Esternalità

Le esternalità, dette anche economie esterne, sono interdipendenze tra soggetti economici che generano costi e vantaggi non registrati dal meccanismo dei prezzi di mercato. Le esternalità possono essere positive o negative. Quando si vuole evidenziare l'effetto negativo di una esternalità si usa anche l'espressione diseconomie esterne.

Quando un individuo influenza con le sue scelte economiche la sfera di consumo e di produzione di un altro individuo senza che questo abbia un corrispettivo, quando cioè nel sistema economico si generano esternalità, può risultare necessario l'intervento pubblico per sanare le inefficienze dovute a una allocazione delle risorse non ottimale.

Esternalità positive e negative

Si hanno esternalità positive quando l'attività di un soggetto genera elementi che entrano come input nella produzione di una o più imprese oppure come argomenti nella funzione di benessere di uno o più consumatori, determinando, nel primo caso, incrementi nella produzione e nel secondo aumenti di benessere. In corrispondenza di tali effetti non si dà luogo a pagamenti a favore del proprietario degli elementi stessi da parte di colui/coloro che ne godono i vantaggi. Le esternalità sono invece negative quando effetti riconducibili all'attività di un soggetto influenzano la funzione di produzione o la funzione di benessere di un altro soggetto, determinando rispettivamente decrementi di produzione o di benessere.

L'assenza di pagamenti è il fattore che permette di distinguere le esternalità propriamente dette dalla generalità degli effetti che i soggetti producono a favore o a danno gli uni degli altri nel corso della loro attività economica.

Esempi di esternalità

Esempi classici di esternalità positive sono rappresentati, per la produzione, dal caso dell'agricoltore che, attuando una campagna di disinfestazione, produce un beneficio anche per gli agricoltori vicini, e, per quanto riguarda il consumo, dalla presenza di un'area vincolata a verde di fronte alla residenza di alcuni cittadini, che aumenta il valore della proprietà di questi ultimi. Esempi ovvi di effetti esterni negativi dal lato della produzione sono forniti dalla maggior parte dei casi di inquinamento (un produttore che scarichi sostanze nocive nel fiume da cui attinge l'acqua un altro produttore). Effetti esterni negativi dal lato del consumo possono essere offerti dalle attività rumorose praticate, in un luogo di vacanza, da alcuni individui e sgradite da altri (come quando, per es., un villeggiante organizza chiassosi parties notturni, che possono disturbare il riposo dei suoi vicini).

Esternalità e beni pubblici

Tra esternalità e beni pubblici esiste una relazione stretta, che può essere espressa nei seguenti termini: al pari di un bene pubblico, un'esternalità dà generalmente luogo a una situazione di non rivalità nel consumo e di non escludibilità dal consumo. Di conseguenza, il prezzo pagato da un soggetto per un determinato bene o servizio generatore di effetti esterni non è uguale al valore sociale del bene o servizio stesso, in quanto non contiene la componente data dal valore dell'esternalità. Così, per es., nel caso di una strada cittadina per l'uso della quale non venga pagato alcun prezzo e nella quale si verifica una situazione di congestione, vi sarà un costo sociale positivo (identificabile con un'esternalità negativa) per ogni utente addizionale della strada stessa. Tuttavia, la relazione tra beni pubblici ed esternalità è asimmetrica: un bene pubblico puro è sempre assimilabile, nei suoi effetti, a un'esternalità, mentre possono esservi esternalità che non hanno le caratteristiche del bene pubblico: è il caso delle cosiddette esternalità private, che sono sprovviste del carattere di non rivalità nel consumo. Per esempio, se un individuo A accumula rifiuti sul terreno di un individuo B, l'effetto esterno (negativo) è totalmente assorbito da B, senza che si verifichi la situazione di consumo collettivo da parte di una pluralità di soggetti, tipica dei beni pubblici puri. Beni pubblici e effetti esterni rappresentano casi di fallimento del mercato, nel senso che i benefici o, a seconda dei casi, i costi marginali privati, divergono dai corrispondenti benefici, o costi, sociali: i prezzi corrispondenti non possono quindi assumere il significato che essi rivestono nelle situazioni di concorrenza perfetta (dove, come è noto, essi segnalano l'utilità del bene per i singoli individui e per la collettività).

Risorse comuni

L'assenza di prezzi per gli effetti esterni è generalmente considerata come la conseguenza di una definizione imperfetta, o assente, dei diritti di proprietà o di uso sui beni: Garrett Hardin (1968) ha coniato l'espressione di tragedia dei comuni (Tragedy of the Commons) per descrivere i fenomeni di esaurimento delle risorse comuni (pascoli, boschi, concentrazioni di animali utilizzabili a scopi commerciali, come i banchi di pesci) che si possono verificare allorché i diritti di proprietà o di uso su tali risorse non sono stati attribuiti, e le risorse stesse si trovano in regime giuridico di res communes o di res nullius. Il rapporto tra diritti sulle risorse e effetti esterni costituisce un tema sviluppato con particolare ampiezza dall'economia ambientale, poiché in tale ambito il problema della definizione dei diritti è più acuto che in altri settori (si pensi alla difficoltà di assegnare diritti su risorse naturali o a componenti della qualità ambientale, come animali selvatici o come la fascia d'ozono).

Da tale interpretazione, discendono alcune delle principali prescrizioni in materia di politiche ambientali. Le esternalità in questo caso possono essere corrette internalizzandone gli effetti, ovvero ristabilendo i diritti corrispondenti. Una volta che sia stata definita la titolarità dei diritti (di proprietà, o di uso) su un determinato bene ambientale, sarà possibile assegnare un valore economico, nella forma di un prezzo di mercato vero e proprio o di una tassa da corrispondere per poterne beneficiare. L'applicazione di questo metodo di correzione delle esternalità può risultare difficilmente realizzabile a causa degli alti costi di transizione necessari alla creazione di un apposito mercato dove i diritti possono essere scambiati. Un altro aspetto che rende problematica l'applicazione di questo meccanismo è la definizione della proprietà dei diritti. Metodi alternativi di correzione delle esternalità sono l'introduzione di tasse/sussidi a carico del soggetto che produce l'esternalità negativa/positiva oppure la regolamentazione. Nel primo caso l'aspetto problematico è l'individuazione dei criteri corretti di valutazione del costo/beneficio sociale dell'esternalità, che dovrebbe essere pari all'ammontare della tassa/sussidio. Evidentemente solo in particolari condizioni del mercato (in particolare quella di completa certezza e di assenza di asimmetrie informative) si porrebbero le condizioni per una sua corretta misurazione. Più utilizzata nella realtà istituzionale è invece la regolamentazione delle attività che producono esternalità negative. La fissazione di vincoli quantitativi alla produzione di beni che producono effetti esterni negativi infatti si rivela spesso come il metodo più facilmente implementabile, anche se le allocazioni di mercato che ne risultano si allontanano dall'allocazione efficiente delle risorse che i due metodi precedenti permettono di raggiungere.

La soluzione privata al problema delle economie esterne

Il premio Nobel per l'economia Ronald Coase ha proposto una risoluzione del problema delle esternalità non mediante forme di intervento statale ma attraverso l'attribuzione a uno dei contraenti della titolarità del diritto di proprietà della risorsa utilizzata e dunque nell'ambito di una soluzione di mercato. Secondo Coase, gli agenti economici (individui e imprese) hanno la capacità di correggere gli effetti delle esternalità sulla base di semplici concertazioni private purché ciò avvenga in presenza di informazione completa fornita dalle parti e in assenza dei costi di transazione.

L'aspetto più interessante del teorema di Coase è comunque da individuarsi nel fatto che alle condizioni suddette, e solo a quelle, si raggiunge una soluzione Pareto-ottimale totalmente indipendente dalla distribuzione iniziale dei diritti di proprietà. Si consideri il caso (da manuale) della fabbrica che produce inquinamento e della comunità che vive nelle immediate vicinanze e che dunque si trova suo malgrado a fronteggiare una diseconomia esterna. Facendo leva sulle capacità di mediazione e di negoziazione delle parti in causa e sulla completa assenza di costi di transazione esse possono liberamente “scambiarsi” la titolarità dei diritti di proprietà originariamente prestabilita per raggiungere in ogni caso un'allocazione ottimale delle risorse. Se è la comunità a possedere i diritti di proprietà sull'aria pura, essa troverà conveniente trasferirne la titolarità finché avrà effettiva convenienza a farlo, dunque fino a quando i benefici marginali ottenuti vendendo una concessione a inquinare in più superano i costi marginali dovuti al maggiore inquinamento. Se, all'opposto, i diritti di proprietà sono posseduti dalla fabbrica inquinante la comunità dal canto suo troverà ottimale acquistare concessioni fino a quando il costo marginale di una concessione in più risulta inferiore al beneficio marginale ottenibile rappresentato dal minor inquinamento.

Nella realtà la validità del teorema risulta pesantemente condizionata da una definizione dei diritti di proprietà ambigua e che solo raramente viene pienamente rispettata dalle parti (per esempio, nel caso dell'inquinamento).