tribùno

Indice

Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino tribūnus, da tribus, tribù].

1) Nella Roma antica, nome di varie magistrature, le cui funzioni erano originariamente connesse con le tribù (v. oltre).

2) In epoca medievale e moderna, titolo attribuito a membri di particolari magistrature e organi collegiali con funzione moderatrice.

3) Fig. (f. -a), politicante che ostenta pose demagogiche: oratoria da tribuno; un tribuno senza folla, fallito.

Storia

I tribuni della plebe (latino tribuni plebis) erano magistrati dell'antica Roma istituiti nel 493 a. C. in seguito alla secessione della plebe sull'Aventino per ostacolare il tentativo dei patrizi di monopolizzare il potere: in origine due, o forse quattro in relazione alle quattro tribù-quartieri urbani, alla metà del sec. V a. C. furono fissati a dieci. Difensori degli interessi della plebe nella vita dello Stato, il loro potere poggiava di fatto sull'inviolabilità personale, che la plebe aveva giurato collettivamente di tutelare a ogni costo, e di questa si avvalevano nel porre il veto contro qualunque provvedimento emanato dai magistrati o dal Senato e nel portare aiuto ai plebei vittime di arbitrii. I tribuni erano eletti nelle assemblee della plebe (concilia plebis), duravano in carica un anno, non avevano insegne di potere, dovevano restare permanentemente a Roma; la loro casa era aperta a tutti come luogo d'asilo; potevano assistere alle riunioni del Senato, ma stando sulla porta; avevano facoltà di promuovere deliberazioni (plebiscita), che poi facevano rispettare grazie al diritto di coercizione. Gli atti dei tribuni erano custoditi sull'Aventino, nel tempio di Cerere, Libero e Libera, la triade plebea contrapposta a quella di Stato, Giove, Giunone e Minerva, sul Campidoglio: al tempio accudivano due edili che affiancavano i tribuni nell'esplicazione dei loro compiti e diventarono col tempo anche essi magistrati della città. Quello dei tribuni fu in sostanza, per circa due secoli, un compito d'ostruzionismo più che un potere costruttivo; a misura però che i ceti plebei vennero integrati nel governo dello Stato con l'ammissione alla suprema magistratura del consolato (367 a. C.) e soprattutto con il riconoscimento (286 a. C.) della piena validità dei plebiscita quali leggi dello Stato, i tribuni si trasformarono gradualmente in veri e propri magistrati dell'intero popolo romano ottenendo anch'essi, come gli altri magistrati, l'ammissione al Senato, la facoltà di convocarlo, la promulgazione di leggi vincolanti per tutti i cittadini. Solo nell'età delle riforme graccane, sul finire del sec. II a. C., i tribuni ripresero la loro originaria funzione rivoluzionaria a vantaggio dei ceti minuti. Silla con la sua azione di restaurazione oligarchica ne limitò i poteri escludendoli dalle magistrature, riducendone il diritto di veto e abolendo ogni loro iniziativa legislativa. Reintegrati nel 70 a. C., i loro attributi vennero ambiti dai capiparte in lotta per il primato nell'ultima età repubblicana, percependone la potenzialità ai fini dell'affermazione personale. Cesare si fece riconoscere la sacrosanctitas, Augusto, in tempi successivi, l'essenza dell'intero potere tribunizio (tribunicia potestas) così da potersi ergere a difensore unico, cioè patrono dei ceti plebei, in tal modo sottraendoli, a proprio vantaggio, alle clientele degli esponenti dei vari gruppi di potere. La tribunicia potestas fu assunta, col rinnovamento annuale, dai successori di Augusto: assieme al comando delle forze militari (imperium proconsulare) e al pontificato massimo venne a costituire il fondamento dei poteri del principato nella sfera militare, civile e religiosa. Il tribunato come magistratura continuò tuttavia, ma esautorato ormai nelle sue funzioni tradizionali si ridusse, con compiti amministrativi, a essere un gradino delle carriere senatorie, scomparendo solo nel sec. V d. C. § I tribuni dell'erario (latino tribuni aerarii) erano funzionari dell'antico Stato romano adibiti alla riscossione dei tributi e al pagamento degli stipendi militari: dal 70 al 46 a. C. furono temporaneamente immessi anche nelle giurie dei tribunali. § I tribuni militari (latino tribuni militum) erano gli ufficiali superiori dei sei reparti formanti la legione, reparti costituiti in epoca primitiva di mille uomini, milia, donde il nome di milites dato ai soldati. Per un certo tempo, tra il sec. V e il IV a. C., subentrarono temporaneamente e a intermittenza ai consoli annuali quali magistrati supremi dello Stato romano, per dar modo anche ai plebei di accedere al governo dello Stato, essendo ancora esclusi, fino al 367 a. C., dal consolato. I tribuni militari della legione erano eletti dal popolo limitatamente alle quattro legioni della leva annuale, gli altri erano nominati dai consoli. Essi avevano compiti più amministrativi che tattici. In età imperiale il tribunato militare era titolo di accesso ai comandi militari e alle carriere pubbliche.

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