Lessico

sm. [sec. XIX; da Orfeo].

1) Termine convenzionale con cui si indicano certe insorgenze mistiche della Grecia antica.

2) Termine con cui G. Apollinaire definì, nell'ambito del cubismo analiticolo stile pittorico realizzato da R. Delaunay per pervenire, mediante la scomposizione prismatica del colore, all'astrazione della forma.

Religione

Le tendenze mistiche orfiche si presentavano come fondate dal mitico Orfeo o basate su teogonie, antropogonie, inni, ecc. composti in epoche e da autori differenti, e accomunati dalla tendenza di prospettare una condizione umana diversa (e a volte opposta) rispetto a quella fissata dalla tradizione religiosa e cultuale greca. Più precisamente: dove l'uomo (per esempio in Esiodo) non appariva neppure valutabile come realtà, e la sua natura (mortale) lo distingueva nettamente dagli dei (immortali), gli autori orfici ci danno un'immagine d'umanità carica di valori religiosi, e per niente distinguibile dalla natura divina. Nella pratica, mentre la tradizione greca prescriveva il sacrificio cruento, gli orfici offrivano agli dei solo vegetali; il sacrificio cruento ribadiva la condizione umana subordinata alla divina: sacrificando agli dei, e quindi mangiando la carne dei sacrifici, gli uomini riconoscevano la loro mortalità, mentre gli dei si accontentavano del fumo (non mangiavano e quindi erano immortali); il vegetarianesimo orfico significava perciò il rifiuto del sacrificio cruento e quindi della situazione da esso sottintesa: come gli dei, gli orfici non mangiavano carne per rivendicare a sé una natura simile alla divina; rifiutando la carne, rifiutavano il “mondano” in vista di una salvezza sovramondana. Donde il rovesciamento dei valori tradizionali: la vera vita è la morte, il corpo è una tomba (dell'anima), ecc. Fa parte di questo rovesciamento un altro aspetto della pratica orfica: l'“entusiasmo”, ossia lo stato di possessione (da parte di un dio) che nella tradizione era curato invece come una malattia (l'epilessia). In questa pratica di psicosi indotta l'orfismo si servì dei mezzi rituali forniti dal culto di Dioniso, che nei loro riti divenne il dio per eccellenza in quanto permetteva la “trasformazione”, la “transumanazione”; da lui non da Zeus si attendeva un regno a venire. Tutto ciò acquista una certa sistematicità nella tarda speculazione, parzialmente fondata su idee già espresse da Platone, ma, a parte le dottrine vere e proprie, contribuiscono a testimoniare l'orfismo una pratica di purificazioni, eseguite da santoni (orfeotelesti), un'escatologia intesa a definire l'aldilà in vista della sua nuova funzione per lo scadimento dell'aldiqua, e infine un certo esoterismo che tendeva a fare degli orfici una società religiosa distaccata dalla società politica. L'iter iniziatico comprendeva una purificazione preliminare col fuoco, lo zolfo, l'acqua e l'aria, e quindi i sette momenti della trasformazione: vestizione, catechesi, agape, comunione, annunciazione, passione, resurrezione. Attraverso il pitagorismo e il platonismo l'orfismo venne investito di precisi significati speculativi in virtù del carattere esoterico, simbolico, spirituale, magico e mistico che possedeva.

Arte

La ricerca di Delaunay verso una pittura “pura” (così l'aveva qualificata Apollinaire), basata sul movimento e sulla luce, aveva dato i primi esiti già in alcune opere del 1909-10, cioè precedentemente alla mostra berlinese dell'artista (galleria Sturm, 1912); e alla sua teorizzazione aveva contribuito con stimolanti apporti la moglie dell'artista, Sonia Terk Delaunay. Dopo le fondamentali opere del periodo sperimentale (Cattedrale di Saint-Séverin e La Torre Eiffel, Filadelfia, Museum of Art), quelle che maggiormente corrispondono al termine usato da Apollinaire e che quindi vengono considerate documenti dell'orfismo (o cubismo orfico) sono la serie di Finestre simultanee (1911, Parigi, collezione privata; 1912, New York, Solomon R. Guggenheim Museum) e il primo Disco simultaneo (1913, New York, Museum of Modern Art). Sensibili alla ricerca astratta dell'orfismo furono soprattutto gli artisti del Blaue Reiter (in particolare P. Klee, che tradusse per Der Sturm il saggio di Delaunay Sur la lumière, A. Macke, F. Marc, L. Feininger) e, tra gli altri, F. Kupka.

Bibliografia

G. Faggin, Inni Orfici, Firenze, 1949; H. Jeanmaire, Dionysos, Parigi, 1951; R. Böhme, Orpheus, das Alter der Kitharoden, Berlino, 1953; L. Moulinier, Orphée et l'orphisme à l'époque classique, Parigi, 1955; D. Sabbatucci, Saggio sul misticismo greco, Roma, 1965.

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