tripsina

sf. [sec. XIX; dall'inglese trypsin, tratto dal greco trîpsis, sfregamento (con allusione al primo sistema di preparazione)]. Enzimaproteolitico elaborato e secreto dal pancreas nella forma di un precursore inattivo detto tripsinogeno. Questo è un polipeptide, costituito da 249 amminoacidi, che viene attivato a livello intestinale dalla enterochinasi secreta dalla mucosa del duodeno o dalla stessa tripsina. Dal punto di vista molecolare il processo di attivazione consiste nel distacco dalla struttura del tripsinogeno di un frammento esapeptidico, formato dalla valina, dalla lisina e dall'acido aspartico. La tripsina è una endopeptidasi; scinde i legami peptidici centrali dei polipeptidi e delle proteine allo stato nativo, agendo esclusivamente sui peptidi nei quali la funzione carbonilica è rappresentata da un residuo di lisina o di arginina. L'attività catalitica si svolge a pH compreso tra 6 e 9, con un massimo a pH 7, in presenza di sali di calcio. L'azione della tripsina è massima nel primo tratto dell'intestino tenue e si riduce progressivamente nell'ultimo tratto dell'ileo, dove l'enzima viene in parte distrutto o riassorbito. Nel succo pancreatico è presente una sostanza polipeptidica con peso molecolare 5000-6000 che inibisce l'attività della tripsina e che avrebbe la funzione di impedire la autodigestione della ghiandola. Uno specifico inibitore della tripsina è pure presente nei semi di soia. La tripsina ottenuta dal pancreas bovino è stata adoperata in medicina come agente mucolitico; questa applicazione è tuttavia limitata dall'effetto irritante sulla mucosa dell'apparato respiratorio. Più utile è l'impiego della tripsina per rimuovere versamenti di sangue o essudati intrapleurici conseguenti a traumi oppure a interventi chirurgici sul torace.

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