Cenni storici

Le civiltà più antiche possedevano una farmacopea vegetale ossia l'arte di ricavare farmaci dai principi attivi. Già 5.000 anni prima dell'era cristiana, la civiltà sumerica utilizzava piante (e metalli) per curare le malattie; le modalità terapeutiche dei Caldei erano esclusivamente di tipo vegetale; nell'America precolombiana venivano adoperate le numerose piante curative tipiche di quelle aree geografiche.

A rimedi vegetali hanno fatto ricorso anche le popolazioni della Cina, dell'antica Persia, dell'Egitto e molte altre ancora.
 

La farmacopea tradizionale è rimasta pressoché immutata fino all'inizio dell'800, tanto che il retrobottega di una farmacia dell'XVIII secolo poteva dirsi quasi identico al laboratorio di uno speziale (una sorta di droghiere che vendeva spezie ed erbe medicinali) del XIII secolo, fatta eccezione per i farmaci importati dal Nuovo Mondo. Solo in seguito la medicina scientifica ha preso sempre più le distanze dai rimedi degli erboristi.
La fitoterapia include quattro tradizioni fondamentali:
- cinese;
- ayurvedica (indiana);
- europea;
- indiana d'America.
 

Nonostante la mancanza di scambi tra le due culture fino al XV secolo, gli erboristi del Vecchio e del Nuovo Mondo hanno utilizzato molte erbe e rimedi di origine vegetale (salice bianco, angelica, liquirizia, luppolo, menta ecc.) in maniera analoga. In tutto il mondo, molte erbe curative sono state scoperte a forza di prove ed errori; la selezione e l'impiego di piante medicinali, così come la trasmissione delle conoscenze sui loro benefici terapeutici ad altri membri della specie, non sembrano essere una prerogativa dell'uomo.

Anche gli animali ammalati - sottolineano i cultori della fitoterapia - mangiano determinate piante altrimenti ignorate in condizioni normali. I progressi delle conoscenze sull'alimentazione dei primati, ad esempio, hanno evidenziato come gli scimpanzé selezionino certe piante medicinali quando si sentono malati.