Approfondimenti

Il "Pagliaccio" e la tragedia: dalle Veglie di Bonaventura

Mi presento come prefatore dell'Uomo. Il pubblico rispettabile e numeroso potrà più facilmente scusare che, per come mi comporto, sia un matto, se cito in mio favore la circostanza che, secondo il Dottor Darwin, la scimmia – incontestabilmente ancor più stupida di un semplice matto – è la prefatrice e prologatrice dell'intero genere umano, e che i miei ed i vostri pensieri e sentimenti solo con il tempo si sono un po' raffinati e inciviliti, sebbene essi rimangano pur sempre, conformemente alla loro origine, dei pensieri e dei sentimenti come potevano nascere dalla testa e dal cuore di una scimmia. [...] Quel che ho detto può bastare a giustificare la mia persona e la mia maschera all'inizio della tragedia L'Uomo che sta per essere rappresentata. Prometto in anticipo al rispettabile pubblico che voglio essere buffo fino a far morire dalle risate, per quanto il poeta possa aver concepito la sua opera in modo serio e tragico. A che serve poi essere seri? L'uomo è per sua natura una bestia ridicola [...]. Il teschio non manca mai dietro alla maschera teneramente ammiccante, e la vita è solo l'abito a sonagli in cui si è avvolto il Nulla per farlo scampanellare ed infine stracciarlo rabbiosamente e gettarlo via da sé. Tutto è Nulla, ed esso strozza e divora voracemente se stesso, e proprio questo autodivorarsi costituisce la perfida ciarlataneria, come se ci fosse qualcosa! Se infatti lo strozzarsi si interrompesse una sola volta, il Nulla si manifesterebbe in modo così inequivocabile da farli inorridire. Gli stolti intendono questa interruzione come l'eternità, non è però altro che il semplice Nulla e la morte assoluta, mentre la vita, al contrario, origina solo da un ininterrotto morire.

Bonaventura, Veglie, a cura di Patrizio Collini, Marsilio, Venezia 1990, pp. 181, 185-187.