candidato presidenziale di Azione democratica. All'inizio il suo governo cercò di accelerare le riforme, ma poi subì involuzioni di stampo reazionario, dando origine a proteste e a sommovimenti sociali. In varie zone montagnose cominciarono ad accendersi “fuochi” di guerriglia. Tuttavia nel dicembre 1963 Azione democratica riuscì ancora a vincere le elezioni con la candidatura di R. Leoni. Cinque anni dopo, però, il successo arrise a R. Caldera Rodríguez, leader del COPEI (Comité de organización política electoral independiente), che divenne la sigla del Partito socialcristiano. La situazione sostanzialmente non mutò. Nel dicembre 1973 tornò a vincere Azione democratica: C. Andrés Pérez fu il nuovo presidente della Repubblica. Per sua decisione vennero adottate due importanti misure: la ripresa delle relazioni diplomatiche con Cuba, interrotte dal 1962, e la nazionalizzazione del ferro e del petrolio. Nel 1978 fu il COPEI a vincere le elezioni e la presidenza passò nelle manidi L. Herrera Campíns. Per fronteggiare la grave situazione economica venutasi a creare dopo il 1980, Campíns dovette abbandonare i grandiosi programmi industriali impostati da C. A. Pérez. In politica estera il presidente decise di riavvicinarsi agli Stati Uniti, provocando in tal modo un netto deterioramento nelle relazioni con Cuba e col Nicaragua sandinista. Il COPEI, a causa del peggioramento della situazione interna, fu sconfitto nelle presidenziali del 1983, vinte dal candidato di Azione democratica, J. Lusinchi, considerato l'erede spirituale del fondatore del partito Rómulo Betancourt (m. 1981). Trovatosi ad affrontare una crisi economica senza precedenti nel dopoguerra, Lusinchi fu incapace di azioni incisive ovvero adeguate alla gravità del momento. Per le elezioni del dicembre 1988 Azione democratica candidava quindi Carlos Andrés Pérez, già presidente negli anni 1974-79, figura molto discussa per il suo coinvolgimento in un processo per malversazione di fondi pubblici, ma dotata di grande carisma. Uscito vincitore dal confronto elettorale, nel febbraio 1989 Pérez si insediava alla presenza di tutti i capi di Stato dell'America Latina, cui proponeva subito una comune azione sulla questione del debito estero. Immediata fu pure l'adozione di una severa politica di austerità, che provocava però un'estesa rivolta popolare nella capitale (marzo 1989), con oltre 500 morti, e la dichiarazione dello Stato d'assedio. In tale diffuso disagio un gruppo di militari, con un discreto seguito popolare, tentava di impadronirsi del potere in due occasioni (febbraio e novembre 1992) venendo però ridotto all'impotenza, con sanguinosi scontri, dalle forze fedeli al presidente. Nel maggio 1993, tuttavia, Pérez veniva accusato di corruzione e sospeso dalla carica. Al suo posto veniva nominato presidente ad interim R. Velásquez, che alla conferma della destituzione di Pérez (settembre) assumeva la presidenza fino alla scadenza naturale del mandato del suo predecessore. Nelle successive elezioni (dicembre 1993), la volontà popolare decretava la vittoria dell'anziano Caldera (già presidente della Repubblica dal 1969 al 1974), il quale, uscito dal COPEI nel 1988, si era candidato a capo di uno schieramento estremamente composito, costituito da una coalizione di forze di sinistra e nazionaliste. Costretto a fronteggiare la gravissima congiuntura economica connessa al collasso del sistema finanziario del Paese, nel 1994 Caldera decretava lo stato di emergenza, sospendendo alcune garanzie costituzionali, imponendo controlli sui cambi e sui prezzi e procedendo, nel 1995, alla svalutazione della moneta. La liberalizzazione del settore petrolifero, l'aumento della pressione fiscale e il blocco dei salari, pur restituendo una qualche credibilità internazionale al Venezuela, che aveva ottenuto nel 1996 crediti per 3 miliardi di dollari, facevano lievitare il malcontento popolare. Nelle elezioni presidenziali del 1998 si imponeva pertanto, sostenuto da una coalizione di sinistra (il Polo patriottico), Hugo Chávez, ex paracadutista, autore di un fallito colpo di stato nel 1992. Questi, come primo atto del suo governo, inducendo come scopo la volontà di attuare un processo di democratizzazione della vita politica del Paese, indiceva nel 1999 un referendum per l'approvazione di una nuova Costituzione, ottenendo la maggioranza dei consensi. A seguito di questa revisione dal sapore fortemente peronista, il 15 dicembre 1999 il Venezuela prendeva il nome di República Bolivariana de Venezuela, veniva abolito il Senato, esteso a sei anni il mandato presidenziale e introdotta la possibilità per il presidente di una sua rielezione. All'esecutivo veniva data la facoltà di sciogliere il Parlamento, mentre il compito di sovrintendere alle promozioni interne alle forze armate, precedentemente attribuito al Senato, veniva attribuito al presidente. La nuova Costituzione, inoltre, restituiva ai militari il diritto di voto e aboliva la leva, sostituita da un esercito professionale e da un servizio civile, la proprietà dell'industria petrolifera passava allo Stato e infine lo spagnolo, la lingua ufficiale, veniva affiancata dal riconoscimento delle lingue indigene. Sempre nell'ottica di un processo di trasformazione della vita politica del Venezuela, nel 2000 il presidente Chávez indiceva nuove elezioni presidenziali, che vinceva con una schiacciante affermazione sull'opposizione. Ricevuto, quindi, il pieno consenso del popolo venezuelano, alla fine dell'anno, Chávez otteneva dal Parlamento anche ampi poteri in diversi settori come quello energetico e finanziario. La grave crisi economica del Paese, e la dilagante povertà, finivano però per far vacillare la saldezza del potere di Chávez: nell'aprile 2002 una folla di manifestanti ne chiedeva le dimissioni, provocando gravi incidenti nel centro di Caracas. Il presidente veniva imprigionato da un gruppo di militari golpisti e il leader degli industriali, P. Carmona, assumeva la guida di un governo provvisorio. Soltanto due giorni dopo, però, Chávez veniva liberato e il comandante dell'esercito E. Vásquez imponeva a Carmona di dimettersi. Il presidente, dunque, riprendeva il suo posto e, acclamato dai suoi sostenitori, lanciava un appello all'unità della nazione. L'opposizione, nonostante la Costituzione prevedesse la possibilità di destituire il presidente solo dopo che fosse trascorsa la metà del suo mandato, continuava a percorrere ogni via al fine di ottenerne le dimissioni anticipate, tentando di scongiurare così l'inizio del piano di riforme previsto da Chávez. In un clima politico e sociale di grande tensione, si alternavano manifestazioni dell'opposizione a quelle dei sostenitori del governo e iniziava uno sciopero a oltranza dell'industria petrolifera. Successivamente governo e opposizione raggiungevano un accordo, firmato in giugno, per procedere con la convocazione del referendum, per la quale, a fine anno, l'opposizione aveva raccolto 3,4 milioni di firme. Nel febbraio 2004 il Consiglio elettorale nazionale riconosceva valide poco più della metà delle firme raccolte dall'opposizione, numero insufficiente per indire il referendum, ma successivamente l'opposizione riusciva a raccogliere un numero sufficiente di firme per il referendum, che, svoltosi in agosto, ha visto la vittoria di Chavez. Nel dicembre 2005 si svolgevano le elezioni politiche, che registravano un'affluenza del 25% a causa del ritiro dalla competizione elettorale dei partiti di opposizione; grazie a questa decisione il partito di Chavez conquistava i due terzi dei seggi in Parlamento, necessari per apportare modifiche alla Costituzione. A partire dai primi mesi del 2006 sono stati nazionalizzati 32 giacimenti e introdotte nuove imposte per le compagnie petrolifere operanti nella zona dell'Orinoco. Rieletto trionfalmente con oltre il 62% del voto, il presidente ha proseguito sulla strada intrapresa lanciando un “progetto socialista di trasformazione radicale”. Nel 2007 un referendum bocciava la riforma della Costituzione voluta dal presidente Chávez, che avrebbe cancellato il limite al numero di mandati presidenziali e avrebbe permesso limitazioni alla libertà di informazione in caso di emergenza. In politica estera diventavano tesi i rapporti con la Colombia a causa dei bombardamenti delle basi delle FARC in territorio ecuadoriano, mentre rimanevano alte le tensioni con gli USA per la nazionalizzazione del settore energetico. Nel frattempo il Paese entrava in una crisi economica aggravata dal ribasso del prezzo del greggio, mentre il presidente riusciva a far passare la riforma costituzionale, con la quale poteva ricandidarsi illimitate volte, grazie a un nuovo referendum (febbraio 2009). Nel settembre del 2010 il partito socialista del presidente Chávez vinceva le elezioni, ma il cartello, formato dai partiti d'opposizione riusciva a ottenere un buon risultato. Nell'ottobre del 2012 il presidente otteneva il suo quarto mandato, vincendo le elezioni, con oltre il 54% dei consensi, sconfiggendo il conservatore Henrique Capriles. Nel marzo del 2013 Chavez, dopo essersi ritirato dalla politica alcuni mesi prima, muoriva, lasciando la guida del Paese al vice presidente Nicolás Maduro Moros, il quale vinceva le elezioni di aprile, sconfiggendo il candidato dell'opposizione Henrique Capriles. Nel 2014 iniziavano nel Paese grandi manifestazioni di piazza contro la politica del presidente Maduro.

Cultura: generalità

Le forme che caratterizzano la cultura e la società venezuelane hanno origini comuni a tutto il Sudamerica, vale a dire quella spagnola dei colonizzatori e quella africana degli schiavi (benché siano arrivati qui in misura minore) sovrappostesi o combinatesi con quella nativa. I modelli occidentali sono diventati via via più forti nel corso del XX secolo, contribuendo a creare una commistione di valori e abitudini in cui convivono sacramenti cristiani e pratiche tribali, cibi preconfezionati e specialità locali, baseball e corrida. La letteratura venezuelana, relativamente giovane, ha saputo ritagliarsi uno spazio importante all'interno del mondo latino-americano, pur senza voci in grado di imporsi alla critica e al pubblico mondiale al pari di altri scrittori del Sudamerica. Più che in altre realtà, la produzione letteraria, e artistica in genere, si è confrontata con il contesto socio-politico in cui era immersa: il tema dell'oppressione e della libertà, dell'esilio e delle radici sono stati indagati praticamente da tutte le generazioni di autori, a cominciare da S. Bolívar. Sentimenti nazionalistici sono inoltre presenti nelle opere di molti pittori e compositori, anche se il Novecento ha visto il progressivo diffondersi di influenze europee e internazionali, fattore che ha contribuito a introdurre nel Paese temi e stili nuovi. Cuore pulsante dell'attività artistica del Venezuela rimane, soprattutto per attività quali il teatro o la musica colta, Caracas. Nella capitale hanno sede le maggiori istituzioni sorte nel corso del Novecento per sostenere lo sviluppo delle diverse realtà culturali. La Città universitaria di Caracas inoltre fa parte, dal 2000, della lista del patrimonio dell'umanità protetto dall'UNESCO, insieme a Coro e il suo porto (inserito nel 1993 e compreso però fra i siti in pericolo).

Cultura: tradizioni

In alcune aree del Venezuela si osservano alcune tradizioni che costituivano il fondo culturale delle tribù che abitavano il Paese in età precolombiana: per esempio in primavera, nello Stato di Lara, si celebra ancora una particolare cerimonia in cui si danza imprimendo al corpo un movimento che vuol riprodurre quello del vento; la stessa danza si ritrova durante le feste natalizie fra le popolazioni della zona orientale. Complessa nei suoi movimenti, la danza è diretta da un capataz e da otto mayordomos, uomini e donne. Successivamente la nomina del cachique (capo del villaggio) si compie con la consegna di una frusta di vimini ricoperta con cera nera; se il cachique muore durante il suo mandato, la frusta viene bruciata e sostituita con una nuova. La cerimonia continua con la lettura di testi antichi, contenenti insegnamenti morali e politici con adeguati commenti storici. Fra la popolazione delle Ande venezuelane, in passato, era comune l'usanza di mummificare i morti e seppellirli in grotte in posizione seduta. Ma molteplici sono le consuetudini che si sono conservate come quella del delta dell'Orinoco dove si coltivano i legumi dentro un tronco scavato a forma di canoa. Non solo: nelle case dei contadini non è difficile trovare ancora oggi statuine della divinità del mais o del dio della fertilità. Per altro verso, il patrimonio culturale della popolazione di colore, in gran parte disperso, ha dato luogo a singolari sincretismi: ora fondendosi con le tradizioni cristiane, ora con le usanze indie. Anche la musica popolare del Venezuela mostra contaminazioni indie, spagnole e africane; spiccano in particolare i canti di lavoro, vocali o vocali-strumentali, con forti influenze modali, canti religiosi legati alle festività cattoliche, danze come il tono llanero e il joropo (entrambe di origine spagnola) e inoltre il merengue, il galerón, il corrido, il polo, la cumbía (di origine afro-antillana). La cucina del Venezuela è particolarmente ricca: fra i piatti più diffusi, che costituiscono la cosiddetta comida criolla, incrocio delle tre componenti etnico-culturali, l'arepa (tortino di mais), la hallaca (sorta di “calzone” natalizio ripieno di carne), il pabellón (piatto nazionale a base carne, riso, fagioli, formaggio e plantano) e il sancocho. Birra, rhum e caffè sono le bevande più comuni.

Cultura: letteratura

Il Paese appare privo di una vera e propria cultura coloniale fino al secolo XVIII; il primo documento di una letteratura locale è la Historia de la conquista y población de la provincia de Venezuela di José Oviedo y Baños (1671-ca. 1738). La trasformazione del Seminario di Caracas in Università reale e pontificia (1725) avviò un primo sviluppo culturale che nella seconda metà del sec. XVIII si fece più consistente. Il che permette di comprendere come il Venezuela abbia potuto dare alla causa dell'indipendenza americana due figure di primo piano: Francisco Miranda e il Libertador Simón Bolívar (1783-1830), che fu anche un uomo coltissimo e uno scrittore di rara efficacia. Nella stessa atmosfera di rinnovamento illuminista si formò il primo grande scrittore del Venezuela, Andrés Bello (1781-1865), erudito e poeta (apprezzato soprattutto nelle Silvas) , stabilitosi dopo il 1829 in Cile. L'indipendenza politica portò un grande fervore culturale e contatti sempre più fitti con l'Europa e il resto dell'America. Sirivelarono scrittori “civili” come A. L. Guzmán (1802-1884), Fermín Toro (1807-1865) e Rafael M. Baralt (1810-1860), poeti di formazione ancora neoclassica, e J. V. González (1811-1866), poeta e prosatore già sensibile al romanticismo, che trionfa nei versi di J. A. Maitín (1804-1874) e A. Lozano (1821-1866) e con esiti più considerevoli in quelli di J. R. Yepes (1822-1881) e J. A. Calcaño (1827-1894), con cui si aprì una seconda generazione romantica. Fra i prosatori emersero C. Acosta (1818-1881), poligrafo di vasti interessi, lo storico e narratore E. Blanco (1840-1912), gli autori di narrazioni di costume D. Mendoza (1823-1867), N. B. Peraza (1838-1906) e, con particolare rilievo, A. Rojas (1826-1894), le cui Leyendas de Venezuela sono tuttora considerate un testo classico, e il più tardo T. F. Cordero (1860-1938). Nella saggistica si affermò, nella seconda metà del secolo, il positivista J. G. Fortoul (1862-1943), mentre il teatro ebbe inizi tardi e di scarso valore (Eduardo Calcaño, 1831-1904). Le vicende politiche del Paese, ripetutamente governato da dittatori tutt'altro che sensibili alle istanze culturali, condizionarono fortemente le sorti della letteratura; il caso dello scrittore esiliato o impegnato nella politica divenne sempre più frequente. Si manifestarono tuttavia poeti nuovi, cioè parnassiani e simbolisti, come M. F. Palacio (1857-1903), A. Mata (1870-1931) e soprattutto J. A. P. Bonalde (1864-1892) e F. L. Martí (1864-1912); e personalità poliedriche e di rilievo come R. B. Fombona (1874-1944), romanziere, saggista, storico, critico e poeta, fiero oppositore del dittatore Gómez. In sede più strettamente letteraria, notevoli risultati conseguì il gruppo dei modernisti, al quale variamente fecero capo narratori “stilisti”, come G. Picón Febres (1860-1918), M. Díaz Rodríguez (1868-1927), forse il primo scrittore venezuelano di statura continentale, L. M. Urbanoja Achelpohl (1874-1937), P. E. Coll (1872-1947), P. C. Domínici (1872-1954), C. Zumeta (1860-1955), tutti notevoli anche come saggisti impegnati. Sulla loro scia si formò la generazione postmodernista, che ebbe i suoi capifila nel grande romanziere R. Gallegos (1884-1969), presidente della Repubblica democratica dopo la caduta del dittatore Pérez Jiménez, in A. E. Blanco (1897-1955), originale poeta, narratore e drammaturgo, nella squisita narratrice T. de la Parra (1895-1936), nel vigoroso e realistico J. Rafael Pocaterra (1888-1955), spietato cronista dell'epoca di Gómez, e infine, per non citare molti minori, nel saggista M. P. Salas (1901-1965). Si pubblicano nelle prime decadi del sec. XX opere che incideranno profondamente nello sviluppo della letteratura venezuelana moderna, dalle Memorias de Mamá Blanca (1929) di Parra, tutt'ora considerate un testo esemplare del romanzo ispano-americano, alla narrativa di Gallegos (Dona Bárbara, 1929; Canaima, 1935; El forastero, 1948), alla lirica di Blanco il cui testamento spirituale, il libro poetico Giraluna (1954), ebbe viva accoglienza presso le giovani generazioni. Il panorama letterario della seconda metà del XX secolo si è andato articolando in molte direzioni. Un gruppo di poeti, formatosi intorno alla rivista Viernes (1936), si farà portavoce delle istanze poetiche dell'avanguardia, con significative aperture al surrealismo. Oltre al già menzionato Blanco, vi prendono parte Manuel Felipe Rugeles (1904-1959), Angel Miguel Queremel (1900-1939), Otto D'Sola, Vicente Gerbasi (1913-1992). Agiscono su di essi la lezione dei poeti spagnoli della “Generazione del '27” e la tensione metafisica dell'esperienza surrealista. F. G. Lorca, R. Alberti e anche J. R. Jiménez ebbero in Viernes un efficace veicolo di diffusione della loro poetica in Venezuela. In senso surrealista maturò più rapidamente la lirica di D'Sola, Rugeles e Gerbasi. Il primo si ricollega alla linea neoromantica riaffiorata con il modernismo; il secondo accentua via via i toni meditativi e l'inclinazione alla riflessione filosofica, approdando a una religiosità di profonde risonanze mistiche; il terzo insegue un senso sottile e intensamente spirituale del vivere, fissandone la trama in opere di profonda emozione estetica. Dopo Viernes, altre riviste hanno dato impulso, negli anni Cinquanta e Sessanta, a nuove tendenze e linee di ricerca in campo letterario, tra cui Tabla Redonda, Sardio, El techo de la Ballena. Tra i collaboratori di Tabla Redonda si distingue il poeta Rafael Cadenas (n. 1930), con una lirica radicata in tematiche esistenzialistiche (Los cuadernos del destierro, 1960); tra quelli del Techo de la Ballena, si segnala Caupolicán Ovalle, autore di versi satirici e di violenta denuncia. Appartengono al gruppo di Sardio Luis García Morales e Ramón Palomares (n. 1935). Si dà così il via a quel processo di rinnovamento del linguaggio e delle forme poetiche che vedrà impegnati gli autori venezuelani tra gli anni Settanta e Ottanta. Tra questi G. Sucre (n. 1933), noto principalmente come saggista e critico letterario, ma anche poeta di esemplare rigore formale. Negli anni Ottanta si è imposto il gruppo di autori formatosi intorno al Taller de poesía del Centro de Estudios Latinoamericanos Rómulo Gallegos: da S. López ad A. J. Sequera (n. 1953), A. Rojas Guardia (n. 1949) e via via a H. Ossott, M. C. Salas, A. Oliveros e altri come Eugenio Montejo (1938-2008, Elegías, Muerte y Memoria, Terredad), Yolanda Pantín, Rafael Arraíz Lucca. In campo narrativo il contributo dei venezuelani allo sviluppo della nueva novela si è legato a nomi di fama internazionale, come A. U. Pietri (1906-2001) e S. Garmendia (1928-2001). Il primo è considerato il creatore del romanzo storico moderno e pietra angolare del realismo magico latino-americano. Il secondo, invece, ha operato, sia pur con significativi slittamenti verso l'onirico e il fantastico, all'interno del reale contemporaneo, riflettendone con drammatica lucidità piaghe sociali e tormenti individuali. Affiancano queste due personalità preminenti nella narrativa venezuelana scrittori di valore, come G. Meneses (1911-1978), A. González León (1931-2008) oltre a J. Balza (n. 1939), D. Romero (1938-1999; La tragedia del generalísimo), L. Britto García (n. 1940), J. A. León (n. 1940), D. Alizo (n. 1941). Figure emerse più di recente sono poi Francisco Massiani, Guillermo Morón, Ana Teresa Torres (n. 1945; El exilio del tiempo, 1991, Doña Inés contra el olvido, 2000), Laura Antillano (n. 1950; Un carro largo se llama tren), Stefanía Mosca (n. 1957), Federico Vegas (Falke, 2005), Juan Carlos Chirinos (n. 1967; El niño malo cuenta hasta cien y se retira, 2005) Carlos Noguera (Historias de la Calle Lincoln) José Manuel Briceño Guerrero (América Latina en el Mundo, El Laberinto de Los Tres Minotauros), Ricardo Azuaje (Viste de verde nuestra sombra). Tra i migliori saggisti e critici letterari di fine Novecento si segnalano Juan Carlos Santaella, Víctor Bravo (n. 1949), Javier Lasarte (n. 1955).

Cultura: arte

Intensa fu la fioritura della ceramica nel periodo precolombiano; la più antica terracotta è quella conosciuta con il nome di saladero, molto semplice, di colore rosso con decorazioni bianche, mentre quella ritrovata nella zona di Barrancas presenta una decorazione stilizzata, limitata ai bordi, e figure di uccelli, teste umane o animali rese solitamente per incisione. Differente è la ceramica della zona del lago di Valencia, che presenta vasi funerari in terra rossa o grigia, talora con parti modellate in rilievo. Numerose le figurine femminili, in piedi o sedute, con testa di grandi proporzioni e corpo tronco-conico, da connettersi con le cerimonie di fecondità della terra. Durante il periodo coloniale l'arte venezuelana rimase strettamente legata ai modelli spagnoli. Ai sec. XVI-XVII risalgono alcune importanti chiese di Caracas, come la cattedrale, peraltro ampiamente rimaneggiata nel sec. XIX. Varie cause, tra cui l'alta sismicità della regione e lo sviluppo industriale e urbanistico degli ultimi decenni, hanno provocato la scomparsa di molte delle più antiche testimonianze architettoniche. Di un certo interesse sono numerosi esempi di case del sec. XVIII che, seppure ampiamente modificate, conservano la struttura a patio e la decorazione, a imitazione degli azulejos, che indicano la loro discendenza dalle architetture della Spagna meridionale. Dopo l'indipendenza, più evidenti si fecero gli influssi delle varie correnti artistiche europee. Mentre in architettura forme classicheggianti si alternavano a forme eclettiche, in pittura si ebbe la prima scuola venezuelana, di ispirazione popolare, fondata da J. Lovera. Alla sua corrente si riallacciarono alcuni artisti, finché verso il 1850 l'influsso accademico, di derivazione europea, prese il sopravvento. Esponenti di queste tendenze, fredde e monumentalistiche, sono M. Tovar y Tovar e A. Michelena, mentre C. Rosa, attivo anche nei primi decenni del sec. XX, si accosta in parte ai modi dell'impressionismo francese. Assai notevole, nel Novecento, lo sviluppo architettonico, favorito dal processo di rinnovamento urbano di Caracas e di altre città. Dopo avere risentito degli influssi eclettici del principio del secolo, l'architettura venezuelana si inserì nel filone razionalistico, con risultati spesso notevoli (soprattutto dal punto di vista urbanistico), grazie all'opera di C. R. Villanueva, O. Niemeyer, G. Gasparini, C. Scarpa e altri, venezuelani e stranieri. Degne di particolare menzione le realizzazioni di D. Carbonell ad Altamira e di Gasparini a Macuto, dove elementi moderni si uniscono ad altri tradizionali per raggiungere risultati di validità architettonica e funzionale. All'inizio del secolo, la fondazione del Círculo de Bellas Artes, in cui operano scrittori, poeti e pittori di avanguardia, segna il momento di rottura con l'accademismo. Nella resa del paesaggio venezuelano, pittori come E. Monsanto, il fondatore del gruppo, A. Reveron (1889-1954), da molti ritenuto il miglior pittore venezuelano della prima metà del Novecento, R. Monasterios, M. Cabré e altri si orientarono verso uno stile di derivazione impressionista. Nel 1918 il circolo si sciolse, mentre artisti stranieri come E. Boggio, N. Ferdinandov e S. Mützner esercitarono una notevole influenza sui pittori locali. Nel 1936 Monsanto fondò una scuola d'arte ispirata al Bauhaus da essa presero avvio le più avanzate correnti artistiche venezuelane, vicine all'astrattismo, come il gruppo dei “Dissidenti” di cui fecero parte, tra gli altri, Alejandro Otero, Pascual Navarro, Luis Guevara Moreno e Perán Ermini. La seconda metà del Novecento vede anche la fondazione del Taller Libre de Arte, cui aderirono Oswaldo Vigas, Omar Carreño, Mercedes Pardo e Luisa Palacios. Gli anni Sessanta vennero dominati dall'arte cinetica di pittori come C. Cruz Diez e J. Soto, mentre successivamente le correnti più floride si rivelarono il neofigurativismo (Nueva Figuración) di Jacobo Borges (n. 1931), Alirio Palacios, Régulo Pérez, e l'arte naïf di Antonio José Fernández e Bárbaro Rivas. I nomi emersi tra la fine del secolo e i primi anni Duemila sono molti, fra cui si citano Carlos Zerpa, Henry Bermúdez, Rolando Peña, José Campos Biscardi, Francisco Hung e, tra le donne, Corina Briceño, Margot Römer e Ana María Mazzei, artisti il cui lavoro progressivamente acquista riconoscimenti a livello internazionale.

Cultura: musica

La musica colta, che risale alla fine del XVI sec., per più di un secolo ebbe il suo punto di riferimento nella cappella della cattedrale di Caracas, nella quale operarono maestri come D. de los Ríos (m. 1670), F. Pérez Camacho (n. 1659) e soprattutto padre Palacios Sojo, il più importante musicista venezuelano del XVIII secolo. Suoi allievi furono José Francisco Velásquez (1786-1805), Juan Manuel Olivares (1760-1797), José Antonio Caro de Boesi (m. 1814). Le personalità più eminenti della musica venezuelana moderna sono, oltre alla compositrice e pianista Teresa Carreño, attiva fino ai primi anni del Novecento, V. E. Sojo (1887-1970, fondatore dell'Orchestra Sinfonica del Venezuela) e J. Bautista Plaza (1898-1965); in seguito si sono segnalati, accanto a compositori dislocati su posizioni stilistiche relativamente tradizionali, come J. Vicente Lecuna (1898-1954), M. Luisa Escobar (1903-1987), M. Ángel Calcaño (1904-1958), autori come I. Carreño (n. 1919), C. Teppa, J. L. Muñoz, J. A. Abreu (n. 1939), oltre ad Antonio Lauro, Antonio Estévez, Angel Sauce, Evencio Castellanos e Carlos Figueredo. A fianco dell'Orchestra Sinfonica, particolare interesse suscitano le esecuzioni dell'Orchestra Simón Bolívar (1975), e della National Philarmonic Orchestra (1979). Ottima risonanza hanno ottenuto i Festival Latinoamericani di Musica che si tengono, dal 1954, annualmente a Caracas nel grande auditorio José Ángel Lamas, capace di 8000 posti.

Cultura: teatro

La storia del teatro venezuelano ha inizio di fatto nella seconda metà del sec. XIX: prima c'erano state (sino al 1566) rappresentazioni sacre nelle cattedrali, spettacoli comici su palcoscenici improvvisati nelle piazze, recite in case private. Nella seconda metà dell'Ottocento si aprirono, soprattutto a Caracas, numerosi teatri che ospitarono compagnie spagnole in tournée e formazioni locali, rappresentando anche testi di autori venezuelani. Tuttavia non vi fu molto di significante. Nel 1914 s'introdusse un nuovo genere, il sainete criollo, una sorta di commediola di costume; nel 1938 L. Peraza fondò la Compañía Venezolana de Dramas y Comedias; nel 1942 nacque la Sociedad Amigos del Teatro destinata alla formazione di autori e drammaturghi; nel 1945 fu istituito un Teatro de Negros. Queste iniziative rimasero tuttavia isolate ed ebbero in genere breve durata. Nel 1954 si fece un importante passo avanti con la fondazione della Sociedad Venezolana de Teatro, promossa dal regista uruguaiano H. Peterson e dall'attrice argentina J. Sujo, che ha riunito i più significativi gruppi sperimentali. Palestra dei nuovi attori e autori è stato successivamente il Festival del Teatro Venezuelano che si svolge, a intervalli, dal 1959, a cui, dal 1976, si è aggiunto il Festival Internacional de Teatro, che si svolge nelle principali sale Caracas. L'attività teatrale professionale è comunque concentrata soprattutto nella capitale, con alcune compagnie permanenti, come il Nuevo Grupo, la cui attività produttiva è però cessata alla fine degli anni Ottanta, e l'Ateneo de Caracas, più un'altra mezza dozzina di formazioni indipendenti. Nel quadro nazionale vanno anche segnalate due organizzazioni di “teatro popular”, la Asociación Venezolana de Teatro Popular e il Teatro para Obreros. Nel teatro del XX secolo si distinguono R. Pineda, A. Certad, R. Chalbaud (n. 1933) e I. Chocrón (n. 1932), nonché i giovani P. Williams, José G. Núñez e R. Santana.

Cultura: cinema

Nel 1897 il pioniere M. T. Durán (1871-1933) presentò a Maracaibo due brevi film da lui realizzati in “vitascopio”. Al 1909 risale il cortometraggio Carnaval en Caracas di A. G. Vidal e M. A. Gonhom, dagli stessi rifatto nel 1911. Del 1913 è il primo lungometraggio, La dama de las cayenas di E. Zimmerman, parodia della Signora dalle camelie. Ma gran parte della produzione muta è andata perduta, e solo recentemente gli storici hannoprovato a ricostruirla. Il sonoro arrivò tardi, nel 1937-38, e la produzione degli anni Quaranta fu generalmente di basso livello, con poche eccezioni: Juan de la Calle (1941) di R. Rivero, su un bambino abbandonato, La escalinata (1950) di C. Enríquez, di tono neorealistico. Nel 1950 a Cannes venne premiata per la fotografia la coproduzione con l'Argentina La balandra Isabel llegó esta tarde di C. H. Christensen, e nel 1959 il documentario Araya di M. Benacerraf. Negli anni Sessanta si raggiunse uno sviluppo quantitativo (3-4 lungometraggi annui), ma un progresso culturale notevole si verificò soltanto nei cortometraggi militanti e di denuncia dovuti a C. Rebolledo (autore di un libro su L. Buñuel), J. Guédez, I. A. Roche e altri. Anche la nascita della rivista Cine al dia e il 1º Festival latinoamericano di Mérida (1968) furono segni positivi. Si ebbe pure una svolta professionale coi primi film di R. Chalbaud, di C. de la Cerda, di D. Oropeza e altri. Un boom commerciale seguì nel successivo decennio dopo il trionfo di pubblico ottenuto da Cuando quiero llorar no lloro (1973) del regista messicano M. Wallerstein. Più di trenta film vennero prodotti in tre anni (1974-76). Si confermarono i registi già citati: Chalbaud, Wallerstein, Oropeza, de la Cerda. Ma si sono pure affermati, anche nel cortometraggio, parecchi nomi nuovi, come J. Cortés che nel 1983, a Cannes, ha presentato Caballo salvage. Il cinema venezuelano del nuovo millennio conta, fra gli altri, su nomi quali Alberto Arvelo (n. 1966), regista e produttore (Una vida y dos mandados, 2001, premiato a New York; Cyrano Fernández, 2007), Diego Rísquez (n. 1949; Manuela Saenz, 2000), Fina Torres (n. 1951; Woman on Top, 2000, Un Té en La Habana, 2008), Jonathan Jakubowicz (n. 1978, Secuestro express, 2005).

Bibliografia

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Per la letteratura

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Per l'arte

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Per il cinema

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