Le lenti e gli strumenti ottici

Le lenti, elementi base di strumenti ottici quali il microscopio e il cannocchiale, o di strumenti atti a potenziare le capacità visive dell'organo della vista, l'occhio, sono costituite da materiali trasparenti (vetro o plastica) e delimitate da superfici sferiche in grado di rifrangere la luce.

Se negli specchi le immagini si costruiscono con le leggi della riflessione, nelle lenti si costruiscono sfruttando le leggi della rifrazione. I raggi luminosi, passando attraverso le superfici che costituiscono le lenti, vengono rifratti e danno luogo a immagini reali o virtuali, ingrandite o rimpicciolite, diritte o capovolte a seconda del tipo di lente e della distanza tra la lente e l'oggetto.

Sebbene le lenti possano essere delle forme più disparate, in genere si considerano le lenti sferiche, distinte in lenti convergenti e lenti divergenti. Le lenti convergenti sono più spesse al centro che ai bordi, per cui i raggi luminosi che vi passano attraverso convergono in un punto; le lenti divergenti sono più spesse ai bordi che al centro e i raggi luminosi che vi passano attraverso divergono per effetto della rifrazione.

Gli elementi caratteristici di una lente sono i seguenti (v. fig. 23.7):

  • l'asse ottico, che passa per il centro della sfera da cui la lente è ricavata;
  • i vertici V e V', i punti in cui l'asse ottico incontra le superfici della lente;
  • il centro ottico O, il centro della lente, tale per cui i raggi che passano per questo punto non vengono deviati;
  • i fuochi F e F', i punti (due per ogni lente) verso cui si concentrano i fasci di luce nelle lenti convergenti e i loro prolungamenti in quelle divergenti.

Viene detta distanza focale, f, di una lente la distanza tra ciascun fuoco; il suo inverso è detto potere diottrico e si esprime in diottrie.

Se la distanza focale è espressa in metri, una lente con distanza focale uguale per esempio a 0,8 m ha un potere diottrico di 1,25 diottrie.

Se f è la distanza focale di una lente e p è la distanza dell'oggetto dal centro della lente, si può misurare la distanza q alla quale si forma l'immagine dell'oggetto attraverso la relazione:

detta formula delle lenti sottili. Per le lenti divergenti la distanza focale ha valore negativo.

Nello studio delle lenti in genere si ammette che il loro spessore sia trascurabile rispetto al raggio di curvatura delle loro due superfici: questa condizione viene detta approssimazione delle lenti sottili, necessaria perché i fuochi siano puntiformi.

La formazione delle immagini nelle lenti

Per costruire le immagini attraverso una lente si utilizzano leggi analoghe a quelle che si usano per la costruzione delle immagini riflesse da uno specchio. In particolare, si considerano due tipi di raggi, che partono dal punto oggetto e passano attraverso la lente, venendo rifratti: il raggio parallelo all'asse ottico, che una volta rifratto converge nel fuoco delle lente, e il raggio passante per il centro della lente, che non subisce deviazioni.

Se poniamo una sorgente luminosa davanti a una lente convergente e raccogliamo l'immagine prodotta al di là della lente su uno schermo, l'immagine sarà reale o virtuale, diritta o capovolta, ingrandita o rimpicciolita a seconda della posizione dell'oggetto rispetto ai punti caratteristici della lente.

Se l'oggetto viene posto a una distanza dalla lente convergente superiore a due volte la distanza focale f, l'immagine prodotta oltre la lente sarà reale, capovolta e rimpicciolita.

Se l'oggetto si trova a una distanza inferiore al doppio della distanza focale, ma oltre il fuoco, l'immagine risultante sullo schermo sarà reale, capovolta e ingrandita.

Se infine l'oggetto si trova fra la lente e il fuoco, l'immagine sarà virtuale, diritta e ingrandita (v. fig. 23.8).

Le lenti sferiche divergenti danno sempre immagini virtuali, poiché l'immagine è data sempre dal prolungamento dei raggi rifratti, e sempre diritte, qualunque sia la distanza dell'oggetto dalla lente.

L'aberrazione cromatica

Poiché i bordi delle lenti si comportano come un prisma, nell'attraversare una lente i diversi colori che compongono la luce bianca possono venire rifratti secondo angoli di rifrazione diversi, dando luogo a un'immagine circondata da un alone colorato. Questo fenomeno è detto aberrazione cromatica e viene eliminato utilizzando una coppia di lenti che disperdono la luce in modo da compensarsi reciprocamente. In genere si usano accoppiamenti di lenti concave e convesse con indici di rifrazione differenti, in modo che l'effetto prodotto da una delle due lenti venga annullato da quello prodotto dalla seconda. Le lenti così accoppiate, dette lenti acromatiche, sono utilizzate nella maggior parte degli strumenti ottici.

L'occhio e i difetti della vista

L'occhio è l'organo deputato alla funzione visiva (v. fig. 23.9). È un organo di forma quasi sferica (bulbo oculare) circondato da tre rivestimenti: la sclera, opaca e fibrosa, che sul davanti dell'occhio viene detta cornea, trasparente; la coroide, che sul davanti diventa l'insieme di corpo ciliare e iride e che presenta l'orifizio della pupilla, e infine la retina, nervosa, di cui fanno parte i recettori detti coni e bastoncelli, i primi sensibili ai colori e alla visione diurna, i secondi deputati alla visione in scarse condizioni di illuminazione. La retina è collegata mediante il nervo ottico ai corrispondenti centri della corteccia cerebrale. Nella cavità interna dell'occhio si trovano i mezzi di rifrazione, costituiti da umore acqueo, cristallino e corpo vitreo. Il cristallino è la lente dell'occhio, a forma di lente biconvessa, situata tra la camera anteriore e il corpo vitreo, una massa gelatinosa che riempie tutto lo spazio fra il cristallino e la retina.

Nella visione normale, i raggi luminosi, passando attraverso il cristallino e la cornea, si focalizzano sulla retina. Il cristallino può venire modificato dai muscoli dell'occhio per permettere la visione di oggetti a differenti distanze. Nei principali difetti della vista (v. fig. 23.10), correggibili con l'uso di lenti, la focalizzazione delle immagini avviene davanti alla retina (miopia, visione da lontano offuscata) o dietro la retina (ipermetropia, visione da vicino offuscata). La miopia, in cui il bulbo oculare risulta allungato rispetto al normale, si corregge con l'uso di lenti sferiche divergenti, grazie alle quali i raggi luminosi divergono prima di arrivare all'occhio, allungando così il loro tragitto fino alla retina.

Se l'immagine invece si forma oltre la retina, nel caso dell'ipermetropia, dovuta a un bulbo oculare accorciato, si usano lenti sferiche convergenti, in modo che i raggi luminosi convergano, accorciando il loro cammino verso la retina.

Gli strumenti ottici

Uno strumento ottico si compone di una successione di lenti che permettono di ingrandire o rimpicciolire un oggetto la cui visione a occhio nudo sarebbe impossibile. Sono strumenti ottici per esempio gli occhiali, che permettono una visione più nitida degli oggetti, il cannocchiale, per l'osservazione di oggetti lontani, e il microscopio, che ha la funzione di ingrandire oggetti molto piccoli.

Tra i cannocchiali si distinguono il cannocchiale astronomico e il cannocchiale terrestre.

Lo scopo principale del cannocchiale astronomico non è quello di ingrandire gli oggetti celesti (che solitamente sono troppo lontani e rimarrebbero puntifomi anche se ingranditi), ma quello di raccogliere il maggior numero possibile di raggi luminosi e di avere un angolo visuale maggiore. Un cannocchiale astronomico semplice è costituito da un tubo ai cui estremi sono poste due lenti convergenti:

  • la prima lente, detta obiettivo, forma una prima immagine rimpicciolita dell'oggetto da osservare;
  • la seconda lente, detta oculare, serve per vedere l'immagine formata dall'obiettivo.

Se l'oggetto da osservare è molto lontano, i raggi da esso provenienti possono essere considerati paralleli: l'obiettivo forma dunque un'immagine dell'oggetto reale, rimpicciolita e capovolta. Regolando la lunghezza del cannocchiale si fa in modo che tale immagine si formi tra il fuoco dell'oculare e l'oculare stesso, così che l'oculare trasmetta una seconda immagine ingrandita, che arriva all'osservatore. L'inconveniente del cannocchiale astronomico è che l'immagine dell'oggetto da osservare risulta capovolta e, se questo non ha grande importanza nell'osservazione degli oggetti celesti, è invece cruciale per l'osservazione di oggetti terrestri.

In un cannocchiale terrestre viene posta tra obiettivo e oculare una serie di prismi (o di lenti), che hanno lo scopo di raddrizzare l'immagine. Il cannocchiale, che serve a ingrandire immagini lontane, differisce dal telescopio, il cui scopo tuttavia è sempre l'osservazione di oggetti molto lontani, perché quest'ultimo al posto dell'obiettivo dispone di uno specchio concavo riflettente, che forma l'immagine dell'oggetto.

Il microscopio serve a ingrandire oggetti molto piccoli e, nella sua forma più semplice, è costituito da un sistema di due lenti convergenti, un obiettivo e un oculare: l'oggetto da osservare si trova appena dopo il fuoco dell'obiettivo e la sua immagine è dunque ingrandita e capovolta. L'oculare, posto in modo che la prima immagine si trovi prima del suo fuoco, trasforma questa immagine in una seconda immagine, questa volta virtuale, diritta rispetto alla prima e ulteriormente ingrandita. Un microscopio ottico può ingrandire gli oggetti fino a qualche migliaio di volte e può venire impiegato per l'osservazione di oggetti delle dimensioni di un milionesimo di millimetro (come, per esempio, i batteri) senza perdere in nitidezza. Oltre tali limiti (per l'osservazione per esempio degli atomi), occorre usare tecniche diverse da quelle ottiche (microscopio elettronico).