(Republika Bălgarija). Stato dell'Europa sudorientale (sup. 111.002 km²). Capitale: Sofia. Divisione amministrativa: distretti (28). Popolazione: 7.932.984 ab. (stima 2009). Lingua: bulgaro (ufficiale), armeno, greco, macedone, rumeno e turco. Religione: ortodossi 72%, musulmani 12,2%, altri cristani 11,7%, altri 4,1%. Unità monetaria: nuovo lev (100 stotinki). Indice di sviluppo umano: 0,840%, al 61° posto. Confini: Romania (N), Serbia e Montenegro e Repubblica di Macedonia (W), Turchia e Grecia (S), Mar Nero (E). Membro di: Consiglio d'Europa, EBRD, NATO, ONU, OSCE, associato UE e WTO.

Generalità

La Bulgaria odierna corrisponde per territorio – a parte alcune riduzioni marginali – alla “Grande Bulgaria”, potente regno formatosi in epoca medievale e che da allora, nonostante i successivi cinque secoli di dominazione turca, ha conservato un suo autonomo contesto culturale, linguistico e religioso oltre che una precisa collocazione territoriale nell'area balcanica. Cuore geografico del Paese sono i monti Balcani, che ne occupano la porzione centro-meridionale; a N il Danubio segna da sempre la linea divisoria con la Romania, a S i monti Pirin e Rodopi delimitano i confini con l'area ellenica . Tale precisa identità culturale e territoriale si è tradotta nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale in uno straniamento rispetto al resto della regione: fedele e grata all'Unione Sovietica per gli aiuti ricevuti dopo il 1947 – fino al punto di negoziare seriamente l'ingresso nell'URSS come sedicesima Repubblica federata – la leadership comunista di Sofia ha mantenuto il Paese in uno stato di isolamento e ostilità nei confronti di tutti i vicini, dai quali la dividevano antiche e mai sopite rivalità territoriali così come nuove barriere politiche. Tanto più forte è stato quindi lo shock del 1989, quando contemporaneamente i cittadini bulgari videro sparire tutte le costanti e i vincoli tradizionali della loro esistenza, nel campo economico, in quello politico e in quello sociale, ritrovandosi di colpo parte di un continente dal quale erano rimasti in buona parte esclusi. Così la nuova Bulgaria democratica ha avuto un avvio difficilissimo, con una profonda crisi generale che ha portato conseguenze molto serie: in primo luogo il dilagare impunito di corruzione e criminalità a tutti i livelli della società. Fortunatamente, la crisi non ha prodotto scontri e conflitti – come avvenuto invece altrove nelle società dell'Est – e il Paese è riuscito a mantenere un clima di pace e di relativa tranquillità grazie al quale anche l'economia si è rimessa in moto; è stato inoltre possibile mantenere agganciata la Bulgaria all'Europa, fino al passo decisivo della firma del Trattato di adesione alla UE.

Lo Stato

Indipendente de facto dal 1878 e de iure dal 1908, la Bulgaria è stata una monarchia fino al referendum del 1946 che istituì la repubblica popolare; a seguito del processo di democratizzazione che nel 1989 ha investito il Paese, come altri dell'Est europeo, è stata elaborata una nuova Costituzione, approvata nel 1991, in cui la Bulgaria è definita una repubblica parlamentare fondata sulla divisione dei poteri, la libertà di opinione e l'economia di mercato e che prevede l'elezione a suffragio universale del presidente della repubblica, che ha un mandato di 5 anni, e dell'Assemblea nazionale Parlamento unicamerale – composta da 240 membri eletti per 4 anni. Il presidente è anche il capo delle forze armate e può rinviare le leggi al Parlamento se non le approva; l'Assemblea nazionale però può vanificare il suo veto con un voto a maggioranza semplice. Il capo del governo è nominato dal presidente, che è tenuto a scegliere il leader del partito più rappresentato nell'Assemblea. Il sistema giudiziario è basato sul diritto europeo e prevede una magistratura indipendente guidata da un Consiglio supremo i cui membri sono nominati per metà dai magistrati e per metà dal Parlamento. La pena di morte è stata formalmente abolita nel 1998, dopo una moratoria durata 8 anni. La difesa nazionale comprende una leva obbligatoria di nove mesi per i ragazzi sopra i 18 anni, cui si sommano forze armate volontarie professionali. Il sistema scolastico ha subìto radicali riforme dopo il 1989, per sottrarsi all'eccessiva politicizzazione cui erano state costrette durante gli anni del regime comunista; le riforme in compenso hanno finito per infrangere il principio della gratuità, così come le scuole di tutti gli ordini e gradi hanno imposto rette alle famiglie. L'insegnamento è diviso in scuola primaria (4 anni) e secondaria (con un primo ciclo di 4 anni e un ciclo pre-universitario di 3). La frequenza scolastica è obbligatoria per 8 anni, dai 6 ai 14. Il tasso di analfabetismo in Bulgaria è stato ridotto al minimo durante il periodo comunista (1,7% nel 2008), mentre in precedenza la scuola, largamente confessionale, era riservata a una minoranza di giovani.

Territorio: morfologia

Privo di vera unità geografica, il territorio bulgaro ha il suo principale elemento strutturale nella catena dei Balcani (in bulgaro Stara Planina, Vecchia Montagna) che, distesa da W a E sino al Mar Nero, divide interamente il Paese. Il suo superamento non è però molto difficile: le cime più elevate si aggirano sui 2000 m (massima vetta il Botev, con 2376 m) mentre i principali valichi si attestano sui 1000 metri. Il versante settentrionale declina direttamente al Danubio con una serie di altopiani e di ondulazioni collinari; verso S invece i Balcani scendono bruscamente e sono preceduti da una catena parallela, la Sredna Gora (o Antibalcani), alta poco più di 1000 metri. Tra le due catene si apre una depressione tettonica, in parte percorsa dal fiume Tundža; gli Antibalcani dominano a S un'altra depressione, quella del fiume Marica, che è a sua volta delimitata a S dai massicci dei Rodopi, del Pirin e del Rila. Geologicamente si tratta di rilievi d'origine cenozoica, emersi però sostanzialmente non in seguito a corrugamenti, ma per effetto di dislocazioni verticali subite da preesistenti rilievi paleozoici. Tale ringiovanimento, attuatosi in concomitanza con i grandi assestamenti suscitati dall'orogenesi alpino-dinarica, produsse fratture e sprofondamenti di intere zolle, tra cui la formazione della depressione della Marica e quella compresa tra la Stara Planina e la Sredna Gora. Ne deriva la morfologia non aspra delle montagne bulgare, che hanno profili arrotondati e quote non eccessivamente elevate: le cime più alte sono il Musala, con 2925 m, nel massiccio del Rila, e il Vihren, con 2915 m, nel Pirin. In rapporto alla loro origine predominano perciò le formazioni paleozoiche (scisti, graniti) nelle sezioni più elevate dei rilievi, sottoposte nei versanti a lembi mesozoici; in particolare, un'unica copertura mesozoica si stende nel versante che digrada verso il Danubio: prevalgono i terreni del Cretaceo, che nella parte più depressa lungo il fiume sono sovrastati da coltri di argille pleistoceniche di sedimentazione eolica, ben visibili nella scarpata che forma la sponda danubiana. Anche la valle della Marica è coperta da formazioni mesozoiche e cenozoiche, ma esse sono obliterate sotto terreni alluvionali recenti.

Territorio: idrografia

La catena dei Balcani svolge un'azione determinante anche nei confronti dell'idrografia, dividendo il bacino del Danubio da quello della Marica e degli altri tributari del Mar Egeo. Il Danubio, che segna per ca. 400 km il confine settentrionale del Paese, riceve dai Balcani numerosi affluenti, tra cui il Vit e il Jantra, che scorrono in valli profonde; il più importante però, l'Iskǎr, si origina dal massiccio del Rila e taglia poi interamente la catena balcanica. Il bacino della Marica si estende su un quinto dell'intero territorio bulgaro, che attraversa per oltre 300 km; il fiume nasce nel Musala ed è poi alimentato da numerosi affluenti che scendono dai Rodopi e dai Balcani, il maggiore dei quali è il Tundža. Come tutti i fiumi bulgari, anche la Marica ha un regime stagionale irregolare, ma è un fiume prezioso perché consente l'irrigazione della pianura che attraversa; solcata la Tracia, giunge al Mar Egeo al confine tra Grecia e Turchia. Gli altri maggiori corsi d'acqua sono quelli che drenano i versanti meridionali dei Rodopi e dei Pirin; tra essi sono lo Struma (Strymoń) e il Mesta (Néstos), entrambi tributari del Mar Egeo.

Territorio: clima

Dato il loro andamento, i monti Balcani esercitano una notevole funzione nella determinazione del clima: a S e a N della catena si hanno condizioni sensibilmente diverse, poiché a N predominano gli influssi delle masse d'aria continentali e a S di quelle mediterranee. Le temperature testimoniano questo contrasto climatico. Nella regione danubiana si hanno forti escursioni termiche annuali, con temperature invernali sino a –25 ºC ed estive sino a 40 ºC (a Ruse la media di gennaio è inferiore a –1 ºC, quella di luglio raggiunge i 25 ºC), mentre nella Bulgaria meridionale, pur perdurando le alte temperature estive, si hanno più moderati valori invernali (0,3 ºC di media in gennaio a Plovdiv). Lievemente mitigate le medie termiche sul Mar Nero (a Varna il gennaio e il luglio registrano 1,2 ºC e 22 ºC), che per altro esercita un limitato influsso. Condizioni particolari si hanno sui rilievi; già all'altitudine di Sofia (555 m) gli inverni sono rigidi, con medie di gennaio di –3 ºC. Il diverso condizionamento del clima alle masse d'aria continentali e mediterranee fa sì che gli inverni nel N siano tendenzialmente stabili, in quanto soggetti all'anticiclone siberiano, mentre la sezione meridionale del Paese partecipa delle condizioni invernali di maltempo mediterraneo. La stagione più piovosa è quella primaverile, da maggio a giugno; ma le precipitazioni sono nel complesso scarse, con medie pluviometriche di 500-600 mm annui. I massimi si registrano sui rilievi, soprattutto dei Rodopi e del Pirin, interessati dalle piogge “orogeniche” estive promosse dalle correnti umide del Mar Egeo, e sui quali si hanno abbondanti precipitazioni nevose. La parte più arida del Paese è quella sudorientale e in genere tutta la valle della Marica (valori mai superiori ai 500 mm); piogge scarse si hanno anche sulla costa pontica.

Geografia umana

L'occupazione umana del territorio bulgaro data da epoche antichissime e recenti reperti paletnologici hanno individuato un Neolitico molto evoluto, che sembra anteriore a quello del vicino Oriente. Dopo l'epoca romana il Paese fu a lungo terra di transiti e solo con lo stanziamento dei Bulgari si ebbe un'organizzazione politica che fissò definitivamente le linee fondamentali dell'occupazione territoriale. La dominazione ottomana non solo diffuse religione e costumi islamici (anche una piccola parte della popolazione slava è rimasta islamizzata: i pomachi, nella regione dei monti Rodopi) ma introdusse anche cospicui quantitativi di popolazione turca; nonostante questo la compagine etnica è abbastanza compatta perché, a seguito di accordi con la Turchia, nel 1951 sono ritornate nel Paese d'origine alcune centinaia di migliaia di persone che vivevano in prevalenza nella Bulgaria orientale. Al censimento del 2001 i bulgari costituivano la maggior parte della popolazione (83,9%); le minoranze, ridottesi notevolmente in seguito a esodi di massa avvenuti dopo la seconda guerra mondiale, sono rappresentate da consistenti nuclei di turchi (9,4%) e zingari (4,7%) e da minoranze esigue di macedoni, romeni, armeni (2%). La distribuzione della popolazione è abbastanza irregolare, e ciò in larga misura a causa delle differenze morfologiche del Paese: i valori massimi si registrano nella valle della Marica (il distretto di Plovdiv, il più popolato, ha 117 ab./km²) e nella fascia pedemontana che digrada al Danubio. Un'area di eccezionale popolamento è rappresentata, nell'ambito delle zone montuose, dal bacino di Sofia; densità relat. elevate si hanno anche sulla costa. Tuttavia, rispetto ai valori europei, la Bulgaria risulta nel complesso poco popolata. Ciò è il risultato di fattori diversi, tra cui il lungo dominio ottomano, che con le sue gravi condizioni di disagio e povertà ha contribuito a frenare lo sviluppo demografico. Un sensibile incremento si ebbe dopo la liberazione dai turchi, particolarmente nei primi decenni del sec. XX: nel 1900 vi erano meno di 4 milioni di persone, aumentate di oltre un milione nel giro dei primi vent'anni. I successivi sviluppi demografici hanno conosciuto l'andamento proprio della maggior parte dei Paesi europei, con tendenza a un assestamento su valori via via più bassi; e quindi, dalla fine degli anni Ottanta in poi, con una progressiva diminuzione. Nel 2007 le stime indicavano un tasso di incremento demografico fortemente negativo (–0,5 per mille), con una netta prevalenza dei morti (15 per mille, che arriva al 8,8 per mille per quanto riguarda la mortalità infantile) sui nati (10 per mille), in virtù di un tasso di fertilità piuttosto modesto (1,4), cui si sommava un altrettanto netto saldo negativo migratorio (–4,3 per mille). Fino alla seconda guerra mondiale la Bulgaria è rimasta un Paese dalla caratteristica struttura rurale, interessato in misura assai modesta dal processo di urbanizzazione: la popolazione urbana, che al censimento del 1887 rappresentava il 19% di quella totale, nel 1944 era ancora appena il 24%. I profondi cambiamenti indotti dal regime comunista con la collettivizzazione agraria e l'industrializzazione hanno determinato un rapido sviluppo dell'urbanizzazione (tanto che nel 2009 la popolazione urbana raggiungeva il 71,2%). La ragione di questo fenomeno va ricercata non solo nell'immigrazione rurale, ma anche nella promozione urbana di piccoli centri e villaggi e nella creazione di alcune città nuove avvenute nel quarantennio comunista. Il processo, tuttavia, non è stato omogeneo e mentre ha interessato alcune città, la consistenza demografica di altre è rimasta invariata. La capitale è cresciuta rapidamente e nove città hanno superato la soglia dei 100.000 ab. Sofia, l'unica metropoli della Bulgaria, emerge in questa rete urbana: in posizione eccentrica rispetto ai confini dello Stato, è situata in maniera eccellente, invece, all'incrocio delle vie naturali che uniscono Belgrado a Istanbul e Budapest a Salonicco. Essa è divenuta una popolosa capitale, con un ruolo di rilievo anche in campo economico: supera il milione di ab. e lo supera largamente se si considerano i centri circostanti che con essa costituiscono la Grande Sofia. Quest'ultima tende a unirsi a Occidente con l'agglomerazione di Pernik, noto centro carbonifero, siderurgico ed energetico distante solo una trentina di chilometri. La seconda città bulgara, Plovdiv, “capitale” della valle della Marica, è un centro industriale e commerciale su un'importante arteria stradale e ferroviaria, posta in una ricca zona agricola e valorizzata da una fiera internazionale; nella stessa valle è Dimitrovgrad, in via di notevole espansione grazie alla valorizzazione di importanti giacimenti di lignite, come Stara Zagora. Sul Mar Nero le città hanno funzioni portuali: le principali sono Varna, sulla direttrice settentrionale del Paese, di cui è la terza città, e Burgas, su quella meridionale; attivo porto sul Danubio è Ruse, che è uno dei maggiori centri, con Pleven, dell'area danubiana.

Territorio: ambiente

Gli effetti delle diverse condizioni climatiche che interessano il Paese si osservano nel manto vegetale (che nei suoi aspetti naturali è stato però profondamente alterato dall'agricoltura con le sue colture industriali, salvo che nelle aree protette); si riconoscono un areale mediterraneo nel S e uno steppico-balcanico nella valle danubiana. Sui rilievi il bosco è ancora abbastanza ricco, annoverando latifoglie (querce e, al di sopra dei 1800 m, faggi) e conifere, tra cui prevale l'abete rosso. La fauna è piuttosto ricca e nelle zone protette comprende orsi bruni, lupi, linci, camosci, cervi, oltre a un numero molto alto di specie di pipistrelli. Nel Paese sono presenti tre Parchi nazionali statali e una decina di aree protette di rilevante importanza: in totale la superficie protetta rappresenta il 9,5% del territorio. In compenso le misure di protezione ambientale sono molto modeste; l'inquinamento atmosferico è considerevole nelle città maggiori e nei distretti industriali, così come quello delle falde acquifere e dei terreni, prodotto soprattutto da scarichi industriali non controllati.

Economia: generalità

Paese di forti tradizioni agricole, la Bulgaria è entrata solo nel 1970 nell'area dei Paesi industrializzati, quando per la prima volta il contributo dell'industria alla formazione del reddito nazionale raggiunse il 50% – quota ulteriormente cresciuta nel decennio successivo. Un risultato assai significativo, se si considera la storia economica del Paese: il lunghissimo dominio turco aveva determinato per secoli una pressoché totale stagnazione dell'economia e ancora al momento dell'indipendenza la stessa agricoltura, basata su una cerealicoltura estensiva, mostrava connotazioni assai arcaiche e poco redditizie; ancora per tutto il primo cinquantennio di vita indipendente, nonostante un certo miglioramento delle strutture produttive legato all'apertura commerciale verso l'Europa centrale e la Germania, la Bulgaria restava un Paese quasi esclusivamente contadino. Dopo l'instaurazione del regime comunista si ebbe un radicale rinnovamento delle strutture economiche: l'agricoltura fu organizzata su basi cooperativistiche o statali (pur mantenendo in minor misura la piccola proprietà privata, che forniva ca. un quinto della produzione nazionale); la nascente industria fu nazionalizzata e sottoposta, a partire dal 1947, alla pianificazione statale nel quadro dei piani quinquennali. L'URSS fornì aiuti decisivi, sostenendo tecnicamente e finanziariamente la prima fase dell'industrializzazione, inizialmente orientata, secondo il tipico schema sovietico, verso la creazione di un'industria pesante e di base. Solo successivamente iniziò lo sviluppo dell'industria leggera e di trasformazione. L'URSS, inoltre, garantiva l'acquisto dei prodotti agricoli bulgari. Questo modello economico mutò verso la seconda metà degli anni Sessanta, con riforme che introdussero l'autogestione e una maggiore autonomia finanziaria delle aziende, e con l'adozione di un regime dei salari legato alla produttività. Tutto ciò senza causare squilibri produttivi nel settore dell'agricoltura, come invece si verificava negli stessi anni in altri Paesi dell'Est col procedere dell'industrializzazione. Con gli anni Settanta si registrava una nuova trasformazione dell'apparato produttivo, con la singolare esperienza, rimasta unica nei Paesi socialisti, dei complessi “agro-industriali”: ca. 300 aziende di grandi dimensioni, costituite su base territoriale mediante l'aggregazione di cooperative e aziende agricole di Stato, ma anche di appezzamenti privati, per incrementare la produttività agricola e promuovere le relative attività industriali, così da ottenere un ciclo produttivo completo. L'economia bulgara si manteneva relat. stabile con questo assetto attraverso tutti gli anni Settanta e Ottanta. Le vicende politiche del biennio 1989-90, che hanno determinato il passaggio dal regime comunista a una democrazia pluri-partitica e indirizzato l'economia verso un sistema di mercato, hanno avuto però pesantissime conseguenze: il collasso del COMECON e la perdita del mercato dell'URSS, cui era indirizzata la più gran parte della produzione bulgara, hanno prodotto una contrazione drammatica dell'economia, con un calo di quasi il 50% nei livelli di vita della popolazione. Inflazione sopra il 100% e disoccupazione altissima hanno caratterizzato i primi anni del nuovo regime, in una situazione peggiorata dalle guerre nella confinante ex Iugoslavia con il loro corollario di frontiere chiuse e sanzioni commerciali. Una mini-ripresa tra il 1994 e il 1995, quando l'inflazione è scesa al 33% e il PIL ha ripreso a crescere (+2,5% nel 1995) era seguita da un nuovo grave crollo nel biennio successivo, con l'inflazione di nuovo al 300% e la svalutazione del lev. Solo alla fine del 1997, con l'appoggio del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale ottenuto dal governo di centrodestra di I. Kostov, la situazione è tornata a stabilizzarsi, attraverso una nuova campagna di privatizzazioni, l'aggancio del lev a una valuta forte (il marco tedesco, e poi l'euro) e severi tagli alla spesa pubblica, che hanno consentito di ridurre il deficit di bilancio. A partire dal 2000, l'economia ha ripreso a crescere stabilmente a un tasso medio del 5% annuo, il che ha consentito di attrarre anche consistenti investimenti esteri; la disoccupazione si è ridotta al 5,7% (2008) e l'inflazione, pur restando alta, è passata al 12% (2008).

Economia: agricoltura, allevamento e foreste

Mentre un tempo la Bulgaria era in pratica solo un Paese produttore di grano, nel sec. XXI risultano ormai di primaria importanza le più redditizie colture industriali. La cerealicoltura, che si basa su frumento e riso, resta pur sempre un comparto rilevante e vitale, anche per la ricca disponibilità di terre adatte nel versante danubiano. Tra le colture industriali, antiche tradizioni e particolare rilievo presenta quella del tabacco, di qualità assai pregiata, coltivato nella valle della Marica, nella regione dei Rodopi e in Macedonia, ma hanno rilievo anche quella del girasole (nelle zone di pianura insieme ai cereali) e quella delle rose e della lavanda , da cui si ricava l'essenza destinata alla profumeria e che ha il suo centro nella cosiddetta Valle delle Rose, tra la Sredna Gora e la Stara Planina, dove, accanto alle piantagioni, funzionano numerose distillerie. Prodotti tipici sono le fragole (specie nella zona di Plovdiv) e le primizie orticole, coltivate con criteri moderni in grandi serre ed esportate in molti Paesi europei. Altre colture redditizie sono quelle degli alberi da frutto (susini, peschi, meli, peri ecc.) e la viticoltura, che alimenta una buona produzione di vini di qualità, rinomati anche all'estero. Coltura ormai abbastanza estesa è quella della barbabietola da zucchero, la cui produzione basta a soddisfare la richiesta nazionale. Tra le piante oleifere oltre al girasole si coltivano la soia, l'arachide, la colza; ampia diffusione ha nella Bulgaria orientale il cotone. Nel settore dell'allevamento conservano la loro importanza gli ovini, anche per il predominio di pascoli magri; in aumento, però, è il numero dei bovini (soprattutto nelle più favorevoli aree settentrionali) dei suini e specialmente dei volatili da cortile; sono anche abbastanza diffuse l'apicoltura e la bachicoltura. Le foreste, che coprono oltre un terzo della superficie territoriale, sono particolarmente fitte sui rilievi dei Rodopi, del Rila, dei Pirin e danno legname da opera. Nel suo complesso, il settore agricolo fornisce ca. l'7,3% del PIL (stime 2009) e occupa ca. la stessa percentuale della forza lavoro.

Economia: risorse minerarie e industria

Le risorse minerarie non sono abbondanti, ma hanno ricevuto nei decenni del regime comunista una certa valorizzazione, in funzione dello sforzo di industrializzazione del Paese. In varie zone dei Balcani occidentali e orientali vi sono giacimenti di carbone; più abbondante e diffusa è la lignite, largamente impiegata per la produzione d'energia elettrica (di cui la Bulgaria è una esportatrice netta), della quale solo una minima parte d'origine idrica. Nel 1974 entrava in funzione la centrale nucleare di Kozloduj, nel distretto di Vraca, che produce ca. il 40% dell'energia elettrica bulgara; una seconda centrale è in costruzione a Belene sul Danubio. Esistono anche modesti giacimenti petroliferi nella regione danubiana, insieme a un po' di gas naturale, e nell'area pontica. Tra i minerali metalliferi è presente il ferro, il che ha consentito la creazione a Pernik, nella zona di Sofia non lontana anche da giacimenti carboniferi, di un'industria siderurgica capace di una discreta produzione annua di ghisa, ferroleghe e acciaio. Altre importanti produzioni di minerali metalliferi sono quelle del piombo, dello zinco, del rame, del manganese e della bauxite. Tutto il settore manifatturiero è in forte crescita dal 2000: il comparto meccanico è abbastanza sviluppato; i settori più importanti sono quelli connessi alla produzione delle macchine agricole, di autoveicoli (prevalentemente, montaggio di modelli esteri) e di apparecchiature elettriche; Varna annovera cantieri navali. Tra le industrie manifatturiere la più importante è quella tessile (cotone, lana, fibre artificiali, seta) di antica tradizione e con centri principali a Sofia, Gabrovo e Pernik. Ben rappresentato è anche il settore chimico, che opera in funzione dell'agricoltura (fertilizzanti), ma fornisce anche prodotti farmaceutici, acidi solforico e nitrico, materie plastiche ecc.; quello petrolchimico ha raffinerie a Kameno presso Burgas e a Pleven. Mentre il settore chimico-petrolchimico e l'agroalimentare, negli anni Novanta, hanno registrato un certo declino, le branche legate all'esportazione, come la metallurgia, i tabacchifici, la produzione elettrica (con vendite alla Turchia) hanno conseguito risultati positivi. Conserva un ruolo di primo piano l'industria di trasformazione dei prodotti agricoli: conservifici, zuccherifici, birrifici, distillerie di rose ecc. Dagli anni Settanta grandi investimenti infine sono stati fatti nei comparti dell'elettronica e dell'informatica. Il settore secondario nel suo insieme occupa il 32,8% della forza lavoro e produce il 30% del PIL (stime 2009).

Economia: comunicazioni e commercio

Le comunicazioni interne, che si svolgono in prevalenza con andamento EW, sono assicurate da una rete ferroviaria (4318 km) che collega il maggiore nodo del Paese, Sofia, con la valle danubiana, la valle della Marica e la costa. La linea principale, che si snoda nella valle della Marica, è affiancata da una superstrada molto battuta dal traffico automobilistico Europa-Asia; per il resto le strade hanno uno sviluppo adeguato alla ancora limitata motorizzazione. La Bulgaria è attraversata comunque da ben cinque “corridoi transeuropei” di trasporto e comunicazione, lungo i quali convergono cospicui investimenti internazionali tesi a potenziare e ammodernare le infrastrutture. Nel Danubio il Paese ha un'importante via di comunicazione che lo unisce agli altri Stati d'Europa e all'Ucraina (ma la navigazione fluviale ha subìto gravi danni con i bombardamenti della NATO in Serbia); i maggiori porti fluviali sono Ruse (dove un grande ponte sul Danubio collega la città con la romena Giurgiu), Lom e Vidin, che commerciano soprattutto prodotti agricoli; Varna e Burgas rappresentano invece gli sbocchi vitali del Paese sul mare. In nuova espansione dopo un periodo finanziariamente molto travagliato sono infine i servizi aerei, assicurati dalla compagnia di bandiera Bulgaria Air, che effettua collegamenti con una ventina di destinazioni in Europa e in Medio Oriente, e da alcune compagnie private. In rapido sviluppo le telecomunicazioni: nel 2004 il numero dei telefoni cellulari ha praticamente eguagliato quello dei telefoni fissi. Il commercio estero vede un crescente sviluppo dei rapporti commerciali con l'Europa occidentale (i principali partner sono Germania e Italia), anche alla luce dell'associazione con la UE, di cui la Bulgaria diventerà il 1° gennaio 2007 membro a pieno titolo. La Bulgaria ha una vasta gamma di merci d'esportazione (tabacco e sigarette, olio di semi, metalli ferrosi, macchinari elettrici e agricoli, articoli d'abbigliamento, prodotti chimici, vini ecc.), mentre importa in prevalenza combustibili e mezzi di trasporto. Sono abbastanza rilevanti anche gli apporti del turismo, sviluppatissimo negli ultimi decenni dell'epoca comunista e tornato a crescere con molto dinamismo dalla fine degli anni Novanta, in gran parte attirato dalle stazioni balneari del Mar Nero.

Storia: prima dei bulgari

Le più antiche vestigia umane in Bulgaria risalgono al Paleolitico, di cui si sono avuti notevoli rinvenimenti a Devetaki con una lunga sequenza che inizia con livelli musteriani e nella grotta di Baco Kiro, con livelli molto antichi dell'inizio del Paleolitico superiore, datati a ca. 43.000 anni fa (interstadio Würm II-III). Densamente popolata risulta esser stata nei primi tempi del Neolitico, a cui risalgono i resti relativi alla cultura di Karanovo. A questo periodo e a quello della successiva Età del Bronzo appartengono imponenti insediamenti con tumuli, alcuni dei quali superano i 10 m di altezza. La ricca necropoli di Varna, la diffusione precoce di un tipo rudimentale di scrittura (tavoletta di Gradenitsa) e le dimensioni di questi abitati testimoniano l'elevato livello culturale e la complessità sociale delle popolazioni della regione nel V e IV millennio a. C. Il territorio dell'attuale Bulgaria era in parte compreso nel primo stato organizzato della regione, il regno dei Daci, e in parte in quello di Macedonia; dopo la conquista della Macedonia da parte dei Romani la Bulgaria, o Mesia inferiore, rimase terra di confine, soggetta a continue operazioni militari, fino alle guerre (101-106 d. C.) con cui l'imperatore Traiano conquistò la Dacia. Un secolo e mezzo più tardi, dopo che le continue invasioni di popoli provenienti da N e da E ebbero costretto i Romani a ritirarsi dal nuovo possedimento, l'imperatore Aureliano nel 260 fissò il confine lungo il Danubio, formando sul territorio bulgaro una nuova provincia chiamata Dacia Aureliana, con capitale a Serdica (l'odierna Sofia), in cui nacquero imperatori importanti come Costantino il Grande e Galerio e che sarebbe rimasta ancora a lungo sotto la sovranità, almeno formale, dell'Impero romano d'Oriente.

Storia: dal IV secolo all'indipendenza

Le orde bulgare comparvero fin dal sec. VI nella zona traversata dal basso corso del Danubio, ma fu solo col khān Asparuch che esse si stabilirono definitivamente nei territori compresi tra il fiume e i Balcani. Dopo averlo sconfitto, Asparuch costrinse l'imperatore bizantino Costantino IV Pogonato a riconoscere (679) ai protobulgari il diritto di rimanere nei territori occupati. Benché di origine tartara, queste tribù si unirono con relativa facilità e rapidità alla popolazione slava indigena dando origine ai Bulgari. Nel sec. IX il nuovo Stato balcanico si era ormai consolidato: i khān bulgari ritennero di essere abbastanza forti da potersi scontrare con l'impero e tentarono di estendere a S i propri territori. Le sorti della lotta, che si protrasse per due secoli, volsero inizialmente a favore dei Bulgari, i quali, sotto la guida del khān Krum (802-814), sconfissero i Bizantini (811), conquistarono parte della Tracia e vaste zone della Macedonia giungendo ad assediare Costantinopoli. I successori di Krum estesero il loro potere a tutta la Macedonia e alla maggior parte dell'Albania, finché Boris I (852-889) consolidò le conquiste fatte e rafforzò le istituzioni dello Stato. Il processo di fusione tra le popolazioni slave e protobulgare ricevette un impulso definitivo: la lingua stemperò nello slavo le originarie caratteristiche tartare, furono adottati i caratteri cirillici, derivati dal greco, e fu decisa la conversione al cristianesimo: elementi che contribuirono notevolmente alla formazione di una vera e propria nazione bulgara. Fu Simeone (893-927) che, nel tentativo di conquistare Costantinopoli, mosse guerra all'impero, riuscendo a impossessarsi di Adrianopoli e ad assediare la capitale bizantina. I Bizantini furono sconfitti e Simeone assunse il titolo di zar dei Bulgari. Il fortissimo Stato che Simeone aveva realizzato governando accortamente si indebolì però progressivamente tra guerre con le popolazioni vicine e ribellioni che si svilupparono nei territori assoggettati. I Bizantini riuscirono così a strappare allo zar Boris II (969-972) una gran parte dei suoi territori e nel 1014 l'imperatore Basilio II detto il Bulgaroctono sconfisse definitivamente lo zar Samuele: nel giro di cinque anni la Bulgaria venne completamente conquistata e assorbita nell'impero. Questo stato di soggezione durò fino al 1186, allorché i Bulgari si rivoltarono riuscendo con lo zar Kalojan (1197-1207) a ricostruire il proprio stato (1197) che conobbe un nuovo periodo di splendore sotto il regno di Ivan Asen II (1218-41), la cui morte fu seguita da una nuova, progressiva decadenza caratterizzata da continue lotte interne. In queste condizioni i Bulgari furono varie volte sconfitti dall'impero e dal regno dei Serbi, finché l'ultimo zar Ivan Šišman (1371-91) dovette piegarsi di fronte all'invasione turca. Negli ultimi anni del sec. XIV la Bulgaria perse definitivamente la propria indipendenza e venne annessa all'Impero ottomano. La plurisecolare dominazione ottomana (1393-1878) divenne sinonimo di depressione economica e di brutale oppressione sociale per il popolo bulgaro, che non ebbe nessuna forza intermedia nazionale al di fuori del clero ortodosso. Solo verso la fine del Settecento l'indebolimento dell'Impero ottomano e le ripercussioni della Rivoluzione francese aprirono ai Bulgari prospettive di rinascita. Un relativo risveglio nazionale, profilatosi come riflesso sbiadito del liberalismo ottocentesco, maturò in conseguenza dell'istituzione dell'esarcato ortodosso autocefalo, deciso nel 1870 dal governo ottomano per isolare la Chiesa bulgara da quella ellenica e ridurre l'influenza politica di quest'ultima. In concomitanza con l'insurrezione bosniaca, che precedette lo scoppio della guerra russo-turca del 1877, si verificarono così anche in Bulgaria rivolte nazionali; il nazionalismo bulgaro parve giungere alla completa realizzazione con l'istituzione della Grande Bulgaria, prevista dal trattato russo-turco di Santo Stefano (3 marzo 1878): il nuovo principato autonomo, nascente in realtà sotto protezione della Russia che si era presentata come galvanizzatrice degli ideali nazionali slavi, avrebbe dovuto comprendere la Bulgaria propriamente detta, la Macedonia (Salonicco esclusa) e la Tracia (Adrianopoli esclusa). Il successivo Congresso di Berlino, col trattato del 13 luglio 1878, demolì il gran disegno russo (vedi Penisola Balcanica e Questione d'Oriente) istituendo un piccolo principato bulgaro a N dei Rodopi, autonomo sotto la Porta, e la provincia ottomana autonoma della Rumelia orientale; Macedonia e Tracia restarono all'Impero ottomano. Alessandro di Battenberg fu eletto nel 1879 principe di Bulgaria; nel 1885 l'unione della Bulgaria e della Rumelia orientale causò una crisi diplomatica e una brevissima guerra serbo-bulgara, conclusa dalla Pace di Bucarest (1886). Nello stesso anno, Alessandro, che aveva tentato di impostare una politica svincolata dalla Russia, fu costretto ad abdicare . Il successore, Ferdinando di Sassonia-Coburgo, riuscì a orientare gradualmente la Bulgaria verso Vienna. Nel 1908, approfittando della crisi per l'annessione della Bosnia ed Erzegovina, fu proclamata l'indipendenza del Regno di Bulgaria. . Il sogno della Grande Bulgaria impegnò il nuovo regno nelle due guerre balcaniche (1912-13): dalla prima, combattuta a fianco di Grecia e Serbia contro i turchi, la Bulgaria trasse larghi vantaggi territoriali, persi però pochi mesi dopo con la seconda guerra balcanica, combattuta contro tutti gli altri Paesi della regione. Alla fine Sofia mantenne una modesta porzione della Macedonia, perdendo invece la Dobrugiameridionale a favore della Romania (Pace di Bucarest, 1913). La partecipazione alla prima guerra mondiale accanto agli Imperi centrali, voluta in opposizione a Serbia e Grecia e avviatasi con dei successi militari, si concluse disastrosamente con altre perdite territoriali e particolarmente con la perdita dell'accesso all'Egeo (Pace di Neuilly del 27 novembre 1919).

Storia: dal 1919 ai governi post-comunisti

La sconfitta costrinse Ferdinando ad abdicare a favore del figlio Boris III. Nel ventennio tra le due guerre, la Bulgaria ebbe una vita interna politicamente agitata: inizialmente (1918-1923) governata da un'alleanza fra il Partito Agrario di A. Stambolijski e il Partito Comunista, vide promuovere numerose riforme sociali, nonostante le gravissime difficoltà economiche e l'afflusso di un gran numero di rifugiati dai territori perduti con la guerra. Nel 1923 però Stambolijski fu assassinato in un colpo di stato e il sovrano diede il governo ad A. Tsankov, che instaurò un regime di estrema destra scatenando per due anni il “terrore bianco” nel Paese; nel 1926 Tsankov venne licenziato e sostituito da un gabinetto più moderato, ma due nuovi colpi di stato nel 1934 e nel 1935 sfociarono in un governo diretto da parte del sovrano, con l'abolizione di tutti i partiti e una politica di estrema destra che arrivò fino all'alleanza con l'Asse italo-tedesca (1937). Oggetto di contesa tra Germania e URSS (1940-41), fu occupata nel marzo 1941 dai tedeschi, partecipò alla guerra contro Grecia e Iugoslavia, ma restò neutrale nella guerra dell'Asse contro l'URSS e non consegnò ai nazisti gli ebrei residenti (sì, invece, quelli residenti nei territori sottratti alla Grecia e alla Iugoslavia). Nel 1943 Boris III morì misteriosamente, forse assassinato, e gli succedette il figlio Simeone II, di soli sei anni, sotto la reggenza di uno zio. Invasa dall'esercito sovietico nel settembre 1944, e già da mesi percorsa da formazioni partigiane costituite da comunisti e agrari, la Bulgaria concluse rapidamente l'armistizio e venne completamente occupata. Il trattato di pace fu firmato il 10 febbraio 1947, con esso la Bulgaria perse le conquiste fatte durante la guerra ai danni della Iugoslavia conservando però la Dobrugia meridionale, restituitale già nel settembre 1940 dalla Romania per iniziativa dell'Asse. Governata da un Fronte nazionale, sotto l'egemonia del Partito Comunista, la Bulgaria scelse con referendum di divenire repubblica democratica popolare (settembre 1946), mandando in esilio il piccolo re Simeone II. L'ex segretario del Comintern, G. Dimitrov, fu il fondatore del regime comunista bulgaro e, con Tito, l'ideatore (incontro di Bled, 1947) di una federazione comunista balcanica, comprendente la Iugoslavia, la Bulgaria e una Macedonia separata da Belgrado e Sofia. Un progetto che crollò tra polemiche e conflitti con la rottura fra Tito e Stalin e l'espulsione della Iugoslavia dal Cominform. Dimitrov, a causa dell'intesa con Tito, fu costretto ad abbandonare il potere e morì poco dopo in circostanze misteriose (1949). Il suo successore V. V. Červenkov, rigidamente fedele alla linea stalinista, eliminò i simpatizzanti titoisti (il vice primo ministro T. Kostov fu giustiziato nel 1949) e mise in atto una dura collettivizzazione delle campagne, insieme a una politica di violento nazionalismo e di continua tensione con la Iugoslavia per la questione macedone. Dopo il 1953 anche in Bulgaria si verificò un lento processo di destalinizzazione. Mentre la politica di alleanza con l'URSS si concretizzava con l'adesione al COMECON (1959) e al Patto di Varsavia (1955), Červenkov veniva sostituito alla testa del partito da T. Živkov (1954) e alla guida del governo da A. Jugov (1956). Nel 1962 Živkov divenne anche presidente del consiglio e, dopo la riforma costituzionale del 1971, capo dello Stato. Riconfermato nel 1976, nel 1981 e nel 1986, egli fece della Bulgaria il più fedele alleato dell'Unione Sovietica nell'area balcanica. Ciò non gli impedì però di stabilire a partire dal 1980 buoni rapporti con la Grecia, mentre pessime rimanevano le relazioni con la Iugoslavia, a causa della questione macedone, e i rapporti con la Turchia, per la vera e propria persecuzione cui vennero sottoposti i cittadini di etnia turca, costretti a slavizzare i propri nomi. Nel novembre 1989 le ripercussioni interne dei grandi cambiamenti in corso in buona parte degli altri Paesi dell'Est, con la richiesta di maggiore liberalizzazione, portavano alla destituzione di Živkov, quindi all'abbandono del monopolio politico del Partito Comunista (alla cui guida subentrava, nel novembre 1989, Petar Mladenov e, dal febbraio 1990, Aleksander Lilov), che dall'aprile 1990 cambiava anche il proprio nome in Partito Socialista Bulgaro (PSB); ma i successivi sette anni sarebbero stati di grande crisi e grande instabilità. Dalle libere elezioni del giugno 1990 il PSB usciva vincitore, acquisendo la maggioranza dei seggi all'Assemblea Costituente di nuova formazione; ma due mesi dopo le presidenziali erano vinte dall'opposizione dell'Unione delle Forze Democratiche (UFD), che portava alla massima carica dello Stato Želju Želev, nell'agosto 1990, generando un certo dualismo politico, con il capo dello Stato su posizioni diverse da quelle del governo di Andrei Lukanov, del PSB. Trovatosi subito a fronteggiare una situazione di grave tensione sociale, Lukanov si dimetteva (dicembre 1990), sostituito da un governo di Unità nazionale, che reggeva il Paese sino all'ottobre 1991, quando nuove elezioni legislative facevano registrare la vittoria dell'UFD, il cui leader Filip Dimitrov assumeva la guida del primo governo non comunista. Il risultato elettorale non era, però, così netto, assegnando di fatto al Movimento per i diritti e le libertà (MDL), espressione della minoranza turca, il ruolo di arbitro del quadro politico con i suoi 24 seggi. Così, mentre le presidenziali del gennaio 1992 confermavano Želev al vertice dello Stato, dopo alcuni mesi il MDL rompeva la coalizione con una UFD che dava evidenti segni di sfilacciamento. La crisi si risolveva nel dicembre dello stesso anno con la nomina di Ljuben Berov (MLD) a primo ministro di un governo sostenuto dal PSB a conferma della grossa influenza mantenuta ancora nel Paese dal vecchio apparato ex comunista. A ciò facevano riscontro le difficoltà del raggruppamento democratico: infatti, nel giugno 1993 la vicepresidente Blaga Dimitrova si dimetteva in polemica con Želev, contestato, peraltro, da gran parte dell'UFD. Nelle elezioni del 1994 il segretario del PSB Jan Videnov era eletto primo ministro e nel gennaio 1995 il PSB dava vita a una coalizione a tre con i partner elettorali, guidata dal proprio leader Videnov che non si dimostrava però capace di risolvere i nodi strutturali di una crisi economica e sociale caratterizzata da un'inflazione elevatissima. La crisi, peraltro, era abilmente sfruttata dalle opposizioni che, nelle presidenziali del 1996, riuscivano a far eleggere Peter Stoyanov, il loro candidato. La situazione tuttavia non si stabilizzava e imponenti manifestazioni paralizzavano quotidianamente la capitale. Stoyanov scioglieva allora il Parlamento e indiceva elezioni anticipate (maggio 1997), vinte dall'UFD, il cui leader, Ivan Kostov, veniva nominato primo ministro. Sotto la guida del nuovo governo di centro-destra, quindi, la Bulgaria imboccava la via delle riforme economiche concordate con il Fondo Monetario Internazionale, per risanare l'economia nazionale, ormai sull'orlo della bancarotta. Ottenuti i primi risultati significativi sul fronte della stabilizzazione economica e finanziaria del Paese, il presidente Stoyanov e il primo ministro Kostov intensificavano gli sforzi per avvicinare la Bulgaria all'UE. Questo governo, comunque, ben presto vedeva alcuni membri accusati di corruzione e proprio per la discutibile gestione del potere da parte di Kostov: nelle elezioni politiche del giugno 2001, l'Unione delle Forze Democratiche (UFD) veniva seccamente sconfitta. Le urne assegnavano la vittoria al nuovo Movimento Nazionale di Simeone II, il partito fondato dall'ex monarca tornato in patria dall'esilio qualche mese prima; un successo politico determinato da un voto popolare che premiava la persona piuttosto che il partito. Conquistata, quindi, dal Movimento Nazionale la maggioranza dei seggi in Parlamento, il presidente Stoyanov dava a Simeone II l'incarico di formare il nuovo governo. Anche le successive elezioni presidenziali (novembre 2001), comunque, segnavano un cambio al vertice, designando capo dello Stato il leader del Partito Socialista Bulgaro (PSB), Gheorghe Parvanov. Nel 2003 il governo bulgaro decideva l'invio di un piccolo ma significativo contingente militare in Iraq a fianco delle forze statunitensi; nel marzo 2004 il Paese entrava ufficialmente a far parte della NATO; veniva quindi firmato (aprile 2005) il trattato di adesione all'UE, fissata per il 1° gennaio 2007. Le elezioni politiche del giugno del 2005 assegnavano la maggioranza a una coalizione di partiti guidata dai socialisti con il 31%, mentre il partito di Simeone II si attestava al 20%. Primo ministro diventava così il socialista Sergei Stanišev, sostenuto da una coalizione tra i socialisti, il movimento di Simeone e il MLD. Nel 2006 si svolgevano le elezioni presidenziali, che venivano vinte da Parvanov con il 75,9% dei consensi. Il 1° gennaio 2007 il Paese entrava a far parte dell'Unione Europea. In maggio si svolgevano le prime elezioni per il Parlamento europeo a cui partecipava solo il 30% degli elettori e che venivano vinte dal partito di destra Gerb con il 21,69% dei voti, contro il 21,41% dei socialisti al governo. Nel luglio 2009 il Gerb vinceva le elezioni legislative con il 39,7% contro il Partito socialista di Stanišev che rimaneva al 17,7%, mentre nell'ottobre del 2011 il candidato del Gerb Rosen Plevneliev vinceva al ballottaggio le elezioni presidenziali, sconfiggendo il socialista Ivailo Kalfin. Nel maggio del 2013 si svolgevano le elezioni politiche anticipate dopo che una serie di proteste avevano costretto alle dimissioni il premier conservatore Bojko Borisov del Gerb; la coalizione di centrodestra vinceva ma senza ottenere una maggioranza. Si fomava quindi una coalizione di governo, sostenuta dai partiti di centro-sinistra, guidata da Plamen Oresharski. Nell'agosto del 2014, in seguito alle dimissioni del governo guidato da Oresharski, entrava in carica un nuovo esecutivo a interim, guidato da Georgi Bliznashki.

Cultura: generalità

Per la sua posizione geografica, la Bulgaria ha fatto costantemente da ponte tra il mondo occidentale, balcanico e ortodosso, e il mondo orientale, islamico e, un tempo, ottomano. Anche se la cultura bulgara si è da sempre considerata assimilabile al mondo serbo e ai "saperi" russi e balcanici, in essa permangono influssi di tutte le minoranze che ne hanno attraversato il territorio, o che vi si sono installate nel corso dei secoli, dai Rom alle comunità ebraiche, dai Turchi ai mercanti orientali che provenivano da ancor più lontano. Anche la Bulgaria non è esente dal nazionalismo che ha travolto nell'ultimo decennio del Novecento la regione balcanica ed Est-europea; tuttavia, nel Paese esso non ha mai assunto le tonalità accese che hanno tristemente caratterizzato altri Stati ex socialisti a partire dagli anni Novanta del Novecento. Piuttosto isolata sulla scena culturale internazionale, la Bulgaria rimane per certi aspetti poco nota, ma degna di essere meglio conosciuta e apprezzata, non soltanto per la sopravvivenza di un mondo contadino e agreste che altrove si è rapidamente urbanizzato, quanto anche per la raffinata produzione letteraria di fine Novecento. Sedi universitarie sono Sofia, Varna e Plovdid. Negli anni Settanta e Ottanta del Novecento sono stati dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nove siti bulgari; nel gruppo spiccano la chiesa medievale di Boyana, il complesso rupestre delle chiese e dei monasteri di Ivanovo e le tombe trace di Kazanlak e Sveshtari.

Cultura: tradizioni

Il folclore bulgaro è chiaramente ancorato alle tradizioni contadine, come emerge dalle leggende e dai riti che accompagnavano il ciclo della vita. Danze e canti dominano in questa tradizione, come in genere nel folclore balcanico. Con le nenie tristi che richiamano i fado portoghesi sono molto diffusi i canti epici, dove gli hajduki, banditi-eroi protettori dei deboli, si sono prestati a ispirare i nuovi canti rivoluzionari. Numerose credenze e vari riti, ancora vivi nelle campagne, sia pure soggetti a un progressivo abbandono man mano che anche le zone rurali si uniformano ai modelli culturali importati dall'Europa occidentale, conservano accanto all'ispirazione cristiana forti residui pagani e protoslavi: l'uso dei fuochi festivi (vigilia della Quaresima, San Giovanni, Natale), la tradizione delle frecce fiammeggianti, le fiaccolate. Singolare è la festa dei kukkeri, che sopravvive in Tracia ed è forse di origine greca; si tratta di un rito carnevalesco durante il quale i partecipanti si mascherano indossando casacche di pelle di capra. Fiorente l'artigianato del legno; notevoli anche quelli delle ceramiche, dell'oreficeria, dei tappeti e dei ricami. Il costume popolare era il più ricco e vario tra i costumi balcanici; nel corso del secondo Novecento ha subìto modernizzazioni che ne hanno ridotto l'originario sfarzo di gusto orientale, ed è ormai stato abbandonato quasi dappertutto. È invece scomparso da decenni quello che era il tipico costume bianco maschile, mentre un costume nero viene ancora portato dagli anziani che vivono nelle località rurali più isolate. Tra i costumi femminili resistono, ma limitati a donne di una certa età in distretti rurali, quelli a sukman (con tunica ricamata nera o azzurra) e a saya (dal nome di un altro tipo di tunica che viene indossata su camicia bianca). Anche il fazzoletto da capo femminile (marahmà), bordato di rosso, è ormai portato quasi esclusivamente dalle donne anziane. Tra le attività sportive più seguite (la lotta, il tiro a segno, la pallacanestro) eccellono la caccia e l'ippica (il cavallo è un'antica passione bulgara: ancora si celebra la “giornata del cavallo”).§ Quando siedono attorno a una tavola, i bulgari amano particolarmente gli antipasti (caldi e freddi), che dominano quindi la gastronomia del Paese. Piatti nazionali sono la čorba (una zuppa assai saporita) e il kebapčeta (polpettine di carne tritata alla griglia), ma vengono molto consumati anche la trippa, i crauti, i peperoni, gli spezzatini piccanti di carne e ragù. Tra le specialità bulgare vanno ricordati un salame detto lucanca, molto piccante e stagionato, e la kavarmà, un piatto di carne di maiale o pollo con peperoni, funghi, cipolla e uova. Molto apprezzate tra le verdure sono le melanzane, i peperoni e le cipolle: il caviale di melanzane o kyopolu è un piatto tipico che le unisce tutte e tre. I dolci più diffusi sono di origine turca (locum, halva), così come lo yogurt, ormai internazionale, ma straordinariamente apprezzato proprio in Bulgaria. Le bevande più gustate sono la rakia (acquavite), la slivova (acquavite di prugne) e il famoso liquore di rose.

Cultura: letteratura

La letteratura bulgara medievale si sviluppò in due periodi tra loro distinti. Durante il primo impero bulgaro (sec. IX-XI) operarono i fratelli Cirillo e Metodio e i loro discepoli perseguitati e scacciati dalla Moravia; trattatisti quali Clemente di Ocrida (Kliment Ochridski), Costantino vescovo di Preslav (Konstantin Preslavski), Giovanni Esarca (Ioan Ekzarch), il monaco Chrabǎr e il presbitero Cosma (Kozma). Dal tempo del secondo impero (1186-1393) ci sono stati tramandati i nomi di Eutimio (Eftimaj Tǎrnovski), patriarca di Tǎrnovo, promotore di un movimento puristico, e di G. Camblak. Durante i secoli della dominazione turca (1393-1878) non vennero coltivate in Bulgaria forme di letteratura dotta e soltanto verso la fine del Settecento il monaco Paisij di Chilendar (Paisij Chilendarski), con la sua Storia slavo-bulgara (1762), sparse lieviti di riscossa dello spirito nazionale, che ben presto venne esaltato dal vescovo Sofronij di Vraca (Sofronij Vračanski) e dai “risvegliatori” Petar Beron, Neofit Bozveli, Neofit Rilski, Vasil Aprilov, i quali, elevando a dignità di lingua letteraria la parlata del popolo, crearono, all'inizio del sec. XIX, le premesse per la successiva fioritura artistica. Artefici della rinascita letteraria furono i prosatori Ljuben Karavelov e Vasil Drumev e i poeti Georgi Rakovski, Petko Slavejkov e Christo Botev. Massimo esponente della letteratura bulgara nell'età immediatamente successiva all'indipendenza (nel 1878) fu Ivan Vazov, che rievocò le lotte insurrezionali nel romanzo Sotto il giogo e svolse motivi storici o desunti dall'osservazione della vita quotidiana in racconti, liriche, lavori teatrali. Alla sua generazione appartennero Konstantin Veličkov, poeta e prosatore, il memorialista Vasil Stojanov, i populisti Todor Genčov Vlajkov e Michalaki Georgiev (1852-1916), l'autore satirico Stojan Michajlovski (1856-1927) e Aleko Konstantinov, arguto umorista. Un superamento delle finalità utilitaristiche e delle intonazioni patriottiche caratterizzò, tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX, l'opera di Petko Todorov e di Penčo Slavejkov che introdussero motivi neoromantici e modernistici. La prosa del primo Novecento, coltivata da Canko Cerkovski Bakalov, Anton Strašimirov, Iordan Jovkov ed Elin Pelin, fuse tradizioni realistiche con innovazioni modernistiche, volgendo i propri sguardi alle condizioni della vita contemporanea delle campagne e delle città; più ampio fu intanto l'orizzonte della poesia, che oscillò tra diverse tematiche sotto l'influsso di Kiril Christov, che cantò le gioie della vita ed esaltò le grandi imprese individuali, e di Peju Javorov, che espresse il contrasto tra ideali ed esigenze dell'esistenza pratica; nacque il modernismo bulgaro al quale appartennero i poeti Dimčo Debeljanov, Todor Trajanov (1882-1945) e Nikolaj Liliev. Tra gli scrittori di questo periodo si distinsero Georgi Rajčev (1882-1947) e Nikola Rajmov. Motivi sociali furono trattati dal fine stilista Emanuil Pop-Dimitrov (1885-1943), dalla lirica Elisaveta Bagrjana, dai comunisti Christo Jasenov (1889-1925), Geo Milev, autore dell'incisivo poema Settembre, Hristo Smirnenski e Nikola Vapcarov, cantore della rivoluzione sociale e di una società nuova, fondata sui progressi della tecnica. Nel secondo dopoguerra il romanzo conobbe una particolare fioritura con i poderosi cicli di Emjlian Stanev (1907-1979), Georgi Karaslavov, Dimitǎr Dimov, Dimitǎr Talev che, riallacciandosi al filone realistico, fanno rivivere in ampi affreschi le ansie e le lotte del periodo prerivoluzionario. Particolare favore acquista il romanzo storico che si rifà al passato del popolo bulgaro attingendo al folclore, alla pittura medievale, alla cronachistica e ai racconti popolari. In questo genere eccellono Anton Dončev e lo stesso Stanev, scomparso nel 1979, la cui eredità sarà raccolta, tra gli altri, da Stefan Dičev. Altri prosatori come Konstantin Konstantinov, Pavel Vežinov, Nikolaj Rajnov, Andrej Guljaški, Kamen Kalčev e Ivaljo Petrov preferiscono soffermarsi su una problematica collegata ai temi della vita moderna, dell'urbanizzazione, del rapporto tra etica individuale e grandi trasformazioni rivoluzionarie. Un posto a parte occupano, per le qualità inventive e per lo straordinario impasto linguistico, le raccolte di racconti di Nikolaj Hajtov e di Jordan Radičkov, considerato da molti il maggior narratore e drammaturgo bulgaro, per la vena fantastica e ironica, con cui evocava un mondo contadino pieno di animali parlanti e di esseri umani stralunati e grotteschi; la sua Arca di Noè (1988), amara meditazione sul destino dell'uomo risolta in immagini di straordinaria efficacia simbolica, può ritenersi uno dei migliori libri degli ultimi anni. Altri generi percorsi dai letterati bulgari contemporanei sono l'umorismo e la fantascienza, in cui si distinguono, rispettivamente, K. Damnjanov, Iva Kulekov (n. 1951), autore di aforismi amari e grotteschi sulle vicende del Paese, R. Ralin, e Liuben Dilov, vero mattatore nel filone fantastico-futurologico. Nella poesia vanno ricordati gli accesi versi agitatori di Penju Penev e la lirica più meditata di Ljubomir Levčev (n. 1935), Vladimir Bašev, Pavel Matev (1924-2006), e soprattutto Blaga Dimitrova (1922-2003), poetessa e saggista. Della generazione più giovane, che negli anni Settanta e Ottanta esordisce in modi insofferenti agli schemi e ai precetti della cultura ufficiale dello Stato socialista, si distinguono Boris Christov (n. 1945) poeta e narratore, autore della raccolta di racconti La valle delle scarpe (1991), Valeri Petrov, Nikolaj Kǎnčev e Mirjana Baševa (n. 1947). Tra le figure di spicco della cultura bulgara del Novecento va citata, sebbene sia da tempo trasferita in Francia e scriva in francese, la studiosa e scrittrice Julia Kristeva (n. 1941), semiologa e filosofa vicina al postmodernismo di Jacques Derrida, autrice di romanzi come I samurai e Una donna decapitata. È di nascita bulgara, infine, anche lo scrittore di origine ebraica Elias Canetti (1905-1994), premio Nobel per la letteratura nel 1981. Infine, un nome merita di essere citato tra gli autori che hanno esordito nel momento in cui la Bulgaria socialista era ormai in fase di declino, il poeta Georgi Gospodinov (n. 1968), che ha esordito con le raccolte Lapidarium (1992) e Il ciliegio di un popolo (1996), anche narratore con Romanzo naturale (1999).

Cultura: arte

Le costruzioni paleocristiane (basilica a cupole di Santa Sofia a Sofia, fortificazioni di Hissar) mostrano affinità con l'architettura della Siria e dell'Asia Minore. Durante il primo periodo dello Stato bulgaro indipendente, elementi tardoromani e bizantini locali si mescolano con influenze iraniche sassanidi portate dai conquistatori, particolarmente evidenti nel periodo più antico, che va dal sec. VIII al IX (resti del grande palazzo di Pliska, la prima capitale bulgara; grande rilievo rupestre del cavaliere di Madara che uccide un leone, del sec. IX, affine alle sculture rupestri di Naqsh-i-Rustam e Taq-i-Bostan in Persia; vasi d'argento del tesoro detto di Attila, della seconda metà del sec. IX, rinvenuto a Nagy-Szent Miklós in Ungheria ma di origine bulgara, ora al Kunsthistorisches Museum di Vienna). Con la cristianizzazione (863) e la fusione delle due componenti etniche slava e bulgara operata da Boris I e dal figlio Simeone (893-927), emerge l'elemento slavo (tesoro di Madara al Museo Archeologico di Sofia; sculture di Stara Zagora, di Nova Zagora e del palazzo fatto erigere dallo zar Simeone nella nuova capitale Preslav), mentre si accentua l'influenza bizantina, riconoscibile nei reperti di alcune grandi basiliche a Preslav, Aboba, Prespa ecc. La decorazione interna di queste basiliche, a piastrelle di terracotta invetriata con disegni formanti una sorta di grande mosaico, di cui si sono conservati resti a Preslav, Patleina, Touzlalaka, mostra l'influenza bizantina nelle figure e islamica abbaside negli elementi decorativi geometrici e vegetali; la tecnica stessa è tipicamente orientale. Ma con la conquista da parte di Bisanzio e poi durante il secondo impero bulgaro (1186-1393), la Bulgaria diventa una regione dell'arte bizantina. Vengono erette piccole chiese a una navata voltata con o senza cupola, oppure cruciformi con cupola del classico tipo bizantino; tipicamente bulgare sono le chiese a due piani (Bačkovo; Bojana presso Sofia; chiesa del re Ivan Asen presso Stanimaka, sec. XIII). Le testimonianze più importanti appartengono però alla pittura, che in questo periodo ha un enorme sviluppo. Gli affreschi del monastero di Bačkovo (fondato nel 1083 da Gregorio Pakourianos, uno dei generali dell'occupazione bizantina) rappresentano uno dei pochi esempi rimasti di pittura monumentale bizantina del periodo di transizione tra la dinastia macedone e quella comnena. Durante il secondo impero bulgaro, i pittori di Tirnovo ripetono in forme locali i modelli costantinopolitani (chiesa della Trapesitza o dei 40 Martiri; affreschi di Berende, sec. XIII, e di Zemene, 1360), mentre gli altissimi affreschi di Bojana (1259) sono forse opera di un artista di Costantinopoli emigrato in seguito alla IV Crociata. Al periodo della rinascita bizantina dei Paleologhi (sec. XIV) risalgono le pitture rupestri di Ivanovo sul Lom, gli affreschi di San Giorgio a Sofia, della torre del monastero di Rila e della chiesa dei Santissimi Pietro e Paolo di Tirnovo. La dominazione turca porta la regione all'isolamento culturale e alla stasi artistica, lasciando però alcune significative testimonianze di architettura ottomana (a Sofia, a Šumen, a Samokov e, soprattutto, a Plovdiv). L'arte postbizantina, strettamente legata ai modelli del Monte Áthos, si perpetua stancamente fino al sec. XVIII in monasteri e in piccole chiese di montagna, decorate con icone, iconostasi di legno scolpito e affreschi (Bobochévo, 1488; Drajalevtzi, 1497; Poganovo, 1500; Krémikovitzi, 1593; Arnabassi, sec. XVIII ecc.). Nel campo dell'urbanistica, numerose città di tipo turco vengono fondate nel corso dei sec. XVII e XVIII (Vratra, sec. XVII; Etropole, 1712; Berkoviza e Rasgrad, 1764; Slatiza, 1777; Drjanovo, 1778 ecc.). Alla fine del Settecento e nell'Ottocento si ha una rinascita nazionale con la formazione di numerose scuole locali e la ripresa cosciente della tradizione cristiana. Con l'iconografo Zachari Zograf (1810-1853) inizia la pittura bulgara moderna. Tuttavia soltanto dopo la liberazione dal dominio turco si ha una rapida e profonda occidentalizzazione in tutte le forme artistiche, man mano che la cultura bulgara si libera della diffidenza di origine islamica verso la rappresentazione figurativa. Tuttavia, la chiusura intellettuale del regime socialista e la sua predilezione per una figurazione accademica e ispirata ai canoni retorici del realismo, non permise all'arte bulgara di raggiungere un'elaborazione tematica o stilistica analoga a quella dell'arte europea contemporanea. Non a caso, il principale artista bulgaro del Novecento è Christo (n. 1935), oriundo di Gavrovo ma da decenni trasferitosi negli Stati Uniti, noto per un'elaborazione personale delle suggestioni della land art. Nel corso del passato regime le principali città della Bulgaria hanno assunto un aspetto del tutto moderno, secondo uno stile architettonico ibrido in cui il gigantismo statale di stampo sovietico cerca tuttavia di rispettare alcuni caratteri nazionali. L'arte popolare, assai fiorente nei secoli passati, è ancora viva nella produzione di tappeti, ricami e filigrane, la cui produzione, dopo qualche decennio di standardizzazione socialista, sta riscoprendo i valori di un artigianato di qualità, sia pure destinato al turismo.

Cultura: musica

La musica bulgara presenta un'antica e interessante tradizione popolare: accanto alle danze, di eccezionale ricchezza ritmica, vi sono canti, dove gli elementi nazionali si fondono con quelli bizantini e turchi, anche di argomento epico-storico, caratterizzati dall'uso dei modi antichi, da abbellimenti e intervalli insoliti e da un periodare asimmetrico. La tradizione del canto sacro si lega a quella del canto bizantino; importata da Bisanzio nel sec. IX, fiorisce soprattutto nei sec. XIII-XIV (G. Cucuzeli è bulgaro) e al tempo dell'invasione turca (1393) si disperde verso la Russia meridionale. Nel sec. XIX il canto tardo-greco sostituisce quello autoctono bulgaro (che presentava sostanziali affinità con quello della Chiesa russa). La complessa polifonia bulgara è stata recentemente riscoperta dalla etnomusicologia europea, che ha reso famose sulla scena internazionale alcune corali femminili. Di musica colta si può parlare solo a partire dalla fine del sec. XIX: la prima scuola musicale di Sofia fu fondata nel 1904. I primi musicisti bulgari si formarono all'estero, come E. Manolov (1860-1902), che studiò a Mosca, o come D. Christov (1875-1941), che fu allievo di Dvořák. Il creatore dell'opera bulgara fu G. Atanasov (1882-1931), allievo di P. Mascagni, che ricercò una sintesi tra il linguaggio europeo del suo tempo e la tradizione popolare bulgara. In questa direzione si mossero dopo di lui diversi compositori, tra cui P. Vladigherov, considerato il maggior musicista bulgaro contemporaneo. In Bulgaria, come in tutti i Paesi balcanici nei decenni successivi alla disgregazione della ex Iugoslavia e del blocco socialista, il fenomeno musicale è la commistione tra ritmi e sonorità della musica tradizionale, spesso di ispirazione turca o tzigana, e le cadenze del pop e del rock occidentale. Se in Serbia questo mélange ha assunto i caratteri della musica novokomponovana prima e dell'aggressivo turbo-folk poi, in Bulgaria prevale la cosiddetta chalga, musicalmente una versione pop, piuttosto edulcorata, della musica etnica, ma caratterizzata da testi volgari e fantasiosamente demenziali; per questi suoi caratteri di espressione minoritaria la chalga è piuttosto malvista dall'establishment nazionalista.

Cultura: danza

La danza vanta origini antichissime collegate alle feste rituali con elementi di derivazione tracia e bizantina: citiamo le danze della Tracia, quelle per la festa di san Giorgio, la ručenica e il chorò ('horò), considerato la danza nazionale bulgara, allegra, veloce e cadenzata ritmicamente con il semplice accompagnamento del canto corale. Tra gli organismi che si sono adoperati per lo sviluppo e la diffusione dell'immenso patrimonio folcloristico della nazione (oltre diversi complessi di artisti dilettanti un tempo pagati dallo Stato socialista), citiamo il complesso folcloristico della Repubblica di Bulgaria “Filip Kutev”, con sede a Sofia, creato nel 1951 da Kutev con la coreografa Margarita Dikova, ora diretto da Stefan Dragostinov (primi coreografi Gjordan Yanakiev e Todor Karpcianski); il complesso di Stato di danze e canti popolari “Pirin”, con sede a Blagojvgrad, fondato nel 1954 e diretto da Kiril Stefanov (primo coreografo Kiril Apostolov). La storia del balletto è recente. Una vera e propria compagnia di balletto, annessa al Teatro Nazionale di Sofia, fu fondata nella capitale da Anastas Petrov solo nel 1927 e da lui diretta fino al 1961. Petrov produsse per il complesso bulgaro sue versioni di alcuni classici del repertorio tradizionale e djagileviano, nonché alcuni balletti di soggetto bulgaro. Dopo la seconda guerra mondiale maestri, coreografi e balletti sovietici hanno particolarmente influenzato – e insieme sostenuto – lo sviluppo coreutico del Paese. A partire dal 1951 alla compagnia è stata affiancata una Scuola Coreografica di Stato. Negli ultimi anni del Novecento, dopo la dissoluzione dello Stato socialista, anche il balletto di repertorio classico ha attraversato una crisi di finanziamenti e di pubblico, dalla quale si sta lentamente riprendendo; è recente anche l'introduzione nelle compagnie di danza della Bulgaria di un repertorio più affine alla ricerca contemporanea internazionale.

Cultura: cinema

Il pioniere fu Vasil Gendov, un dilettante che nel 1910 girò e interpretò Il bulgaro galante. Per decenni la produzione rimase provvisoria e sporadica, in un Paese senza attrezzature, con le poche sale alimentate da pellicole straniere; eppure Gendov continuò fino agli anni Trenta, facendosi anche censurare La rivolta degli schiavi (1933), primo film sonoro. La “preistoria” durò fino al 1950, quando il cinema nazionalizzato (nel 1947) e dotato delle prime serie strutture produsse Kalin l'Aquila. I film, pochi e uniformi, erano in genere di argomento storico. Tra i registi emersero Zahari Žandov (Allarme, 1951; Gli eroi di settembre, 1955), Borislav Šaraliev con una biografia del poeta-martire Vapcarov, Dako Dakovski che prediligeva l'attualità delle campagne. Nel 1956 il disgelo politico segnò una svolta anche per la Bulgaria e favorì opere più vive e autentiche. In coppia con lo sceneggiatore Valeri Petrov, il regista Rangel Valčanov girò un affascinante trittico: Sulla piccola isola (1958), Prima lezione (1960), Il sole e l'ombra (1962). Al 1961 risale Eravamo giovani della Binka Želiazkova. Ai contenuti storico-politici cominciava a unirsi il fine tratteggio delle psicologie individuali. In questo decennio si raddoppiò il numero delle sale, entrò in piena funzione un cine-centro attrezzato per film d'ogni tipo, si diede impulso al cinema documentario (in cui si segnalò Christo Kovačev) e a quello d'animazione (ch'ebbe come capofila Todor Dinov); la produzione dei lungometraggi raggiunse e superò la media di 15 l'anno. Tra essi vanno ricordati almeno: Tabacco (1962) di Nikolai Korabov, Il ladro di pesche (1964) di Veulo Radev, Il cavaliere senza corazza (1966) di Šaraliev, Uccelli e levrieri di Georgi Stoianov e La camera bianca di Metodi Andonov, entrambi del 1969. Ma forse le due opere più mature furono Deviazione (1967) di Griša Ostrovski e Todor Stoianov, sotto il profilo contenutistico, e Iconostasi (1968) di Todor Dinov e Christo Christov, che rivoluzionò il cinema bulgaro sotto l'aspetto formale. A partire dagli anni Settanta la descrizione spesso minuta, della quotidianità, il confronto fra generazioni, i problemi dell'individuo divennero i temi prediletti dei cineasti bulgari più sensibili: Christov con L'ultima estate e La barriera, la Želiazkova con La piscina e Il grande bagno di mezzanotte, Djulgerov con Il vantaggio (premiato al Festival di Berlino nel 1978). Anche il cinema d'animazione e il filone storico si svilupparono ampiamente. Il primo grazie ad Andronov (Il corno di capra ambientato all'epoca del dominio turco), a Ostrovski che nella Storia di Gerlovo mette in guardia contro il persistere del seme fascista, e ancora, ai due caposcuola Christov (Incudine e martello) e Želiazkova (Le ultime parole, sulla lotta di liberazione). Nella generazione successiva spiccano i nomi di Ludmir Kirchov (Illusione), Kirun Kolarov (Funzione: attendente, L'uomo volante), Evgeni Michailov (La casa delle anime tenere, 1981), alle cui opere vanno ad aggiungersi l'amaro quadro di provincia Hotel Centrale (1983), di V. Branev, e la pungente ballata Il fiume d'oro (1983), di I. Grabčeva, i cui “eroi” sono invece i fannulloni di Paese. L'evoluzione della cinematografia bulgara è però stata interrotta dai cambiamenti geopolitici che hanno coinvolto tutta l'Europa orientale (1989-91) e dai notevoli problemi socio-economici che il Paese ha dovuto affrontare. L'industria cinematografica è stata duramente ridimensionata, in parte perché non più sostenuta finanziariamente dallo Stato, in parte perché colpita dall'abbandono del pubblico, sedotto dalle produzioni statunitensi prima non commercializzate nel Paese, e costretto a casa da una grave crisi economica. Negli ultimi anni la situazione è però cambiata, tanto da permettere di parlare di una nuova primavera per il cinema bulgaro: apripista è stato il toccante lungometraggio di Zornitsa Sofija (n. 1979) Mila da Marte (2005), storia di un'adolescente, Mila, che abbandona il mondo della città per ritrovarsi in uno sperduto villaggio di campagna.

Cultura: teatro

Il potere politico dell'Impero ottomano e quello culturale della Chiesa ortodossa impedirono per secoli la nascita di un teatro bulgaro. Solo nel 1865 fu fondata una compagnia teatrale (ma a Braila, in Romania) per presentare opere che affrontavano i temi dell'indipendenza nazionale e di una rinascita culturale. Nel 1888 si formarono compagnie anche a Sofia, che portarono nel 1907 all'istituzione di un Teatro Nazionale diretto dal critico drammatico Pavel Slavejkov. Nacque intanto una letteratura drammatica bulgara, ma l'attività teatrale fu spesso ostacolata da eventi esterni, quali l'incendio del Teatro Nazionale nel 1923 (fu ricostituito sei anni dopo) e le persecuzioni di cui furono vittime, negli anni della dittatura di re Boris, teatranti innovatori e politicamente impegnati. Nel dopoguerra la neonata Repubblica popolare favorì lo sviluppo del teatro fondando un Istituto superiore per le arti teatrali e moltiplicando gli organismi stabili di produzione nella capitale e nelle città di provincia. Il repertorio, dopo gli anni del conformismo staliniano, è stato in parte rinnovato a partire dagli anni Sessanta, grazie soprattutto a registi innovatori, come G. Ostrovski, M. Andonov e M. Kisselov.

Cultura: circo

Il primo circo bulgaro fu fondato nel 1897 dal clown e domatore P. Panajotov; mentre la prima scuola di artisti del circo si formò nel circo viaggiante di L. Dobrič. Il circo stabile di Sofia accoglie oggi il meglio dell'attività circense, statalizzata dopo la Liberazione e tuttora molto praticata e seguita dal pubblico anche dopo la dissoluzione dello Stato socialista.

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