Descrizione generale

Sm. [sec. XX; da corporativo]. Dottrina politico-economica che si propone di realizzare un superamento dei conflitti fra lavoro e capitale attraverso l'imposizione a entrambi di un rigido controllo da parte dello Stato. L'attuazione di un sistema corporativo prevede pertanto: il riconoscimento di un solo sindacato per ogni categoria professionale; il raggruppamento delle varie rappresentanze di categoria in organismi più ampi, denominati corporazioni, che fanno parte dell'organizzazione amministrativa dello Stato; il perseguimento, da parte di tali organismi, di una politica di conciliazione fra capitale e lavoro, garantita se necessario dall'azione autoritaria dell'apparato statale. Questa concezione si richiama vagamente all'esperienza delle corporazioni medievali. § Nel lessico politico-sindacale, si ricorre talora al termine corporativismo, usato in senso spregiativo, per qualificare orientamenti e atteggiamenti di gruppi di lavoratori che nelle lotte rivendicano privilegi per sé, senza prestare attenzione né alle esigenze di solidarietà con gli altri lavoratori, né al movimento generale della società e ai suoi problemi complessivi.

Storia: lo "Stato corporativo" fascista

Nell'epoca contemporanea il corporativismo ha trovato in Italia una compiuta teorizzazione nella “Scuola Sociale Cristiana”, fondata sull'insegnamento dell'enciclica Rerum Novarum (1891) di Leone XIII e della Quadragesimo Anno (1931) di Pio XI e approfondita nel VII Congresso cattolico di Lucca (1897), nelle “Settimane Sociali” di Assisi (1911) e di Genova (1951), avvalorate dagli studi del suo caposcuola, Giuseppe Toniolo. Principio informatore del corporativismo cattolico è la collaborazione tra le varie classi sociali non solo nel campo economico-sociale, ma anche in quello politico-costituzionale. Una via di mezzo quindi fra il liberalismondividualista e il collettivismo socialista, con la prospettiva di una solidarietà finalizzata all'interesse della collettività nazionale. Il corporativismo cattolico doveva ispirare lo “Stato corporativo” fascista, sorto nel 1922. I principi generali del nuovo ordinamento erano enunciati nella Carta del Lavoro, varata nel 1927 e posta a cardine del criterio che doveva presiedere “all'interpretazione e all'applicazione della legge”. In questa struttura il corporativismo si concretò nel riconoscimento, per ogni categoria professionale, di un sindacato unico e obbligatorio (chiamato corporazione), inserito nell'organizzazione politico-amministrativa statale e dotato di prerogative consacrate dalla legge (come la rappresentanza legale della categoria, la potestà normativa e tributaria, ecc.). L'organizzazione corporativa fascista era dunque ispirata all'esigenza di inglobare l'attività economica nell'apparato burocratico statale, col duplice scopo di appoggiarsi ai centri del potere finanziario e di eliminare, con lo spegnimento della dialettica di classe, l'opposizione di un proletariato per decenni educato dal socialismo. Il regime tentò di realizzare in tutte le implicazioni l'idea corporativa, con una serie di disposizioni legislative che si susseguirono dal 1926 al 1939. All'istituzione effettiva delle corporazioni si giunse solo nel 1934, mentre già dal marzo 1930 era stato reso operante il Consiglio Nazionale delle Corporazioni, quale organo supremo di collegamento e di rappresentanza di tutte le categorie della produzione unitariamente considerate. Punto d'arrivo del tentativo di trasformare lo Stato in senso corporativo fu l'istituzione nel 1939 della Camera dei fasci e delle corporazioni, assemblea rappresentativa suprema del popolo italiano – composta da membri di diritto del partito e da organi corporativi – in sostituzione della Camera dei Deputati. Le controversie di lavoro facevano capo alla Magistratura del Lavoro, che vedeva allargato il suo campo anche al legislativo con potere di emanare norme interessanti intere categorie. L'apparato corporativo fu smantellato, tra il 1943 e il 1945, da una serie di disposizioni del Governo Militare Alleato. Sistemi di corporativismo vennero attuati da alcuni Stati fascisti o filofascisti europei, come Spagna e Portogallo.

F. Carli, Basi storiche e dottrinali dell'economia corporativa, Padova, 1938; P. Corso, Diritto corporativo e del lavoro, Padova, 1940; L. Bellardi, Dallo stato corporativo alla libertà sindacale, Milano, 1985; L. Frank, Il corporativismo e l'economia dell'Italia fascista, Torino, 1990.

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