Lessico

sm. [sec. XIII; latino ocŭlus].

1) Ciascuno degli organi anatomici della funzione visiva; per estensione, qualsiasi organulo che consente di percepire le radiazioni luminose: privo, orbo di un occhio;occhi lucidi, per pianto imminente o per malattia; occhi rossi, infiammati; occhi di gatto, di color verde e sensibile anche al buio; occhio di civetta, tondo e fisso; occhio bovino, grosso e sporgente; cavare gli occhi, accecare; guardare negli occhi, fissare intensamente il volto di una persona; far tanto d'occhi, spalancarli in segno di meraviglia, cupidigia o minaccia; non gli restano che gli occhi per piangere, riferito a chi ha perduto ogni risorsa materiale e morale; aprire gli occhi, sollevare le palpebre, specialmente al risveglio; fig., rendersi conto della realtà, smaliziarsi; analogamente: aprire gli occhi a qualcuno, rivelargli la verità, metterlo sull'avviso; occhi aperti, vedi aperto; chiudere gli occhi, chiudere un occhio, vedi chiudere; a occhi chiusi, vedi chiuso; fino agli occhi, fino all'altezza degli occhi, per lo più iperb. e fig., per indicare sprofondamento o saturazione: immerso nella corruzione fino agli occhi; averne fino agli occhi di qualche cosa; proverbi: “Occhio non vede, cuore non duole”, le cose sgradite agli altri conviene farle a loro insaputa; “Occhio per occhio, dente per dente”, formulazione popolare della legge del taglione.

2) Per estensione: A) lo sguardo, come atto del guardare e direzione in cui si guarda: abbassare, alzare, volgere gli occhi; accompagnare, seguire con l'occhio; fig.: star con gli occhi addosso a qualcuno, continuare a guardarlo, non perderlo mai di vista; essere tutto occhi, intentissimo a guardare. Spesso con riferimento al modo di guardare, allo stato d'animo o agli aspetti del carattere che si esprimono nello sguardo: occhio stanco, vispo; occhi mansueti, minacciosi; gli occhi ti brillano di gioia; vedere di buon occhio, con benevolenza, con favore; leggere negli occhi, intuire dallo sguardo lo stato d'animo. B) Atto del vedere, vista: affaticare, consumare gli occhi; occhio acuto, occhio d'aquila; perdere il lume degli occhi, vedi lume; a perdita d'occhio, oltre il punto cui la vista può arrivare (riferito a grandi estensioni); a occhi, senza l'ausilio di strumenti di misura (calcolare, valutare a occhio); sotto gli occhi, in presenza diretta, in modo che si possa vedere; proverbio: “Lontan dagli occhi, lontan dal cuore”, vedi cuore.

3) Fig.: A) capacità di valutare e misurare con la vista: avere occhio; fare l'occhio, assuefarsi con l'esperienza a valutare. Quindi, capacità intellettiva, penetrazione mentale: gli occhi del pensiero, della ragione; senso estetico: uno spettacolo che appaga, rallegra l'occhio; anche l'occhio vuole la sua parte, anche l'aspetto esteriore ha la sua importanza; rifarsi gli occhi, ripagare con una visione piacevole la vista di uno spettacolo sgradito. B) Giudizio, opinione: ai suoi occhi è giusto; considerare con altri occhi; gli occhi del mondo, il giudizio esteriore degli uomini; con riferimento alle varie facoltà spirituali che intervengono nel giudizio: gli occhi del cuore, della passione, ecc. C) Attenzione, vigilanza: dar nell'occhio, attirare l'attenzione; tener d'occhio, sorvegliare; occhio!, escl. con cui si sollecita l'attenzione altrui. D) Con riferimento al valore prezioso dell'organo visivo: costare, spendere un occhio(della testa).

4) Per analogia: occhi artificiali, fatti a imitazione di quelli naturali; occhio di sole, cerchio luminoso formato dai raggi del sole che penetrano in un ambiente scuro attraverso un piccolo foro. poetico: l'occhio, gli occhi del cielo, il sole, gli astri. Per gli usi estensivi della loc. occhidi bue, vedi bue. Più in particolare: A) foro circolare presente in vari oggetti con funzioni diverse: l'occhio del manico per appendere la padella; l'occhio del martello, il foro tronco-conico della mazza in cui s'introduce il manico; gli occhi delle forbici, gli anelli per infilare le dita; gli occhi del formaggio, i buchi caratteristici di alcune qualità come emmental e groviera. B) Nei ponti, apertura circolare praticata nei piloni o nelle spalle per facilitare il defluire delle acque di piena dei fiumi. C) Nei caratteri tipografici, la parte stampante, che porta il disegno della lettera (vedi carattere). D) Nell'industria tessile, occhio di pernice, disegno di un tessuto formato da piccolissimi quadretti di colori contrastanti ottenuto per mezzo di una particolare armatura di tela in cui si alternano due fili chiari e due scuri. E) La zona centrale di un ciclone tropicale, occhio del ciclone, con diametro di qualche decina di chilometri, caratterizzata da pressioni molto basse e completa calma di venti (vedi ciclone). F) In ottica, occhio ridotto, altro nome dell'occhio di Listing.

5) In marina, occhio di bigotta, ciascuno dei fori praticati nel bozzello privo di puleggia (detto bigotta per il passaggio del cavo o corridore; occhio di bue, apertura praticata per illuminazione su ponti, paratie, portelli, ecc., chiusa permanentemente con un vetro fisso; occhio di cubia, foro praticato sulla prora della nave per il passaggio della catena dell'ancora; è detto anche occhio di prora. Quindi, fig.: filare per occhio, abbandonare ancora e relativa catena quando, per condizioni di emergenza, non si ha il tempo di salparla.

6) In botanica e in agraria, si usa talvolta per indicare organi o strutture vegetali che ricordano più o meno vagamente un occhio animale, come per esempio le gemme (occhio della patata, occhio dormiente, o. di pioppo), o le macchie circolari che compaiono nelle marezzature (occhio di marezzo); è riferito anche alle specie vegetali occhio di asino (Sagittaria sagittifolia), occhio di bue (Anthemis tintoria, Buphtalmum salicifolium, Leucanthemum spp., Chrysanthemum spp.), occhio di civetta (Primula acaulis, Primula elatior). Il termine viene usato anche per indicare la cicatrice residuo dell'apertura del ricettacolo di alcuni frutti (per esempio nel pero).

7) In elettronica, occhio magico, indicatore ottico della sintonia dei radioricevitori realizzato con un tubo elettronico che, nella parte terminale, consente il rilievo ottico di due settori di luminescenza verde la cui ampiezza è resa proporzionale al segnale di comando del tubo. Gli occhi magici vengono spesso impiegati per rilevare anche la riduzione a zero di ponti per misure di impedenze.

Anatomia comparata

Quasi tutti gli animali sembrano sensibili alle radiazioni luminose: molti Protozoi, privi di organi fotorecettori, sono attratti o respinti dalla luce; altri sono provvisti di speciali organuli cellulari fotosensibili (stigmi). Gli organi visivi, nelle forme via via più evolute, divengono sempre più perfezionati, cioè, mentre le forme più semplici possono soltanto distinguere la luce dal buio, quelle più evolute acquistano la capacità di percepire prima il movimento e quindi la forma degli oggetti con sempre maggiore nitidezza. Fra i Metazoi cominciano a presentare dei recettori ottici le meduse, i cui gruppi di cellule fotorecettrici formano occhi semplici detti ocelli: gli organi visivi più semplici sono costituiti da singole cellule di senso per lo più associate a cellule pigmentate (per esempio Turbellari, Policheti, ecc.), talora riunite in gruppi a formare le cosiddette macchie oculari (per esempio Planarie). Questi occhi sono in grado di percepire soltanto l'intensità della luce, senza che si formino le immagini. La percezione del movimento può verificarsi quando siano presenti numerosi occhi, oppure quando in un unico occhio le cellule visive siano affondate entro una cavità (occhio a fossetta), in modo da essere impressionate in tempi successivi da un oggetto in movimento ( per esempio Patella). Quando si ha una fossetta più profonda con apertura più stretta (o a calice), si può avere la formazione di un'immagine sulla parete opposta, come in una camera oscura (per esempio Nautilus). L'immagine diventa più luminosa e dettagliata quando, in corrispondenza dell'apertura del calice, si formano mezzi diottrici (occhio a lente) come nei Cefalopodi e nei Vertebrati. Un particolare tipo di organo visivo è rappresentato dagli occhi composti degli Artropodi, costituiti da numerosi piccoli occhi (ommatidi) ciascuno provvisto di propri mezzi diottrici (cornea, cono cristallino) e sensitivi (retinula). Nei riguardi della posizione, si distinguono occhi epidermici e subepidermici; gli occhi, inoltre, possono essere eversi o inversi a seconda che i poli sensitivi delle cellule visive siano rivolti verso la sorgente luminosa (come in Patella e nei Cefalopodi) o in direzione opposta (come in Pecten, e nei Vertebrati). § I Vertebrati ancestrali possedevano due tipi di occhio: un occhio mediano, sulla sommità del capo, che probabilmente era solo in grado di discriminare tra luce e buio, e un paio di occhi capaci di formare immagini, posti sui due lati del corpo. I Ciclostomi e alcuni Rettili conservano un occhio mediano funzionale, ma nella maggior parte dei gruppi esso si è trasformato in un piccolo corpo pineale, attaccato alla sommità dell'encefalo. Dal punto di vista strutturale, nei Vertebrati, già a partire dai Ciclostomi, l'occhio non presenta differenze sostanziali: in tutti si possono distinguere un globo oculare con retina inversa, una sclerotica robusta, una cornea trasparente, una coroide pigmentata e vascolarizzata e una lente convergente: il cristallino. All'occhio sono annesse anche altre formazioni anatomiche che ne garantiscono i movimenti e lo proteggono (annessi dell'occhio) come le palpebre con le ciglia, la congiuntiva, l'apparato lacrimale e i muscoli oculari. Ciò che varia sono la forma e la grandezza del globo oculare, la curvatura della cornea, la struttura tessutale della sclerotica, le dimensioni dell'iride e la forma della pupilla, le modalità dell'adattamento ottico. Il primo abbozzo embrionale dell'occhio compare quando il canale neurale è quasi completo. Anteriormente, ai lati dell'encefalo, si sviluppano due vescicole sferiche (vescicole ottiche) che restano connesse, mediante un peduncolo, con il neurasse. Man mano che le vescicole crescono il loro emisfero anteriore si invagina per formare i calici ottici. Il calice ottico diviene la retina, dalla quale si forma parte del corpo ciliare e dell'iride. Successivamente compare il cristallino. Il globo oculare è, spesso, schiacciato in senso antero-posteriore (per esempio Condritti, Osteitti, Rettili, Uccelli, Pinnipedi e Cetacei) ma può essere quasi sferico (per esempio negli Anfibi, nell'uomo) o molto allungato con cristallino enorme (per esempio, l'occhio telescopico dei pesci abissali, atto a captare la scarsa luminosità ambientale); la grandezza è in rapporto all'adattamento ecologico (per esempio, è maggiore negli uccelli rapaci). La cornea ha curvatura quasi sempre maggiore di quella della sclerotica nei Vertebrati terrestri; nei marini è per lo più appiattita. La sclerotica è di tessuto connettivo fibroso nei Mammiferi (nei Monotremi è di tessuto cartilagineo) e negli Ofidi; nei Condritti, Osteitti e Anfibi è rafforzata da cartilagine; nella maggior parte dei Rettili e negli Uccelli alla cartilagine si aggiunge un anello pericorneale di placche ossee. L'iride ha dimensioni e colori variabili ed è ridottissima negli occhi telescopici; la pupilla varia di forma, da rotonda (per esempio, uomo) ad allungata in senso verticale (per esempio, gatto) od orizzontale (per esempio, cavallo). Le palpebre sono assenti nei Pesci; nei Tetrapodi sono presenti sempre e l'inferiore è più mobile della superiore, a eccezione dei Mammiferi, dei Loricati e di qualche uccello. Diffusa è la membrana nittitante, oltre che nei Condritti anche nei Tetrapodi (manca nei serpenti, nell'uomo e in molti primati). Nei soli Pesci mancano le ghiandole lacrimali. Infine possono esservi casi di riduzione degli organi della vista in rapporto ad adattamenti alla vita parassitaria o ad ambienti totalmente privi di luce (animali ipogei).

Anatomia umana

Nell'uomo l'occhio ha consistenza dura ed elastica; è tenuto in posto, oltre che dai muscoli, da fasce, nervi e vasi che in esso penetrano. Nella parte anteriore l'occhio presenta esternamente la cornea che è trasparente, nel cui centro sono visibili l'iride, variamente colorata da individuo a individuo, e la pupilla, il foro attraverso cui vengono recepite le immagini e che si dilata o si restringe a seconda della minore o maggiore intensità degli stimoli luminosi. La parte posteriore è formata dalla sclera, di colore biancastro, da cui emerge il nervo ottico. È avvolto da tre tuniche che hanno strutture e funzioni assai diverse. La tunica più esterna, detta fibrosa, è costituita dalla sclerotica o sclera e dalla cornea, quella media è detta vascolare ed è fortemente pigmentata per impedire la riflessione e la rifrazione dei raggi luminosi. Quest'ultima è divisa in più porzioni, di cui una posteriore, sottilissima e aderente alla superficie della sclera, detta coroide o corioide, principalmente vascolare, una intermedia (corpo ciliare) e una anteriore, l'iride, con al centro la pupilla . La tunica più interna è di natura nervosa, aderente a quella media; può esser distinta in una porzione ottica (corrispondente alla coroide) e in una porzione cieca, formata da due parti, una ciliare, l'altra iridea. Il limite tra le due porzioni è segnato da una linea festonata, detta ora serrata. Questa terza tunica, nella sua porzione ottica, risulta costituita da due foglietti, uno esterno o strato pigmentato e uno interno, la retina, considerata un'espansione del nervo ottico, che, come una membrana, si applica sulla coroide, fino all'ora serrata. Il nucleo dell'occhio è formato da materiali liquidi e da organelli strutturali: procedendo dall'avanti all'indietro il bulbo oculare presenta le camere dell'occhio, il cristallino e il corpo vitreo. Le due camere consistono in uno spazio cavo contenente l'umor acqueo, liquido incolore e trasparente; tale spazio è distinto in camera anteriore, delimitata in avanti dalla faccia posteriore della cornea e indietro dalla faccia anteriore dell'iride e del cristallino, e nella più piccola camera posteriore (in comunicazione con la prima tramite la pupilla), confinante anteriormente con l'iride e posteriormente con il cristallino, il corpo vitreo e il corpo ciliare. Il corpo vitreo consiste in una massa trasparente e gelatinosa che riempie lo spazio esistente tra la faccia posteriore della lente cristallina e la membrana interna del globo oculare; tale massa è detta umor vitreo, un liquido gelatinoso formato da sostanza amorfa, fibre e cellule, tenuta assieme dalla membrana ialoidea; il corpo vitreo è attraversato nel suo diametro antero-posteriore dal canale ialoideo che corre dalla papilla del nervo ottico all'incavatura (fossa ialoidea), la quale accoglie anteriormente la faccia posteriore del cristallino. Tra gli annessi oculari di maggior importanza sono i muscoli dell'occhio , retti (mediale, laterale, superiore, inferiore) e obliqui (superiore e inferiore) che provvedono ai movimenti del bulbo oculare, i primi esercitando un'azione di ritrazione, i secondi invece di protrazione. L'irrorazione dell'occhio è garantita da rami dell'arteria oftalmica (arteria centrale della retina, arterie ciliari, ecc.), mentre il sangue refluo (tramite le vene ciliari, le vene vorticose e il seno venoso della sclera) si scarica nelle vene oftalmiche. L'innervazione del globo oculare è fornita dai nervi ciliari lunghi e brevi (provenienti dal ramo nasociliare dell'oftalmico e dal ganglio nervoso ciliare), che contengono fibre recettrici e fibre vegetative simpatiche. Dall'occhio si dipartono le fibre che costituiscono il nervo ottico.

Patologia dell'occhio

Le malattie dell'occhio vengono di solito classificate con criterio topografico, con riferimento cioè alle diverse parti anatomiche che compongono l'organo della vista. Ogni gruppo viene poi suddiviso sulla base dell'eziologia: alterazioni congenite, infiammatorie, traumatiche, tumorali, ecc. Si distinguono così fra le malattie delle palpebre alcune forme congenite quali l'ablefaria parziale o totale, il coloboma, l'epicanto, la ptosi, ecc.; forme flogistiche come la blefarite, l'orzaiolo; forme tumorali come l'angioma, l'adenoma, l'epitelioma, il sarcoma. Limitandoci a menzionare soltanto le condizioni patologiche più importanti e comuni dell'occhio ricordiamo a carico della congiuntiva le congiuntiviti (catarrale, purulenta, gonococcica, pseudomembranosa, follicolare, tubercolare, luetica, leprosa, ecc.) acute e croniche; il tracoma; il simblefaron, aderenza fra congiuntiva palpebrale e bulbare che si instaura a seguito di tracoma, di ustioni o causticazioni. A carico dell'apparato lacrimale sono frequenti le flogosi delle ghiandole lacrimali (dacrioadenite) e del sacco lacrimale (dacriocistite) e la stenosi del dotto naso-lacrimale. Anche la cornea può essere sede di molteplici stati morbosi quali cheratiti ulcerative e non ulcerative (parenchimatosa e sclerosante); degenerazioni (gerontoxon, cheratocono); cheratomalacia da avitaminosi A. A carico dell'iride si citano le iriditi e le iridocicliti, a carico della coroide le coroiditi, a carico del cristallino le cateratte senile e traumatica. Importanti sono le varie forme di glaucoma, malattia caratterizzata dall'aumento del tono oculare; le malattie della retina (emorragie, distacco e processi degenerativi) e del nervo ottico; i vizi di rifrazione (miopia, ipermetropia, astigmatismo, presbiopia) e le alterazioni della motilità del bulbo (strabismo concomitante e paralitico) .

Antropologia

I caratteri di interesse antropologico dell'occhio sono essenzialmente due: il colore dell'iride e la forma generale dell'occhio e della palpebra. Il primo carattere dipende dalla maggiore o minore quantità di granuli di pigmento (melanina) sulla parete interna e su quella esterna dell'iride. Quando il pigmento è poco e distribuito soprattutto all'interno si hanno occhi azzurri o chiari. Se invece la melanina è in maggiore quantità ed è presente anche sulla parte esterna, gli occhi appaiono scuri (castani o bruni). Nei soggetti albini il pigmento è assente, per cui l'iride assume un colore roseo dovuto ai capillari sanguigni che si intravedono in trasparenza. La distribuzione geografica del colore dell'iride segue più o meno la stessa legge del colore dei capelli e della pelle: per esempio nei popoli nordici il colore chiaro degli occhi si affianca a capelli biondi e a pelle chiarissima, nei popoli mediterranei i capelli, gli occhi e la pelle sono generalmente scuri. Per quanto riguarda la trasmissione ereditaria si può dire solo che le colorazioni scure dominano su quelle chiare, ma si è ben lontani dal capire quanti alleli interagiscano in questo meccanismo. Molto minori sono le differenze individuali e razziali riguardo alla forma della regione oculare; l'occhio, a seconda della sua posizione rispetto alle arcate sopracciliari, può essere infossato (Europoidi) o a “fior di testa” (Negroidi e alcuni Mongoloidi). In alcuni gruppi umani varia la morfologia delle palpebre: nei Negroidi le palpebre coprono poco, per cui si hanno occhi rotondeggianti; nei Mongoloidi si ha il caratteristico “occhio a mandorla” (occhio mongolico); inoltre l'apertura della palpebra è inclinata, per cui l'angolo esterno dell'occhio è più alto di quello interno. In questo gruppo, l'occhio presenta una plica, detta semilunare o mongolica, che occulta la parte superiore del bulbo oculare, l'angolo interno e la caruncola lacrimale. Negli Ottentotti si osserva, invece, una piega (plica ottentotta) che ricopre l'angolo esterno dell'occhio. Infine, una plica mediana (sempre della palpebra superiore) è presente in popolazioni del nord Africa (Tuareg) e di altre aree (Arabi, ecc.), forse in relazione all'ambiente desertico, ventoso e sabbioso, che costringe i suoi abitanti a tenere l'occhio perennemente socchiuso. L'unica deformazione artificiale che si conosce dell'occhio è la deformazione dell'occhio mongolico per renderlo simile a quello europeo.

Simbologia

L'occhio è generalmente un simbolo solare: secondo testi dell'induismo, il Sole sarebbe nato dall'occhio del gigante cosmico Puruṣa; spesso in varie religioni il Sole è assimilato all'occhio: occhio di Ahura Mazdā (Iran); occhio di (Egitto); occhio di Mithra e Varuna (India). Frequente anche il riferimento alla sede della vita: Osiride riacquista la vista e ritorna a vivere quando il figlio Horus gli offre il proprio occhio. Presso alcuni popoli primitivi, l'occhio dei nemici uccisi, sede della potenza vitale, è spesso cibo riservato al capo. Un potere particolare è attribuito all'occhio nelle credenze folcloriche relative al malocchio.

Bibliografia

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