Sbàrbaro, Camillo

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poeta e prosatore italiano (Santa Margherita Ligure 1888-Spotorno 1967). Fu chiamato giovanissimo, su invito di G. Papini, a collaborare a La Voce. Su Lacerba pubblicò le prime liriche e le prime prose. Impiegato in stabilimenti siderurgici di Savona e Genova, successivamente insegnò greco e latino fino a quando fu costretto ad abbandonare la scuola, per aver rifiutato di iscriversi al partito fascista. Sbarbaro passò gli ultimi anni della sua vita a Spotorno dedicandosi a ricerche in botanica, studiando in particolare i muschi e i licheni (alcune sue collezioni sono in varie università e musei degli Stati Uniti). La sua prima raccolta di versi, Resine (1911), è densa di reminiscenze pascoliane e crepuscolari ma già si avverte il tentativo di oggettivare nell'immagine (il paesaggio arido e scabro della Liguria) una condizione interiore, il sentimento dolente e desolante della solitudine. Tale motivo, centrale della sua tematica, risulta chiaramente svolto anche sul piano del linguaggio, sempre più aderente, nella sua concisione ed essenzialità, all'estraneità del poeta alla vita, nella raccolta Pianissimo (1914), la sua prova poetica più alta, dove il poeta, negata ogni possibilità di inserirsi nel contesto sociale e proclamata la natura “desertica” del mondo, si ripiega amaramente su se stesso. Lo stesso senso di inutilità della vita, di aridità dell'uomo percorre i versi di Rimanenze (1955) e di Primizie (1958), dove però è avvertibile tra le righe una sorta di riflessiva saggezza che consente al poeta di ritrovare conforto nella vita e nella stessa poesia. Sulla stessa linea, di ironica osservazione della realtà, di angosciosa ma impotente denuncia del dramma umano, si collocano le prose di Trucioli (1920) e Liquidazione (1928), espressioni tra le più alte della contemporanea poetica da frammento, e ancora nelle prose di Fuochi fatui (1956), Scampoli (1960), Gocce (1963), Bolle di sapone (1966). È in questi anni che Sbarbaro infittì la sua collaborazione a diverse riviste (, , , Itinerari, Ausonia, , ecc.),

Nel secondo dopoguerra, in contemporanea con i suoi primi premi letterari (il Saint-Vincent nel 1949 e l'Etna-Taormina nel 1955), Sbarbaro cominciò la ripubblicazione e la revisione delle sue opere: nel 1948 fece uscire la nuova edizione dei Trucioli (poi riediti nel '63), mentre la raccolta Pianissimo ebbe lunghe vicissitudini editoriali: ripubblicata nel 1954, in una redazione profondamente mutata rispetto a quella iniziale, non incontrò il favore della critica per la sua decisa rottura con l'imperante modello dannunziano e crepuscolare. Nel 2001 Pianissimo è stato ridato alle stampe nella versione originale del 1914. Nel 1999, invece, è stata pubblicata la raccolta dell'intera opera in versi e in prosa di Sbarbaro, nel volume L' opera in versi e in prosa. Poesie, trucioli, fuochi fatui, cartoline in franchigia, versioni.

Un cenno a parte merita l'opera di Sbarbaro come traduttore: tradusse, quasi riscrivendolo, il Ciclope di Euripide, e poi ancora Sofocle, Molière, H. Balzac, G. Flaubert, Stendhal, J. Huysmans, J. Supervielle.

G. Mariani, Poesia e tecnica nella lirica del Novecento, Padova, 1958; L. Polato, Sbarbaro, Firenze, 1969; G. Bárberi Squarotti, Sbarbaro, Milano, 1971; G. Lagorio, Sbarbaro controcorrente, Parma, 1973; D. Puccini, Lettura di Sbarbaro, Firenze, 1975; G. Savoca, Concordanza delle poesie di Camillo Sbarbaro, Firenze, 1989.

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