La fine degli Incas

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Il declino della civiltà Incas è segnata dalla morte di Atahualpa, figlio del Sole. Una morte a cui lo stesso Inca si sottomette, segnando così la vittoria di Pizarro che può volgere a proprio favore le lotte intestine che covavano all'interno dell'impero.

Come successore dell’Inca viene nominato Tupac Hualpa, un fratello minore della dinastia – che morirà poco dopo per avvelenamento –, e Pizarro, fidando nel sostegno dei Peruviani avversi alla dinastia di Cajamarca, prosegue la marcia verso la capitale Cuzco, dove giunge nel novembre del 1533 trovando la “città d’oro” incendiata e desolata. Pizarro nomina Signore di Cuzco un altro figlio dell’undicesimo Inca Huayna Capac, il giovane e apparentemente debole Manco Capac II, sperando che l’Inca si riveli creta nelle sue mani. Cuzco è ormai spagnola e sul luogo dove sorgeva il Tempio del Sole viene costruita la cattedrale di Santo Domingo per dare un segno tangibile che l’era dell’Impero Inca è definitivamente tramontata. Nel 1535, continuando la sua marcia di conquista, Pizarro fonda una nuova capitale, Ciudad de los Reyes, che prenderà in seguito il nome di Lima.

In Spagna, il senso di onnipotenza e di smisurata ambizione che guidano Pizarro in ogni sua azione, nonché voci sull’appropriazione indebita dell’oro destinato alla Corona, hanno suscitato invidie e perplessità e il conquistador deve misurarsi con i nemici di casa sua. In Perú scoppia la guerra civile tra Pizarro e i suoi sostenitori e la fazione avversaria, capeggiata dal suo vecchio compagno d’armi Diego de Almagro, tornato da una sfortunata spedizione in Cile e pieno di rancori. La situazione si complica ulteriormente con l’inattesa ribellione dell’Inca Manco Capac II, il quale si rivela tutt’altro che un sovrano fantoccio, tanto che riesce a raccogliere sufficienti forze per creare un nuovo regno inca a ovest di Cuzco, nell’inaccessibile valle del rio Urubamba dove sorge la città-fortezza Vilcabamba.

Gli anni tra il 1536 e il 1566 sono segnati dalle lotte intestine tra Spagnoli – Pizarro e i suoi numerosi fratelli contro i seguaci di Diego de Almagro – e dalle battaglie contro i rivoltosi Incas. Presto i morti non si contano piú: Almagro viene decapitato per ordine di Hernando Pizarro, il quale a sua volta verrà imprigionato in Spagna; Francisco Pizarro viene trucidato dai sicari di Almagro; Gonzalo Pizarro sconfigge Pedro de Alvarado e uccide il primo viceré del Perú Blasco Nuñes Vela; il capo inca Tiso Yupanqui insieme ad altri nobili viene messo a morte; l’Inca Manco Capac II viene assassinato da mercenari spagnoli e sul fragile trono di Vilcabamba si alternano vari sovrani, tra cui l’Inca Titu Cusi che nel 1567 si converte al cristianesimo e consegna il piccolo regno autonomo nelle mani degli Spagnoli.

Il Paese è sotto pressione, lo sfruttamento della popolazione da parte delle encomiendas (l’istituzione spagnola che assegna le terre e i villaggi confiscati ai coloni) è spietato. Il viceré Francisco de Toledo procede alla deportazione degli Indios dai villaggi alla città e altri vengono condannati ai lavori forzati nelle miniere d’argento e nei campi. L’esasperazione degli Indios porta alla rivolta dell’ultimo Inca, il leggendario Tupac Amaru, che riesce a organizzare la resistenza contro gli Spagnoli. Ma il popolo è ormai decimato da soprusi, malattie e guerre – dei circa 4.500.000 abitanti originari tra Perú e Bolivia sopravvivono poco piú di 800.000 persone – e dopo due anni di lotta disperata il capo inca degli insorti viene catturato e giustiziato nel 1572. L’esecuzione di Tupac Amaru decreta definitivamente la fine degli Inca: le dinastie non esistono piú, gli idoli sono distrutti, i sepolcri profanati dai cercatori d’oro, i figli dei nobili vengono ormai educati nei collegi dell’Ordine dei Gesuiti e dei Francescani e le terre dei vicereami del Nuovo Mondo sono frantumate in tanti feudi controllati da Spagnoli e meticci.