Il pensiero postmetafisico di Lévinas, Derrida e Deleuze

Jacques Derrida

Il filosofo francese Jacques Derrida (El-Biar, Algeria, 1930) è dal 1983 direttore di studi all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi. Tra le sue opere: La scrittura e la differenza (1967); Della grammatologia (1967).

Parola, scrittura e metafisica
Derrida sostiene che l’intera tradizione filosofica occidentale, coincidente con la storia della metafisica da Platone fino a Heidegger, svaluta il segno scritto e privilegia il segno orale: secondo tale tradizione la parola è legata alla presenza, mentre la scrittura è legata all’assenza. La parola parlata è presente a colui che la pronuncia e si rivolge sempre a una persona presente. Un testo scritto invece esiste anche in assenza del suo autore e si rivolge sempre a una persona assente. Secondo Derrida la metafisica privilegia la parola, considerandola l’espressione diretta della verità: questa, intesa come la presenza immediata di qualcosa alla coscienza, sarebbe presente solo nel discorso parlato. Il segno scritto invece è svalutato dalla metafisica, poiché è inteso come assenza, ossia come una negazione della presenza e quindi della verità. In definitiva, la metafisica confinerebbe la scrittura in un ruolo secondario, di traduzione e rappresentazione grafica della parola: il segno orale è il segno della cosa, il segno scritto è il segno del segno orale, nel senso che sta al posto della parola parlata e rinvia a essa.

La decostruzione della metafisica
Sulla base di queste distinzioni Derrida contesta lo stesso concetto di “presenza” su cui sarebbe fondata la tradizione metafisica: l’idea di presenza è di per sé già un’illusione. Sulla scia di Heidegger Derrida giunge così al progetto di una decostruzione della metafisica. In primo luogo essa mette in questione le opposizioni concettuali classiche (per esempio, l’opposizione fra parola e scrittura), rovesciando la gerarchia che le comanda, ossia il predominio di un termine sull’altro. In secondo luogo, la decostruzione fa emergere una nuova prospettiva concettuale irriducibile al sistema di tali opposizioni. Derrida mostra poi che la definizione del segno scritto è in realtà la definizione di ogni segno: infatti ogni segno, anche quello orale, non significa mai la cosa stessa ma rinvia a un altro segno, il quale rinvia a sua volta a un altro segno, e questo processo di rinvio è interminabile. A questo funzionamento del segno Derrida dà il nome di différance: si tratta della differenza fra segno e segno (ogni segno rinvia a un segno differente da esso) e del differimento, o rinvio incessante, a cui è sottoposta la presenza della cosa. Sia nel discorso parlato, sia in quello scritto è impossibile risalire a una verità, a una presenza originaria, poiché ogni presenza è già presa nella rete infinita dei rimandi da segno a segno. Allo scopo di decostruire la metafisica Derrida trasforma la filosofia in una pratica di scrittura, o grammatologia, aperta alle influenze della letteratura e della psicoanalisi e nella quale la verità si dà proprio nella scrittura (che è ripetizione e differenza fra significante e significato) come differimento continuo e traccia.