Le teorie sui mass media

Teoria dell'egemonia

Diversi autori di impostazione marxista (per esempio, Althusser e Poulantzas) hanno esaminato la comunicazione mass mediale in funzione dei sistemi ideologici che questa, a loro parere, servirebbe a perpetuare e a rendere accettabili anche da parte di chi ne subisce le conseguenze politiche, sociali ed economiche. L'ideologia, considerata da tali autori come una forma di definizione distorta della realtà e delle relazioni di classe (cioè come un inganno consistente nel far passare una concezione immaginaria degli individui con le reali condizioni di esistenza, al fine di ottenere il consenso di chi altrimenti si opporrebbe all'ingiustizia del sistema economico), troverebbe all'interno dei mezzi di comunicazione di massa un fertile terreno di sviluppo e veicolazione. Da qui l'esigenza, sentita dagli studiosi che si riferiscono a questo indirizzo, di condurre un'analisi semiologica e strutturale delle modalità utilizzate dalla comunicazione mass mediale per raggiungere un tale fine. Le comunicazioni di massa, essi affermano, sono caratterizzate dalla spettacolarizzazione delle informazioni e dall'omogeneizzazione dei contenuti proposti. La tendenza sempre più diffusa a trasformare in intrattenimento le notizie, di qualsiasi natura esse siano, confondendo informazione e spettacolo, momento ludico e dramma, ha come effetto quello di creare negli spettatori un atteggiamento di deresponsabilizzazione generalizzato. Non solo, ma il bombardamento di informazioni di ogni genere, tipico dei mass media, lungi dallo stimolare processi di selezione critica dell'informazione, finisce per creare nel recettore uno stato di stordimento apatico e di tacito consenso. I mass media finiscono così per esercitare un ruolo di primo piano all'interno della perpetuazione dei rapporti sociali determinati dagli interessi del blocco storico dominante, nonostante essi si mostrino per lo più come neutrali e del tutto indipendenti da specifici interessi politico-economici.

Va infine rilevato che all'interno di questa prospettiva non desta preoccupazione solo la progressiva concentrazione delle testate giornalistiche nelle mani di precisi gruppi economico-finanziari, quanto il monopolio che alcuni di essi sembrano essere avviati a esercitare sulle diverse fonti di informazione (radio, televisione, editoria, cinema ecc.), dando così origine a nuove e a più complesse forme organizzative e produttive.