Orestèa

(greco Orésteia). Trilogia di Eschilo, l'unica a noi giunta per intero di tutto il teatro tragico greco. Fu rappresentata ad Atene nel 458 a. C., ottenendo il primo premio. Nella prima tragedia, Agamennone, è narrato il ritorno di Agamennone ad Argo dopo la vittoria a Troia, con la prigioniera Cassandra, e la loro uccisione a opera della moglie di lui, Clitennestra, e del suo amante Egisto. Nelle Coefore il giovane Oreste torna con l'amico Pilade ad Argo e, sostenuto anche dalla sorella Elettra, vendica il padre uccidendo a sua volta la madre e il suo amante. Perseguitato, nelle successive Eumenidi, dalle Furie del rimorso, si rifugia a Delfi, quindi ad Atene viene giudicato da un tribunale istituito dalla dea Atena e assolto. L'Orestea è il capolavoro di Eschilo e tra le creazioni più ricche e grandiose del genio greco. Abbastanza numerosi sono stati in questo secolo i tentativi di riproporre sulla scena l'intera trilogia. In Italia è stata rappresentata nel 1906 dalla Stabile Romana dell'Argentina con F. Garavaglia; nel 1942 da S. Randone e D. Torrieri, regia di G. Venturini; nel 1960 a Siracusa da V. Gassman, interprete e regista, in una traduzione di P. P. Pasolini; nel 1970 dallo Stabile dell'Aquila con L. Proietti e P. Degli Esposti, regia di A. Calenda; nel 1972 dal Teatro Libero di L. Ronconi con G. Mauri, M. Fabbri e C. Giannotti. Fra le edizioni sceniche straniere si ricorda quella diretta da J.-L. Barrault nel 1955.

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