Arnold Schönberg

Arnold Schönberg nacque a Vienna nel 1874, ebbe una formazione musicale irregolare e sostanzialmente da autodidatta, anche se ricevette lezioni da A. von Zemlinsky. Dal 1901 al 1903 fu a Berlino, dove collaborò al cabaret di E. von Wolzogen e insegnò composizione al Conservatorio Stern. All'insegnamento si dedicò in modo particolare dopo il suo ritorno a Vienna, nel 1903. Nella capitale austriaca divenne amico di G. Mahler, dello scrittore K. Kraus, dell'architetto A. Loos, del pittore O. Kokoschka ed ebbe tra gli allievi A. Berg e A. Webern. Ma la generale ostilità del pubblico e degli ambienti ufficiali lo spinsero nel 1926 a lasciare Vienna definitivamente per trasferirsi a Berlino, dove era stato chiamato, alla morte di F. Busoni, a occupare una cattedra presso la Preussische Akademie der Künste. L'ascesa al potere di A. Hitler spinse Schönberg, ebreo, a prendere nel 1933 la via dell'esilio e a stabilirsi negli Stati Uniti, dapprima a Boston, quindi a New York e infine presso Los Angeles, dove dal 1936 ebbe una cattedra alla University of California. Morì a Bretwood Park, presso Los Angeles, nel 1951.

Dal tardo romanticismo all'atonalismo

La prima fase della produzione di Schönberg si inserisce con originalità nel panorama del tardo romanticismo della fine del XIX secolo, muovendosi nell'orbita del gusto postwagneriano, ma accogliendo anche essenziali influenze da J. Brahms. In Notte trasfigurata (1899), un poema sinfonico per sestetto d'archi, e ancor più nel poema sinfonico per grande orchestra Pelleas und Melisande (1903) il cromatismo wagneriano è condotto ai limiti della rottura, mentre i Gurrelieder (1900-11) rivelano un'analoga drammatica intensificazione delle esperienze tardoromantiche.

La straordinaria densità ed essenzialità della scrittura della Kammersymphonie op. 9 (1906) appartengono ormai allo Schönberg più maturo e originale: agli ultimi due tempi del secondo Quartetto op. 10 (1907-08), con voce di soprano, risale, infine, la prima definitiva rottura con le convenzioni del sistema tonale. Seguì una serie ininterrotta di capolavori fino agli anni della prima guerra mondiale: si tratta di pagine fra le più significative ed emblematiche dell'espressionismo musicale, in cui non solo il rifiuto delle gerarchie tonali, ma anche lo sconvolgimento delle categorie formali tradizionali (in nome di un'essenzialità che non può più far uso dei consueti nessi discorsivi e delle strutture simmetrico-estensive ottocentesche) e l'originalità delle intuizioni timbriche appaiono frutto di una "necessità interiore": questa appare gesto di rivolta e unico rifugio del soggetto che voglia preservare la propria autenticità umana in un mondo teso a distruggerla. Le sconvolte visioni di Schönberg espressionista si incarnano, fra l'altro, in due brevi lavori teatrali, Erwartung (Attesa, 1909) e Die glückliche Hand (La mano felice, 1908-13), nei pezzi pianistici op. 11 e op. 19, nei Lieder op. 15 (1908) e op. 22 (1913-16), nei Cinque pezzi op. 16 per orchestra (1909) e nel Pierrot lunaire (1912). Precisamente in quest'ultima opera, una delle sue partiture più celebri, viene per la prima volta sistematicamente impiegato lo Sprechgesang, lo stile vocale (detto anche Sprechmelodie e Sprechstimme) nel quale si fondono le caratteristiche proprie del parlato e del canto.

Le opere dodecafoniche

Nel primo dopoguerra Schönberg lavorò a un oratorio, La scala di Giacobbe, rimasto incompiuto, ed elaborò il metodo dodecafonico, in cui ravvisava la soluzione necessaria a dare nuova coerenza costruttiva alle composizioni che facessero a meno delle tradizionali gerarchie tonali. Nei suoi lavori Schönberg usa questo metodo come uno strumento di superamento dei nessi tonali (o eventualmente di un loro spettrale recupero) e in funzione di una sorta di ultratematizzazione, volta a ridurre tutta una composizione a una cellula unitaria, facendo peraltro coesistere la dodecafonia con il ritorno alle strutture formali tradizionali che negli anni precedenti aveva più radicalmente messo in discussione. L'evoluzione di Schönberg muove, cioè, nella direzione di un costruttivismo che non approfondisce certe sconvolgenti, modernissime intuizioni delle opere espressioniste, ma che neppure ne rinnega la sostanza, lasciando emergere sotto l'apparente sforzo di oggettivazione i fremiti e i sussulti del linguaggio espressionista del periodo precedente. Un caso emblematico di tale situazione sono le Variazioni op. 31 per orchestra (1926-28), mentre in alcuni lavori precedenti, come la Suite op. 25 per pianoforte (1921-23) e il Quintetto op. 26 per strumenti a fiato (1923-24), si nota una sorta di irrigidimento, di freddezza metallica.

In Schönberg sono sempre coesistiti arditezze innovatrici e profondi legami con la tradizione: la tensione derivante da tale duplice aspetto, che lo fece definire "conservatore rivoluzionario", fu sempre un elemento caratterizzante della sua poetica. Tuttavia, una nostalgia del passato sembrò emergere nei primi anni dell'esilio americano con più evidenza, spingendo il musicista, oltre al pieno recupero delle proprie radici ebraiche, a ritorni alla tonalità, o a riprese e allusioni tonali all'interno di opere dodecafoniche (Concerto per violino, 1936; Ode a Napoleone, 1942; Concerto per pianoforte, 1942).

Il secondo dopoguerra

Nelle opere degli ultimi anni Schönberg superò anche questa fase (in cui la sua inventiva sembrò dar luogo a esiti in un certo senso addolciti, a un gesto compositivo meno teso), in una serie di capolavori che recuperarono un'eccezionale libertà creativa, comprendendo tutte le esperienze precedenti e facendo rivivere alla loro luce l'arditezza e la fantasia degli anni dell'espressionismo; si ricordano, in particolare, il Trio op. 45 (1946), De Profundis (1949), Un sopravvissuto di Varsavia (1947). Incompiuto è rimasto uno dei massimi vertici della produzione di Schönberg, Mosè e Aronne, i cui due atti, portati a termine fra il 1930 e il 1932, rappresentano uno dei testi più alti e significativi del teatro musicale del XX secolo. Fra le sue opere teoriche sono di fondamentale importanza Trattato di armonia (1910-11), Stile e idea (1950) e Funzioni strutturali dell'armonia (1954).