Lessico

(regionale o poetico acciaro), sm. [sec. XIV; latino tardo aciaríum, ferro duro usato per fabbricare armi bianche, da acíes, punta aguzza].

1) Lega del ferro contenente carbonio fino a circa il 2%; possono essere presenti anche altri elementi quali silicio (Si), manganese (Mn), nichel (Ni), cromo (Cr), molibdeno (Mo), zolfo (S), fosforo (P) in quantità variabili.

2) Fig.: sguardo d'acciaio, freddo e penetrante; volontà d'acciaio, indomabile; uomo d'acciaio, robustissimo o inflessibile.

3) Poetico, armatura, specialmente spada: “pugnan per altra terra itali acciari” (Leopardi).

Struttura e proprietà

I notevoli progressi della fisica dei metalli hanno permesso di stabilire che in ogni metallo gli atomi tendono a porsi in modo ben ordinato secondo una disposizione cristallina e di conoscere l'effetto che può avere un trattamento termico o meccanico, oppure l'aggiunta di atomi di altri elementi, sulla struttura e sulla resistenza del materiale. Il ferro puro può esistere in varie forme allotropiche: come ferro α è stabile fino a 910 ºC, come ferro γ da 910 ºC a 1390 ºC, come ferro δ da 1390 ºC a 1540 ºC (temperatura di fusione). Molti acciai possono considerarsi leghe di solo ferro e carbonio (vedi anche diagramma). Sul diagramma è possibile seguire lo spostamento dei punti critici, cioè delle temperature alle quali avvengono trasformazioni polimorfiche, in funzione del tenore di carbonio in lega; i punti vengono così definiti: A₁, trasformazione austenite-perlite (orizzontale a 723 ºC); A₃, trasformazione austenite-ferrite α (linea GS); A4, trasformazione austenite-ferrite δ (linea NJ). I principali costituenti metallografici degli acciai sono: la ferrite δ, soluzione solida di carbonio nel ferro δ; l'austenite, soluzione solida di carbonio nel ferro γ; la ferrite α, soluzione solida di carbonio nel ferro α; la cementite, carburo di ferro; la perlite, eutettoide ferrite-cementite. Le proprietà degli acciai dipendono strettamente dalla composizione chimica del materiale (tenore di carbonio e tenore e natura degli elementi aggiunti) e dalla loro struttura. L'aggiunta di elementi in lega provoca la modificazione più o meno notevole della posizione dei punti critici; a grandi linee, gli elementi si possono dividere a questo riguardo in due grandi categorie: elementi che abbassano A₃ e innalzano A4, estendendo così il campo di esistenza dell'austenite, quali il Ni, il Mn, il cobalto (Co); elementi che invece innalzano A₃ e abbassano A4, quali il Cr, il Si, l'alluminio (Al), restringendo il campo di esistenza dell'austenite. È noto inoltre che le caratteristiche meccaniche variano sensibilmente a seconda del trattamento termico che il materiale subisce, cioè della struttura che si riesce a ottenere a temperatura ambiente o di esercizio. La fabbricazione dell'acciaio comporta tecniche e procedimenti complessi e in costante evoluzione che hanno posto le basi per la creazione di uno dei settori più importanti dell'economia: la siderurgia.

Classificazione

Tra le numerose classificazioni che si possono fare per gli acciai, quella di uso più corrente consiste nel dividerli, in base al loro impiego, in: acciai di uso generale e acciai speciali. Questa seconda categoria comprende gli acciai da costruzione, gli acciai inossidabili, gli acciai per utensili e quelli per usi speciali.

Acciai di uso generale

Appartengono a questa categoria la maggior parte degli acciai prodotti. A essi infatti si ricorre per la costruzione di moltissimi manufatti sia laminati sia stampati o fucinati (lamiere, tubi, profilati, fili, piastre, ecc.). Questi acciai sono caratterizzati dall'essere designati in base alle sole caratteristiche fisico-meccaniche: carico di rottura unitario minimo oppure carico unitario minimo di snervamento. In generale per gli acciai di questa categoria non sono previsti trattamenti termici nel ciclo di lavorazione; eventualmente può essere eseguita una normalizzazione preventiva dei pezzi. Particolare riguardo richiede la scelta degli acciai da porre in opera mediante saldatura; allo scopo si trova nella classificazione di questi un indice della saldabilità ottenuta regolando la fase finale dell'elaborazione della colata (disossidazione del bagno metallico).

Acciai da costruzione

Questa categoria di acciai speciali comprende tutta una serie di materiali che vengono messi in opera dopo opportuni trattamenti termici o termomeccanici tali da esaltare alcune proprietà caratteristiche. La designazione degli acciai da costruzione è fatta in base alla composizione chimica, e infatti nella sigla unificata compaiono i simboli degli elementi presenti. Il trattamento termico per eccellenza è la tempra, seguita quasi sempre da un rinvenimento effettuato a temperatura opportuna. Le caratteristiche meccaniche ottenibili sono notevoli in relazione anche al tenore degli eventuali elementi di lega aggiunti (Ni, Cr, Mo) che in generale non superano mai il 5%. È possibile distinguere nella categoria in esame, sempre in base ai differenti impieghi, diverse classi di acciai: da bonifica, microlegati, da cementazione, da nitrurazione, per molle, per funi e cemento armato precompresso (c.a.p.), autotempranti. A) Acciai da bonifica. Il nome deriva direttamente dal trattamento termico, la bonifica appunto, cioè tempra e rinvenimento che viene effettuato, in funzione del materiale, nell'intervallo di temperatura 500-650 ºC. Il loro uso è riservato principalmente a particolari di organi meccanici per i quali siano richieste buone proprietà di resistenza agli urti e alle vibrazioni (per esempio, bielle, perni, alberi, leve, ecc.). In commercio ne sono disponibili molti tipi, al solo carbonio o con elementi di lega in maggiore o minore quantità (Ni, Cr, Mo, Mn); in linea di massima si può dire che la percentuale di carbonio varia tra 0,20% e 0,50%. B) Acciai microlegati. Negli anni Ottanta, nel campo degli acciai da costruzione meccanica, è stata sviluppata una classe di acciai microlegati al vanadio (V=0,1-0,2%) che si pone come valida alternativa agli acciai da trattamento termico (per esempio, agli acciai da bonifica) per la produzione di componenti meccanici per l'industria autoveicolistica e trattoristica. Tali materiali, sfruttando il meccanismo di indurimento per precipitazione che ha luogo durante il raffreddamento controllato dopo deformazione a caldo, possono sviluppare già nello stato grezzo di laminazione o di stampaggio (senza che si debba quindi ricorrere a successivi trattamenti termici) le proprietà meccaniche richieste di resistenza, duttilità, tenacità, lavorabilità all'utensile. C) Acciai da cementazione. Sono soprattutto usati nella costruzione di parti meccaniche soggette a usura; il trattamento che li caratterizza è di tipo termochimico e consiste nel promuovere un arricchimento in carbonio dello strato più esterno del materiale rendendolo particolarmente duro dopo il successivo trattamento di tempra e rinvenimento a ca. 150 ºC. Il tenore di carbonio dell'acciaio da cementazione deve essere inferiore allo 0,20% e l'arricchimento porta in generale lo strato esterno, per lo spessore massimo di 1 mm, a percentuale di carbonio intorno al valore eutettoidico (circa 0,80%); altri elementi possono o meno essere presenti (Ni, Cr, Mo, Mn) con lo scopo preciso di conferire resistenza e tenacità al nucleo del pezzo. D) Acciai da nitrurazione. Il loro impiego è riservato ai casi in cui si richieda di resistere a una forte usura (per esempio, ingranaggi per cambi, camme, calibri, perni di catene, ecc.); le caratteristiche di più elevata durezza superficiale nei confronti dei tipi precedenti sono ottenute con un trattamento termochimico di nitrurazione a spese però della tenacità e della profondità dello strato indurito. Nella composizione chimica di questi acciai sono presenti in percentuali notevoli Al (0,35-1,00%) e Cr (fino a 1,80%) mentre è indispensabile l'aggiunta del Mo (0,20-0,40%) per ovviare alla fragilità di rinvenimento alla quale sarebbero altrimenti particolarmente suscettibili; al tenore di alluminio è direttamente legato il valore di durezza superficiale ottenibile a fine nitrurazione (per massima percentuale di alluminio si ha una durezza di circa 1200 HV). E) Acciai per molle. La caratteristica essenziale di questi acciai (usati principalmente per la costruzione di molle di ogni genere) è di avere un alto limite di snervamento in rapporto al carico di rottura: questo si ottiene aggiungendo elevate percentuali di silicio (fino a ~2%) e con opportuni trattamenti termici (tempra e rinvenimento a ~450 ºC). F) Acciai per funi e cemento armato precompresso (c.a.p.). Sono acciai di composizione eutettoidica (C=0,7-0,8%) in grado di sviluppare una struttura prevalentemente di perlite fine, con ottime caratteristiche di trafilabilità, necessarie per la produzione di fili di adeguata resistenza e duttilità. Dagli ultimi anni Ottanta, attraverso un'appropriata scelta delle composizioni e il controllo del processo di laminazione e raffreddamento in linea della vergella, si è arrivati a produrre materiali che già allo stato grezzo di laminazione presentano una struttura perlitica adatta all'impiego diretto in trafilatura, eliminando così trattamenti termici aggiuntivi in precedenza necessari (per esempio, patentamento). G) Acciai autotempranti. Così detti per la possibilità che hanno di prendere tempra anche con un raffreddamento in aria. Tale effetto dipende dalla presenza di notevoli percentuali di elementi leganti quali Ni, Cr e Mo e di elevate percentuali di carbonio. L'impiego di questi acciai, dato il loro notevole costo, è riservato alla costruzione di particolari meccanici per i quali siano richiesti elevatissimi carichi di rottura e buoni valori di tenacità.

Acciai inossidabili

Si impiegano quando è richiesta ottima resistenza alla corrosione e alle temperature. La presenza di elevate quantità di Cr (da 12 a 30%) e di Ni (da 0 a 35%) assicura l'autoprotezione del materiale in opera dagli agenti aggressivi mediante la formazione di uno strato sottile di ossigeno adsorbito o di ossidi particolarmente resistenti e aderenti. A seconda della quantità e del tipo degli elementi di lega, in dipendenza della loro influenza sulla formazione di una struttura austenitica e ferritica si potranno avere acciai inossidabili austenitici, ferritici, martensitici e duplex. A) Acciai inossidabili austenitici. Contengono elevati tenori di Ni (7÷35%); l'aggiunta di una quantità calcolata di Ni deve far sì che a temperatura ambiente risulti stabile l'austenite; a questa struttura si deve la loro straordinaria resistenza meccanica alle basse temperature e alla corrosione (anche ad alte temperature). Gli impieghi quindi sono tra i più svariati e vanno dalla costruzione di apparecchiature criogeniche a quella di apparecchiature per la produzione e conservazione di generi alimentari, in particolare di impianti chimici. Vale la pena ricordare che i primi acciai inossidabili austenitici avevano percentuali di carbonio attorno allo 0,20% e per essi sorgeva l'inconveniente della sensibilità alla corrosione intergranulare dovuta alla formazione di carburi di cromo al contorno dei grani austenitici (per temperatura di impiego tra 450 ºC e 850 ºC) che impoverivano la zona circostante in cromo, addirittura al di sotto del limite minimo di protezione (Cr=12%). Per eliminare questo inconveniente i metallurgisti hanno dapprima diminuito il tenore di carbonio totale in lega (con lo scopo di ridurre la quantità di carburi precipitabili) e in seguito introdotto nell'acciaio elementi aventi forte affinità con il carbonio, quali titanio e niobio, così da provocare la creazione di carburi di questi elementi al posto di quelli di cromo; si giustifica così il gran numero di tipi a disposizione sul mercato. I trattamenti termici convenzionali non sono effettuabili a causa della mancanza del punto critico A₃; si esegue invece un trattamento di altro genere, la solubilizzazione, che consiste nel raffreddare velocemente l'acciaio da temperature elevate (~1050 ºC). B) Acciai inossidabili ferritici. Sono caratterizzati da un contenuto di cromo in lega compreso tra 16-30% in modo da ottenere a temperatura ambiente una struttura ferritica che implica come conseguenza la mancanza dei punti critici di trasformazione. La loro resistenza alla corrosione è di poco inferiore a quella degli acciai inossidabili austenitici. L'unico trattamento effettuabile su questi acciai è la ricottura di ricristallizzazione. C) Acciai inossidabili martensitici. Danno luogo, dopo tempra, a formazione di strutture martensitiche e quindi posseggono i punti di trasformazione A₁ e A₃. Normalmente il loro tenore di cromo varia tra 11% e 18% e il carbonio è superiore a 0,15%. Essi presentano una resistenza alla corrosione inferiore a quella dei materiali appartenenti alle altre due classi viste. D) Acciai duplex o austeno-ferritici. Sono caratterizzati dall'avere a temperatura ambiente una struttura bifasica (ferrite+austenite, ca. in pari quantità). Normalmente il loro contenuto in cromo varia tra 18 e 26%, con nichel 4-8% e con aggiunta di molibdeno e azoto. Questi acciai uniscono a una molto elevata resistenza alla corrosione una buona resistenza meccanica e vengono impiegati nell'industria chimica, per tubazioni e recipienti in pressione, e nell'industria petrolifera, per estrazione e trasporto di idrocarburi caratterizzati da alta corrosività.

Acciai per utensili

In questa categoria sono da ricordare gli acciai rapidi e gli acciai per lavorazioni a caldo e a freddo. Pur essendo classificati sotto un'unica voce, a essi vengono richieste caratteristiche e prestazioni differenti che possono andare dall'insensibilità all'addolcimento per riscaldamento, durezza elevata e notevole capacità di taglio per i primi, all'indeformabilità e resistenza meccanica e alla corrosione a caldo per i secondi e, infine, alla notevole resistenza all'usura per gli ultimi. Per soddisfare queste esigenze spesso contrastanti si deve ottemperare in modo opportuno al bilanciamento della composizione chimica e all'effettuazione del giusto trattamento termico; in generale un requisito comune a tutti gli acciai per utensili è l'elevata durezza in esercizio, alla quale si giunge provocando la precipitazione di carburi in notevole quantità entro la matrice metallica, agendo sugli elementi aggiunti in lega e sulle temperature dei trattamenti termici. Gli acciai rapidi devono contenere C=0,70÷1,40%, Cr=~4%, W=12% e inoltre, secondo i casi, anche V, Mo e Co. Gli acciai da utensili per lavorazioni a caldo sono disponibili in una serie numerosa di tipi e prestazioni; possono trovarsi in commercio acciai legati al tungsteno (W), al cromo, al vanadio (V) e al molibdeno. Per fare in modo che essi mantengano durante l'esercizio (anche fino a 600 ºC) la forma originaria e una buona resistenza meccanica, un trattamento termico deve provvedere a creare una fitta precipitazione di carburi fini che quasi annullino il fenomeno dello “scorrimento” a caldo. Gli acciai per lavorazioni a freddo sono richiesti per la costruzione di lame, punzoni, filiere, ecc.; è quindi evidente la serie di caratteristiche diverse che essi devono possedere; a seconda degli usi sono in commercio acciai di varia composizione chimica.

Acciai per usi speciali

Appartengono a questa categoria quei materiali destinati ad applicazioni estremamente particolari; nulla vieta che in alcuni casi si possano usare con successo acciai già visti in altre classificazioni e che bene possono risolvere i compiti loro assegnati. Si vedranno, nell'ordine, gli acciai automatici, gli acciai Hadfield, gli acciai Maraging, quelli per lamierini per macchine elettriche, per cuscinetti a rotolamento, per impieghi alle alte e alle basse temperature. A) Acciai automatici. Rispondono alla richiesta moderna di avere materiale facilmente lavorabile con alte velocità di taglio sulle macchine utensili automatiche; caratteristiche essenziali devono essere la facilità di strappamento del truciolo e la possibilità di autolubrificazione del materiale durante la lavorazione. Si sono ottenuti buoni risultati aumentando i tenori di zolfo in lega o aggiungendo manganese e piombo. B) Acciai Hadfield. Acciai austenitici con 11-14% di manganese (C=1,20%; Si=0,70%) sono impiegati per la costruzione di particolari soggetti a forti usure (per esempio, per aghi di scambi ferroviari). Caratteristica notevole è la proprietà di autoformazione dello strato superficiale duro, direttamente in esercizio, mentre il cuore rimane tenace. C) Acciai Maraging. Risolvono il problema di avere buone lavorabilità e saldabilità dei semilavorati e in seguito, dopo opportuno trattamento termico detto di invecchiamento, un'elevata resistenza meccanica unita a una buona tenacità del prodotto finito. Queste leghe hanno la seguente composizione: C=0,03% massimo, Ni=17,25%, Co=7-9%, Mo=3-5%; durante il trattamento termico, che procede in due tempi distinti, si provoca prima la formazione di una particolare martensite (ricotture da 820 ºC) e poi, con un invecchiamento della stessa (riscaldo a 480 ºC), si consente la precipitazione di composti intermetallici nella matrice duttile. D) Acciai per lamierini di trasformatori e di macchine elettriche. Devono offrire materiali che presentino le minime perdite per isteresi e per correnti parassite: tale risultato è ottenuto con un'accurata elaborazione del ciclo di fabbricazione in modo da ottenere un acciaio senza elementi inquinanti e tenori di silicio variabili tra 1 e 4,50%. E) Acciai per cuscinetti a rotolamento. Devono offrire buona lavorabilità alle macchine utensili in fase di costruzione delle singole parti, ottenute dopo un trattamento termico detto di ricottura isotermica o di globulizzazione (vedi trattamento), e in seguito, dopo tempra e rinvenimento, elevata durezza e conseguente resistenza all'usura. F) Nell'applicazione degli acciai per impieghi ad alte temperature bisogna garantire una buona resistenza allo scorrimento viscoso e alla corrosione a caldo. In ordine crescente di temperatura di esercizio si ricordano per questi usi gli acciai al carbonio a grano fine, gli acciai al cromo-molibdeno e infine i già menzionati acciai inossidabili ferritici e austenitici. Per impieghi invece alle basse temperature si deve garantire una sufficiente tenacità al materiale in opera, determinata mediante prove di resilienza in condizioni uguali a quelle di esercizio. A seconda del valore della temperatura di lavoro, gli acciai di questa classe possono essere: semicalmati (0 ºC), calmati (–20 ºC), al manganese (fino a –45 ºC), al nichel e infine acciai inossidabili austenitici. La tenacità infatti è legata sia al grado di disossidazione dell'acciaio sia alla qualità e quantità di elementi aggiunti (vedi anche ferro).

Economia: l'espansione

Sino a tutti gli anni Sessanta, la produzione dell'acciaio, che rappresentava uno degli indicatori più significativi della potenza economica di un Paese, era andata progressivamente aumentando, in correlazione con lo sviluppo delle nazioni di più o meno antica tradizione industriale . La crescente domanda di acciaio per beni capitali e di consumo aveva indotto le industrie ad adeguarsi gradatamente alle nuove esigenze, sia automatizzando e potenziando in notevole misura gli impianti sia dilatando le dimensioni aziendali attraverso processi di concentrazione sia, in particolare, adottando nuove politiche di localizzazione per produrre a costi sempre più competitivi sul piano interno e internazionale. A questo fine, mentre in passato le acciaierie sorgevano in genere nelle regioni produttrici di minerale ferroso e di carbone, o comunque in zone ben collegate con le miniere, la tendenza prevalente dalla seconda metà degli anni Quaranta è stata quella di dislocare gli impianti sulle coste, nelle adiacenze dei grandi porti, e ciò per ridurre al minimo le spese di trasporto relative all'importazione di materie prime ausiliarie e all'esportazione del prodotto finito. Così, negli Stati Uniti, la Bethlehem Steel Corporation e l'United States Steel Corporation, due fra le principali società siderurgiche americane, costruivano impianti sulla costa atlantica (Sparrows Point presso Baltimora e Morrisville tra Filadelfia e New York). In Europa, grandi acciaierie sorgevano a Marsiglia e a Dunkerque in Francia; centri siderurgici venivano realizzati a Barrow-in-Furness sul Mare d'Irlanda e a Teesside sul Mare del Nord in Gran Bretagna; a Brema nella Repubblica Federale di Germania; a I-Jmuiden nei Paesi Bassi. In Italia, nuovi grandi centri siderurgici venivano collocati a Genova-Cornigliano e a Taranto. Nonostante ciò, i massimi centri siderurgici rimanevano quelli tradizionali situati nel cuore dei diversi Paesi, e precisamente: in Europa nella Ruhr (Germania), in Lorena (Francia), in Slesia (Polonia), in Ucraina e nella regione degli Urali, nel Galles meridionale, nel Lincolnshire e nel distretto di Sheffield (Gran Bretagna), nella valle della Mosa e della Sambre (Belgio); negli Stati Uniti in Pennsylvania, sul versante meridionale dei monti Appalachi (Birmingham) e presso il Lago Superiore; in Giappone nel nord dell'isola di Kyūshū. Dall'inizio degli anni Settanta, la produzione dell'acciaio riceveva un notevole incremento nell'ambito di nuove aree geografiche (Sud-Est asiatico, Medio Oriente, America Latina).

Economia: il regresso produttivo

La crisi che ha interessato la siderurgia a partire dalla metà degli anni Settanta si è manifestata in modo diverso a seconda delle grandi categorie di Paesi. I più colpiti sono stati quelli industrializzati a economia di mercato, dove la domanda di acciaio ha subito un netto calo. Negli Stati Uniti il declino della produzione siderurgica ha determinato una crescente dipendenza dalle importazioni, necessarie a soddisfare il fabbisogno interno. La Comunità Economica Europea ha imposto una drastica riduzione della produzione già da tempo eccedente di alcuni Stati membri sia mediante quote di produzione alle imprese sia favorendo la chiusura degli impianti più obsoleti; tuttavia questa politica ha scatenato vivaci polemiche in vari Paesi, che a fatica hanno trovato un accordo su chi e come doveva ottemperare alle richieste della Comunità. Il Giappone, da parte sua, ha inizialmente cercato di risolvere il problema delle eccedenze venutesi a creare in seguito alla riduzione della domanda interna aumentando le esportazioni, ma la forte concorrenza sui mercati internazionali non ha lasciato larghi margini a questa soluzione. Sotto il profilo della manodopera, dopo il 1974 la CEE e gli Stati Uniti hanno soppresso oltre la metà dei posti di lavoro, il Giappone circa un terzo. La Gran Bretagna, in particolare, ha pagato un grave tributo, riducendo di oltre i sette decimi la manodopera. Alla base del fenomeno stanno soprattutto la contrazione della domanda internazionale e l'aumento dei costi di produzione. L'espansione del siderurgico è invece proseguita nei Paesi in via di sviluppo, in molti dei quali ha costituito e costituisce la base di lancio di un processo di industrializzazione. Si è pure notevolmente modificata la graduatoria dei Paesi produttori: nel 1992 nel gruppo dei primi dieci non sono più compresi Belgio e Polonia, mentre vi entrano a far parte Brasile e Corea del Sud. In Italia il settore siderurgico è sempre stato caratterizzato dalla presenza di grandi imprese a partecipazione statale con impianti a ciclo integrale, localizzate per lo più lungo le coste dell'Italia peninsulare, e da un gran numero di imprese private di piccole e medie dimensioni, che producono acciaio con il forno elettrico a partire dal rottame, localizzate nell'Italia settentrionale. Queste ultime, di fronte alla crisi, hanno reagito ristrutturandosi, anche a costo di tagli di manodopera e di chiusura di impianti, con risultati altamente soddisfacenti. Non così le imprese a partecipazione statale che, dopo anni di pesanti deficit, sono state messe in liquidazione: gli impianti migliori sono stati rilevati da una nuova società, l'ILVA, mentre i meno produttivi chiusi o ceduti. Nonostante la ristrutturazione avviata nel settore dell'acciaio fin dagli anni Ottanta, un'ulteriore crisi di sovrapproduzione si è verificata negli anni Novanta, portando in molti Paesi industrializzati alla chiusura, alla riconversione e al ridimensionamento di numerosi impianti. In Italia, dove la produzione di acciaio nel 1994 è stata di 26 milioni di t, vi è stata la privatizzazione dell'ILVA laminati piani (1995) e della Dalmine (1996) e la liquidazione delle attività dell'ILVA negli acciai speciali (1994). A seguito delle politiche di contenimento della produzione avviate in seno all'UE la posizione di molti Paesi in via di sviluppo come Cina, Brasile e Corea del Sud si è, invece, rafforzata. Nel 1999 la produzione mondiale di acciaio è stata di circa 787 milioni di t, di cui più della metà concentrata in cinque Paesi, che guidano la graduatoria mondiale: in quell'anno essi erano, nell'ordine, Cina (114.350.000 t), Stati Uniti. (97.283.000 t), Giappone (94.195.000 t), Russia (51.510.000 t) e Germania (42.062.000 t).

Bibliografia

Autori Vari, The Making, Shaping and Treating of Steel, Pittsburgh, 1964; R. Zoja, Acciai speciali da costruzione, Milano, 1971; R. Zoja, W. Nicodemi, Metallurgia generale, Milano, 1971; R. Zoja, W. Nicodemi, Metalli, leghe ferrose e non ferrose, Milano, 1972.

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